Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 25804 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 25804 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 28/07/2023 del TRIBUNALE DEL RIESAME di CATANIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
assente il difensore, nonostante lo stesso abbia fatto pervenire richiesta di trattazione orale;
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza in epigrafe, il Tribunale del riesame di Catania confermava il provvedimento del 4 luglio 2023 con il quale il G.i.p. del Tribunale di Catania aveva applicato la misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di NOME COGNOME, in quanto gravemente indiziato dei delitti di cui agli artt. 110 cod. pen., 4 e 7 della legge n. 865 del 1967, 61 n. 2 cod. pen. e 110, 56 e 575 cod. pen.
L’indagato veniva accusato, in concorso con NOME COGNOME e NOME COGNOME, di avere illegalmente portato in luogo pubblico una pistola e posto in essere atti idonei e diretti in modo non equivoco a cagionare la morte di NOME COGNOME, esplodendo al suo indirizzo diversi colpi di arma da fuoco, non essendosi verificato l’evento dannoso per la pronta reazione della vittima.
I fatti erano accaduti il 27 maggio 2023 a Catania, in INDIRIZZO, presso il negozio di autonoleggio della persona offesa NOME COGNOME.
Secondo la ricostruzione accreditata in sede di merito, a seguito di una serie di contrasti, protrattisi per alcune ore, generati dal fatto che NOME COGNOME, fidanzato di una figlia di NOME COGNOME, era stato percosso da NOME COGNOME, suo datore di lavoro, ad un certo punto sopraggiungevano, presso l’esercizio commerciale del COGNOME medesimo, su di uno scooter, il predetto COGNOME e NOME COGNOME, quest’ultimo conducente del mezzo. Il primo, sceso dal motociclo, colpiva COGNOME al volto con due pugni e, poi, estraeva una istola; nonostante alcune persone presenti cercassero di bloccarlo, il COGNOME riusciva ad esplodere nei confronti del COGNOME alcuni colpi, senza riuscire, tuttavia, ad attingerlo. Il COGNOME, che era giunto con l’autore degli spari, non manifestava, nell’occorso, alcuna preoccupazione o stupore per l’uso dell’arma da parte del COGNOME, ed anzi allontanava NOME COGNOME dallo zio, scaraventava a terra alcune moto presenti nel negozio e, fuggendo, esortava il correo a salire sullo scooter per darsi alla fuga, cosa che però quest’ultimo non faceva, allontanandosi a piedi.
Il Tribunale del riesame ravvisava l’apporto concorsuale del COGNOME non solo nell’avere accompagnato presso il negozio del COGNOME lo zio (NOME COGNOME) nella piena consapevolezza che questi fosse armato, circostanza dimostrata dal fatto che, nel momento in cui COGNOME estrasse la pistola, l’indagato non ebbe a mostrare alcuno stupore, tanto che subito lo spalleggiò; ma anche per aver cercato di allontanare NOME COGNOME dallo zio (COGNOME), in quanto il primo si era frapposto in difesa del figlio NOME; inoltre, COGNOME aveva seguito il coindagato all’interno del negozio e, gettando per terra alcune moto in esposizione, aveva ostacolato l’eventuale fuga della vittima, così rafforzando il proposito criminoso del parente.
Ad avviso del RAGIONE_SOCIALE la condotta documentata dalle immagini riprese dalle telecamere della videosorveglianza dimostrava l’inverosimiglianza delle dichiarazioni rese dall’indagato in sede di interrogatorio di garanzia, nelle quali egli
aveva ribadito di essersi limitato ad accompagnare lo zio sui luoghi senza essere a conoscenza del fatto che questi fosse armato.
Sotto il profilo cautelare, il Tribunale del riesame, integrando le argomentazioni svolte dal primo giudice, formulava una prognosi di’ recidivanza alla luce delle particolari modalità della condotta posta in essere e della dinamica dei fatti, sintomatiche di una spiccata pericolosità sociale dell’indagato.
Ha proposto ricorso per cassazione l’interessato, per il tramite del difensore, contestando, in due motivi, rispettivamente, i gravi indizi di colpevolezza e le esigenze cautelari sotto il duplice profilo della violazione di legge e del vizio di motivazione anche per travisamento della prova.
In relazione ai primi, la difesa, analizzando le immagini delle video-riprese, deduce l’inesistenza dell’elemento soggettivo dei reati contestati, mettendo in rilievo plurime discrasie gravanti sulla ricostruzione fattuale offerta dal Tribunale del riesame.
Si contesta, in primo luogo, che NOME COGNOME sia stato allontanato dal COGNOME, il movimento corporeo di quest’ultimo risultando tipico di chi non si aspetta quel che gli sta accadendo intorno; in secondo luogo, non sarebbe vero che, al momento dell’estrazione dell’arma da parte del COGNOME, COGNOME non avesse manifestato alcuno stupore, rivelando, viceversa, le immagini filmate un atteggiamento perplesso in quei frangenti, che lo aveva fatto arretrare; infine, era ben probabile che il COGNOME, accortosi che i colpi esplosi dal COGNOME non erano indirizzati contro qualcuno, avesse preferito non intervenire pensando si trattasse di un’azione intimidatoria e non di un vero e proprio agguato omicidiario.
Con riferimento alle esigenze cautelari, il difensore del ricorrente rileva l’inadeguatezza della misura e il difetto di attualità della medesima, non essendo stata effettuata idonea valutazione circa la necessità e proporzionalità del regime degli arresti domiciliari, a fronte dello stato di incensuratezza dell’indagato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso va dichiarato inammissibile.
Occorre rammentare che, in tema di misure cautelari personali, il ricorso per cassazione per vizio di motivazione del provvedimento del Tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza consente al giudice di legittimità, in relazione alla peculiare natura del giudizio ed ai limiti che ad esso ineriscono, la sola verifica delle censure afferenti all’adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (Sez. 2, n. 27866 del 17/6/2019, COGNOME, Rv. 276976; Sez. U, n. 11 del 22/3/2000, Audino, Rv. 215828).
Ciò premesso, ritiene il RAGIONE_SOCIALE che il provvedimento avversato abbia fornito, nei termini sopra sintetizzati, adeguata risposta ai rilievi espressi dalla difesa dell’indagato, né può essere richiesta a questa Corte un’ulteriore valutazione, inevitabilmente ma inammissibilmente di merito, sul significato da attribuire alle condotte dal medesimo poste in essere, nella sequenza prima descritta, al momento della esplosione di colpi, da parte del COGNOME, in direzione della persona offesa.
La rivalutazione dei fatti prospettata in ricorso non ha, invero, diritto di ingresso nella presente sede di legittimità.
Quanto alle esigenze cautelari, le censure articolate sono generiche ed assertive, incapaci di mettere in crisi il costrutto motivazionale, fondato, in modo scevro da vizi logici, sul contesto conflittuale persistente tra i due gruppi familiari de COGNOME e dei COGNOME, sulla gravità dei fatti e sulle spregiudicate modalità di attuazione degli stessi, indicatori correttamente ritenuti sintomatici di spiccata pericolosità sociale.
Dalla declaratoria di inammissibilità della impugnazione discende la condanna del proponente al pagamento delle spese processuali e, in assenza di ipotesi di esonero, al versamento di un’ulteriore somma in favore della Cassa delle ammende che si stima equo fissare in euro tremila.
Vanno omessi gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen., essendo il ricorrente sottoposto alla misura cautelare degli arresti donniciliari.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 10 gennaio 2024
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