Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 8104 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 8104 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/02/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: NOME nato a OZIERI il 09/03/1991 NOME nato a OZIERI il 28/05/1991 NOME nato a OZIERI il 26/09/1991
avverso la sentenza del 16/01/2024 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di SASSARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e la memoria della difesa; letti i ricorsi degli Avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto P.G. NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi;
uditi i difensori:
L’avvocato NOME COGNOME in difesa di COGNOME NOME e l’avvocato NOME COGNOME in difesa di COGNOME e COGNOME NOME insistono per l’accoglimento dei rispettivi ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOMECOGNOME NOME e COGNOME Paolo, a mezzo dei rispettivi difensori di fiducia, ricorrono per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Cagliari, Sezione distaccata di Sassari (in data 16/01/2024) che, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Sassari, nel dichiarare la prescrizione in relazione ai reati ascritti ai capi C), D) ed F), ha rideterminato nei confronti dei ricorrenti la pena in ordine ai delitti di cui ai capi A) e B) della rubr (trattasi di due episodi di concorso in rapina consumata e tentata, aggravata dal numero delle persone, dall’essere commessa con armi e per finalità di discriminazione e odio etnico e razziale, ai danni delle medesime persone offese), nella misura di anni quattro e giorni venti di reclusione ed euro 3.400,00 di multa, con conferma nel resto (statuizioni civili e pene accessorie).
Le difese affidano i ricorsi a diversi motivi che, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., saranno enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione e in relazione alla posizione di ciascun imputato.
Ricorso di COGNOME NOME.
Con quattro profili di censura, che possono trattarsi congiuntamente in quanto aventi ad oggetto l’affermazione di responsabilità a titolo di concorso nei reati di rapina e tentata rapina contestati, la difesa lamenta l’erronea applicazione della legge penale con riferimento all’art. 110 cod. pen., nonché il vizio di motivazione sotto il profilo della contraddittorietà con gli esiti di prova raggiunti.
Un primo profilo di illogicità della motivazione doveva trarsi dalla mancata considerazione dei verbali sui quali si fondano le prime dichiarazioni delle persone offese (i fratelli NOME e COGNOME), considerato che NOME COGNOME non aveva mai dichiarato che l’imputato avesse partecipato alla rapina e di tale coinvolgimento neppure faceva menzione l’altro fratello, additando, invece, il ricorrente come “soggetto che si è dileguato”. Ma anche a voler dare credito al dichiarato dibattimentale del COGNOME che lo aveva collocato nel “primo gruppo che ha iniziato l’alterco”, non se ne poteva far conseguire una responsabilità per la rapina in assenza di alcun contributo morale e materiale. Tale conclusione non rinveniva alcuna smentita neppure a fronte delle prime dichiarazioni rilasciate dai fratelli posto che, seppur il COGNOME lo aveva indicato come soggetto che lo aveva inizialmente aggredito, a differenza del fratello che lo aveva indicato come colui che aveva chiamato gli altri coimputati che poi lo avevano aggredito, restava il fatto che nessuno dei due lo collocava nella fase successiva della vicenda, scaturita negli episodi di rapina e tentata rapina. E tanto, non senza rimarcare come non
fosse stato affatto l’imputato – contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte territoriale – a chiamare gli altri per la realizzazione del loro proposito criminos (da individuarsi invece nello Scanu Paolo). Né il quadro probatorio a carico era scalfito dagli esiti dell’incidente probatorio del COGNOME, il quale lo additò soltant di avere partecipato al pestaggio, ma non alla rapina. Travisato, poi, era il contenuto della dichiarazione resa al processo dal COGNOME, avendo la Corte d’appello errato nell’individuare l’imputato come colui che aveva aperto il portellone posteriore del furgone (all’interno del quale si trovava della merce oggetto poi della rapina), condotta che andava invece ricondotta al coimputato COGNOME NOME. Difettavano, in conclusione, nella condotta tenuta dall’imputato gli elementi dimostrativi del concorso di persone nel reato, non potendo darsi rilievo alla mera presenza semmai espressiva di connivenza.
Ricorsi di COGNOME NOME e COGNOME NOME.
4.1. Con il primo motivo si lamenta il vizio di motivazione – anche sotto il profilo del travisamento degli atti processuali – in ordine alla valenza, e tenuta rispetto ai motivi di appello, degli elementi di prova in forza dei quali era stata asseverato dal giudice del merito il coinvolgimento dei ricorrenti nella rapina, sia con riferimento al racconto delle persone offese che agli operati riconoscimenti.
In particolare:
quanto al coinvolgimento del COGNOME, dopo avere riportato gli esiti delle diverse dichiarazioni ed individuazioni effettuate nel corso del procedimento dai due testi di accusa, si censura la contraddittorietà della motivazione resa dalla sentenza impugnata laddove aveva concluso che la mancata dissonanza e contraddittorietà delle dichiarazioni rese dalle due persone offese (i fratelli NOME COGNOME e NOME) siano il frutto di sequenze non condivise degli accadimenti, anziché registrare la loro inconciliabilità (in particolare, dal narrato del primo doveva evincersi che partecipe dell’aggressione era altro soggetto; il narrato del secondo, il quale pur individuava genericamente l’imputato come uno dei partecipanti alla colluttazione, mal si conciliava con i riferimenti descrittivi resi dal fratello);
quanto al coinvolgimento dello COGNOME, dopo aver evidenziato la contraddittorietà delle dichiarazioni e delle individuazioni effettuate dal teste COGNOME e, soprattutto, l’assenza di univocità dei riconoscimenti effettuati dallo Jad che nelle prime due individuazioni non lo aveva neppure riconosciuto, si rappresenta come la Corte d’appello, al fine di superare tali evidenti contraddizioni, avesse fatto ricorso ad una motivazione del tutto congetturale a fronte di dati processuali che non ne consentono alcun serio e razionale riscontro.
4.2. Con il secondo motivo si deduce il vizio di motivazione per avere la Corte
di merito escluso la valenza dell’ipotesi alternativa introdotta dalla difesa, munita, sulla scorta di validi dati processuali, di altro grado di logica plausibilità verosimiglianza.
Al riguardo, si censura anzitutto la valenza dimostrativa a fini di complicità del contenuto dei messaggi e delle conversazioni intercettate tra i due coimputati all’atto di essere sentiti dalla p.g.
Le interlocuzioni, lungi dall’asseverare una sorta di ammissione dei fatti, si prestano, a livello significante, ad una differente lettura (lo COGNOME NOME intendeva soltanto sapere se anche il coimputato fosse ivi presente, per come confermato anche da altre interlocuzioni aventi la stessa finalità con altri soggetti poi assolti) Né altri elementi di coinvolgimento dello COGNOME NOME si potevano trarre dai contatti col fratello NOME, dai quali la Corte di merito ne aveva fatto discendere un’intimazione al silenzio e, invece, da ricondursi più correttamente all’intento di mettere in guardia il fratello dal rendere dichiarazioni che potessero compromettere la posizione degli altri coindagati che pure si sapeva essere stati convocati in quel frangente dalla p.g.
Il Pubblico ministero, con requisitoria-memoria del 3 gennaio 2025, ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi.
Con memoria ex art. 611, comma 1, cod. proc. pen. in data 22 gennaio 2025, la difesa di COGNOME NOME e COGNOME NOMECOGNOME a sostegno delle rassegnate conclusioni, ha altresì censurato la mancanza di motivazione in ordine alla prova di una reale partecipazione degli imputati alla fase esecutiva del reato con l’identificazione dei rispettivi apporti concorsuali, insistendo per l’accoglimento dei motivi dei ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili.
Ricorso di COGNOME NOME.
Anzitutto deve escludersi – e tale rilievo vale anche per i motivi dedotti dagli altri ricorrenti -che possa configurare il vizio di motivazione, anche nella forma del cosiddetto travisamento della prova, un presunto errore nella valutazione del “significato” probatorio della prova medesima (ex multis, Sez. 5, n. 9338 del 14 12/12/2012, dep. 2013, Maggio, Rv. 255087 – 01), dovendo l’errore percettivo avere ad oggetto il risultato di una prova incontrovertibilmente diverso, nella sua oggettività, da quello effettivo (tra tante, Sez. 5, n. 8188 del 04/12/2017,
COGNOME, Rv. 272406- 01), restando inibita la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch’essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o attendibilità delle fonti di prova (tra le tante, Sez. 4, n. 20245 del 28/04/2006 Francia, Rv. 234099- 01).
Nel caso di specie, peraltro, dalla lettura delle sentenze di merito non risulta che si sia fatto riferimento a risultati probatori inesistenti, quanto piuttosto contenuti del dichiarato testimoniale delle persone offese (ai quali vanno riportati anche gli esiti delle diverse individuazioni e riconoscimenti operati financo in aula) che, nel loro significato accusatorio, non si prestano a risultati difformi da quelli a cui sono pervenuti i giudici di merito e tanto pur disattendendo il denunziato travisamento che vuole essere stato lo COGNOME NOME colui che aprì il portellone del furgone.
Il fatto, poi, che le circostanze di diretto coinvolgimento dell’imputato anche nei fatti di rapina si nutrano di decisivi risultati probatori acquisiti nel processo, fronte invece di un quadro che la difesa prospetta come incerto per quanto emergente dalle indagini, non determina alcuna decisiva inferenza sulla tenuta della motivazione di condanna, solo se si consideri che tali specifici riferimenti testimoniali seguono ad un quadro certo di iniziale coinvolgimento dell’imputato nel fatto – alterco e aggressione (v. pag. 54) -da cui poi è scaturita, e certamente ne è stata agevolata, la condotta di rapina ed avendo la Corte di merito dato conto delle ragioni che hanno condotto a ritenere verosimile il quadro, maggiormente individualizzante, ricavato dal dichiarato dibattimentale, in ragione delle spiegazioni fornite dai testi nel corso del contraddittorio delle parti, scevre da profili di manifesta illogicità (v. pagg. 51 e 52).
Peraltro – e tale circostanza non viene specificamente censurata nel ricorso rendendo il motivo anche generico – i giudici di merito, a corredo dell’affermazione di responsabilità citano anche il dato, particolarmente significativo, del falso alibi addotto dall’imputato, al quale hanno correttamente attribuito valenza di indizio a carico, in ossequio all’orientamento di legittimità secondo cui l’alibi falso, cio quello rivelatosi preordinato e mendace, diversamente da quello non provato, deve essere considerato come un indizio a carico, in quanto è sintomatico del tentativo dell’imputato di sottrarsi all’accertamento della verità (ex multis, Sez. 5, n. 37317 del 14/06/2019, Capra, Rv. 276647 – 01).
Si tratta di un profilo di particolare rilievo che consente di disattendere la prospettazione difensiva che vuole l’imputato essersi limitato alla fase iniziale della
vicenda, financo al solo alterco, del tutto avulsa, poi, dai ripetuti fatti di rapina dalla tentata rapina del furgone, ascrivibili unicamente ai complici, posto che l’imputato si sarebbe dileguato.
In realtà, per come sopra evidenziato, i giudici di merito, ritenendo attendibile il dichiarato testimoniale tipico, hanno collocato l’imputato anche nella fase del pestaggio, individuandolo come uno degli aggressori (v. pagg. 50-54). E sempre dalla ricostruzione operata dalle sentenze di merito si ricava come l’aggressione costituisca il necessario antecedente causale in cui si sono innestate, anche coram populo (basti pensare alla sottrazione di un numero elevatissimo di tende dal furgone, tanto che nella ricostruzione del fatto si legge anche che un coimputato viene visto trascinarne una), le condotte di rapina e tentata rapina, pacificamente agevolate dalla neutralizzazione, a più riprese, delle persone offese.
Correttamente, pertanto, è stata esclusa la connivenza, non solo perché le condotte di rapina si avvalgono dell’aggressione determinata anche da parte di chi non operò materialmente la sottrazione dei beni o cercò di accendere il furgone con l’intento di impossessarsene (così non rendendo decisivo l’errore denunciato su chi aprì il portellone del furgone), ma anche perché è lo stesso imputato con l’introduzione del falso alibi a dare conto di come la sua presenza non fosse stata affatto limitata all’alterco, ma dimostrativa, in ragione della fattiva partecipazione all’aggressione, di una comune condivisione rispetto ad un risultato illecito che è andato ben oltre le iniziali offese e di cui egli ha avuto diretta contezza e che ha finito causalmente per fruire del suo comportamento e della sua presenza.
Ricorsi di COGNOME NOME e COGNOME NOME.
3.1. Dalla lettura della sentenza impugnata (v. pagg. 41-46) risulta che gli imputati non solo sono indicati tra quelli che hanno partecipato all’aggressione ai danni delle persone offese, ma anche quali autori di una condotta eziologicamente riferibile, nei suoi connotati di tipicità, ai fatti di rapina: il Doneddu è indica avere concorso con altro coimputato nella sottrazione del portafogli, dopo avere percosso la vittima e di averne rifiutato la consegna allorché la p.o. glielo chiese, nonché di essere colui che aveva aperto il portellone posteriore del furgone iniziando a portar via la mercanzia; lo COGNOME NOME come colui che trascinava via l’ombrellone che era stato gettato per terra fuori dal furgone.
A fronte della ricostruzione sposata dai giudici di merito, la difesa sottolinea, con particolare riguardo al COGNOME, la contraddittorietà dell’esito raggiunto dai giudici di merito, i quali non avrebbero considerato che l’attribuzione allo stesso di un ruolo attivo anche nella rapina, per come ricavato dalle dichiarazioni del COGNOME, si pone in contraddizione con quanto dalla stessa p.o. affermato nel corso
del processo la quale avrebbe smentito tale ricostruzione avvalorandone un’altra, sposata peraltro dal giudicato irrevocabile formatisi nei confronti dei complici in separato giudizio, che vuole autore della sottrazione del portafogli il Mette NOME, il quale approfittava della violenza esercitata ai danni del Bouazza dallo COGNOME NOME (e non NOME) e da COGNOME NOME.
Se però si ha riguardo ai motivi di appello per come riepilogati dalla sentenza impugnata (v. pagg. 25-26) e dall’esame del relativo atto di impugnazione (v. pagg. 2 e 3) risulta che il tema relativo all’inattendibilità del COGNOME si lega ad imprecisioni e contraddizioni nel racconto che non fanno riferimento al contrasto con gli esiti probatori diffusamente specificati in questa sede.
Invero, l’anomalia dichiarativa censurata con l’appello si incentra sulla discrasia del ruolo assunto dall’imputato nella prima parte degli eventi e pur evidenziandosi l’elemento di novità costituito dall’essere stato financo indicato come colui che avrebbe sottratto il portafogli, si evidenzia, a corredo della contraddizione, che tali dettagli non verranno ripetuti nel corso del verbale di ricognizione personale del 4 marzo dove si afferma solo che si tratterebbe di uno dei due,venuto per primo 7 a1 furgone.
Né risulta che la questione, per come posta in questa sede, venne ritualmente introdotta nel corso del giudizio di appello con motivi aggiunti – che peraltro debbono essere depositati nei termini di decadenza stabiliti dall’art. 598-bis cod. proc. pen. -così da ampliare legittimamente il devolutum.
Né, peraltro, tale effetto devolutivo può ricondursi al fatto che tali profili sono stati agitati nel corso delle discussione dinanzi alla Corte territoriale considerato che è orientamento consolidato nella giurisprudenza di legittimità che l’effetto devolutivo dell’appello è determinato dal contenuto dei motivi di impugnazione (e dei relativi allegati) e non anche dalle richieste in questi non contenute, ma proposte nella discussione orale innanzi al giudice di secondo grado (Sez. 2, n. 10247 del 12/04/1983, COGNOME Rv. 161467 – 01; Sez. 2, n. 49325 del 25710/2016, COGNOME, n.m.).
Parimenti deve affermarsi con riguardo al denunciato rilievo della sentenza di condanna inifitta al Mete e al Ledda in relazione ai medesimi capi. L’irrevocabilità è ben antecedente alla prima udienza tenutasi dinanzi alla Corte di appello (la sentenza della 2 i ‘sezione della Corte di cassazione è stata depositata il 17 novembre 2021 e la prima udienza dinanzi alla Corte di appello è stata fissata per il 20 dicembre 2022) e, dunque, se la difesa aveva interesse a dedurre la questione / doveva farlo con i motivi nuovi, a nulla valendo che il provvedimento sia stato poi acquisito in limine della discussione su produzione del pubblico ministero presso
la Corte di appello (la sentenza di merito non risulta, poi, formalmente allegata al ricorso per cassazione con l’indicazione di allegato). In sostanza, non può censurarsi in questa sede la sentenza impugnata per avere omesso di analizzare gli elementi motivazionali valorizzati nell’altro processo per pervenire alla decisione liberatoria e ad evidenziare le ragioni e gli indizi, diversi ed ulteriori, base ai quali giunge ad opposta soluzione, se di tale questione non sia stata ritualmente e tempestivamente investita la Corte di merito.
E tanto a prescindere che, per come affermato dalla Corte di legittimità anche in sede di revisione, non sussiste contrasto fra giudicati se i fatti posti a base delle due decisioni, attribuiti a più concorrenti nel medesimo reato, siano stati identicamente ricostruiti dal punto di vista del loro accadimento oggettivo ed il diverso epilogo giudiziale sia il prodotto di difformi valutazioni di quei fatti – spec se dipese dalla diversità del rito prescelto nei separati giudizi e dal correlato, diverso regime di utilizzabilità delle prove – dovendosi intendere il concetto di inconciliabilità fra sentenze irrevocabili non in termini di mero contrasto di principio tra le decisioni, bensì con riferimento ad un’oggettiva incompatibilità tra i fatti storici su cui esse si fondano (Sez. 6, n. 16477 del 15/02/2022, COGNOME, Rv. 283317 – 01; Sez. 6, n. 16458 dell’11/02/2014, la COGNOME, Rv. 260886 – 01).
Con la conseguenza che l’interruzione della catena devolutiva determina l’inammissibilità della censura sul punto sollevata, a cui non può porsi rimedio mediante le trascrizioni pure operate in questa sede nel ricorso ovvero con i plurimi riferimenti agli esiti di merito che si sarebbero dovuti criticamente sottoporre alla previa valutazione della Corte territoriale.
Quanto, poi, ai profili di vizio della motivazione avanzati con l’atto di appello, relativi anche ai profili di contraddittorietà ravvisabili nelle dichiarazioni dei frat vittime dei reati, a dispetto dell’atto di appello ove le censure sono sinteticamente compendiate alla pagina 1 e 2 (essendo la pagina tre dedicata ai rilievi in punto di spontaneità dei testi per essere la notizia degli arresti stata diffusa, all provenienza del gruppo che avrebbe aggredito le persone offese e al rilievo conferito dal primo giudice alle intercettazioni, temi motivatamente affrontati e disattesi con congrua motivazione dalla sentenza impugnata alle pagine 45-49), la difesa correda la denunzia del vizio mediante diffusi riferimenti alle fonti probatorie, finendo per prefigurare una rivalutazione e/o alternativa lettura delle fonti probatorie per arrivare ad una decisione diversa: dunque, si pone all’esterno dei limiti del sindacato di legittimità. Né in questa sede, al fine di avvalorare il viz denunciato, sono ammissibili nuove prospettazioni critiche degli elementi di fatto non specificamente dedotte al giudice dell’impugnazione, altrimenti
trasformandosi il giudizio di legittimità in un’ennesima fase di merito.
La sentenza impugnata, invece, in continenza col devolutum, si è fatta carico di superare, con motivazione non manifestamente illogica, le obiezioni di contraddittorietà tra le fonti di prova denunciate, anche con riguardo alla posizione dello Scanu (v. pag. 2 atto di appello) rilevando l’assenza di imprecisioni ed in congruenze tali da incidere sul risultato finale della prova, anche tenuto conto dei dati di comune esperienza, collimanti con la ricostruzione del fatto, costituiti dalla concitazione degli eventi, dalle percosse subite e dalla differente posizione assunta nel corso dell’aggressione dalle persone offese, alla quale logicamente corrisponde una differente visuale e percezione delle condotte dai terzi loro arrecate.
3.2. Con riguardo al disatteso rilievo della prospettazione alternativa che la difesa avrebbe fornito, la censura in questa sede si incentra sul contenuto delle intercettazioni e dei messaggi che gli imputati e gli altri complici si sarebbero scambiati in costanza di convocazioni da parte della polizia giudiziaria.
A parte il rilievo che quand’anche tali flussi di comunicazioni fossero esclusivamente riconducibili, per come sostiene la difesa, ad un intento informativo sulla posizione che ciascuno di essi assumeva in quei frangenti o nel corso dell’indagine e non in intimazioni al silenzio foriere di complicità, resta comunque il dato decisivo costituito dalla convergenza accusatoria dei dichiarati testimoniali delle persone offese, il quale non riceve alcuna diretta e specifica smentita dalle suddette fonti di prova.
Peraltro, se si considera che la Corte di merito precisa che tali comunicazioni furono effettuate subito dopo il contestuale espletamento, nelle prime ore del mattino, delle operazioni di perquisizione domiciliare nei confronti di tutti gl indagati, a ciascuno dei quali fu notificato il relativo decreto dove era solo precisato il reato ipotizzato, ma non il nominativo dei soggetti concorrenti e che nell’ambito della scambio di messaggi, ve ne è uno con cui allo Scanu viene imposta una consegna al silenzio da altro coimputato che riceve dall’imputato assicurazione -riferendo che ne era già al corrente;Vnon’affatto manifestamente illogico averne tratto un elemento confermativo della pregressa correità estesa anche ai fatti di rapina, di cui gli imputati erano consapevoli in forza di una loro attiva compresenza al momento dello svolgersi dei fatti.
E tanto a prescindere dall’ulteriore rilievo, che costituisce questione di fatto rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito, che l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità se non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite (Sez. 2, n. 35181
del 22/5/2013, Vecchio, Rv. 257784; Sez. 2, n. 50701 del 4/10/2016, COGNOME, Rv. 268389).
3.3. Manifestamente infondato risulta il motivo – pure articolato con la memoria difensiva – con cui si denuncia il vizio di motivazione in ordine al mancato conseguimento di una prova dimostrativa della reale partecipazione degli imputati alla fase esecutiva del reato, con la identificazione dei rispettivi apport concorsuali.
Si tratta, anzitutto, di un tema che risulta introdotto attraverso plurimi riferimenti al compendio probatorio volti a trasformare il giudice di legittimità nel giudice del fatto e che si nutre di profili di doglianza che non risultano essere stati compiutamente sottoposti alla Corte di merito con i motivi di appello.
Inoltre, alla luce della ricostruzione della vicenda sposata dai giudici di merito, si pone in contrasto col principio affermato dalla Corte di legittimità secondo cui, in tema di concorso di persone nel reato, la volontà di concorrere non presuppone necessariamente un previo accordo, in quanto l’attività costitutiva del concorso può essere rappresentata da qualsiasi comportamento esteriore che fornisca un apprezzabile contributo, in tutte o alcune fasi di ideazione, organizzazione od esecuzione, alla realizzazione dell’altrui proposito criminoso, talché assume carattere decisivo l’unitarietà del “fatto collettivo” realizzato che si verifica quando le condotte dei concorrenti risultino, alla fine, con giudizio di prognosi postumo, integrate in unico obiettivo, perseguito in varia e diversa misura dagli imputati, sicché è sufficiente che ciascun agente abbia conoscenza, anche unilaterale, del contributo recato alla condotta altrui (Sez. 2, n. 18745 del 15/01/2013, Ambrosiano, Rv. 255260 – 01; Sez. 1, n. 28794 del 15/02/2019, COGNOME, Rv. 276820 – 01).
Al di là delle condotte evocative degli elementi tipici dei fatti di rapina pure attribuite ai due imputati, resta il dato, altrettanto significativo, del dir coinvolgimento dei ricorrenti in azioni violente ai danni delle persone offese che risultano essere state logicamente lette dai giudici di merito, in ragione della successione spaziale degli eventi, come antecedenti o interferenze causali che hanno determinato e/o reso più agevole le condotte sottrattive realizzate nel medesimo contesto di tempo e di luogo dai coimputati. E tale conclusione ha rinvenuto, anche in punto di consapevolezza dei contributi comunque all’occorso prestati, un elemento logico di supporto costituito proprio dal contenuto della messaggistica scambiatesi in occasione della convocazione presso gli uffici della polizia giudiziaria, nell’ambito della quale assume particolare rilievo, per come in precedenza osservato, la consegna al silenzio ricevuta dallo Scanu.
In conclusione, nulla di decisivo aggiungendo gli argomenti di cui alla memoria difensiva ex art. 611, comma 1, cod. proc. pen. nell’interesse di COGNOME NOME e COGNOME NOME, i ricorsi vanno dichiarati inammissibili.
Consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende in ragione dei profili di inammissibilità sopra rilevati.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, 1’11 febbraio 2025.