LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Concorso in resistenza: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione conferma le misure cautelari per manifestanti accusati di concorso in resistenza a pubblico ufficiale. La sentenza chiarisce che la partecipazione attiva a un gruppo che si oppone con violenza alle forze dell’ordine è sufficiente per configurare il reato, anche senza un atto materiale individuale. La Corte ha ritenuto la condotta, finalizzata a scontri, un grave indizio di colpevolezza e di pericolosità sociale, rigettando i ricorsi.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concorso in resistenza: quando la partecipazione al gruppo vale come reato

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, si è pronunciata su un caso di concorso in resistenza a pubblico ufficiale, delineando i confini della responsabilità penale all’interno di un’azione di gruppo. La decisione offre importanti spunti di riflessione su come venga valutata la partecipazione, sia materiale che morale, a un reato commesso collettivamente durante una manifestazione, confermando l’applicazione di misure cautelari per diversi indagati.

I Fatti: la Protesta e l’Opposizione alle Forze dell’Ordine

Il caso trae origine da una manifestazione di protesta organizzata da un gruppo di area anarchica. Durante le fasi preparatorie del corteo, un gruppo di circa quindici persone, dopo aver caricato su un carrello da supermercato oggetti destinati a essere usati in potenziali scontri (come scudi, bastoni e striscioni rinforzati), è stato intercettato dalle forze dell’ordine. Agli agenti, che avevano intimato al gruppo di fermarsi, i manifestanti hanno opposto un netto rifiuto, proseguendo la marcia e spingendo con violenza il carrello contro di loro per circa 200 metri, impedendo così l’esecuzione di un atto d’ufficio, ovvero il sequestro del materiale.

Le Decisioni dei Giudici di Merito

La Valutazione Iniziale

In un primo momento, il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) aveva rigettato la richiesta di applicazione di misure cautelari, ritenendo la ricostruzione dei fatti troppo generica per distinguere tra gli autori materiali della spinta, i concorrenti morali e i semplici presenti.

L’Intervento del Tribunale del Riesame

Successivamente, il Tribunale del Riesame, accogliendo l’appello del Pubblico Ministero, ha ribaltato la decisione. Basandosi sulle annotazioni di polizia giudiziaria, il Tribunale ha ritenuto che vi fossero gravi indizi di colpevolezza a carico di tutti gli indagati identificati. Secondo i giudici, l’azione collettiva, la comune volontà di trasportare materiale da scontro e l’opposizione fisica all’ordine di fermarsi costituivano una condotta unitaria, idonea a configurare il concorso nel reato di resistenza aggravata.

L’Analisi della Corte di Cassazione sul concorso in resistenza

La Suprema Corte, chiamata a decidere sui ricorsi degli indagati, ha confermato integralmente la visione del Tribunale del Riesame, rigettando tutte le doglianze. La sentenza si fonda su principi giuridici consolidati in materia di concorso di persone nel reato.

Il Principio del “Fatto Collettivo”

La Cassazione ha ribadito che, per integrare il concorso morale nel reato di resistenza, non è necessario compiere personalmente l’atto violento. È sufficiente la condotta di chi, assistendo a una resistenza attiva posta in essere da altri membri del proprio gruppo, ne rafforzi l’azione offensiva o ne aggravi gli effetti. L’aver perseverato nell’avanzata, nonostante l’alt della polizia, è stato interpretato come un’adesione psichica all’azione illecita, rafforzando la determinazione dei co-manifestanti.

La Valutazione delle Esigenze Cautelari

Anche riguardo alla necessità delle misure cautelari, la Corte ha fornito chiarimenti importanti. Ha stabilito che l’assenza di precedenti penali (l’incensuratezza) costituisce solo una presunzione relativa di minima pericolosità sociale. Tale presunzione può essere superata dalla gravità concreta della condotta. Nel caso di specie, l’aver posto in essere un atto di resistenza finalizzato a trasportare materiale per azioni violente è stato ritenuto un indicatore di un’elevata intensità del pericolo di recidiva e di una profonda indifferenza verso l’autorità, giustificando così le misure anche per gli indagati senza precedenti.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato il rigetto dei ricorsi sottolineando come il Tribunale del Riesame avesse correttamente applicato i principi giurisprudenziali sul concorso di persone. L’unitarietà del “fatto collettivo” si realizza quando le condotte dei singoli concorrenti, pur diverse, convergono verso un unico obiettivo. È sufficiente che ciascun agente abbia la consapevolezza, anche unilaterale, del contributo altrui. La condotta degli indagati – staccarsi dal corteo, caricare il carrello e spingerlo contro la polizia – è stata letta come un’azione unica e coordinata. La Corte ha inoltre considerato irrilevanti le argomentazioni difensive basate su presunti travisamenti di prove video, affermando che le annotazioni di polizia erano sufficientemente chiare e dettagliate per fondare un giudizio di gravità indiziaria.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza della Cassazione consolida un’interpretazione rigorosa del concorso in resistenza. Stabilisce che la partecipazione consapevole e attiva a un’azione di gruppo violenta o minacciosa contro pubblici ufficiali è sufficiente per essere considerati penalmente responsabili, anche senza aver posto in essere in prima persona l’atto materiale di violenza. La decisione evidenzia come la gravità del fatto e l’ideologia che lo muove possano essere elementi decisivi per valutare la pericolosità sociale di un individuo e giustificare l’applicazione di misure restrittive della libertà personale.

Per configurare il concorso in resistenza a pubblico ufficiale, è necessario compiere personalmente un atto di violenza?
No. Secondo la Corte, per integrare il concorso morale è sufficiente una condotta che rafforzi l’azione offensiva altrui, come assistere a una resistenza attiva senza dissociarsene e partecipando alla comune manifestazione collettiva.

La semplice appartenenza a un gruppo di manifestanti che si oppone alla polizia integra il reato di resistenza?
No, la semplice presenza non è sufficiente. Tuttavia, se la persona partecipa attivamente all’azione del gruppo che si oppone alle forze dell’ordine (ad esempio, avanzando insieme agli altri nonostante l’ordine di fermarsi e spingendo un carrello contro gli agenti), la sua condotta viene considerata una forma di partecipazione al reato.

L’assenza di precedenti penali esclude automaticamente l’applicazione di misure cautelari per il reato di resistenza?
No. La Corte ha chiarito che l’incensuratezza è solo una presunzione relativa di minima pericolosità. Questa può essere superata dalla gravità della condotta concreta, come nel caso di un atto di resistenza finalizzato a compiere ulteriori azioni violente, che dimostra indifferenza verso l’autorità e un concreto pericolo di recidiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati