Concorso in resistenza: quando anche il passeggero è colpevole
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un caso significativo di concorso in resistenza a pubblico ufficiale, stabilendo che anche chi non è al volante può essere ritenuto responsabile. Questa decisione chiarisce come la partecipazione a un reato possa manifestarsi non solo con azioni dirette, ma anche attraverso condotte che rafforzano l’intento criminoso altrui.
I Fatti di Causa
Il caso ha origine da un episodio in cui un’autovettura non si è fermata all’alt imposto da agenti di polizia. Anzi, il conducente ha accelerato, investendo uno degli agenti e causandogli lesioni personali. A bordo del veicolo, sul sedile del passeggero, si trovava un uomo che aveva noleggiato l’auto. Successivamente, durante una telefonata con il fratello ascoltata in diretta dagli operanti, quest’uomo non solo non ha preso le distanze dall’accaduto, ma ha giustificato l’azione del conducente affermando che le forze dell’ordine ‘non si erano qualificate’.
La Corte d’Appello aveva condannato entrambi i soggetti per concorso in resistenza a pubblico ufficiale. L’imputato-passeggero ha quindi presentato ricorso in Cassazione, sostenendo di essere stato un semplice passeggero passivo e che la motivazione della condanna fosse carente.
L’analisi della Corte sul concorso in resistenza a pubblico ufficiale
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo le argomentazioni dell’imputato ‘mere doglianze in punto di fatto’, non ammissibili in sede di legittimità. Gli Ermellini hanno confermato la validità della decisione della Corte territoriale, sottolineando come la motivazione fosse completa, logica e priva di vizi.
La responsabilità a titolo concorsuale del passeggero
Il punto cruciale della decisione riguarda la configurazione del concorso in resistenza a pubblico ufficiale. La Corte ha ribadito un principio consolidato: la responsabilità concorsuale non richiede necessariamente un’azione materiale diretta. Può consistere anche ‘nel mero rafforzamento dell’altrui volontà aggressiva’.
Nel caso specifico, la Corte ha individuato due elementi chiave a carico del passeggero:
1. Aver noleggiato l’auto: l’aver fornito il mezzo utilizzato per commettere il reato è un contributo materiale significativo.
2. Il supporto morale: la giustificazione fornita durante la telefonata (‘non si sono qualificati’) è stata interpretata come un’approvazione e un sostegno psicologico all’azione illecita del conducente, dimostrando una condivisione dell’intento criminoso.
Questi elementi, valutati insieme, hanno convinto i giudici che il ruolo del passeggero non fosse affatto passivo, ma che egli avesse contribuito attivamente, anche se solo moralmente, alla commissione del reato.
La qualificazione del reato di resistenza
La Corte ha inoltre confermato che la condotta contestata rientra pienamente nella fattispecie di cui all’art. 337 c.p. L’atto di non fermarsi all’alt impartito dagli agenti e, anzi, investire uno di loro, costituisce una chiara forma di violenza utilizzata per opporsi a un atto d’ufficio, integrando così il delitto di resistenza a pubblico ufficiale.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha ritenuto il ricorso inammissibile perché le censure sollevate non riguardavano vizi di legittimità (cioè errori nell’applicazione della legge), ma tentavano di ottenere una nuova valutazione dei fatti, attività preclusa al giudice di Cassazione. La motivazione della Corte d’Appello è stata giudicata ‘logicamente ineccepibile’ nel dimostrare come la condotta dell’imputato integrasse gli estremi del concorso di persone nel reato.
La decisione si fonda sulla distinzione tra il giudizio di merito, che accerta i fatti, e quello di legittimità, che ne controlla la corretta interpretazione giuridica. Poiché la Corte territoriale aveva fornito una spiegazione coerente e completa del perché l’imputato fosse responsabile, non c’era spazio per un intervento della Cassazione.
Conclusioni
Questa ordinanza offre un importante monito: nel concorso in resistenza a pubblico ufficiale, così come in altri reati, la responsabilità penale può estendersi oltre chi compie materialmente l’azione. Fornire il mezzo per commettere il reato o anche solo manifestare un supporto morale che rafforzi la determinazione del complice sono condotte sufficienti per essere considerati concorrenti nel reato. La decisione sottolinea una visione ampia del concetto di partecipazione criminosa, dove ogni contributo, materiale o psicologico, che agevoli la commissione del delitto assume rilevanza penale.
Un passeggero può essere condannato per concorso in resistenza a pubblico ufficiale se non stava guidando?
Sì, secondo questa ordinanza, un passeggero può essere ritenuto responsabile se la sua condotta non è meramente passiva. Nel caso esaminato, l’aver noleggiato l’auto usata per il reato e l’aver giustificato l’azione del conducente sono stati considerati un contributo attivo sufficiente per la condanna.
In cosa può consistere il concorso di persone nel reato di resistenza?
Il concorso può consistere non solo in un’azione diretta, ma anche nel semplice rafforzamento della volontà aggressiva di un’altra persona. Fornire il mezzo (come l’auto) o un supporto morale (come giustificare l’azione illecita) sono considerati atti di partecipazione al reato.
Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le lamentele (doglianze) dell’imputato erano ‘in punto di fatto’, cioè contestavano la ricostruzione degli eventi già valutata dai giudici di merito. La Corte di Cassazione, invece, giudica solo la corretta applicazione della legge (questioni di legittimità) e ha ritenuto che la motivazione della sentenza d’appello fosse completa e logicamente corretta.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35611 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35611 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/11/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; dato avviso alle parti;
esaminati i motivi del ricorso di COGNOME NOME;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che i motivi dedotti nel ricorso avverso la condanna per il reato di cui agli artt. 110 e 337 cod. pen. non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità, perché costituiti da mere doglianze in punto di fatto ed incentrati sulla denuncia del vizio di omessa motivazione che la lettura del provvedimento impugnato rivela essere completa e logicamente ineccepibile e dalla quale si evince l’insussistenza dei dedotti vizi di motivazione. La Corte territoriale ha, in modo non illogico, ritenuto la sussistenza del reato a carico dell’imputato in considerazione della condotta posta in essere dal predetto che non si è limitato, come dedotto nel ricorso, a trovarsi all’interno della vettura sul sedile anteriore del passeggero, ma è il soggetto che ha preso a noleggio l’auto utilizzata per commettere il reato e, nel corso di una telefonata con il fratello, ascoltata in diretta dagli operanti, non ha negato di “avere messo sotto le guardie”, giustificandosi perché “non si sono qualificati”. Sussiste dunque la responsabilità a titolo concorsuale nel delitto di resistenza che può consistere anche nel mero rafforzamento dell’altrui volontà aggressiva (da ultimo, Sez. 6, n. 13160 del 05/03/2020, Mierabile, Rv. 279030 01). Sotto altro profilo, la condotta contestata, consistita nel non fermarsi all’alt impartito dagli agenti operanti, investendo con l’autovettura uno di costoro che riportava lesioni personali, rientra chiaramente nel concetto di resistenza a pubblico ufficiale (in termini, v. Sez. 6, n. 7195 del 08/02/2013, Sema, Rv. 254721 – 01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Considerato che all’inammissibilità dell’impugnazione segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, che si ritiene conforme a giustizia liquidare come in dispositivo.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 09/09/2024