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Concorso in truffa: la titolarità della carta basta?

La Cassazione conferma la condanna per concorso in truffa di chi fornisce la propria carta prepagata per ricevere i proventi di una vendita online fraudolenta. Tuttavia, annulla la sentenza per mancato riconoscimento dell’attenuante del danno di lieve entità, data la modesta somma (50 euro), rinviando per la rideterminazione della pena.

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Pubblicato il 16 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concorso in Truffa: Titolare della Carta Prepagata Sempre Responsabile?

Il fenomeno delle truffe online è in costante crescita e, con esso, le questioni legali relative alla responsabilità dei vari soggetti coinvolti. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un caso emblematico di concorso in truffa, chiarendo i confini della responsabilità per chi mette a disposizione la propria carta prepagata per ricevere i proventi illeciti e il peso del danno economico nella determinazione della pena.

I Fatti del Caso: Una Truffa Online da 50 Euro

Il caso riguarda una persona condannata in primo e secondo grado per concorso in truffa. L’accusa era di aver contribuito a una vendita fraudolenta su un noto sito di annunci online. In particolare, insieme a complici rimasti ignoti, aveva partecipato alla finta vendita di una stufa a pellet. Il suo ruolo specifico era stato quello di fornire la propria carta prepagata, sulla quale era stata accreditata la somma di cinquanta euro, costituente il profitto ingiusto del reato. L’imputata, ritenendo la condanna ingiusta, ha proposto ricorso per cassazione.

Il Percorso Giudiziario e i Motivi del Ricorso

La difesa ha basato il ricorso su tre motivi principali:
1. Violazione di legge e vizio di motivazione: La condanna si fondava esclusivamente sulla titolarità della carta, senza che fosse stato provato il concreto contributo dell’imputata alla truffa.
2. Errata applicazione dell’art. 131-bis c.p.: Si contestava il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, nonostante l’esiguità della somma.
3. Mancato riconoscimento dell’attenuante del danno lieve: Si lamentava la mancata concessione dell’attenuante prevista dall’art. 62 n. 4 c.p., nonostante il danno patrimoniale fosse oggettivamente modesto (50 euro).

La Decisione della Cassazione sul concorso in truffa

La Suprema Corte ha analizzato distintamente i tre motivi, giungendo a una decisione articolata.

Responsabilità e Titolare della Carta

Sul primo punto, la Corte ha dichiarato il motivo inammissibile. I giudici di legittimità hanno ribadito che il loro compito non è rivalutare le prove, ma verificare la logicità della motivazione della sentenza impugnata. In questo caso, la Corte d’Appello aveva logicamente dedotto il contributo concorsuale dal fatto che il denaro, provento della truffa, era confluito proprio sulla carta intestata all’imputata. La tesi difensiva, secondo cui la carta era stata smarrita, è stata ritenuta inverosimile, poiché la denuncia di smarrimento era stata presentata solo dopo la commissione del reato. Pertanto, fornire lo strumento per incassare il profitto è un contributo causale sufficiente per integrare il concorso in truffa.

Particolare Tenuità del Fatto: Quando Non si Applica?

Anche il secondo motivo è stato ritenuto inammissibile. La Cassazione ha ricordato che la valutazione sulla particolare tenuità del fatto è complessa e non si basa solo sull’entità del danno. Il giudice deve considerare le modalità della condotta e il grado di colpevolezza. Nel caso specifico, i giudici di merito avevano correttamente valorizzato le modalità insidiose della truffa e la biografia criminale della ricorrente, che presentava precedenti per reati della stessa indole. Questi elementi giustificavano l’esclusione della causa di non punibilità.

L’Attenuante del Danno di Lieve Entità

L’ultimo motivo, invece, è stato accolto. La Corte ha ritenuto fondata la censura relativa al mancato riconoscimento dell’attenuante del danno di speciale tenuità. Un profitto di cinquanta euro rappresenta oggettivamente un danno patrimoniale di lieve entità. La motivazione con cui la Corte d’Appello aveva negato tale attenuante è stata giudicata ‘apodittica’, cioè immotivata e non confrontata con l’evidenza del dato numerico.

Le Motivazioni

La motivazione della Cassazione si fonda su principi consolidati. In primo luogo, si riafferma il perimetro del giudizio di legittimità: la Corte non può sostituire la propria valutazione delle prove a quella del giudice di merito, ma deve limitarsi a un controllo sulla coerenza e logicità del ragionamento seguito. La titolarità della carta su cui viene accreditato il prezzo di una vendita fittizia è un indizio grave, preciso e concordante che, se non contrastato da elementi di prova contrari credibili, è sufficiente a fondare un giudizio di responsabilità per concorso nel reato.

In secondo luogo, la Corte distingue nettamente tra la causa di non punibilità per ‘particolare tenuità del fatto’ (art. 131-bis c.p.) e l’attenuante del ‘danno di lieve entità’ (art. 62 n. 4 c.p.). La prima richiede una valutazione complessiva dell’offesa (modalità della condotta, grado della colpevolezza, entità del danno), mentre la seconda si concentra prevalentemente sull’aspetto oggettivo del danno patrimoniale. Pertanto, è possibile che un fatto non sia ritenuto ‘di particolare tenuità’ per via della colpevolezza dell’autore, ma che meriti comunque l’attenuante per l’esiguità del danno causato. La decisione di negare quest’ultima, di fronte a un importo irrisorio, deve essere sorretta da una motivazione specifica e non apparente.

Conclusioni

La sentenza emette un verdetto chiaro: la responsabilità penale è stata irrevocabilmente accertata. Chi fornisce la propria carta prepagata per la riscossione di somme illecite fornisce un contributo essenziale al reato e non può facilmente sottrarsi alle proprie responsabilità. Tuttavia, la Corte annulla la sentenza limitatamente al diniego dell’attenuante, rinviando gli atti a un’altra sezione della Corte d’Appello per la rideterminazione della pena. Questa dovrà essere ricalcolata tenendo conto del danno economico oggettivamente lieve. La pronuncia bilancia così il rigore nell’accertamento della responsabilità con la necessità di una pena proporzionata all’effettiva gravità del fatto commesso.

Fornire la propria carta prepagata per una truffa online configura un concorso in truffa?
Sì. Secondo la sentenza, mettere a disposizione la propria carta per ricevere i proventi di un’attività illecita costituisce un contributo consapevole e determinante alla commissione del reato, integrando così gli estremi del concorso in truffa.

Un danno economico molto basso (es. 50 euro) esclude automaticamente la punibilità per ‘particolare tenuità del fatto’?
No. La Corte ha chiarito che, ai fini della non punibilità, il giudice deve valutare non solo il danno, ma anche le modalità della condotta e la personalità dell’autore. In questo caso, le modalità insidiose e i precedenti specifici dell’imputata hanno impedito l’applicazione di tale beneficio.

Se il danno è di lieve entità, il giudice deve sempre concedere l’attenuante corrispondente?
Il giudice non è obbligato a concederla, ma se decide di negarla di fronte a un danno oggettivamente esiguo (come 50 euro), deve fornire una motivazione specifica e non apparente. Un diniego immotivato, definito ‘apodittico’, rende la sentenza illegittima su quel punto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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