Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 9600 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 9600 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/02/2025
SECONDA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 24/01/1989 avverso la sentenza del 06/03/2024 della CORTE APPELLO di POTENZA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
udito il difensore avv.to COGNOME NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento dei motivi.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di Appello di Potenza, con sentenza in data 6 marzo 2024, in parziale riforma della pronuncia del Tribunale di Matera del 27 maggio 2020, riduceva la pena inflitta a NOME COGNOME in ordine al reato di concorso in rapina ad anni 2 di reclusione ed € 400,00 di multa.
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, avv.to COGNOME deducendo, con distinti motivi qui riassunti ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.:
inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, contraddittorietà ed illogicità della motivazione ex art. 606 lett. b) ed e) cod.proc.pen. quanto alla dichiarazione di responsabilità dell’imputato; si lamentava, al proposito, che la corte di appello aveva errato nell’affiancare la posizione del ricorrente a quella dei coimputati COGNOME posto che la presenza del COGNOME sul luogo del delitto dimostrava, al piø, una semplice ipotesi di connivenza non punibile, non potendo la responsabilità per il fatto di rapina desumersi dalla semplice presenza fisica, stante che la posizione in disparte tenuta durante il secondo episodio di aggressione della p.o. non dimostrava il diretto di coinvolgimento attivo nello stesso; avevano errato i giudici di primo e secondo grado ad attribuire il concorso punibile sulla base di personali considerazioni della p.o. Kante ed era rimasto del tutto ignoto il contributo causale fornito ai correi in quanto il ricorrente era rimasto del tutto silente durante l’episodio;
violazione dell’art. 606 lett. e) cod.proc.pen. in riferimento ai criteri di valutazione delle dichiarazioni della persona offesa ed alla attendibilità della stessa; si sottolineava come la persona
offesa avesse nel corso della sua deposizione manifestato chiaramente il senso di delusione e tradimento provato nei confronti dell’imputato per essere stato a suo dire ‘tradito’; ma alcuna violenza o richiesta di denaro all’indirizzo del Kante aveva mai mosso il Malaj; dalle dichiarazioni dei coimputati non emergeva alcuna responsabilità concorsuale ed anche i testi escussi non si erano riferiti al ricorrente quale autore di azioni criminose; sul punto la corte di appello aveva anche omesso di motivare adeguatamente;
mancanza ed illogicità della motivazione ex art. 606 lett. e) cod.proc.pen. quanto alla confutazione degli argomenti esposti nell’atto di appello che era del tutto mancata;
violazione dell’art. 606 lett. b) ed e) cod.proc.pen. quanto alla sussistenza della circostanza attenuante di cui alla sentenza n. 86 del 2024 della Corte costituzionale del fatto di lieve entità nella rapina dovendosi tenere conto anche delle modalità concrete della condotta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I primi tre motivi di ricorso appaiono reiterativi e manifestamente infondati e devono, pertanto, essere dichiarati inammissibili.
Ed invero, quanto al primo e terzo motivo, con i quali si muovono doglianze in punto affermazione di responsabilità e difetto di motivazione sugli argomenti avanzati con l’appello, va ricordato come il vizio di travisamento della prova può essere dedotto con il ricorso per cassazione, nel caso di cosiddetta “doppia conforme”, e cioŁ di condanna in primo e secondo grado, sia nell’ipotesi in cui il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice, sia quando entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti (Sez. 4, n. 44765 del 22/10/2013, Rv 256837). Inoltre ai fini del controllo di legittimità sul vizio di motivazione, la struttura giustificativa della sentenza di appello di conferma si salda con quella di primo grado, per formare un unico complessivo corpo argomentativo, allorquando i giudici del gravame, esaminando le censure proposte dall’appellante con criteri omogenei a quelli del primo giudice ed operando frequenti riferimenti ai passaggi logico giuridici della prima sentenza, concordino nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento della decisione (Sez. 3, n. 44418del 16/07/2013, Rv. 257595). Nel caso in esame non si ravvisa nØ il presupposto della valutazione da parte del giudice di appello di un differente materiale probatorio utilizzato per rispondere alle doglianze proposte avverso la sentenza di primo grado nØ il dedotto macroscopico travisamento dei fatti denunciabile con il ricorso per cassazione; in particolare, il giudice di merito, ha già risposto con adeguata motivazione a tutte le osservazioni della difesa dell’imputato che in sostanza ripropongono motivi di fatto osservando che il compendio probatorio a carico del Malaj Ł costituito da una precisa ricostruzione dei fatti fornita dalla persona offesa secondo la quale lo stesso ebbe a partecipare, unitamente agli altri correi, al secondo episodio criminoso, quando i tre coimputati, alla costante presenza del ricorrente, accompagnavano la p.o. in una località buia ed isolata dove veniva minacciato con un’arma dal coimputato Bianco perchØ consegnasse del denaro. Così che i giudici di merito hanno chiaramente attribuito al suddetto episodio ed al coinvolgimento nello stesso anche del Malaj un univoco significato probatorio visto che per le modalità in cui la richiesta venne effettuata, proprio dopo avere condotto in un luogo appartato la p.o., la presenza sul luogo del delitto Ł stata spiegata nel senso di piena adesione consapevole al proposito criminoso e di rafforzamento dello stesso, risultando evidente che l’intento intimidatorio venne rafforzato dalla presenza di piø soggetti, uno dei quali era appunto l’odierno imputato.
Al proposito va rammentato che in tema di concorso di persone, la distinzione tra connivenza
non punibile e concorso nel reato commesso da altro soggetto va individuata nel fatto che la prima postula che l’agente mantenga un comportamento meramente passivo, inidoneo ad apportare alcun contributo alla realizzazione del reato, mentre il secondo richiede un contributo partecipativo positivo – morale o materiale – all’altrui condotta criminosa, che si realizza anche solo assicurando all’altro concorrente lo stimolo all’azione criminosa o un maggiore senso di sicurezza, rendendo in tal modo palese una chiara adesione alla condotta delittuosa (Sez. 5, n. 2805 del 22/03/2013 Ud. (dep. 21/01/2014 ) Rv. 258953 – 01). Proprio applicando il suddetto principio va affermato che la costante presenza fisica del ricorrente sul luogo dell’intimidazione ove la persona offesa era stata condotta dai correi, ha certamente contribuito a rafforzare l’efficacia intimidatoria facendo provenire l’offesa da piø soggetti riuniti e manifestando la piena adesione al proposito criminoso attuato con modalità sviluppatesi in un arco temporale non repentino ed in luoghi anche diversi, sempre in presenza del Malaj.
Le conclusioni circa la responsabilità del ricorrente risultano quindi adeguatamente giustificate dai giudici di merito attraverso una puntuale valutazione delle prove, che ha consentito una ricostruzione del fatto esente da incongruenze logiche e da contraddizioni. Tanto basta per rendere la sentenza impugnata incensurabile in questa sede non essendo il controllo di legittimità diretto a sindacare direttamente la valutazione dei fatti compiuta dal giudice di merito, ma solo a verificare se questa sia sorretta da validi elementi dimostrativi e sia nel complesso esauriente e plausibile.
Quanto al secondo motivo non si ravvisa il lamentato difetto di motivazione nella decisione del giudice di appello e nelle argomentazioni che hanno sorretto la valutazione di attendibilità delle dichiarazioni rese dal Kante; con le argomentazioni esposte alle pagine 14-16 dell’impugnata pronuncia, la corte di merito ha spiegato come le affermazioni della stessa appaiono dotate di piena credibilità sia perchØ collegate a precisi riconoscimenti fotografici positivi sia perchØ riscontrate adeguatamente dalle dichiarazioni di altri soggetti presenti ai fatti e che prestavano attività lavorativa in quel locale ove la vittima ed i coimputati si incontravano.
In particolare, il giudice di appello, ha sottolineato come proprio con riferimento all’episodio del novembre 2016, risulti riscontrata la particolare circostanza dell’avvenuta consegna che il COGNOME fece al barista argentino del locale ove avvenivano i fatti di una somma di denaro di 300 euro prima di essere condotto fuori dai suoi aggressori, finalizzata ad impedire l’impossessamento della somma proprio da parte di quel gruppo a cui partecipava anche il ricorrente. E tale circostanza, per la sua particolarità ha fatto attribuire piena credibilità alle dichiarazioni rese dalla p.o. con valutazione che pare esente da vizi. Inoltre, a fronte di una ricostruzione delle altre deposizioni testimoniali, che vede il ricorrente coinvolto nelle richieste formulate all’indirizzo della vittima, il ricorso ne contesta assertivamente la valenza probatoria e lamenta un inesistente difetto assoluto di motivazione sulle doglianze mosse con l’appello.
Anche il quarto motivo Ł manifestamente infondato; al proposito va ricordato come con la sentenza n. 86 del 2024, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale ‘dell’art. 628, secondo comma, del codice penale, nella parte in cui non prevede che la pena da esso comminata Ł diminuita in misura non eccedente un terzo quando ‘per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell’azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità.
Il Giudice delle leggi Ł pervenuto a tale esito sulla base del rilievo che gli interventi di inasprimento sanzionatorio che si sono succeduti nel tempo in relazione alla fattispecie di rapina non hanno previsto una “valvola di sicurezza” che consenta al giudice di moderare la pena, onde
adeguarla alla gravità concreta del fatto estorsivo, in modo da evitare l’irrogazione di una sanzione non proporzionata ogni qual volta il fatto medesimo si presenti totalmente immune dai profili di allarme sociale che hanno indotto il legislatore a stabilire per questo titolo di reato un minimo edittale di notevole asprezza.
In particolare, la sentenza n. 86 del 2024, sul solco della precedente sentenza n. 120 del 2023, ha precisato che ‘in presenza di una fattispecie astratta connotata, come detto, da intrinseca variabilità atteso il carattere multiforme degli elementi costitutivi «violenza o minaccia», «cosa sottratta», «possesso», «impunità», e tuttavia assoggettata a un minimo edittale di rilevante entità, il fatto che non sia prevista la possibilità per il giudice di qualificare il fatto reato come di lieve entità in relazione alla natura, alla specie, ai mezzi, alle modalità o circostanze dell’azione, ovvero alla particolare tenuità del danno o del pericolo, determina la violazione, ad un tempo, del primo e del terzo comma dell’art. 27 Cost.’
3.1 Con successivi interventi della Corte di legittimità Ł stato analizzato il profilo procedurale della possibilità di invocare con ricorso per cassazione l’applicazione della diminuente speciale ove la sentenza di appello sia precedente l’intervento della Corte costituzionale; si Ł così affermato che la Corte di cassazione, ove sia dedotta, con il ricorso, la mancata applicazione dell’attenuante della lieve entità del fatto, estesa al delitto di rapina per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 86 del 2024, sopravvenuta alla decisione di appello, può valutare direttamente gli elementi costitutivi di detta diminuente, in applicazione della regola generale di cui all’art. 620, comma 1, lett. l), cod. proc. pen. e in ossequio al principio costituzionale di ragionevole durata del processo, escludendola in base alle circostanze di fatto già accertate o alle statuizioni già adottate dal giudice di merito, senza disporre l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, nel caso in cui non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto. (Sez. 2, n. 47610 del 22/10/2024, L., Rv. 287350 – 02); il suddetto principio costituisce esplicitazione delle regole affermate dalle Sezioni Unite imp. Tushaj secondo cui in tema di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, di cui all’art. 131bis cod. pen.,quando la sentenza impugnata Ł anteriore alla entrata in vigore del d. lgs. 16 marzo 2015, n. 28, l’applicazione dell’istituto nel giudizio di legittimità va ritenuta o esclusa senza rinvio del processo nella sede di merito e se la Corte di cassazione, sulla base del fatto accertato e valutato nella decisione, riconosce la sussistenza della causa di non punibilità, la dichiara d’ufficio, ex art. 129 cod. proc. pen., annullando senza rinvio la sentenza impugnata, a norma dell’art. 620, comma primo lett l), cod. proc. pen. (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Rv. 266594 – 01). Si Ł così definitivamente affermato quell’orientamento secondo cui la Corte di cassazione, ove sia dedotta, con il ricorso, la mancata applicazione dell’attenuante della lieve entità del fatto, estesa al delitto di rapina per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 86 del 2024, sopravvenuta alla decisione di appello, può valutare direttamente gli elementi costitutivi di detta diminuente, in applicazione della regola generale di cui all’art. 620, comma 1, lett. l), cod. proc. pen. e in ossequio al principio costituzionale di ragionevole durata del processo, escludendola in base alle circostanze di fatto già accertate o alle statuizioni già adottate dal giudice di merito, senza disporre l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, nel caso in cui non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto (Sez. 2, n. 47610 del 22/10/2024, Rv. 287350 – 02; Sez. 2, n. 35033 del 12/11/2020, Rv. 279971 – 01).
3.2 L’applicazione dei sopra esposti principi al caso in esame determina la declaratoria di manifesta infondatezza del motivo; ed invero, le modalità delle minacce e la reiterazione delle condotte, ampiamente esposte nella impugnata pronuncia con valutazione conforme a quella operata in primo grado, palesano che la circostanza del fatto lieve non può essere riconosciuta, trattandosi di fatto commesso con l’uso di un’arma da piø soggetti riuniti. Al proposito deve quindi ritenersi che ove, come nel caso in esame, la pronuncia di appello abbia data anteriore la decisione
della Corte costituzionale che ha introdotto con una pronuncia additiva la circostanza del fatto lieve del delitto di rapina, il giudice di legittimità, se le decisioni di merito hanno evidenziato la gravità della condotta od altri profili idonei ad escludere la possibilità di concessione della suddetta attenuante, può dichiarare manifestamente infondato il motivo senza che sia necessario un annullamento per rivisitazione del fatto sul punto.
Alla declaratoria di inammissibilità consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchØ al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in € 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 05/02/2025
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME