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Concorso in truffa: quando si è complici?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto condannato per truffa. Secondo la Corte, si configura il concorso in truffa anche se non si partecipa direttamente alle trattative, ma si contribuisce a rendere credibile l’inganno fornendo, ad esempio, il proprio numero di cellulare e i dati per un bonifico. Tali azioni sono state ritenute un contributo causale essenziale alla realizzazione del reato.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concorso in Truffa: Anche un Ruolo Apparentemente Marginale Può Essere Decisivo

Il concorso in truffa è una fattispecie giuridica complessa che solleva spesso dubbi interpretativi, specialmente riguardo al livello di coinvolgimento necessario per essere considerati complici. Una recente sentenza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti, stabilendo che anche un contributo apparentemente marginale, se funzionale alla riuscita dell’inganno, è sufficiente per integrare la responsabilità penale. Analizziamo insieme questo caso per capire meglio i confini della complicità nel reato di truffa.

I Fatti del Caso: La Vendita Fittizia di un Trattore

Il caso ha origine da una truffa contrattuale legata alla vendita di un trattore. Un soggetto (la persona offesa) veniva indotto ad acquistare il mezzo e a effettuare dei pagamenti tramite bonifico a seguito di trattative condotte da un complice. L’imputato, ricorrente in Cassazione, sosteneva di non aver mai partecipato fisicamente alle negoziazioni, limitandosi a incassare una somma esigua (€ 448,00) a accordo già concluso tra il suo complice e la vittima. La Corte di Appello, pur riducendo la pena, aveva confermato la sua responsabilità per il delitto di truffa.

Il Motivo del Ricorso e la Tesi Difensiva

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su un unico motivo: violazione di legge e contraddittorietà della motivazione. La sua difesa sosteneva che egli non avesse partecipato alla fase delle trattative e che il suo ruolo fosse stato del tutto secondario e successivo alla conclusione dell’accordo fraudolento. In sostanza, si riteneva estraneo all’ideazione e all’esecuzione degli artifizi e raggiri che avevano indotto in errore la vittima.

L’Analisi della Corte: Quando si Configura il Concorso in Truffa?

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, giudicandolo manifestamente infondato. Secondo i giudici, le sentenze di merito avevano correttamente valutato il ruolo dell’imputato, superando la sua apparente marginalità. È stato accertato che, pur non partecipando fisicamente alle trattative, l’imputato aveva fornito un contributo essenziale alla riuscita della truffa.

Il Contributo Causale alla Riuscita dell’Inganno

Il contributo dell’imputato è consistito in due azioni chiave:
1. Fornire il proprio numero di cellulare al complice per rendere più credibile l’offerta di vendita.
2. Accettare di ricevere un bonifico dalla persona offesa, mettendo a disposizione il proprio conto per incassare parte del profitto illecito.

Questi comportamenti, secondo la Corte, hanno contribuito attivamente all’azione truffaldina, inducendo la vittima in errore e convincendola a procedere con l’acquisto e i pagamenti.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte Suprema ha motivato la sua decisione richiamando un consolidato orientamento giurisprudenziale sul cosiddetto “dolus in contrahendo”. Si configura il reato di truffa contrattuale quando gli artifizi o i raggiri intervengono nella fase di formazione del contratto, viziando il consenso della controparte. Esiste un nesso di causalità diretto tra il mezzo fraudolento utilizzato e il consenso ottenuto dal soggetto passivo.

Nel caso di specie, l’azione dell’imputato, sebbene indiretta, si è inserita perfettamente in questo schema. Rendendo credibile la proposta di vendita e facilitando la transazione economica, ha fornito un apporto consapevole e volontario al piano criminoso. Pertanto, la sua condotta non può essere considerata marginale, ma parte integrante del concorso in truffa, secondo quanto previsto dall’art. 110 del codice penale.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: nel concorso in truffa, non è necessario essere l’autore materiale dell’inganno o partecipare a ogni fase del reato. È sufficiente fornire un contributo consapevole che, anche indirettamente, agevoli la realizzazione del piano criminoso e la lesione del patrimonio altrui. Chiunque metta a disposizione i propri mezzi (un numero di telefono, un conto corrente, ecc.) per facilitare un’operazione che si rivela essere una truffa, rischia di essere considerato a tutti gli effetti un concorrente nel reato, con tutte le conseguenze penali che ne derivano.

Per essere condannati per concorso in truffa è necessario partecipare direttamente alle trattative con la vittima?
No. La sentenza chiarisce che anche un contributo indiretto, come fornire il proprio numero di cellulare o i dati per un bonifico per rendere credibile l’offerta fraudolenta, è sufficiente per configurare il concorso in truffa, anche senza partecipare fisicamente alle trattative.

Aver ricevuto solo una piccola parte del profitto illecito esclude la responsabilità per truffa?
No. Secondo la Corte, il fatto di aver incassato anche una somma esigua non esclude la partecipazione al reato. L’azione rilevante è aver contribuito, con il proprio comportamento, a indurre in errore la vittima, a prescindere dall’entità del guadagno personale.

Cosa si intende per “dolus in contrahendo” nel reato di truffa?
Si intende un comportamento ingannevole (artifizi o raggiri) che interviene durante la formazione di un contratto, inducendo la controparte a dare un consenso che altrimenti non avrebbe prestato. In questo caso, il consenso della vittima è stato viziato dall’inganno che ne ha compromesso la libera determinazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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