Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 9481 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 9481 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di
De NOMECOGNOME nato a Siracusa il 24/10/1996, contro la sentenza della Corte d’appello di Catania del 28/05/2024;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’Avv. NOME COGNOME in difesa dell’imputato, che ha concluso per l’accoglimento dei ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 07/11/2018 il GUP del Tribunale di Siracusa, procedendo con rito abbreviato, aveva riconosciuto NOME COGNOMEunitamente a NOME COGNOME responsabile del delitto di riciclaggio di un motociclo Honda risultato provento di furto e, con le ritenute circostanze attenuanti generiche e la diminuente per la scelta del rito, l’aveva condannato alla pena di anni 2 e mesi 8 di reclusione ed euro 3.000 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali;
la Corte d’appello di Catania ha riformato la sentenza di primo grado quanto al trattamento sanzionatorio che ha ricondotto al minimo edittale e, pertanto, rideterminato la pena in anni 1, mesi 9 e giorni 10 di reclusione ed euro 2.222 di multa;
ricorre per cassazione NOME COGNOME a mezzo del difensore che deduce:
3.1 GLYPH violazione GLYPH di GLYPH legge GLYPH sostanziale GLYPH ed GLYPH omessa GLYPH motivazione sull’accertamento dell’elemento materiale del reato: rileva che i giudici di merito hanno omesso di motivare sulla condotta partecipativa del De Simone nel delitto di riciclaggio la cui natura di reato istantaneo esclude che la mera utilizzazione del bene possa comportare alcuna forma di concorso, nemmeno sul piano meramente morale; sottolinea che la responsabilità del ricorrente è stata confermata dai giudici di secondo grado che, a loro volta, l’hanno fondata sulla conoscenza o conoscibilità della appartenenza della targa apposta sul ciclomotore ad un altro mezzo di proprietà della madre e della alterazione del numero di telaio; rileva che, in ogni caso, sussisterebbero tutti i presupposti per ricondurre il fatto, già ridimensionato dalla Corte d’appello, nell’ipotesi contemplata al quarto comma dell’art. 648-bis cod. pen.;
3.2 vizio di motivazione per manifesta contraddittorietà: rileva il carattere “perplesso” della motivazione resa dalla Corte d’appello quanto al diniego del riconoscimento della ipotesi “lieve” di cui all’art. 648-bis comma 4, cod. pen., evocando, quale delitto “presupposto”, quello di cui all’art. 624-bis cod. pen. di cui nel caso di specie non v’era alcun presupposto fattuale non potendo il mezzo essere stato sottratto da un luogo adibito a privata abitazione e, nel contempo, parcheggiato sulla pubblica via.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato per le considerazioni che seguono.
1. NOME COGNOME era stato tratto a giudizio e riconosciuto responsabile, nei due gradi di merito, del delitto di riciclaggio in concorso “… per avere compiuto … in relazione al motociclo Honda, modello SH 150, telaio … già provento di furto in quanto da ignoti sottratto a COGNOME Carmelo in Priolo Gargallo, nella notte tra il 12 ed il 14 maggio 2014, più operazioni idonee ad ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa del suddetti ciclomotore, sostituendo la targa originale … con una riportante la numerazione CG 13043, intestata a Cerro NOME, asportando la targhetta di identificazione del costruttore posta sotto il sedile, ed alterando il codice identificativo del telaio mediante abrasioni e scalfitture”.
1. Il Tribunale, aveva affermato la responsabilità del ricorrente che era stato fermato, per un ordinario controllo di polizia, a bordo del ciclomotore con la targa TARGA_VEICOLO, risultata però diversa da quella riportata nel certificato assicurativo; all’esito di più accurati controlli, era emerso che era stata asportata la targhetta identificativa del ciclomotore su cui avrebbe dovuto risultare il numero di telaio e che, inoltre, era stato abraso il numero impresso sul motore; gli ulteriori accertamenti avevano consentito di identificare il motociclo come quello rubato a COGNOME oltre un anno prima ed originariamente targato TARGA_VEICOLO mentre le targhe apposte sul mezzo erano risultate appartenere ad un diverso motociclo, di proprietà di NOME COGNOME
Il primo giudice aveva ritenuto la responsabilità del COGNOME, come della COGNOME, osservato che “… gli imputati avevano la disponibilità (il COGNOME) e la proprietà (la COGNOME) del veicolo” ed evidenziando il rapporto esistente tra i due (madre e figlio) era a suo avviso tale da concludere nel senso “che sia attribuibile ad entrambi gli imputati, in concorso, l’operazione di occultamento della provenienza delittuosa del loro ciclomotore” (cfr., pag. 2 della sentenza di primo grado).
Con l’atto d’appello la difesa dell’imputato aveva a sua volta fatto presente che il giovane era soltanto ‘utilizzatore del mezzo e che non vi era alcuna prova del fatto che egli avesse proceduto o contribuito a manipolare il ciclomotore alterandone gli elementi identificativi al fine di occultarne la provenienza (pacificamente) delittuosa.
La risposta fornita dalla Corte d’appello è certamente incongrua.
I giudici di secondo grado hanno in primo luogo puntualizzato, condividendo tale approdo ricostruttivo, che il Tribunale non aveva affatto affermato che il COGNOME aveva apposto lui stesso materialmente le targhe ed alterato i dati identificativi del mezzo (cfr., pag. 3 della sentenza in verifica); hanno tuttavia confermato la responsabilità dell’odierno ricorrente sul rilievo secondo cui “… l’utilizzo di esso doveva rendere conoscibile sia l’alterazione del telaio, constatabile
anche ad occhio nudo, sia l’anomalia di targhe, appartenenti in ordine alla propria madre, ma collegate ad altro mezzo che di sicuro il COGNOME conosceva (madre e figlio, peraltro, sono residenti allo stesso indirizzo)” (cfr., pagg. 3-4 dell sentenza d’appello).
La Corte territoriale ha dunque ascritto al COGNOME la responsabilità per il riciclaggio del mezzo ritenendo non credibile che costui avesse utilizzato il mezzo non accorgendosi della sostituzione delle targhe ad opera di terzi estranei al proprio nucleo familiare (cfr., ivi, pag. 4).
4. E’ ricorrente, nella giurisprudenza di questa Corte, l’affermazione secondo cui il riciclaggio è un reato a forma libera, la cui condotta può consistere anche in una pluralità di distinti atti in sé leciti, realizzati a distanza di tempo l’u dall’altro, purché unitariamente riconducibili all’obiettivo comune cui sono finalizzati, ossia l’occultamento della provenienza delittuosa del denaro, dei beni o delle altre utilità che ne costituiscono l’oggetto, con la conseguenza che non è essenziale la preventiva individuazione e previsione dei singoli atti da compiere, potendo gli stessi essere individuati di volta in volta in ragione della loro rilevanza per l’acquisizione definitiva del provento del delitto (cfr. Sez. 2, n. 7257 del 13/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278374 – 01; conf., Sez. 2, n. 29869 del 23/06/2016, Re, Rv. 267856 – 01).
Se è vero, però, che il delitto di riciclaggio può articolarsi in una pluralità d operazioni, anche non contestuali, è pur vero che esso rimane pur sempre un reato strutturalmente istantaneo nel quale, cioè, sono irrilevanti gli effetti della condotta una volta che dette operazioni, dirette ad occultare o a rendere maggiormente difficoltosa la individuazione della provenienza delittuosa della cosa o del denaro, siano state completate (cfr., così, ad esempio, Sez. 2, n. 38838 del 04/07/2019, COGNOME, Rv. 277098 – 01, in cui la Corte ebbe modo di puntualizzare che il reato di autoriciclaggio ha natura istantanea e si consuma nel momento in cui vengono poste in essere le condotte di impiego, sostituzione o trasformazione di beni costituenti l’oggetto materiale del delitto presupposto, nessun rilievo dovendo quindi riconoscersi, ai fini della consumazione, alla circostanza che gli effetti delle condotte indicate si protraggono nel tempo).
Declinando questi principi al caso di specie, il collegio non può non stigmatizzare i duplice errore in cui è caduta la Corte d’appello.
In primo luogo, infatti, i giudici catanesi hanno errato nell’attribuire riliev decisivo al fatto che il COGNOME utilizzasse il motociclo su cui era stata apposta una targa diversa da quella originale e su cui erano state eseguite le altre operazioni di alterazione sopra richiamate.
Si è detto della natura istantanea del delitto di riciclaggio che condivide questa caratteristica strutturale con il delitto di ricettazione, per il quale quest
Corte ha ripetutamente affermato che non risponde del reato colui che, non avendo preso parte alla commissione del fatto, si limiti a fare uso del bene unitamente agli autori del reato, pur nella consapevolezza della illecita provenienza, non potendosi da questa sola successiva condotta desumere l’esistenza di una compartecipazione quanto meno d’ordine morale, atteso che il reato di ricettazione ha natura istantanea e non è ipotizzabile una compartecipazione morale per adesione psicologica ad un fatto criminoso da altri commesso (cfr., così, ad esempio, Sez. 5, n. 42911 del 24/09/2014, COGNOME, Rv. 260684 – 01; Sez. 2, n. 51424 del 05/12/2013, COGNOME, Rv. 258582 – 01; Sez. 2, n. 23395 del 13/04/2011, COGNOME, Rv. 250689 – 01).
Né, a ben guardare, tale circostanza – ovvero l’utilizzazione del ciclomotore da parte dell’odierno ricorrente – è stata considerata come emblematica o significativa del fatto che a compiere tali operazioni fosse stato proprio il COGNOME.
Ben diversamente, la Corte d’appello ha ritenuto di poter radicare la responsabilità dell’imputato sul fatto che egli, utilizzando il ciclomotore, non poteva non accorgersi della intervenuta sostituzione della targa e della alterazione del telaio, ovvero di circostanze che, anche tenuto conto della appartenenza della targa ad altro ciclomotore di proprietà della madre, doveva essere da lui conoscibili.
In altri termini, allora, non soltanto i giudici di secondo grado hanno ricondotto la responsabilità del ricorrente ad una circostanza certamente sopravvenuta rispetto al completamento delle operazioni di alterazione del mezzo ma, per altro verso, non hanno nemmeno potuto affermare che di tali operazioni egli fosse certamente consapevole limitandosi, infatti, a sostenere che si trattava di circostanze da lui “conoscibili”.
Così argomentando, la sentenza impugnata ha evocato un coefficiente psicologico orientato sul versante colposo piuttosto che su quello del dolo, quand’anche indiretto o eventuale, indispensabile ai fini della riferibilità del delitt all’imputato.
Come si è accennato, la giurisprudenza di questa Corte, riferendosi al delitto di ricettazione, ha spiegato che si tratta di un reato istantaneo per il qual non è perciò configurabile un concorso morale a posteriori, per adesione psicologica alla ricettazione consumata da altri; il concorso morale, infatti, può precedere l’esecuzione del reato o esprimersi nel corso della fase esecutiva, ma non successivamente a reato consumato; ciò non di meno, la successiva ricezione della cosa – che può provenire anche da un’attività di riciclaggio – può dar luogo ad una condotta di ulteriore ricettazione, sempre che, tuttavia, sussista il relativo elemento psicologico – di stampo doloso – e si stabilisca una relazione di fatto con
la cosa che, come è stato oggettivamente accertato nel caso di specie, ne comporti la disponibilità (cfr., così, Sez. 2, n. 15681 del 22/03/2016, COGNOME, Rv. 266555 – 01; Sez. 2, n. 7813 del 04/12/1991, dep. 1992, COGNOME, Rv. 191007 – 01; Sez. 2, n. 5439 del 19/06/1990, dep. 1991, COGNOME, Rv. 187342 – 01).
5. La sentenza va dunque annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte d’appello di Catania che procederà ad una nuova valutazione della vicenda alla luce dei principi sopra indicati: verificando, in primo luogo, la percorribilità, s piano materiale o anche soltanto morale, del concorso del COGNOME nel delitto di riciclaggio e, in secondo luogo, dell’eventuale responsabilità del ricorrente per il diverso delitto di ricettazione.
L’esame del secondo motivo di ricorso è evidentemente precluso dovendosi tuttavia rilevare come il delitto presupposto fosse, comunque, per quel che si legge nella sentenza d’appello – ed al netto dell’evidente contraddittorietà dell’affermazione secondo cui “… la moto fu rubata all’interno di una abitazione mentre era parcheggiata sulla pubblica via” (cfr., pag. 5 della sentenza) – che il furto sarebbe comunque avvenuto con violenza sulla cosa (ovvero “… forzando il blocco d’accensione (cfr., ivi). Con conseguente applicabilità dell’aggravante di cui al n. 2 dell’art. 625 cod. pen..
P.Q.M.
annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Catania.
Così deciso in Roma, il 21.1.2025