Concorso in rapina: quando la partecipazione non è minima?
Il concetto di concorso in rapina è spesso al centro di complesse vicende giudiziarie. Capire quale sia il confine tra una partecipazione marginale e un contributo essenziale è cruciale per determinare la responsabilità penale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce proprio su questo punto, analizzando il caso di un imputato condannato per aver agito come ‘palo’ durante una rapina aggravata. La Suprema Corte ha dichiarato il suo ricorso inammissibile, fornendo importanti chiarimenti sulla valutazione del contributo del complice.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un uomo condannato in secondo grado dalla Corte d’Appello di Milano per concorso in rapina aggravata. L’imputato contestava la sentenza su due fronti principali: in primo luogo, lamentava la violazione di legge riguardo alla sussistenza dell’elemento soggettivo (il dolo) necessario per il reato. In secondo luogo, denunciava un vizio di motivazione sia nell’affermazione della sua responsabilità sia nella mancata applicazione della circostanza attenuante prevista per la partecipazione di minima importanza (art. 114 c.p.), sostenendo che il suo apporto fosse stato marginale.
L’Analisi della Corte sul Concorso in Rapina
La Corte di Cassazione ha ritenuto entrambi i motivi di ricorso inammissibili. I giudici hanno sottolineato che le argomentazioni presentate dall’imputato non erano censure di legittimità, ma tentativi di rimettere in discussione l’accertamento dei fatti e la valutazione delle prove, un’attività preclusa in sede di Cassazione. Le critiche erano, di fatto, una riproposizione di argomenti già esaminati e motivatamente respinti dalla Corte d’Appello.
La Corte ha colto l’occasione per ribadire un principio fondamentale in materia di concorso in rapina e, più in generale, di concorso di persone nel reato: la volontà di concorrere non richiede necessariamente un accordo preventivo. La partecipazione può manifestarsi anche in modo estemporaneo, purché vi sia la coscienza e la volontà di contribuire alla realizzazione dell’illecito. La motivazione della Corte d’Appello è stata giudicata congrua e logica, avendo indicato con precisione le prove oggettive che dimostravano la piena consapevolezza e l’intenzione dell’imputato di partecipare alla rapina.
Il Ruolo del ‘Palo’ e la Circostanza Attenuante
Un punto centrale della decisione riguarda la valutazione del ruolo di ‘palo’. Secondo i giudici di merito, e confermato dalla Cassazione, il contributo fornito dall’imputato era stato tutt’altro che marginale. Aver svolto la funzione di vedetta è stato considerato un apporto fattivo di ‘non scarso rilievo’ alla riuscita del piano criminale. Di conseguenza, la mancata applicazione dell’attenuante per la minima partecipazione è stata una diretta e logica conseguenza di tale accertamento. La Corte ha inoltre evidenziato come le obiezioni difensive, relative ad esempio all’esatto posizionamento del veicolo, fossero state ritenute totalmente inconsistenti.
Le Motivazioni della Decisione
La decisione della Suprema Corte si fonda su consolidati principi giuridici. Innanzitutto, il ricorso per cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito, dove si rivalutano le prove. Le censure devono riguardare violazioni di legge o vizi logici manifesti nella motivazione, non la sua plausibilità. In questo caso, le argomentazioni dell’imputato erano volte a proporre una lettura alternativa dei fatti, compito che spetta ai giudici di primo e secondo grado. In secondo luogo, la Corte ha riaffermato che per integrare il dolo nel concorso di reati è sufficiente la consapevolezza di contribuire all’azione criminosa altrui. Infine, la valutazione sull’importanza del contributo di ciascun concorrente è un giudizio di fatto che, se logicamente motivato come nel caso di specie, non è sindacabile in sede di legittimità.
Conclusioni
L’ordinanza in esame offre due importanti lezioni pratiche. La prima è che un ricorso in Cassazione, per avere successo, deve basarsi su specifici vizi di legittimità e non su una generica contestazione della ricostruzione dei fatti. La seconda è che nel concorso in rapina, il ruolo del ‘palo’ non è automaticamente considerato marginale. Anzi, se ritenuto funzionale e di non scarso rilievo per la riuscita del crimine, giustifica pienamente una condanna piena, senza il beneficio di attenuanti legate alla minima partecipazione. La decisione rafforza la linea rigorosa della giurisprudenza nel valutare la responsabilità di tutti i soggetti che, a vario titolo, contribuiscono alla commissione di un reato.
È necessario un accordo preventivo per essere considerati complici in un reato?
No, la Corte di Cassazione ribadisce che, in tema di concorso di persone nel reato, la volontà di concorrere non presuppone necessariamente un previo accordo, potendo manifestarsi anche in modo estemporaneo.
Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano formulati in termini non consentiti: invece di denunciare violazioni di legge, proponevano argomentazioni in fatto volte a contestare la valutazione probatoria del giudice di merito, attività non permessa in sede di legittimità.
Il ruolo di ‘palo’ in una rapina può beneficiare dell’attenuante della minima partecipazione?
Non in questo caso. La Corte ha stabilito che la mancata applicazione dell’attenuante è stata una logica conseguenza del ‘fattivo apporto di non scarso rilievo’ fornito dall’imputato con il suo ruolo di ‘palo’, ritenuto funzionale alla realizzazione del reato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 17096 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 17096 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MARCARIA il 08/04/1958
avverso la sentenza del 11/07/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME
considerato che sia il primo, che il secondo motivo di ricorso, con cui si censura, rispettivamente, violazione di legge in ordine alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo del reato di concorso in rapina aggravata ascritto all’odierno ricorrente, e vizio di motivazione in relazione all’affermazione di responsabilità per il suddetto reato e in relazione all’omessa applicazione della circostanza attenuante di cui all’art. 114 cod. pen., sono formulati in termini non consentiti in questa sede, poiché – prospettando argomentazioni in fatto e volte a contestare la valutazione probatoria posta a base del decisum, e dunque estranee al sindacato di legittimità – risultano reiterativi di profili di censura g dedotti in appello e già adeguatamente esaminati e disattesi, con corretti argomenti logici e giuridici, dalla Corte territoriale, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
che, infatti, premesso che, come correttamente sottolineato dai giudici di appello, in tema di concorso di persone nel reato, la volontà di concorrere non presuppone necessariamente un previo accordo (ex plurimis Sez. 2, n. 44301 del 19/10/2005, COGNOME, Rv. 232853 – 01; Sez. 2, n. 18745 del 15/01/2013, COGNOME, Rv. 255260 – 01), deve ravvisarsi come, nella congrua e non illogica motivazione posta a fondamento della pronuncia impugnata (si veda pag. 4) siano state puntualmente indicate le diverse evidenze oggettive in virtù delle quali, nel caso di specie, debba ritenersi pienamente integrato l’elemento del dolo di partecipazione alla realizzazione del delitto di rapina da parte dell’odierno ricorrente;
che con precipuo riferimento al secondo motivo di ricorso, va poi osservato che la mancata applicazione dell’attenuante di cui all’art. 114 cod. pen. sia diretta e logica conseguenza del fattivo apporto di non scarso rilievo fornito dal COGNOME alla realizzazione del reato in esame, avendo i giudici di merito accertato il suo ruolo di “palo”, mettendo in evidenza la totale inconsistenza dei rilievi difensivi circa l’esatto posizionamento dell’auto;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delIe spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 18 marzo 2025.