Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 12000 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 12000 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 30/01/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME COGNOME nato a Ravenna il 06/11/1990
COGNOME NOME nato a Treviso il 22/08/1990
COGNOME NOME nato a Camerino il 11/03/1994
COGNOME NOME nato a Garbagnate Milanese il 20/12/1992
COGNOME NOME nato a Castelfranco Veneto il 25/01/1988
COGNOME NOME nata a Varese il 09/05/1992
COGNOME NOME nata in Spagna il 24/08/1993
COGNOME NOME nato a Potenza il 05/08/1992
avverso la ordinanza del 20/09/2024 del Tribunale del riesame di Torino visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
sentite le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata dei ricorsi di COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME e il rigetto dei ricorsi di COGNOME, COGNOME e COGNOME; uditi gli avvocati:
NOME COGNOME in difesa di COGNOME e, in sostituzione dell’avvocato NOME COGNOME in difesa di COGNOME, COGNOME e COGNOME;
NOME COGNOME in difesa di COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME;
i quali hanno insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale del riesame di Torino, accogliendo l’appello del Pubblico ministero, ha applicato:
a COGNOME COGNOME, COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME e COGNOME NOME le misure cautelari, tra loro cumulate, dell’obbligo di dimora e dell’obbligo quotidiano di presentazione alla polizia giudiziaria,
a COGNOME NOME la misura dell’obbligo quotidiano di presentazione alla polizia giudiziaria,
a NOME NOME COGNOME NOME la misura cautelare dell’obbligo di presentazione quattro volte a settimana alla polizia giudiziaria,
in relazione alla commissione del reato di cui agli artt. 110, 81, secondo comma, 337, 339, primo e secondo comma, 61 n. 2 cod. pen.
In particolare, si contesta ai ricorrenti il reato di resistenza aggravata a pubblico ufficiale, perché in concorso con ulteriori soggetti – alcuni identificati e altri no – in numero superiore a dieci persone, appartenenti o comunque solidali alla area anarchica:
«con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, nelle fasi preparatorie della partenza del corteo di protesta contro l’applicazione del regime carcerario di cui all’art. 41-bis O.P. nei confronti dell’anarchico NOME NOMECOGNOME dopo aver caricato su un carrello da supermercato oggetti da utilizzarsi negli scontri e nelle devastazione di cui ai capi precedenti tra cui uno striscione formato da pannelli in plexiglass con maniglie, bastoni in legno, scudi di plastica dura con maniglie, dopo essere stati intercettati dagli operatori in servizio presso la DIGOS di Torino e dagli stessi intimati di fermarsi, proseguivano la marcia per circa 200 metri spingendo con violenza i carrelli contro gli operatori stessi che tentavano di bloccarli, impedendo loro di compiere un atto di ufficio e servizio (il sequestro dei
beni presenti nel carrello veniva effettato presso i giardini INDIRIZZO soltanto grazie all’intervento di ulteriori agenti di supporto).
Il Giudice delle indagini preliminari aveva rigettato la richiesta di misura cautelare evidenziando la genericità della ricostruzione che non consentiva di distinguere, fra gli autori materiali della condotta, gli eventuali concorrenti morali e i meri conniventi.
Il Tribunale del riesame ha, invece, sottolineato la rilevanza del compendio probatorio costituito, non tanto dalle riprese delle telecamere poste sulle vie del centro cittadino e neppure da quelle degli Agenti delle Forze dell’Ordine, quanto piuttosto dalle annotazioni di polizia giudiziaria del 6 marzo 2023 e del 5 aprile 2023, che, a giudizio del Collegio della cautela, non solo descrivono in modo preciso la dinamica della condotta di resistenza, ma contengono la specificazione dei nomi di coloro che, nello spingere il carrello e nell’incitare l’avanzata contro gli Agenti, l’hanno materialmente realizzata: fra questi, erano identificati con certezza gli odierni ricorrenti.
Avverso l’ordinanza ricorre per cassazione COGNOME deducendo i motivi di annullamento di seguito sintetizzati ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione di legge in relazione agli artt. 110 e 337 cod. pen.
Il Tribunale del Riesame ha, erroneamente, ritenuto che il solo aver fatto parte del gruppo di persone che sono state viste percorrere il tragitto di circa duecento metri, indipendentemente dalla loro collocazione effettiva nello spazio e nel tempo, dalla loro specifica e concreta condotta e per il solo fatto di non aver risposto positivamente alla richiesta di fermarsi avanzata dagli Agenti presenti, integri indistintamente, per ciascuna delle persone indagate, una piena adesione psichica alla condotta di resistenza a pubblico ufficiale e la volontà di agevolarne l’esecuzione.
Inoltre, il Tribunale, nell’accogliere l’appello del Pubblico Ministero, non si è confrontato con le argomentazioni svolte dal G.i.p. nell’ordinanza con cui ha rigettato la richiesta di applicazione di misure cautelari nei confronti degli odierni ricorrenti.
Era onere del Collegio della cautela 1) individuare coloro che avevano materialmente spinto il carrello e precisare, fra coloro che non lo avevano fatto, chi avesse effettivamente concorso con essi ed in quale forma; 2) distinguere tra concorrenti e meri conniventi.
2.2. Violazione dell’art. 110 cod. pen. in relazione all’art. 273 cod. proc. pen. e illogicità della motivazione.
Nell’affermare che le annotazioni di polizia giudiziaria consentivano di comprendere che tutti gli indagati (e, quindi, anche NOME COGNOME avevano
concorso, quanto meno moralmente, nella azione di cui al capo 3) di incolpazione, il Tribunale cautelare non ha offerto una giustificazione logica della decisione.
Per il Tribunale, l’aver perseverato nell’incedere, anche dopo l’intimazione a fermarsi, denotava l’adesione psichica richiesta per la configurazione del concorso.
E’, tuttavia, proprio il giudice dell’appello cautelare, nella ricostruzione del fatto, ad affermare che gli operanti, dopo aver descritto una azione composta di vari momenti (raggiungimento del furgone, caricamento del carrello, ritorno a ritroso e spinta del carrello contro gli operanti), hanno riconosciuto i “partecipanti alla azione sopra descritta”, senza specificare se tutti i partecipanti avevano, poi, preso parte a tutte le fasi della azione o solo ad alcune di esse.
La affermazione secondo la quale tutti gli indagati debbano rispondere del concorso, perché esso risiederebbe nell’incedere serrato di un gruppo, è quindi illogica, perché indica solo il comportamento ritenuto rilevante, ma nulla dice in ordine al fatto che lo hanno posto in essere tutti gli indagati e non solo alcuni.
2.3. Contraddittorietà della motivazione in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza. In particolare:
Incontrovertibile difformità tra il senso intrinseco della dichiarazione e quello tratto dal giudice.
Nelle informazioni di polizia giudiziaria non si parla mai di un incedere serrato o di soggetti presenti accanto a loro che spingevano il carrello ma unicamente di un gruppo di soggetti che spingevano un carrello pieno. Non si comprende da cosa il Tribunale abbia ricavato tale informazione che risulta frutto di un’errata percezione e di una incontrovertibile difformità tra il contenuto della annotazione e quello enunciato dal Tribunale.
Omessa valutazione di prova decisiva.
L’avanzare serrato di un gruppo compatto è poi escluso anche dal video “RAGIONE_SOCIALE” (di cui alcuni fotogrammi sono riportati nella annotazione del 5 aprile 2023), che inizia proprio con l’arrivo del carrello, prima ancora del sequestro, ai INDIRIZZO (e quindi nell’ultima fase dell’avanzata).
Nei secondi immediatamente successivi, giungono vari manifestanti in ordine sparsi e nient’affatto serrati.
NOME COGNOME non è nemmeno ritratta nei fotogrammi immediatamente successivi al sequestro del carrello ed appare nel video ben 30 secondi dopo l’arrivo dei primi militanti con il carrello, dal che si dovrebbe dedurre, come prova logica, che la COGNOME si trovasse a notevole distanza da coloro che spingevano lo stesso.
2.4. Illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta irrilevanza del video “RAGIONE_SOCIALE ai fini della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.
I primi secondi di tale video riprendono momenti che hanno una inferenza logica e fattuale evidente con la fase oppositiva, perché ne sono sostanzialmente i momenti finali e si nota come i componenti del gruppo di cui parla l’incolpazione arrivino “alla spicciolata”, separati fra di loro e non certo serrati e compatti.
Il G.i.p. ha utilizzato il video proprio per corroborare la propria conclusione, mentre, erroneamente, il Tribunale ne ha ritenuto l’irrilevanza.
2.5. Violazione di legge in relazione alla insussistenza delle esigenze cautelari di cui all’art. 274, lett. c), cod. proc. pen.
Il Tribunale, nonostante sia trascorso un anno e mezzo dei fatti senza che la ricorrente abbia commesso reati, dà rilievo alla sua militanza nell’area anarchica, alla matrice ideologica che ha connotato il fatto e alla indifferenza verso l’autorità – che emergerebbe dalla natura stessa del reato – per attualizzare il rischio di recidiva, senza tuttavia spiegare perché lo attualizzerebbe anche senza alcuna correlazione con precedenti esperienze giudiziarie delle quali la ricorrente risulta priva
2.6. Violazione di legge relazione alla esigenza cautelare del pericolo di reiterazione del reato.
Il Tribunale fornisce una motivazione illogica laddove, da un lato esclude la rilevanza della militanza dell’indagata, dall’altra attribuisce rilievo alla matrice ideologica che avrebbe caratterizzato il reato. La illogicità palesa il fatto che, in realtà, rischio di recidiva è stato desunto proprio dalla mera appartenenza degli indagati all’area anarchica, e quindi dalle loro idee politiche.
Per quel che riguarda i precedenti penali, la motivazione è illogica perché il Tribunale, pur dando atto che COGNOME NOME non ha riportato condanne, non ha procedimenti penali in corso e non ha mai patito misure cautelari, ritiene il pericolo di recidiva, contrariamente a quanto ha fatto per COGNOME e COGNOME per i quali, pure privi di pendenze, tale rischio è stato escluso.
3.Avverso l’ordinanza ricorrono per cassazione COGNOME, COGNOME e COGNOME con un unico atto, deducendo i motivi di annullamento di seguito sintetizzati ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
3.1. Nell’interesse di tutti i ricorrenti, si lamenta l’erronea applicazione di legge in ordine al disposto di cui agli artt. 110, 337 cod. pen.
La gravità indiziaria a titolo concorsuale richiede che vengano anzitutto enucleate le singole condotte tenute dai correi e poi che si accerti l’incidenza causale per la realizzazione del reato. Ne consegue che la mera presenza sul luogo degli occorsi non sia sufficiente ad integrare una forma di partecipazione concorsuale.
Il Tribunale, inoltre, non ha affrontato affrontando i profili connessi alla sussistenza dell’elemento soggettivo concorsuale in capo ai ricorrenti ed è incorso in una ulteriore erronea applicazione di legge in riferimento alla fattispecie di cui all’art. 337 cod. pen., scambiando l’opposizione ad un atto d’ufficio del pubblico ufficiale con la disobbedienza a una sua intimazione.
Non è l’avanzamento, fatto nonostante l’ordine di fermarsi rivolto al gruppo dei manifestanti, che può integrare la previsione della fattispecie in esame, ma la circostanza, specificatamente indicata nel capo di incolpazione, che contro i due poliziotti venne spinto il carrello che alcuni tra gli stessi stavano trasportando.
3.2. Contraddittorietà della motivazione per travisamento degli elementi indiziari, nonché manifesta illogicità della motivazione in ordine alla gravità indiziaria relativa al reato di resistenza a pubblico ufficiale.
Nel confrontarsi con il materiale indiziario, il Tribunale è incorso in due evidenti travisamenti della prova.
Quanto al primo, lo stesso, riferito unicamente alla posizione dell’indagato COGNOME riguarda la sua pretesa partecipazione a tutte le fasi che hanno caratterizzato la continuata resistenza nei confronti dei due poliziotti presenti, prima dell’intervento finale delle Forze dell’ordine.
Il Tribunale ha erroneamente inserito Lisanti tra i partecipanti alle diverse fasi dell’azione, omettendo di rilevare che egli è stato identificato unicamente nella fase finale dell’episodio, quella svoltasi presso i INDIRIZZO, in un momento in cui non era in atto alcuna resistenza nei confronti degli operatori della Polizia.
Il secondo elemento travisato è costituito dalle modalità di avanzamento del gruppo dei manifestanti, che l’ordinanza descrive come “incedere serrato”.
Si tratta di un’indicazione della quale fa menzione solo l’ordinanza impugnata e che non si rintraccia in nessuna delle annotazioni di polizia giudiziaria che la medesima ordinanza ha ritenuto rilevanti.
3.3. Violazioni di legge e vizio di motivazione in relazione alla sussistenza del pericolo di reiterazione dei reati.
Il Collegio della cautela si è limitato a valutare la personalità degli indagati senza soffermarsi sulla gravità del fatto.
Ma anche sotto il primo profilo, la valutazione effettuata è censurabile quantomeno in relazione alla posizione di COGNOME, che ha riportato un’unica condanna in relazione all’art. 639 cod. pen.
Quanto alla militanza politica si evidenzia la contraddizione già rimarcata dal ricorso di COGNOME Chiara nel motivo 2.6.
Difetta, infine, il requisito dell’attualità.
Avverso l’ordinanza ricorrono per cassazione COGNOME e COGNOME con un unico atto, deducendo i motivi di annullamento di seguito sintetizzati ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
4.1. Violazione di legge in relazione alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.
Trattasi di censura formulata negli stessi termini di quella contenuta nel primo motivo di ricorso di COGNOME, COGNOME e COGNOME
4.2. Vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.
Il Tribunale del riesame entra in contraddizione con il richiamo all’unica fonte di cui asserisce di aver tenuto conto, e cioè la annotazione del 6 marzo 2023, ove si legge semplicemente che COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME «invitavano gli altri a continuare nella loro azione senza preoccuparsi della nostra presenza» e non sostiene che i prevenuti avessero spronato ad avanzare contro le Forze dell’ordine. Del resto, anche i video frame consentono di verificare che non si è trattato dell’incedere di un gruppo compatto, bensì dell’avanzare disordinato di singole persone.
4.3. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla sussistenza delle esigenze cautelari.
Trattasi di doglianza – in ordine al tempo decorso dalla commissione del fatto e alla matrice politica del reato – formulata negli stessi termini di quella contenuta nel quinto e nel sesto motivo del ricorso di Muzul.
Si censura, poi, il fatto che il Collegio della cautela abbia considerato congiuntamente le posizioni personali di COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME ritenendole come “quelle che spiccano per la pregnanza del rischio di ricaduta nell’illecito” in considerazione dei loro precedenti penali.
Limitarsi a considerare il numero dei precedenti, senza neppure valutarli in relazione al reato per cui qui si procede, per sostenere che da tali precedenti derivi il rischio attuale e concreto di recidiva si scontra con il fatto che, come riconosciuto dallo stesso Tribunale (e qui si rinviene l’illogicità/contradditorietà della motivazione), COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME nel corso del corteo svoltosi pochissimo tempo dopo il fatto oggetto del presente procedimento non hanno posto in essere alcuna condotta penalmente rilevante.
Infine, è’ assolutamente evidente come i due precedenti indicati dal Tribunale per COGNOME siano relativi a reati di tutt’altra specie rispetto a quello per cui si procede, come i fatti siano estremamente risalenti nel tempo e come, per tali delitti, non sia nemmeno possibile applicare misure cautelari di tipo custodiale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1 ricorsi sono infondati nei termini di seguito indicati.
Prima di analizzare i singoli ricorsi, va premesso che, secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte di legittimità, in sede di appello del Pubblico ministero avverso il rigetto della richiesta di misura cautelare, la riforma sfavorevole all’indagato del provvedimento del giudice per le indagini preliminari non impone una motivazione rafforzata, in quanto è sufficiente che il giudice d’appello cautelare compia, come effettuato nel caso di specie, una valutazione totale, autonoma e completa degli elementi addotti dalle parti nel contraddittorio pieno, confrontandosi con gli argomenti che fondano la decisione impugnata, in quanto, diversamente da quanto richiesto nel giudizio di merito, non è necessaria la dimostrazione, oltre ogni ragionevole dubbio, della insostenibilità della soluzione adottata dal primo giudice (Sez. 6, n. 44713 del 28/03/2019, COGNOME, Rv. 27833502; in senso conforme Sez. 2, n. 12851 del 7/12/2017, COGNOME, Rv. 272687- 01, n. 11550 del 2017 Rv. 269138 – 01, n. 43146 del 2016 Rv. 268370 – 01, Sez. 6, n. 17581 del 15/02/2017, NOMECOGNOME Rv. 269827 – 01).
3. Ricorso di COGNOME NOME.
3.1. I primi quattro motivi possono essere trattati congiuntamente, avendo tutti riguardo a vizi concernenti la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in ordine alla partecipazione dell’indagata al reato di resistenza a pubblico ufficiale.
3.1.1. Deve osservarsi che integra il concorso morale nel reato di resistenza a pubblico ufficiale, la condotta di colui che, assistendo ad una resìstenza attiva posta in essere, con violenza nei confronti di un pubblico ufficiale, da altro soggetto con il quale partecipi ad una comune manifestazione collettiva, rafforzi l’altrui azione offensiva o ne aggravi gli effetti, mettendo in discussione il corretto operato delle Forze dell’ordine (Sez. 6, n. 18485 del 27/04/2012, Carta, Rv. 252690; fattispecie nella quale, in applicazione del principio indicato, si è ritenuta immune da censure la decisione con cui si è confermata la responsabilità dell’imputato – a titolo di concorso nel reato di cui all’art. 337 cod. pen. – il quale, pur non essendo stato visto nel gesto di effettuare materialmente il lancio di corpi contundenti nei confronti degli agenti, si era associato ad un gruppo di tifosi della locale squadra di calcio, contrastando ripetutamente i pubblici ufficiali, con azione “ad elastico”, e cioè avvicinandosi più volte agli antagonisti, fronteggiandoli in maniera ostile e poi allontanandosene velocemente con atteggiamento dì rafforzamento, di fatto, dell’azione posta in esser da taluni di detti “supporters”, concretizzatasi nel lancio di pietre ed altri oggetti contundenti; nello stesso senso Sez. 6, n. 1940 del
03/12/2015, dep. 2016, Arese, Rv. 266685; Sez., 6, n. 40504 del 26/05/2009, COGNOME, Rv. 245011).
Si tratta di approdi giurisprudenziali che fanno applicazione del condivisibile principio secondo cui la volontà di concorrere non presuppone necessariamente un previo accordo o, comunque, la reciproca consapevolezza del concorso altrui, in quanto l’attività costitutiva del concorso può essere rappresentata da qualsiasi comportamento esteriore che fornisca un apprezzabile contributo, in tutte o alcune fasi di ideazione, organizzazione od esecuzione, alla realizzazione dell’altrui proposito criminoso.
Il Tribunale del riesame ha dato corretta applicazione di tale principio sottolineando che, dalle annotazioni di polizia giudiziaria puntualmente richiamate, emerge che quindici persone partecipanti al corteo, a una certa ora, si staccava dallo stesso per andare a caricare un carrello della spesa che era già nella loro disponibilità con la -evidentemente- comune volontà di recarsi presso un furgone parcheggiato in zona per caricarlo di bastoni e barriere in plastica che sarebbero dovute servire per la manifestazione.
In ragione di ciò, con motivazione insindacabile in questa sede, il Collegio della cautela ha ritenuto tale condotta idonea a rafforzare l’altrui azione offensiva.
La COGNOME era, inoltre, identificata con certezza come colei che, unitamente alle altre quindici persone, spingeva il carrello contro le Forze dell’ordine per impedire di fermare la loro avanzata. Viene, conseguentemente, ritenuto irrilevante il fatto che, in alcuni momenti, l’indagata è stata ripresa mentre era distaccata dal gruppo.
3.1.2. La giurisprudenza di legittimità ha, inoltre, rimarcato, ai fini della sussistenza del concorso, l’unitarietà del “fatto collettivo” realizzato, che si verifica quando le condotte dei concorrenti risultino, alla fine, con giudizio di prognosi postumo, integrate in unico obiettivo, perseguito in varia e diversa misura dagli imputati, sicché è sufficiente che ciascun agente abbia conoscenza, anche unilaterale, del contributo recato alla condotta altrui tutti (Sez. U, n. 31 del 22/11/2000, COGNOME, Rv. 218525; Sez, 2, n. 18745 del 15/01/2013, COGNOME, Rv. 255260).
Il Tribunale si è correttamente conformato a tale principio, sottolineando la contestualità temporale e spaziale della condotta di resistenza contestata alla COGNOME e ai coindagati, sicché è sufficiente che ciascun agente abbia conoscenza, anche unilaterale, del contributo recato alla condotta altrui, così diventando il fatto unico e di tutti.
3.1.3. Quanto alle riprese effettuate dalle Forze dell’ordine (compreso il video “Anarchici RAGIONE_SOCIALE, il Tribunale del riesame ha puntualmente evidenziato che essi riguardano solamente le fasi immediatamente precedenti e quelle subito successive alla realizzazione della condotta oppositiva verso le Forze dell’ordine e
che, quindi, assumono un rilievo marginale nella vicenda che ci occupa, avendo consentito unicamente di identificare compiutamente gli indagati; tuttavia nulla ci dicono in merito alla dinamica della fase oppositiva rispetto alle forze dell’ordine che è oggetto di incolpazione.
3.2. Il quinto e sesto motivo possono essere trattati congiuntamente, avendo entrambi riguardo alle esigenze cautelari.
Occorre osservare che, ai fini della valutazione in ordine alla sussistenza dell’esigenza cautelare del pericolo di recidiva ed alla scelta della misura coercitiva in concreto adeguata a soddisfarla, la pregressa incensuratezza dell’indagata ha valenza di mera presunzione relativa di minima pericolosità sociale, che ben può essere superata, come ha fatto il Collegio della cautela di Torino, valorizzando l’intensità del pericolo di recidiva desumibile dalle accertate modalità della condotta in concreto tenuta.
Il Tribunale del riesame ha, infatti, rimarcato la gravità della stessa, essendo stato posto in essere un atto di resistenza a pubblico ufficiale allo scopo di trasportare materiale utile per il compimento di azioni violente nel corso di una manifestazione. Ciò è stato correttamente ritenuto indicativo della indifferenza di tutti gli indagati, e quindi anche della COGNOME, rispetto alla Autorità, nonché della inaffidabilità degli stessi.
Infine, il Tribunale del riesame di Torino ha congruamente ritenuto l’irrilevanza che per altri coindagati non sia stata disposta alcuna misura cautelare, così adeguandosi al principio secondo il quale in materia cautelare, la posizione processuale di ciascuno dei coindagati o coimputati è autonoma dal momento che la valutazione da esprimere ai sensi dell’art. 274 cod. proc. pen., ed in particolare quella di cui alla lett. c) di tale norma, si fonda, oltre che sulla diversa entità del contributo materiale e/o morale assicurato da ciascuno dei correi alla realizzazione dell’illecito, anche su profili strettamente attinenti alla personalità del singolo, di tal che del tutto giustificata può essere l’adozione di regimi difformi pur a fronte della contestazione di un medesimo fatto reato.
4.Ricorsi di COGNOME COGNOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME.
4.1. Il primo motivo non può trovare accoglimento.
Si richiama quanto osservato in merito alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza del reato di concorso nella resistenza aggravata a pubblico ufficiale con riferimento alla posizione di COGNOME al paragrafo 3.1. del «Considerato in Diritto».
4.2. Il secondo motivo, avente ad oggetto due asseriti travisamenti della prova, è infondato.
Il primo travisamento della prova ai danni di COGNOME è insussistente, dal momento che il Tribunale del riesame ha ritenuto quest’ultimo partecipe del reato contestato anche sulla base della annotazione del 5 aprile 2023, che, oltre ad indicare i nomi delle persone coinvolte nella commissione del reato, ivi compreso COGNOME, riporta i frames dei video che ritraggono alcune fasi della vicenda. COGNOME viene ritratto al momento dell’arrivo del gruppo di persone che si era staccato dal corteo per andare a ritirare, con un carrello della spesa, bastoni e altri oggetti contundenti che ritraggono tutti gli odierni indagati.
La circostanza, poi, che nelle annotazioni di polizia giudiziaria si parli o meno di “incedere serrato” non è rilevante, dal momento che ciò che è realmente decisivo è il fatto che gli agenti operanti hanno attestato che il gruppo formato da più di dieci persone, e fra questi il COGNOME, aveva spinto violentemente contro di loro il carrello, così impedendo di fermare la avanzata dei manifestanti.
4.3. Del pari infondato è il motivo sulle esigenze cautelari.
Si richiama quanto osservato, sul punto, con riferimento alla posizione di COGNOME, al paragrafo 3.2. del «Considerato in Diritto».
Deve osservarsi che, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, il Collegio della cautela si è puntualmente soffermato sulla gravità del fatto evidenziando che era stato posto in essere un atto di resistenza a pubblico ufficiale al precipuo scopo di trasportare materiale utile per il compimento di azioni violente nel corso di una manifestazione. Ciò è stato correttamente ritenuto indicativo della indifferenza di tutti gli indagati, rispetto alla Autorità, nonché della inaffidabilità degli stessi.
Quanto alla sussistenza di un unico precedente a carico di COGNOME, il Collegio della cautela di Torino, a fronte di tale circostanza, ha valorizzato l’intensità del pericolo di recidiva desumibile dalle accertate modalità della condotta in concreto tenuta.
5.Ricorsi di COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME.
5.1. Il primo motivo non può trovare accoglimento.
Si richiama quanto osservato in merito alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza del reato di concorso nella resistenza aggravata a pubblico ufficiale con riferimento alla posizione di COGNOME al paragrafo 3.1. del «Considerato in Diritto».
5.2. Il secondo motivo, avente ad oggetto la asserita contraddizione dell’ordinanza, che richiama come unica fonte di cui asserisce di aver tenuto conto la annotazione del 6 marzo 2023 – ove si legge semplicemente che COGNOME, COGNOME COGNOME e COGNOME «invitavano gli altri a continuare nella loro azione
senza preoccuparsi della nostra presenza -» e poi sostiene, invece, che i prevenuti avevano spronato ad avanzare contro le Forze dell’ordine, non coglie nel segno.
Si evidenzia che, sul punto, l’ordinanza impugnata richiama non soltanto la annotazione indicata dalla difesa, ma tutte le annotazioni a firma degli operanti e che, in ogni caso, la condotta dei ricorrenti che viene messa in evidenza è quella dell’avere invitato i compagni a procedere, con ciò non solo aderendo all’intento dei compartecipi, ma rafforzandone i propositi criminosi.
5.3. Del pari infondato è il motivo sulle esigenze cautelari.
Si richiama quanto osservato, sul punto, con riferimento alla posizione di COGNOME, al paragrafo 3.2. del «Considerato in Diritto».
L’ordinanza impugnata, quindi, oltre ad avere puntualmente motivato in ordine alla gravità del fatto, con motivazione ineccepibile, si è soffermata sulla personalità degli indagati, per come emerge anche dai loro precedenti penali.
I ricorsi devono, in conclusione, essere rigettati, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
La Cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per agli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec cod. proc. pen.
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