Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 26267 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Penale Sent. Sez. 6 Num. 26267 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 11/06/2025
Composta da
– Presidente Relatore –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
Sul ricorso proposto da:
avverso la sentenza del 31/10/2024 della Corte d’appello di Napoli udita la relazione svolta dal Presidente NOME COGNOME;
che si riporta alla memoria depositata e conclude per il rigetto del ricorso.
l’avvocato NOME COGNOME difensore delle parti civili, che chiede il rigetto del ricorso e deposita nota spese e conclusioni alle quali si riporta;
NOME COGNOME che aveva nel corso del giudizio rinunciato alla prescrizione, ha presentato ricorso tramite il suo difensore.
La ricostruzione operata dalla sentenza acquisita era fonte di argomentazione da parte della Corte territoriale, che sul punto specifico dell’ingiusto profitto era carente, incidendo la sentenza sul contributo di Arenella e sulle statuizioni civili.
Diversamente dal primo Giudice la Corte aveva ricondotto il ruolo del ricorrente ad un contributo di tipo commissivo, ma si sarebbe dovuto stabilire se ad COGNOME fosse possibile attribuire la veste di mediatore e addebitare un profilo di responsabilità ai sensi dell’art. 40 cod. pen., se la presenza di COGNOME alla stipula del contratto preliminare tra COGNOME e gli eredi NOME, proprietari dei beni, fosse tale da conferire al ricorrente una posizione di garanzia nella fase successiva e se il comportamento del ricorrente, che non era parte contrattuale, in relazione alle circostanze di fatto potesse qualificarsi come silenzio-inerzia e non costituire raggiro rilevante ovvero come silenzio significativo.
La Corte aveva indebitamente prospettato un addebito di tipo commissivo, quando avrebbero dovuto valutarsi le circostanze del caso concreto, anche in rapporto al comportamento delle persone offese nel lasso di tempo intercorrente tra il momento in cui avevano avuto conoscenza dell’immobile e quello del perfezionarsi della volontà.
In realtà la volontà si era perfezionata fin dal 30 settembre 2005, quando il contratto presso l’agenzia non ere stato siglato per mancanza di documenti, dovendosi escludere che il ricorrente avesse avuto un ruolo di tipo omissivo o commissivo, essendo il suo ruolo circoscritto alla presenza al momento della stipula del preliminare tra COGNOME e gli eredi COGNOME e alla stampa di un contratto preliminare tra COGNOME e i coniugi COGNOMECOGNOME.
Non avrebbe potuto ascriversi al ricorrente una condotta di induzione, non avendo avuto il suo silenzio alcuna incidenza causale.
Con il terzo motivo denuncia vizio di motivazione in ordine alle dichiarazioni di COGNOME NOME in sede di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale.
Non risultava che NOME avesse assunto veste di mediatore, di cui non possedeva i requisiti. Inolre COGNOME aveva dichiarato che il ricorrente era collega di lavoro, in quanto entrambi insegnanti in un istituto tecnico, ed ella lo aveva contattato, in quanto il predetto aveva curato lavori sull’immobile, venendone rassicurata.
Da tali dichiarazioni non emergeva alcuna mediazione intercessoria.
Con il quarto motivo denuncia mancanza e vizio di motivazione in ordine alle attenuanti generiche e al giudizio di comparazione.
La Corte non si era pronunciata in merito rifacendosi al giudizio di primo grado, senza valutare l’incensuratezza e il comportamento del ricorrente.
Il Procuratore generale ha inviato la requisitoria concludendo per il rigetto del ricorso.
Ha inviato una memoria il difensore delle parti civili.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł fondato.
La valutazione del secondo motivo porta ad escludere la stessa configurabilità del reato e, comunque, del concorso ex art. 110 cod. pen. del ricorrente, con conseguente annullamento della sentenza impugnata senza rinvio e proscioglimento con formula di merito.
Due i temi che la Corte di appello doveva affrontare per poter giungere alla condanna del ricorrente:
innanzitutto, accertare che vi fosse stata una condotta truffaldina consistita nel prospettare una falsa situazione proprietaria del bene al fine di ottenere il pagamento del
prezzo promesso con l’intenzione di non procurare in alcun modo il trasferimento dell’immobile in favore delle persone offese;
poi, e conseguentemente, dimostrare che il ricorrente avesse partecipato consapevolmente a tale azione.
Nel testo della sentenza, pur non priva di motivazione, non sono riportati elementi che portino alla conclusione che vi sia stata la truffa in sØ perchØ viene delineata anche una diversa modalità di conduzione dell’affare immobiliare che, seppure con false informazioni, doveva giungere ad effettiva utile conclusione.
L’immobile in questione apparteneva agli eredi Campione ma, si comprende, vi era stata una trattativa, giunta al contratto preliminare, per la cessione tanto da essere stati iniziati (o quantomeno programmati) effettivi lavori di ristrutturazione svolti dai soggetti ritenuti truffatori.
Difatti, la Corte di appello riporta:
‘la testimonianza resa dal teste COGNOME, proprietario dell’Agenzia immobiliare che procurava il contatto tra il COGNOME ed i coniugi COGNOME, avendo il COGNOME chiestogli di cercare degli acquirenti per un appartamento, con annessa pertinenza, per cui aveva stipulato un preliminare di vendita con gli eredi Campione. La testimonianza resa dall’ Arch. COGNOME il quale riferiva di aver acquistato, unitamente al COGNOME, l’ immobile in questione, con un preliminare stipulato presso lo studio del Notaio COGNOME, in cui era presente anche l’ COGNOME – che aveva gestito i precedenti incontri con gli eredi COGNOME– a cui egli aveva consegnato anche un assegno di euro 5000,00, quale compenso per la mediazione tra lui e gli eredi COGNOME.’.
Ovvero, il giudice di appello dà atto che vi era stato un accordo fra i proprietari Campione ed il COGNOME per la vendita dell’immobile e che il COGNOME aveva intenzione di rivenderlo.
La situazione, del resto, risulta anche piø ampiamente esposta negli stessi termini dal giudice di primo grado che in sentenza ha riportato che l ”architetto COGNOME aveva acquistato unitamente al COGNOME l’immobile in questione dagli eredi COGNOME per poi rivenderlo’.
Quindi, gli elementi esposti e la relativa motivazione sono equivoci perchØ, ai fini dell’ integrazione del reato, andava chiarito: se la intenzione del Truono fosse quella di vendere un bene che fittiziamente faceva apparire come proprio sapendo che non avrebbe mai concluso il contratto e avrebbe trattenuto i soldi consegnatigli, potendosi in questo caso parlare di artifizi e raggiri nel contesto di una condotta truffaldina; o se, invece, la sua intenzione fosse quella di vendere un bene del quale, avendo stipulato un contratto preliminare, contava di poter disporre al momento del contratto definitivo con le odierne persone offese. In tale ultimo caso, non poteva ritenersi con certezza un dolo di truffa, pur a fronte della mala fede del Truono nel rappresentare come già proprio l’immobile da vendere.
Tale accertamento per superare la ambiguità di cui si Ł detto non Ł stato effettuato e, invero, dalla testimonianza di COGNOME, per come riportata dalla Corte di appello, si comprende che il contratto preliminare tra COGNOME e COGNOME/COGNOME era ‘reale’.
Alla sostanziale assenza di valutazione delle circostanze di fatto per poter comprendere la situazione effettiva e affermare che vi sia stata una condotta di truffa da parte del COGNOME, si aggiunge la carenza di una motivazione che possa sostenere la tesi che il ricorrente, se del caso, sia stato partecipe di tale condotta decettiva.
Difatti, la Corte si limita ad individuare le ragioni per le quali COGNOME, sapendo delpreliminare di acquisto, non poteva ignorare che COGNOME non avesse ancora acquistato la
relativa proprietà; ma ciò non implica automaticamente che il silenzio dell’COGNOME (sul presupposto che egli abbia effettivamente avuto un ruolo nel convincere le persone offese ad acquistare il bene dal non proprietario) rappresentasse il suo dolo di concorso, ovvero la volontà di consentire al COGNOME di commettere la truffa; al riguardo, doveva anche in questo caso essere provato che lui stesso avesse la certezza che la vendita dai Campione al COGNOME non sarebbe mai stata portata a compimento e, quindi, l’immobile non sarebbe stato trasferito alle persone offese.
In definitiva, quindi, non Ł stata rappresentata la effettiva condotta preordinata alla frode, essendo gli elementi utilizzati equivoci rispetto ad un ‘semplice’ illecito civile, e, soprattutto, non vi Ł prova che il ricorrente, se del caso, abbia inteso favorire questo truffa e non, invece, ritenuto di interessarsi (quale che sia stato il suo ruolo nella contrattazione) a una vendita destinata a giungere a regolare conclusione.
La piena valutazione di tutti gli elementi a disposizione senza possibilità di giungere a risultati di certezza nel senso della responsabilità, fa ritenere impossibile un diverso esito in caso di ulteriore giudizio di merito, per cui si impone l’annullamento senza rinvio con la formula di cui in motivazione.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, per non avere commesso il fatto. Così Ł deciso, 11/06/2025
Il Presidente NOME COGNOME NOME