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Concorso in riciclaggio: l’uso del bene non basta

Un soggetto veniva condannato per riciclaggio per aver utilizzato un motociclo alterato. La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza, precisando che il semplice uso di un bene, dopo che le operazioni di alterazione sono state completate da altri, non integra il concorso in riciclaggio. Questo reato, di natura istantanea, richiede una partecipazione attiva, materiale o morale, all’attività di occultamento. La Corte ha rinviato il caso per una nuova valutazione, che dovrà considerare l’eventuale responsabilità per il diverso reato di ricettazione.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concorso in riciclaggio: usare un bene rubato e alterato non basta per la condanna

L’utilizzo di un bene di provenienza illecita, le cui caratteristiche sono state alterate da terzi per nasconderne l’origine, non è sufficiente per affermare la responsabilità penale a titolo di concorso in riciclaggio. È necessario dimostrare una partecipazione attiva, materiale o morale, alle operazioni di occultamento. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con una recente sentenza, annullando una condanna e chiarendo i confini tra il riciclaggio e la ricettazione.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un giovane condannato nei primi due gradi di giudizio per il reato di riciclaggio in concorso. L’imputato era stato fermato alla guida di un motociclo risultato rubato. Il veicolo presentava diverse alterazioni finalizzate a ostacolarne l’identificazione: la targa originale era stata sostituita con una appartenente a un altro mezzo di proprietà della madre dell’imputato, la targhetta identificativa era stata rimossa e il numero di telaio era stato abraso.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano ritenuto l’imputato colpevole, basando la condanna sulla presunzione che egli non potesse non essere a conoscenza delle manipolazioni, data la sua familiarità con il veicolo e la provenienza della targa sostituita. La sua responsabilità veniva quindi dedotta dal semplice utilizzo del mezzo alterato.

Il Ricorso e la Natura Istantanea del Riciclaggio

La difesa ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo un punto di diritto fondamentale: il riciclaggio è un reato istantaneo. Ciò significa che il reato si perfeziona e si conclude nel momento esatto in cui vengono completate le operazioni volte a ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa del bene.

Di conseguenza, chi si limita a utilizzare il bene dopo che tali operazioni sono state portate a termine da altri non può essere considerato un concorrente nel reato di riciclaggio, poiché la sua condotta è successiva alla consumazione del crimine stesso. Per configurare un concorso in riciclaggio, sarebbe stato necessario provare che l’imputato avesse contribuito, anche solo moralmente (ad esempio, accordandosi preventivamente con gli autori materiali), all’attività di alterazione del motociclo.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha accolto pienamente la tesi difensiva, individuando un duplice errore nel ragionamento dei giudici di merito.

In primo luogo, è stato erroneamente attribuito valore decisivo al mero utilizzo del motociclo. La Corte ha ribadito che, analogamente a quanto avviene per la ricettazione, il riciclaggio è un reato istantaneo. Non è configurabile un concorso morale a posteriori, basato su una condotta (l’utilizzo) successiva al completamento del reato. La responsabilità penale non può derivare da un fatto già esaurito.

In secondo luogo, la Corte d’Appello aveva fondato la colpevolezza sul fatto che le alterazioni fossero “conoscibili” dall’imputato. Questo approccio, secondo la Cassazione, evoca un criterio di colpa (negligenza) e non di dolo (intenzione), che è invece l’elemento psicologico richiesto per il delitto di riciclaggio. Per essere colpevoli, non basta “poter sapere”, ma è necessario “sapere e volere” di partecipare all’operazione di occultamento.

La Suprema Corte ha quindi distinto nettamente la condotta di chi compie le operazioni di riciclaggio da quella di chi, successivamente, riceve e utilizza il bene già “ripulito”. Quest’ultima condotta, sebbene illecita, potrebbe configurare il diverso e meno grave reato di ricettazione, ma non il concorso nel delitto di riciclaggio.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza è stata annullata con rinvio ad un’altra sezione della Corte d’Appello. I nuovi giudici dovranno rivalutare l’intera vicenda alla luce dei principi enunciati dalla Cassazione. In particolare, dovranno verificare se esistano prove concrete di una partecipazione, materiale o anche solo morale, dell’imputato alle attività di alterazione del motociclo. In assenza di tali prove, dovranno esaminare se la sua condotta possa essere qualificata come ricettazione.

Questa decisione rafforza un principio cardine del diritto penale: non si può essere condannati per un reato già consumato da altri, a meno che non si dimostri un contributo causale effettivo alla sua realizzazione. Il semplice godimento del provento di un reato non equivale a esserne stati complici.

Utilizzare un bene riciclato da altri significa commettere il reato di riciclaggio?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il semplice utilizzo di un bene la cui provenienza illecita è già stata occultata da altri non è sufficiente per essere considerati concorrenti nel reato di riciclaggio. Questo perché il riciclaggio è un reato istantaneo che si conclude con le operazioni di alterazione.

Qual è la differenza tra concorso in riciclaggio e ricettazione in un caso come questo?
Il concorso in riciclaggio richiede una partecipazione attiva (materiale o morale) alle operazioni finalizzate a nascondere l’origine illecita del bene. La ricettazione, invece, consiste nel ricevere o acquistare un bene sapendo che proviene da un reato, al fine di trarne profitto. La condotta di chi utilizza un bene già riciclato da altri può configurare ricettazione, non concorso in riciclaggio.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza di condanna?
La Corte ha annullato la sentenza perché i giudici di merito hanno commesso un errore di diritto, confondendo il semplice utilizzo del bene con la partecipazione attiva al reato. Hanno basato la condanna su una condotta successiva alla consumazione del reato di riciclaggio e su un elemento psicologico più vicino alla colpa (“poteva sapere”) che al dolo richiesto dalla norma.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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