Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 24067 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 24067 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MONTEROTONDO il 15/08/1974
avverso la sentenza del 08/10/2024 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME;
Ritenuto che entrambi i motivi di ricorso, che contestano violazione di legge
e nullità della sentenza per la mancata riqualificazione del fatto nella forma del tentativo, non sono consentiti perché fondati su motivi che si risolvono nella
pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto
apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
Secondo un consolidato principio giurisprudenziale,
“il reato di rapina si consuma nel momento e nel luogo in cui si verificano l’ingiusto profitto e l’altrui
danno patrimoniale. Il fatto che l’impossessamento della cosa sia avvenuto sotto il controllo delle Forze dell’ordine, preventivamente allertate, o comunque
appostate, non esclude la consumazione del reato in tutti i casi nei quali queste ultime siano intervenute soltanto dopo il conseguimento – anche se soltanto per
un breve lasso di tempo – del possesso della refurtiva da parte del rapinatore” (Sez. 2, n. 5663 del 20/11/2012, dep. 2013, Alexa, Rv. 254691);
Tra l’altro, nel caso di specie i militari, contrariamente a quanto dedotto, non hanno affatto controllato l’azione criminosa ma solo in un secondo momento si sono resi conto del fatto e hanno inseguito i due, a nulla rilevando che il ricorrente, seppur partecipando attivamente alla rapina, non avesse avuto in quel momento la materiale disponibilità della refurtiva poiché in possesso del suo complice (sul punto, si veda pag. 2 della sentenza impugnata);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 23 maggio 2025
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