LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Concorso in spaccio: quando il passaggio è reato

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un uomo condannato per concorso in spaccio di hashish. L’imputato, che aveva dato un passaggio al co-imputato, sosteneva di essere all’oscuro della droga. La Corte ha confermato la condanna, ritenendo provata la sua partecipazione attiva al reato, evidenziata da elementi come il passaggio di un giubbetto contenente un chilo di stupefacente e l’invito alla fuga rivolto al passeggero. È stata inoltre esclusa l’ipotesi del fatto di lieve entità a causa dell’ingente quantitativo di droga, pari a circa 7000 dosi.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 19 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concorso in Spaccio: Il Semplice Passaggio in Auto può Costituire Reato?

Un semplice passaggio in auto può trasformarsi in un’accusa di concorso in spaccio di sostanze stupefacenti? La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20581 del 2024, offre una risposta chiara, delineando i confini tra un gesto di cortesia e una partecipazione attiva a un’attività illecita. Il caso analizzato riguarda un uomo condannato per aver trasportato un complice in possesso di un ingente quantitativo di hashish, sostenendo di essere totalmente all’oscuro della droga. Vediamo come i giudici hanno valutato i fatti e quali principi legali hanno applicato.

I Fatti del Caso

La vicenda giudiziaria ha origine da una sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Lucca e successivamente confermata dalla Corte d’Appello di Firenze. L’imputato era stato giudicato colpevole, insieme a un altro soggetto, per il reato di illecita detenzione di hashish.
Secondo la ricostruzione, l’imputato era alla guida di un’auto con a bordo un passeggero. L’auto, seguita dalle forze dell’ordine, ha improvvisamente accelerato dopo che il passeggero è sceso. Quest’ultimo è stato visto scendere di corsa con un giubbetto in mano, passatogli proprio dal conducente. Dopo una breve colluttazione con gli agenti, il giubbetto è stato recuperato e al suo interno sono stati trovati due panetti di hashish per un peso complessivo di circa un chilo.
L’imputato ha sempre sostenuto la sua innocenza, affermando di aver semplicemente offerto un passaggio al conoscente e di non essere a conoscenza della droga. Tuttavia, le prove raccolte, tra cui la testimonianza del co-imputato che ha dichiarato di aver ricevuto una promessa di compenso per il trasporto, hanno dipinto un quadro diverso.

La Questione del Concorso in Spaccio e la Decisione della Cassazione

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due motivi principali:
1. Errata valutazione della sua responsabilità: sosteneva che non vi fossero prove sufficienti a dimostrare il suo coinvolgimento consapevole nel reato.
2. Mancata applicazione dell’ipotesi lieve: chiedeva il riconoscimento del fatto di lieve entità previsto dall’art. 73, comma 5, del Testo Unico sugli Stupefacenti, argomentando che la quantità non fosse “particolarmente ingente”.

La Corte di Cassazione ha rigettato entrambe le argomentazioni, dichiarando il ricorso inammissibile. Questa decisione ha confermato in via definitiva la condanna dell’imputato.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha fornito una motivazione dettagliata per la sua decisione, distinguendo le ragioni per ciascun motivo di ricorso.

Per quanto riguarda il primo punto, relativo alla responsabilità concorsuale, i giudici hanno stabilito che le censure dell’imputato non erano ammissibili in sede di legittimità. Il ricorso in Cassazione, infatti, non serve a riesaminare i fatti o a offrire una lettura alternativa delle prove, ma solo a verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. La Corte d’Appello aveva adeguatamente giustificato la condanna sulla base di elementi concreti e univoci:
* L’osservazione diretta degli agenti che hanno visto il conducente passare il giubbetto al passeggero.
* L’invito alla fuga che il conducente avrebbe rivolto al passeggero.
* L’improvvisa accelerazione del veicolo subito dopo la discesa del complice.
* La dichiarazione del co-imputato riguardo a un compenso promesso.
Questo complesso di prove, secondo la Corte, costituiva un quadro logico e coerente che dimostrava la piena consapevolezza e la partecipazione attiva dell’imputato al reato.

Sul secondo motivo, relativo all’ipotesi di lieve entità, la Corte ha ritenuto il motivo inammissibile per “manifesta infondatezza” e conseguente “carenza d’interesse”. Se un motivo di appello è chiaramente infondato fin dall’inizio, il suo mancato esame approfondito da parte del giudice di secondo grado non può essere validamente contestato in Cassazione. Nel caso specifico, la richiesta di derubricazione era palesemente insostenibile. Il quantitativo di hashish, da cui si potevano ricavare circa 7000 dosi, era tutt’altro che lieve. Questo dato, unito alle modalità concitate dell’azione (la fuga, il passaggio del giubbetto), escludeva in radice la possibilità di qualificare il fatto come di minima offensività.

Le conclusioni

La sentenza ribadisce due principi fondamentali. In primo luogo, nel concorso in spaccio, la responsabilità non richiede necessariamente un ruolo di primo piano; anche un contributo apparentemente secondario, come quello dell’autista, può essere sufficiente a integrare il reato se supportato da prove che dimostrino la consapevolezza e la volontà di partecipare all’attività illecita. Gesti come passare l’involucro contenente la droga o favorire la fuga del complice sono considerati indicatori inequivocabili di un coinvolgimento attivo. In secondo luogo, l’applicazione dell’ipotesi lieve del reato di spaccio è strettamente legata a una valutazione complessiva del fatto. Un quantitativo di droga così ingente, capace di generare migliaia di dosi, è un elemento di per sé sufficiente a escludere la lieve entità, rendendo irrilevanti altre considerazioni come l’occasionalità della condotta o la mancanza di professionalità.

Dare un passaggio a una persona con della droga è sempre concorso in spaccio?
No, non automaticamente. La responsabilità concorsuale scatta quando si forniscono prove di una partecipazione consapevole e attiva al reato. Nel caso esaminato, azioni come passare al passeggero il giubbetto con la droga, invitarlo a fuggire e la promessa di un compenso sono state ritenute decisive per dimostrare tale coinvolgimento.

Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per due ragioni distinte. Il primo motivo, sulla responsabilità, è stato respinto perché cercava di ottenere una nuova valutazione dei fatti, cosa non permessa in Cassazione. Il secondo motivo, sulla richiesta di ‘fatto lieve’, è stato giudicato ‘manifestamente infondato’ a causa dell’enorme quantitativo di droga (circa 7000 dosi), rendendo la doglianza priva di interesse ad agire.

Quando si può applicare l’ipotesi di ‘fatto di lieve entità’ per la detenzione di stupefacenti?
L’ipotesi di ‘fatto di lieve entità’ (art. 73, comma 5) si applica solo quando le modalità dell’azione, i mezzi, le circostanze e soprattutto la quantità e qualità della sostanza sono minimi. La sentenza chiarisce che un quantitativo idoneo a produrre migliaia di dosi è un elemento oggettivo che, di per sé, esclude la possibilità di riconoscere la lieve entità del fatto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati