Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 764 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 764 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di NOME nata a Napoli il 22.6.2001, contro la sentenza della Corte d’appello di Napoli del 26.3.2024;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale
NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito l’Avv. NOME COGNOME in difesa di NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte d’appello di Napoli ha confermato la sentenza con cui, in data 17/5/2022, il GIP del Tribunale partenopeo, procedendo con rito abbreviato, aveva riconosciuto NOME COGNOME responsabile del delitto di truffa e l’aveva di conseguenza condannata alla pena, così ridotta per la scelta del rito premiale, di mesi 4 di reclusione ed euro 90 di multa oltre al pagamento delle spese processuali;
ricorre per cassazione NOME COGNOME a mezzo del difensore che deduce:
2.1 violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 650 cod. pen., 64 e 375 cod. proc. pen., con conseguente nullità delle dichiarazioni rese dalla ricorrente e della sentenza: segnala che la responsabilità della COGNOME stata fondata sulla ricostruzione dei movimenti rinvenuti sul suo conto corrente e sulla sua incapacità di fornire spiegazioni sull’accredito dei duemila euro a suo favore; osserva che la ricorrente fu convocata “per motivi di giustizia” ai sensi dell’art. 650 cod. pen. quando era stata già raggiunta da gravissimi indizi di reità per cui avrebbe dovuto essere sentita alla presenza del difensore a pena di nullità suscettibile di esser fatta valere in ogni stato e grado del processo; rileva che la convocazione, motivata per “motivi di giustizia”, ha permesso agli investigatori di corroborare la ricostruzione della vicenda già acquisita sulla scorta degli accertamenti sin’allora eseguiti comprimendo tuttavia il diritto di difesa ed il diritto dell’indagata di avvalersi della facoltà di tacere su quanto le veniva chiesto iri relazione ai fatti per cui è processo;
2.2 vizio di motivazione in punto di prova della responsabilità: rileva che il coinvolgimento della COGNOME è stato desunto dall’accredito del bonifico eseguito dal COGNOME sul suo conto corrente; aggiunge che la persona con cui il COGNOME aveva riferito di aver conversato era un uomo la cui identità non è stata individuata e, dunque, che era praticabile l’ipotesi, alternativa, per cui la ricorrente era stata vittima della “donazione” della propria carta di credito;
2.3 vizio di motivazione in relazione al diniego delle circostanze attenuant generiche: segnala come le argomentazioni spese sul punto dalla Corte d’appello non siano condivisili in presenza di una vicenda tutt’altro che allarmante senza alcun rapporto con la criminalità organizzata;
la Procura Generale ha trasmesso le proprie conclusioni insistendo per l’inammissibilità del ricorso.
Il ricorso è inammissibile perché articolato su censure manifestamente infondate o non consentite in questa sede.
4.1 Il primo motivo del ricorso non si confronta con il principio, assolutamente consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, laddove sia eccepita l’inutilizzabilità di un elemento a carico, il motivo di impugnazione deve illustrare, a pena di aspecificità, l’incidenza dell’eventuale eliminazione del predetto elemento ai fini della cosiddetta “prova di resistenza”, in quanto gli elementi di prova acquisiti illegittimamente diventano irrilevanti ed ininfluenti se, nonostante la loro espunzione, le residue risultanze risultino sufficienti a giustificare l’identico convincimento (cfr., da ultimo Sez. 3, n. 39603 del 03/10/2024, COGNOME, Rv. 287024 – 02; Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv. 269218-01; Sez. 2, n. 30271 dell’11/5/2017, COGNOME, Rv. 270303-01.
I giudici di merito hanno fondato la responsabilità dell’imputata in relazione alla truffa (incontestatamente) commessa in danno di COGNOME, sulla base di una serie di elementi tra i quali non vengono affatto evocate le dichiarazioni che costei avrebbe reso con modalità “non garantite”.
4.2 Il secondo motivo è a sua volta manifestamente infondato: la Corte d’appello ha congruamente valorizzato la titolarità del conto corrente su cui era confluito l’importo bonificato dalla persona offesa utilizzando l’IBAN che gli era stato fornito e corrispondente ad una carta prepagata attivata in data 4/9/2021 a nome dell’odierna ricorrente presentando la carta di identità di cui costei di cui mai era stato denunciato il furto o lo smarrimento.
Altrettanto correttamente, sulla scorta di ciò, la Corte ha ritenuto irrilevante che fosse stato altro soggetto (di sesso maschile) a contattare la vittima atteso che nel reato concorsuale ogni compartecipe è chiamato a rispondere sia degli atti compiuti personalmente, sia di quelli compiuti dai correi nei limiti della concordata impresa criminosa per cui, quando l’attività del compartecipe si sia estrinsecata e inserita con efficienza causale nel determinismo produttivo dell’evento, fondendosi indissolubilmente con quella degli altri, l’evento verificatosi è da considerare come l’effetto dell’azione combinata di tutti i concorrenti, anche di quelli che non hanno posto in essere l’azione tipica del reato. detto reato, deve essere considerato l’effetto della condotta combinata di tutti i concorrenti, anche di quelli che ne hanno posto in essere una parte priva dei requisiti di tipicità (cfr., Sez. 2 Sentenza n. 51174 del 01/10/2019, Rv. 278012, COGNOME; Sez. 5, Sentenza n. 40449 del 10/07/2009, Rv. 244916, Scognamiglio).
4.3 II terzo motivo è anch’esso manifestamente infondato avendo la Corte d’appello valorizzato la gravità della condotta alla luce delle modalità di consumazione della truffa e dell’entità del profitto conseguitone, oltre che la presenza di un recentissimo pregiudizio specifico; ed è appena il caso di ribadire
che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, non deve necessariamente prendere in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, essendo sufficient che egli faccia riferimento a quelli da lui ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo in tal modo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (cfr.
Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549 2; Sez. 3, GLYPH n. 1913 del 20/12/2018, COGNOME, Rv. 275509 3; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269 01; Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, COGNOME, Rv. 265826 – 01).
L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., della somma – che si stima equa – di euro 1000 in favore della Cassa delle Ammende, non sussistendo ragioni che consentano di escludere profili di colpevolezza nell’attivare l’impugnazione.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento della spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 21.11.2024