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Concorso in truffa assicurativa: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per concorso in truffa assicurativa. I motivi del ricorso sono stati giudicati generici, in quanto si limitavano a reiterare argomentazioni già respinte in appello senza un confronto critico con la sentenza impugnata. La Corte ha confermato che una falsa dichiarazione consapevole sulle modalità del sinistro costituisce un idoneo contributo concorsuale al reato.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concorso in truffa assicurativa: quando il ricorso è inammissibile

Il concorso in truffa assicurativa, disciplinato dall’art. 642 del Codice Penale, rappresenta una fattispecie criminosa complessa, la cui prova può basarsi su diversi elementi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sui requisiti di ammissibilità di un ricorso e sul valore probatorio di una falsa dichiarazione. La Suprema Corte ha stabilito che la mera riproposizione dei motivi già respinti in appello, senza un’analisi critica della sentenza impugnata, rende il ricorso generico e quindi inammissibile.

I fatti di causa

Il caso esaminato dalla Corte di Cassazione riguarda un ricorso presentato da un imputato condannato in secondo grado dalla Corte d’Appello per concorso in truffa assicurativa. L’imputato contestava la sua responsabilità penale, sostenendo che le sue azioni non integrassero gli estremi del reato. In particolare, il ricorrente lamentava una violazione di legge in relazione all’art. 642 c.p. e un vizio di motivazione per l’omessa valutazione di un elemento di prova che, a suo dire, sarebbe stato decisivo.

L’analisi della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo entrambe le censure sollevate. L’analisi dei giudici si è concentrata su due aspetti fondamentali: la specificità dei motivi di ricorso e la rilevanza della condotta del concorrente nel reato.

Concorso in truffa assicurativa e genericità del ricorso

Il primo motivo di ricorso è stato ritenuto infondato perché i profili di censura si limitavano a una semplice reiterazione di argomentazioni già presentate e disattese dalla Corte d’Appello. I giudici hanno sottolineato che un ricorso per cassazione non può essere una mera ripetizione delle difese svolte nei gradi di merito. Al contrario, deve contenere una critica argomentata e specifica delle ragioni poste a fondamento della decisione impugnata.

Nel caso di specie, il ricorrente non aveva operato un effettivo confronto con le motivazioni, giudicate non manifestamente illogiche, con cui i giudici di merito avevano affermato il suo coinvolgimento nel reato. Di conseguenza, il motivo è stato qualificato come non specifico e solo apparente, incapace di assolvere alla sua funzione tipica.

La rilevanza della falsa dichiarazione

La Corte ha confermato la correttezza della valutazione operata dai giudici di appello, i quali avevano ritenuto che il comportamento del ricorrente – consistente in una consapevole e falsa dichiarazione sulle modalità del sinistro alla compagnia assicurativa – rappresentasse un idoneo contributo concorsuale alla realizzazione del reato. Questa condotta ha integrato pienamente la fattispecie di concorso in truffa assicurativa.

Per quanto riguarda il secondo motivo, relativo all’omesso esame di un elemento di prova, la Cassazione ha richiamato un principio consolidato: l’annullamento della sentenza non è automatico. Se la censura, anche se valutata, non sarebbe stata in astratto suscettibile di accoglimento, l’omessa motivazione non causa alcun pregiudizio concreto alla parte. Nel caso specifico, le valutazioni di merito della Corte d’Appello erano sufficientemente solide da superare le obiezioni sollevate, rendendo ininfluente l’elemento non esaminato.

Le motivazioni

Le motivazioni della decisione della Suprema Corte si fondano sulla necessità di garantire la funzione propria del giudizio di legittimità, che non è un terzo grado di merito, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione. Un ricorso è ammissibile solo se individua vizi specifici della sentenza impugnata. La semplice riproposizione delle stesse tesi difensive, senza attaccare il ragionamento del giudice precedente, equivale a chiedere un riesame dei fatti, precluso in sede di Cassazione. Inoltre, la Corte ha ribadito che qualsiasi contributo causale consapevole alla realizzazione di un reato è sufficiente per configurare il concorso, inclusa una dichiarazione mendace che mira a ingannare l’assicurazione.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame consolida due importanti principi. Primo, per superare il vaglio di ammissibilità, un ricorso in Cassazione deve essere specifico e critico nei confronti della sentenza impugnata, non una mera fotocopia degli atti di appello. Secondo, nel reato di truffa assicurativa, anche una singola falsa dichiarazione, se resa consapevolmente per contribuire al disegno criminoso, è sufficiente per essere considerati concorrenti nel reato. La decisione condanna quindi il ricorrente al pagamento delle spese processuali e a una sanzione pecuniaria, confermando l’importanza della specificità e della pertinenza degli argomenti legali in ogni fase del processo.

Quando un ricorso in Cassazione viene considerato generico e quindi inammissibile?
Secondo la Corte, un ricorso è generico e inammissibile quando si limita a reiterare le stesse argomentazioni già dedotte e respinte in appello, omettendo un confronto critico e specifico con le ragioni della sentenza impugnata. Non assolve alla sua funzione tipica di critica argomentata.

Una falsa dichiarazione sulle modalità di un sinistro può configurare un concorso in truffa assicurativa?
Sì, la Corte ha confermato che una consapevole falsa dichiarazione sulle modalità di un sinistro, resa a una compagnia assicurativa, rappresenta un idoneo contributo concorsuale alla realizzazione del reato di truffa assicurativa previsto dall’art. 642 del codice penale.

Cosa succede se il giudice d’appello non risponde a un motivo specifico del ricorso?
L’omesso esame di un motivo di appello non comporta di per sé l’annullamento della sentenza. Se la censura, una volta valutata, non sarebbe stata comunque accolta e non avrebbe inciso sull’esito del giudizio, l’omissione non arreca alcun pregiudizio alla parte e la sentenza non viene annullata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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