Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 29566 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 29566 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/07/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da NOME COGNOME nato a Nocera Inferiore il 13/3/1980 avverso la sentenza resa il 2 ottobre 2024 dalla Corte di appello di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; preso atto che non è stata avanzata istanza di trattazione orale; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la pronunzia impugnata la Corte di appello di Roma ha confermato la sentenza resa il 23 giugno 2022 dal Tribunale di Roma, che ha dichiarato la responsabilità di NOME COGNOME in ordine al reato di rapina impropria e, previa esclusione dell’aggravante del numero delle persone riunite e della recidiva, concesse le attenuanti generiche, lo ha condannato alla pena di due anni di reclusione e 200 euro di multa.
Si addebita all’imputato di avere, dopo che un complice non identificato si era impossessato del ciclomotore della persona offesa, approfittando della sua temporanea assenza e allontanandosi a bordo dello stesso, minacciato la vittima della sottrazione che gli chiedeva la restituzione del maltolto.
2. Avverso detta pronunzia ha proposto ricorso l’imputato , tramite il difensore di fiducia, deducendo, con un sostanziale unico motivo, violazione di legge in ordine ai ritenuti presupposti della fattispecie di rapina impropria e in relazione alle modalità di formazione della prova della individuazione fotografica, nonché violazione del divieto di reformatio in pejus ex art. 597, comma 3, cod. proc. pen; vizio di motivazione in ordine alla ricostruzione del fatto.
Il ricorrente osserva che il Tribunale ha travisato i fatti di causa, ritenendo che COGNOME fosse colui che si era impossessato del motociclo, diversamente da quanto precisato dal capo di imputazione ed emerso in dibattimento: risulta infatti contestato ed accertato che l’impossessamento del bene è stato realizzato da l soggetto ritenuto complice dell’COGNOME e rimasto ignoto che, dopo essere salito sul ciclomotore, si era allontanato. L’imputato è stato riconosciuto dalla persona offesa come colui che si trovava in compagnia dell’ignoto autore dell’impossessamento e che, dopo la sottrazione e la fuga del complice, veniva fermato dalla vittima e, al fine di sottrarsi alla presa, proferiva la contestata minaccia.
Il ricorrente lamenta che la Corte ha reiterato il medesimo travisamento del primo giudice, e la sentenza è il risultato di un errore, poiché sia dall’imputazione che dalle risultanze istruttorie emerge pacificamente che il soggetto scappato a bordo del motociclo non è stato identificato e NOME, odierno ricorrente, è stato individuato dalla persona offesa come colui che si intratteneva in compagnia dell’ignoto, prima della sottrazione, e che poi avrebbe minacciato la persona offesa mentre si allontanava a piedi dal luogo del furto, senza partecipare alla condotta di sottrazione. Proprio questa sovrapposizione di ruoli ha viziato l’ iter logico motivazionale, generando una confusione sull’esatta qualificazione giuridica della condotta.
In ogni caso, riconoscendo la configurabilità dell’aggravante del numero delle persone riunite già esclusa in primo grado, pur mantenendo intatta la sanzione, la sentenza ha comportato un pregiudizio dell’imputato, poiché tale aggravante impedisce la possibilità di chiedere la sospensione dell’ordine di esecuzione.
Lamenta inoltre il ricorrente che la richiesta difensiva di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, per effettuare il riconoscimento dell’imputato, è stata respinta, con motivazione sommaria e inconferente, poiché le circostanze giustificative della richiesta erano state elencate dalla difesa. Il riconoscimento fotografico effettuato in sede di indagini costituisce, infatti, una prova atipica la cui pregnanza dipende dalla attendibilità accordata al soggetto che l’ha compiuto, mentre nel caso in esame la deposizione della persona offesa risulta poco chiara e coerente.
La necessità di una ricognizione era stata giustificata dall’assenza di dati oggettivi che collocassero l’Oliva a Roma in occasione della condotta illecita, nonché dal fatto che l’imputato risulta presentare diversi tatuaggi visibili, che la persona offesa non aveva ritenuto di indicare, elementi questi che inducono ragionevolmente a dubitare dell’attendibilità della ricognizione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non può trovare accoglimento per le ragioni che verranno esposte di seguito.
1.1. Il primo motivo di ricorso, nella parte in cui lamenta la rilevanza probatoria dell’individu azione fotografica e il rigetto della richiesta ex art. 603 cod. proc. pen. di procedere al riconoscimento personale, è manifestamente infondato, poichè il giudice di primo grado ha reso congrua e articolata motivazione in ordine alla piena attendibilità della persona offesa e all ‘ efficacia dell ‘espletata individuazione fotografica, esplicitando le modalità con cui la stessa è stata effettuata la prima volta, sottoponendo al teste ben 69 fotografie, e ripetuta una seconda volta, utilizzando una fotografia più recente del prevenuto, a garanzia della rispondenza dell’immagine all’aspetto attuale dell’imputato. A ciò si aggiunga che l ‘ individuazione è stata acquisita con il consenso delle parti e che la persona offesa l’ha rinnovata nel corso dell’udienza dibattimentale. La Corte ha, pertanto, ritenuto ultronea la richiesta di rinnovazione istruttoria, né il ricorrente ha allegato, se non in modo generico, le esigenze a sostegno della richiesta, senza prospettare ragioni specifiche che possano indurre a dubitare della attendibilità del teste
1.2. Il secondo profilo della censura, con cui si deduce un travisamento nella ricostruzione del fatto, è infondato sotto un duplice profilo.
1.2.1. Deve in effetti convenirsi con la difesa che la Corte, aderendo alla ricostruzione del fatto riportata nella sentenza di primo grado, attribuisce erroneamente all’odierno ricorrente, NOME COGNOME il ruolo di colui che si era materialmente impossessato del veicolo, mentre è evidente e risulta anche dall’imputazione – che questi non ha partecipato materialmente alla sottrazione, posta in essere dal complice non identificato, ma ha pronunziat o la minaccia all’indirizzo della persona offesa che lo aveva fermato.
A questo punto occorre, tuttavia, verificare l’eventuale sussistenza e i limiti di deduzione del vizio di travisamento della prova.
Secondo l’orientamento maggioritario , nel caso di cosiddetta “doppia conforme”, il vizio del travisamento della prova, per utilizzazione di un’informazione inesistente nel materiale processuale o per omessa valutazione di una prova decisiva, può essere dedotto con il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti, con specifica deduzione, che il dato probatorio asseritamente travisato è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado (Sez. 3, n. 45537 del 28/09/2022, M., Rv. 283777-01).
E’ stato inoltre precisato che il vizio di travisamento della prova può essere dedotto con il ricorso per cassazione, nel caso di cosiddetta “doppia conforme”, anche quando entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle
risultanze probatorie acquisite, in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti (Sez. 4, n. 35963 del 03/12/2020, COGNOME, Rv. 280155-01). Ma, nel caso di cosiddetta “doppia conforme”, è inammissibile ex art. 606, comma 3, cod. proc. pen., il motivo fondato sul travisamento della prova, per utilizzazione di un’informazione inesistente nel materiale processuale o per omessa valutazione di una prova decisiva, che sia stato dedotto per la prima volta con il ricorso per cassazione, poiché in tal modo esso viene sottratto alla cognizione del giudice di appello, con violazione dei limiti del devolutum ed improprio ampliamento del tema di cognizione in sede di legittimità (Sez. 6, n. 21015 del 17/05/2021, COGNOME, Rv. 281665-01).
Inoltre, il ricorso per cassazione con cui si lamenta il vizio di motivazione per travisamento della prova, non può limitarsi ad addurre l’esistenza di atti processuali non esplicitamente presi in considerazione nella motivazione del provvedimento impugnato ovvero non correttamente od adeguatamente interpretati dal giudicante, quando non abbiano carattere di decisività, ma deve, invece: a) identificare l’atto processuale cui fa riferimento; b) individuare l’elemento fattuale o il dato probatorio che da tale atto emerge e che risulta incompatibile con la ricostruzione svolta nella sentenza; c) dare la prova della verità dell’elemento fattuale o del dato probatorio invocato, nonché della effettiva esistenza dell’atto processuale su cui tale prova si fonda; d) indicare le ragioni per cui l’atto inficia e compromette, in modo decisivo, la tenuta logica e l’intera coerenza della motivazione, introducendo profili di radicale incompatibilità all’interno dell’impianto argomentativo del provvedimento impugnato (Sez. 6, n. 10795 del 16/02/2021, F., Rv. 281085-01).
1.2.2. Alla stregua di questi principi, l’errore in cui sono incorsi i gi udici di merito non può essere dedotto in questa sede, poiché non è stato sollevato con i motivi di appello, anche se già in quella sede era evidente che il Tribunale era incorso in errore.
Con il gravame, la difesa si è infatti limitata a contestare l ‘ attendibilità dell’avvenuto riconoscimento fotografico, sostenendo che la persona offesa aveva reso una deposizione poco coerente e credibile; con altro motivo, ha avanzato richiesta di derubricazione in furto della condotta dell’COGNOME , osservando che l’imputato non si era appropriato del ciclomotore e la condotta minacciosa nei confronti della persona offesa risultava scissa dall’impossessamento. In conclusione, l’appello riconosceva il concorso dell’COGNOME nella sottrazione eseguita materialmente dal correo e non denunziava l’errore della sentenza di primo grado, che lo indicava come colui che ha sottratto il ciclomotore.
Ne consegue che il preteso travisamento della prova non può essere dedotto per la prima volta in questa sede.
1.3. A questo primo profilo di inammissibilità della censura se ne aggiunge un secondo, in quanto il ruolo assunto nella vicenda dall’imputato non ha, in questo caso, rilevanza dirimente ai fini dell’affermazione di responsabilità, posto che secondo la
prospettazione accusatoria, fondata sulle dichiarazioni della persona offesa, il predetto era in compagnia de ll’esecutore materiale della sottrazione, in attesa che la persona offesa si allontanasse per impossessarsi del veicolo , sicchè l’ignoto av eva agito in accordo con l’odierno ricorrente . La sentenza di primo grado, valorizzando le dichiarazioni della persona offesa ha ritenuto il concorso dell’imputato ex art. 110 cod. pen. nella sottrazione realizzata esclusivamente dal complice rimasto non identificato, e detto concorso non è stato oggetto di specifica contestazione con i motivi di gravame, tutti incentrati esclusivamente sulla attendibilità della persona offesa, sulla mancata riapertura dell’istruzione per effettuare la ricognizione personale, e sulla richiesta di riqualificazione in furto della condotta dell’imputato .
Ne consegue che non ricorrono i presupposti del vizio di travisamento della prova, che deve riferirsi ad un fatto dirimente ai fini del giudizio, poichè il concorso dell’Oliva nella sottrazione , in forza dell’ art. 110 cod. pen., può configurarsi anche se non è stata realizzata la condotta tipica, purchè sia stato offerto un contributo anche solo morale all’azione delittuosa.
In conclusione, pur dando atto dell’errore di fatto in cui sono incorsi i giudici di merito, il motivo di ricorso è infondato poiché la sentenza ha affermato la responsabilità concorsuale dell’Oliva , che non è stata contestata dalla difesa né con il gravame, né con il ricorso.
1.4. Non ricorre alcuna reformatio in peius in ordine al trattamento sanzionatorio, poiché la Corte d’appello ha confermato la sentenza di primo grado, che ha escluso entrambe le aggravanti contestate, delle più persone riunite e della recidiva e riconosciuto le circostanze attenuanti generiche. Il riferimento in motivazione all’art. 628, secondo e terzo comma, cod. pen. è frutto di un mero errore materiale che non incide sulla statuizione esplicitata in dispositivo.
Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Roma 15 luglio 2025 Il Consigliere estensore Il Presidente
NOME COGNOME NOME COGNOME