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Concorso in rapina: quando è esclusa la complicità

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un minorenne condannato per rapina. La sentenza conferma che in un’aggressione di gruppo, se emerge una volontà predatoria comune sin dall’inizio, si configura un pieno concorso in rapina per tutti i partecipanti, escludendo l’ipotesi di un reato diverso da quello voluto (art. 116 c.p.).

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concorso in Rapina: La Cassazione sulla Volontà Predatoria Comune

Il tema del concorso in rapina, specialmente quando coinvolge gruppi di giovani, solleva complesse questioni sulla distinzione tra la partecipazione a una semplice aggressione e la corresponsabilità in un reato più grave. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali, stabilendo che la presenza di una concorde volontà aggressiva e predatoria sin dall’inizio esclude l’applicazione di figure di reato meno gravi, come il concorso anomalo previsto dall’art. 116 del codice penale.

Il Contesto del Caso Giudiziario

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un minorenne condannato in primo grado e in appello per i reati di rapina aggravata e lesioni personali in concorso. La vicenda trae origine da uno scontro tra due gruppi di ragazzi, durante il quale uno dei membri del gruppo dell’imputato ha sottratto un marsupio a un coetaneo. La difesa del giovane aveva sostenuto che il suo assistito avesse partecipato unicamente all’aggressione fisica, senza avere alcuna intenzione di commettere o partecipare alla sottrazione del bene, e che pertanto non poteva essere ritenuto pienamente responsabile per la rapina.

I Motivi del Ricorso e la Tesi Difensiva

La difesa ha presentato ricorso in Cassazione articolando due motivi principali:
1. Erronea applicazione degli artt. 116 e 628 c.p.: Secondo il ricorrente, i giudici di merito avrebbero dovuto applicare l’art. 116 c.p. (concorso anomalo), che prevede una pena attenuata per chi, pur volendo un reato, si trova a concorrere in un reato diverso e più grave commesso da un altro complice. La tesi era che il ragazzo volesse partecipare a una rissa o aggressione, non a una rapina.
2. Vizio di motivazione sulla mancata concessione di attenuanti: La difesa lamentava il mancato riconoscimento di un’attenuante legata alla minima entità della condotta, sostenendo che i fatti fossero stati travisati. In particolare, si contestava la gravità delle lesioni (definite semplici escoriazioni) e del danno patrimoniale.

La Decisione della Corte: Inammissibilità del Ricorso

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. La decisione si basa su alcuni principi cardine del diritto processuale e penale.

La Piena Configurazione del concorso in rapina

I giudici hanno innanzitutto evidenziato come il ricorso fosse una mera riproposizione delle argomentazioni già respinte dalla Corte d’Appello, senza un confronto critico con la motivazione della sentenza impugnata. Questo, secondo un consolidato orientamento, rende il ricorso inammissibile. Nel merito, la Corte ha stabilito che la ricostruzione dei fatti operata dai giudici precedenti era logica e coerente. Era emerso chiaramente che l’azione del gruppo era caratterizzata, fin dal suo inizio, da una concorde volontà aggressiva e predatoria. La violenza non era fine a se stessa, ma funzionale alla sottrazione del marsupio. Di conseguenza, tutti i partecipanti che hanno contribuito causalmente all’azione devono rispondere di concorso in rapina, essendo stata esclusa la possibilità di riqualificare la condotta ai sensi dell’art. 116 c.p.

La Nozione di “Malattia” e il Rigetto delle Attenuanti

Anche il secondo motivo è stato giudicato infondato. La Cassazione ha ribadito che, in tema di lesioni personali, il concetto di “malattia” include qualsiasi alterazione anatomica o funzionale, anche di lieve entità come escoriazioni e graffi, che interrompa la normale condizione organica. Pertanto, la valutazione della Corte d’Appello sulla presenza di lesioni era corretta. Inoltre, nel negare le attenuanti, i giudici di merito avevano legittimamente considerato la brutalità complessiva dell’azione, la violenza usata e la giovane età della vittima, elementi che rendevano la condotta tutt’altro che di minima entità.

Le Motivazioni della Cassazione

Le motivazioni della Suprema Corte si fondano sul principio della “doppia conforme”, ovvero la piena condivisione delle argomentazioni logiche delle sentenze di primo e secondo grado. La Corte ha sottolineato che il ricorso per cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito, volto a ottenere una diversa lettura delle prove. La ricostruzione della Corte d’Appello, basata su plurime dichiarazioni e certificazioni mediche, era completa e priva di vizi logici. L’intenzionalità predatoria comune e il contributo causale di ogni concorrente erano stati dimostrati, rendendo corretta la qualificazione giuridica di concorso in rapina. La Corte ha inoltre specificato che la progressione della violenza, iniziata con la sottrazione di una bandana e culminata nell’aggressione per il marsupio, dimostrava un’unica azione con finalità predatoria.

Conclusioni

Questa sentenza riafferma un principio fondamentale in materia di reati di gruppo: la partecipazione attiva a un’aggressione finalizzata alla sottrazione di beni configura un pieno concorso in rapina per tutti i concorrenti, a meno che non si dimostri in modo inequivocabile un’assoluta estraneità all’intento predatorio. La decisione chiarisce che una mera affermazione di non aver voluto il furto non è sufficiente a escludere la responsabilità, quando le circostanze concrete dimostrano una volontà condivisa di aggredire per depredare. Inoltre, viene confermato l’ampio significato giuridico del termine “malattia”, che include anche lesioni superficiali, rilevanti ai fini della configurabilità del reato.

Quando si può escludere l’applicazione dell’art. 116 c.p. (concorso anomalo) in un reato di gruppo?
L’applicazione dell’art. 116 c.p. è esclusa quando, come nel caso di specie, viene accertata una concorde volontà aggressiva e predatoria di tutti i concorrenti sin dall’inizio dell’azione. Se la violenza è chiaramente finalizzata alla sottrazione di un bene, tutti coloro che partecipano attivamente rispondono di concorso pieno nel reato di rapina.

Ai fini del reato di lesioni personali, anche una semplice escoriazione è considerata “malattia”?
Sì. La Corte di Cassazione, richiamando la sua giurisprudenza consolidata, afferma che costituisce “malattia” qualsiasi alterazione anatomica o funzionale dell’organismo, anche se localizzata e di lieve entità come graffi ed escoriazioni, in quanto interrompe la normale condizione di salute e richiede un processo di guarigione.

È possibile presentare in Cassazione le stesse argomentazioni già respinte in Appello?
No. Un ricorso per cassazione che si limita a riproporre gli stessi motivi già presentati e motivatamente respinti in appello, senza un confronto critico con la sentenza impugnata, è considerato inammissibile per genericità e mancanza di specificità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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