Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 21056 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 21056 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 20/11/2023 del Tribunale per il riesame di TORINO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sulle conclusioni del PG dr.ssa NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.11 Tribunale per il riesame di Torino con ordinanza del 20 novembre – 9 dicembre 2023, decidendo ai sensi dell’art. 309 cod. proc. peli., ha confermato il provvedimento con il quale il G.i.p. del Tribunale di Torino il 3 novembre 2023 ha applicato la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di NOME, per avere detenuto illecitamente nel proprio garage 163 chilogrammi di hashish, fatto commesso il 31 ottobre 2023, con la recidiva qualificata.
2.In estrema sintesi, Io svolgimento investigativo.
Nell’ambito di un distinto procedimento nei confronti di NOME COGNOME per violazione della disciplina sugli stupefacenti, la polizia giudiziaria ha constatat che NOME in due giorni consecutivi (27 e 28 ottobre 2023) si è recato, alla guida di una Fiat Panda, dentro alcuni garage sotterranei in Torino, alla INDIRIZZO. Effettuato un sopralluogo con il cane anti-droga, l’animale ha segnalato un box nel quale la p.g., al momento, non ha fatto ingresso. È stato sentito il proprietario del garage, NOME COGNOMECOGNOME che ha dichiarato di avere da anni affittato il locale al gestore di un autolavaggio, tale NOME, che è stat individuato dagli investigatori come NOME COGNOME e, interrogato sul punto, ha consegNOME le chiavi del garage. Fatto accesso nel locale, si sono trovati 163 kg di hashish in varie confezioni. Si è accertato anche che NOME il 7 o 1’8 ottobre 2023 aveva chiesto al proprietario della Panda, tale NOME COGNOMECOGNOME la vettura in prestito per poterla usare per sé; COGNOME aveva acconsentito e poi NOME aveva consegnata l’auto a NOME, che in effetti la ha avuto nella propria disponibilità nel mese di ottobre 2023.
Ricorre per la cassazione dell’ordinanza l’indagato NOME, tramite Difensore di fiducia, affidandosi a due motivi con i quali denunzia violazione di legge (entrambi i motivi) e difetto di motivazione (il primo motivo).
3.1. Con il primo motivo censura la violazione degli artt. 110 cod. pen. e 73 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, e mancanza ed illogicità della motivazione quanto alla sussistenza del concorso nel reato di detenzione illecita di stupefacente con NOME e non invece, mera connivenza non punibile dell’indagato.
Richiamata la motivazione dell’ordinanza impugnata, si osserva criticamente quanto segue.
La circostanza che l’indagato sia il formale intestatario clel garage ove era custodita la droga ed in possesso di un mazzo delle chiavi di accesso non legittimerebbe alcuna inferenza gravemente indiziante sulla co-detenzione della
sostanza stupefacente rinvenuta, appunto, dentro il box auto; infatti, la polizia giudiziaria ha dato atto nel verbale di perquisizione e sequestro del 31 ottobre 2023 che la Fiat Panda notata entrare nel garage sotterraneo nei giorni 27 e 28 ottobre 2023 e transitare nella stessa zona nei giorni 23, 27 e 28 ottobre 2023 era pacificamente in uso a NOME COGNOME, non già al ricorrente NOME; la Panda è stata sequestrata nei confronti di NOME COGNOME; NOME COGNOME aveva la disponibilità di un altro garage in Leini (TO), dove la p.g. ha trovato 223 kg di hashish; mai è stato notato usare la Panda in questione il ricorrente NOME, che, nell’interrogatorio svolto, su richiesta, innanzi al P.M. di Torino il 6 novembre 2023 ha dichiarato di avere concesso in uso il garage e di avere procurato il prestito della Panda a NOME per amicizia.
Peraltro, conforterebbe l’assunto difensivo la comparazione svolta dalla polizia giudiziaria tra le modalità di confezionamento della droga rinvenuta nel garage di Torino e quella trovata in quello di Leini, modalità risultate per la maggior parte diverse e soltanto in parte sovrapponibili: infatti, la parziale sovrapponibilità delle «caratteristiche del confezionamento della sostanza stupefacente costituisce momento gravemente indiziante e individualizzante proprio con riguardo a NOME NOME, il quale, proprio perché ha in uso anche il box di INDIRIZZO ha potuto ivi occultare sostanza stupefacente di eguale tipologia e comune provenienza di quella sequestrata nel box di Leini, INDIRIZZO» (così alla p. 7 del ricorso).
A questo punto – osserva criticamente il ricorrente – il Collegio alla p. 3 dell’ordinanza impugnata, ove scrive che il coinvolgimento nella detenzione di NOME non varrebbe ad escludere la responsabilità di NOME, potendo trasformarsi da responsabilità monosoggettiva in concorsuale, «è costretto a scivolare sulla “ipotesi” di una fattispecie “plurisoggettiva”» (così alla p. 7 del ricorso), così incorrendo in due errori.
Il primo errore, in quanto il Tribunale non motiva perché eventualmente la mera consapevolezza da parte dell’indagato della presenza di droga sarebbe sufficiente per dimostrare il concorso di persone nel reato, richiamandosi plurimi precedenti giurisprudenziali di legittimità stimati pertinenti sia circa la n sufficienza della consapevolezza che altri abbiano perpetrato il reato sia sulla distinzione tra concorso nel reato e mera connivenza non punibile. Non essendosi attenuto ai richiamati principi consolidati, il giudice del riesame avrebbe violato gli artt. 110 cod. pen. e 73 del d.P.R. n. 309 del 1990.
3.2. Il secondo errore che si denunzia è oggetto dell’ulteriore motivo, con il quale si lamenta violazione degli artt. 309 e 521 cod. proc. pen., quanto ai poteri riconosciuti al Giudice del riesame, avendo il Tribunale di Torino, ad avviso della Difesa, immutato il fatto come concretamente contestato.
Il Collegio avrebbe, infatti, e di ufficio, modificato la contestazione, d imputazione monosoggettiva in imputazione plurisoggettiva, sostituendosi illegittimamente – al Pubblico Ministero. Donde la denunziata nullità.
Si chiede, dunque, l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
Il Procuratore Generale della SRAGIONE_SOCIALE. nella requisitoria scritta del 25 gennaio 2024 ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è manifestamente infondato, per le seguenti ragioni.
2.La questione della riconducibilità dell’agire dell’imputato alla mera connivenza passiva è manifestamente infondata: il ricorrente afferma la irrilevanza dell’agire di chi sia a mera conoscenza dell’altrui reato, senza contribuirvi, sul che, in linea di massima, nulla quaestio; trascura, tuttavia, sia la consegna da parte di NOME a NOME jdellja chiavi del garage e di quelle dell’automobile, peraltro reperita senza informare il proprietario, NOME COGNOME, sia alcune ravvisate menzogne dell’indagato nel corso dell’interrogatorio sia la circostanza che nei giorni in cui era controllato dall polizia giudiziaria NOME COGNOME, prima o dopo l’ingresso nel garage di INDIRIZZO in Torino, si era recato proprio presso l’autolavaggio di NOME.
Si tratta di dati di fatto valorizzati espressamente alla p. 3 del provvedimento impugNOME e con i quali il ricorrente non svolge il necessario confronto.
Quanto al secondo motivo, il Tribunale per il riesame alla p. 3 si limita a svolgere un argomento meramente dialogico e subordiNOME («il coinvolgimento nella detenzione anche di NOME non varrebbe senza dubbio ad escludere tout court una responsabilità dell’odierno ricorrente (al massimo potendo trasformarsi la contestazione da monosoggettiva a concorsuale)»). In ogni caso, è consolidato il principio secondo il quale in tema di misure cautelari personali, sussiste l’interesse ad impugnare soltanto quando l’indagato tende ad ottenere una diversa qualificazione giuridica del fatto dalla quale consegua per lui una concreta utilità (Sez. 6, n. 46387 del 24/10/2023, COGNOME, Rv. 285481, sez. 6, n. 10941 del 15/02/2017, COGNOME, Rv. 269783), utilità che appare mancante nel caso di specie.
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Essendo il ricorso inammissibile e non ravvisandosi ex art. 616 cod. proc. pen. assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Costituzionale, sentenza n. 186 del 7-13 giugno 2000), alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della sanzione pecuniaria nella misura, che si stima congrua e conforme a diritto, indicata in dispositivo.
La Cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 21/02/2024.