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Concorso in rapina: prevedibilità e fatto lieve

La Corte di Cassazione ha esaminato un caso di concorso in rapina impropria, originato da un tentativo di furto in un negozio. I giudici hanno dichiarato inammissibili i ricorsi degli imputati, stabilendo due principi chiave. Primo, il complice che partecipa a un furto risponde di rapina se l’uso della violenza da parte del coautore era uno sviluppo ‘logicamente prevedibile’, integrando un concorso ordinario e non anomalo. Secondo, l’attenuante del fatto di lieve entità, introdotta dalla Corte Costituzionale, può essere esclusa se il valore della merce sottratta è ‘decisamente elevato’, anche in presenza di violenza minima.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concorso in rapina: quando il complice risponde del reato più grave?

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 3854/2025, offre importanti chiarimenti sul tema del concorso in rapina e sui criteri per applicare la nuova attenuante del fatto di lieve entità. Il caso analizza la responsabilità del complice quando un furto degenera in rapina, stabilendo che la prevedibilità dell’escalation violenta è sufficiente per configurare un concorso pieno nel reato più grave. Approfondiamo i dettagli di questa decisione.

I Fatti: Dal Furto alla Rapina Impropria

Il caso ha origine da un tentativo di furto di profumi all’interno di un esercizio commerciale, commesso da due persone. Una agiva materialmente sottraendo la merce, mentre l’altra fungeva da palo, controllando i movimenti all’interno del negozio. Una volta scoperte, la persona che aveva sottratto i beni ha reagito con spintoni e minacce per tentare di fuggire con la refurtiva.

I due soggetti venivano condannati in primo e secondo grado per il reato di rapina impropria aggravata. Entrambi hanno proposto ricorso in Cassazione, sollevando questioni relative alla qualificazione della loro responsabilità e alla gravità del fatto.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

I ricorsi si basavano su due argomenti principali:

1. Il complice sosteneva di non dover rispondere di rapina, ma al massimo di furto, invocando l’istituto del concorso anomalo (art. 116 c.p.). A suo dire, il suo ruolo era stato passivo e non aveva né previsto né accettato l’uso della violenza da parte della coimputata, che peraltro era disarmata.
2. Entrambi gli imputati chiedevano l’applicazione della nuova circostanza attenuante del fatto di lieve entità, introdotta dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 86 del 2024, evidenziando la minima violenza utilizzata (qualche spintone) e la lieve entità della minaccia.

La Decisione della Corte: il concorso in rapina è ordinario

La Corte di Cassazione ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili, confermando integralmente la condanna per rapina impropria. I giudici hanno rigettato le argomentazioni difensive, fornendo una chiara interpretazione sia sulla prevedibilità nel concorso in rapina sia sui limiti dell’attenuante del fatto lieve.

Le Motivazioni

La sentenza si fonda su due pilastri argomentativi distinti, uno per ciascuna questione sollevata dai ricorrenti.

La Prevedibilità dell’Escalation Violenta nel Concorso di Persone

La Corte ha escluso l’applicabilità del concorso anomalo (art. 116 c.p.), ritenendo configurabile un concorso ordinario nel reato di rapina (art. 110 c.p.). Secondo i giudici, chi partecipa a un’azione furtiva all’interno di un negozio, in presenza di personale di vigilanza, deve rappresentarsi come altamente probabile una reazione violenta o minacciosa per assicurarsi la refurtiva o la fuga.

Questa prevedibilità integra il cosiddetto dolo indiretto (o eventuale): pur non volendo direttamente la rapina, il complice ne ha accettato il rischio come sviluppo logico dell’azione criminosa programmata. Pertanto, la sua responsabilità è piena e diretta per il reato più grave effettivamente commesso, a nulla rilevando che non abbia materialmente usato violenza o che i correi fossero disarmati, poiché la rapina impropria si può integrare anche con la sola minaccia.

L’Esclusione del Fatto di Lieve Entità a Causa del Danno Elevato

Per quanto riguarda la richiesta di applicazione dell’attenuante del fatto di lieve entità, la Cassazione ha chiarito che la valutazione deve essere complessiva. Anche se la violenza fisica e la minaccia sono state minime, un altro elemento assume un peso decisivo: l’entità del danno patrimoniale.

Nel caso di specie, i giudici di merito avevano qualificato il valore della merce sottratta come ‘decisamente elevato’. Secondo la Suprema Corte, questo singolo elemento è sufficiente a escludere la lieve entità del fatto nel suo complesso. L’attenuante, pur avendo un campo di applicazione più vasto rispetto a quella del danno di speciale tenuità (art. 62 n. 4 c.p.), non può essere riconosciuta quando l’offesa al patrimonio è significativa.

Le Conclusioni

La sentenza consolida due principi di notevole importanza pratica:

1. Nel concorso in rapina, la responsabilità del complice si estende al reato più grave se la sua evoluzione da un semplice furto era uno sviluppo prevedibile e l’agente ne ha accettato il rischio. La prevedibilità è presunta in contesti come esercizi commerciali sorvegliati.
2. L’applicazione dell’attenuante del ‘fatto di lieve entità’ richiede una valutazione globale in cui il danno patrimoniale gioca un ruolo fondamentale. Un valore elevato della refurtiva può di per sé impedire il riconoscimento del beneficio, anche se la condotta violenta è stata contenuta.

Quando il complice di un furto risponde anche di rapina?
Risponde di rapina quando l’uso della violenza o della minaccia da parte del coimputato era uno sviluppo logicamente prevedibile dell’azione originaria, anche se non specificamente concordato. La Cassazione considera altamente probabile questa escalation in un furto all’interno di un esercizio commerciale con personale di vigilanza, configurando un’accettazione del rischio (dolo indiretto) e quindi un concorso ordinario nel reato più grave.

Per applicare l’attenuante del ‘fatto di lieve entità’ nella rapina impropria, basta che la violenza sia minima?
No, non è sufficiente. La valutazione della lieve entità del fatto è complessiva e, come chiarito dalla sentenza, l’entità del danno patrimoniale (il valore della merce sottratta) è un fattore decisivo. Un danno ‘decisamente elevato’ può escludere l’applicazione dell’attenuante, anche a fronte di una violenza contenuta.

Qual è la differenza tra concorso ordinario (art. 110 c.p.) e concorso anomalo (art. 116 c.p.) in questo caso?
Si ha concorso ordinario (art. 110 c.p.) quando il compartecipe ha previsto e accettato il rischio che il reato programmato (furto) potesse evolvere in un reato diverso e più grave (rapina). Si avrebbe concorso anomalo (art. 116 c.p.), con una pena ridotta, solo se l’agente non avesse previsto il fatto più grave, pur potendoselo rappresentare. In questo caso, la Corte ha ritenuto che il rischio fosse stato accettato, configurando un concorso ordinario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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