Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22982 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22982 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/06/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: NOME COGNOME nato a BARCELLONA POZZO DI GOTTO il 07/05/1959
NOME nato a MESSINA il 04/12/2001
avverso la sentenza del 14/02/2025 della CORTE APPELLO di MESSINA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Motivi della decisione
NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrono, a mezzo del comune difensore, avverso la sentenza di cui in epigrafe deducendo violazione di legge e vizio motivazionale con un primo motivo in relazione alla dichiarazione di responsabilità di NOME COGNOME con un secondo motivo in relazione al mancato riconoscimento, d entrambi, della circostanza attenuante ex art. 62 n. 4 cod. pen.
Quanto al primo motivo il difensore ricorrente lamenta che non sia stata individuata alcuna azione posta in essere da COGNOME COGNOME che abbia apportato un contributo causale alla condotta delittuosa, ma è stato fatto rifermento solo alla sua presenza nell’abitazione.
Con il secondo motivo ci si duole che i giudici del gravame del merito non abbiano tenuto conto dell’esiguità del dato ponderale e a fronte di ciò ritenuto il fatto incompatibile con l’attenuante di cui all’art. 62 n.4 cod. pen.
Chiedono, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
Tutti i motivi proposti non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità perché sono riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e non sono scanditi da necessaria critica analisi delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata e sono privi della puntuale enunciazione delle ragioni di diritto giustificanti il ricor e dei correlati congrui riferimenti alla motivazione dell’atto impugnato (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione, in motivazione, Sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Rv. 254584; Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione).
Inoltre, il primo motivo è volto a prefigurare una rivalutazione o e/o alternativa rilettura delle fonti probatorie, estranee al sindacato di legittimità e avulse una pertinente individuazione di specifici travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudici di merito. Mentre il secondo motivo afferisce al trattamento punitivo, benché sorretto da sufficiente e non illogica motivazione e da adeguato esame delle deduzioni difensive (sull’onere motivazionale del giudice in ordine alla determinazione della pena, Sez. 3, n. 29968 del 22/2/2019, COGNOME, Rv. 27628801; Sez. 2, n. 36104 del 27/4/2017, COGNOME, Rv. 271243);
Ne deriva che i proposti ricorsi vanno dichiarati inammissibili.
I ricorrenti, in concreto, non si confrontano adeguatamente con la motivazione della corte di appello, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto e pertanto immune da vizi di legittimità.
3.1. Quanto al primo motivo i giudici del gravame del merito, hanno dato infatti conto degli elementi di prova in ordine alla responsabilità concorsuale di COGNOME COGNOME e, in particolare hanno evidenziato i seguenti accadimenti che non lasciano dubbi sul suo coinvolgimento nell’attività illecita del coimputato: è andato a prendere il Calabrese in un vicolo nei dintorni di casa sua e l’ha portato dentro con sé, dopo esser uscito dall’abitazione il Calabrese è stato trovato dalla p.g. in possesso di 0.93 grammi di cocaina; ha ceduto “in solitario” 0,27 grammi di cocaina al Di NOME COGNOME poiché il COGNOME risultava pacificamente solo in casa al momento della cessione; il fatto di avere uno schema operativo sempre uguale per operare le cessioni per ultimo il suo atteggiamento quando ha sospettato la presenza di una telecamera posizionata dalla p.g. nelle vicinanze dell’abitazione, cioè il fatto di essersi messo freneticamente a cercarla fino a trovarla e oscurarla con un nastro adesivo.
Tutti questi comportamenti portano inequivocabilmente a dedurre, secondo la logica motivazione del provvedimento impugnato, il concorso nell’attività di cessione e anche nel non essere scoperti.
In tali modalità di azione, coerentemente la Corte territoriale rileva che: «asserire che la persona di NOME NOME, sempre presente in casa al momento dei singoli fatti contestatigli, possa essersi limitato ad osservare passivamente il figlio condurre la effettuata cessione, appare. veramente una asserzione pressoché fideistica e ben poco plausibile, già apparendo di per esse tutte tali condotte come ben poco collimanti con l’azione e l’intendimento di un soggetto meramente a, conoscenza dei traffici del figlio e/o che intendesse solo favorirlo e proteggerlo. Come poi possa definirsi come “connivente non punibile” un soggetto che, spasmodicamente ed in prima persona, facendosi solo aiutare come vedetta dal figlio, si mette alla parossistica ricerca (evidentemente allertato da quanto riferitogli dal Di COGNOME e/o comunque messosi in tensione per l’elevato numero di arrivi presso casa propria di acquirenti, certo allertante le FF.00. e tale da far stare “arrectis auribus” un soggetto dal corposo pregiudizio penale come NOME COGNOME) di una telecamera posizionata dalla P.G. nei dintorni e dopo averla trovata, si prende la briga dì oscurarla con del nastro adesivo per impedire la registrazione delle immagini ritraibili, appare veramente una tesi irricevibile prima ancora che radicalmente infondata, vista la manifestazione di piena cointeressenza nelle attività’ di cessione ed il manifesto interesse comune ad evitare di essere monitorati presso casa durante le cessioni illecite ivi messe in atto» (pag. 5).
Altrettanto logica appare, inoltre, la considerazione che si legge in sentenza a pag. 5 secondo cui: «Non si vede come e perché un tale convergente ed emblematico compendio di evidenze in cui il soggetto, risultato essere sempre in casa al momento dell’arrivo dei compratori indicati ai capi nn. 2) , 3), 4), 4) e 5) della ‘rubrica, adduce di essere un mero connivente non punibile, possa ricondurre ad una invocata responsabilità “ad intermittenza” di Mirabile Bernardo sol perché, per le vicende collegate a tali capi, non è stato visto ne’ accompagnare fuori casa i compratori – come ha fatto il figlio – né consegnare la droga ed intascare i soldi correlati a tale cessione all’interno dell’appartamento, visto che il tutto avveniva, con ogni evidenza, fra le quattro mura della casa familiare ed egli è risultato essere, a tutti gli effetti».
3.2 Relativamente al secondo motivo di ricorso, che pure si palesa manifestamente infondato, la Corte territoriale lo ha già motivatamente confutato sul rilievo che risulta palese .che in un contesto di serrata attività di cessione di stupefacente quale quella descritta in atti, pur caratterizzata da contenuto rilievo ponderale delle dosi cedute e di “piccolo cabotaggio” sotto il profilo della fetta di mercato accaparrata e gestita, non possa aversi certo mero riguardo ad una assenta (ed indimostrata) minimale entità delle somme così ricavate (che oltremodo, secondo i prezzi di mercato della cocaina, anche i più bassi praticabili, neppure dovevano essere poi così risibili), ma anche, per come previsto dallo stesso art. 62 n. 4) c.p., alla dannosità e pericolosità del correlato evento, che appare di tutto rilievo e spessore e certo assolutamente non rapportabile ad alcuna inesistente speciale tenuità di sorta, dei tutto distante dal traffico illecito messo su dai Mirabile padre e figlio.
La Corte territoriale si è mossa nel solco della costante giurisprudenza di legittimità secondo cui il giudice deve valutare, ai fini del riconoscimento della circostanza attenuante in questione, sia l’entità del lucro perseguito o effettivamente conseguito dall’agente sia la gravità dell’evento dannoso o pericoloso prodotto dalla condotta considerata, con la precisazione che tale ultimo elemento va inteso alla stregua di evento in senso giuridico, comprendente qualsiasi offesa penalmente rilevante, la quale si riveli di tale particolare modestia da risultare “proporzionata” alla tenuità del vantaggio patrimoniale che l’autore del fatto si proponeva di conseguire o ha in effetti conseguito (in ultimo Sez. 3 n. 13659/2024).
Essendo i ricorsi inammissibili e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna dei ricorrenti al pagamento
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R.G.
delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecu- niaria nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della cassa delle am-
mende.
Così deciso il 10/06/2025