Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 9102 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 9102 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nata in Cile il 28/04/1993
avverso la sentenza del 22/05/2024 della Corte d’Appello di Milano visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona dei Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorso; udito l’Avv. NOME COGNOME in difesa di COGNOME NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglinnento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’appello di Milano ha confermato la sentenza con cui, in data 22.11.2023, il GUP dei Tribunale meneghino, procedendo con rito abbreviato,
aveva riconosciuto NOME COGNOME responsabile del delitto di rapina aggravata in concorso contestatole al capo a) della rubrica (nel contempo assolvendola per non aver commesso il fatto di cui al capo b) per cui, con le circostanze attenuanti generiche stimate equivalenti alle pur contestate aggravanti, operata la riduzione per la scelta del rito, l’aveva condannata alla pena finale di anni 3 e mesi 4 di reclusione ed euro 800 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali ed al risarcimento dei danni patiti dalla costituita parte civile in cui favore aveva liquidato una provvisionale immediatamente esecutiva e le spese di costituzione e di assistenza;
ricorre per cassazione NOME COGNOME a mezzo del difensore che deduce:
2.1 violazione di legge per inosservanza della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si debba tener conto nell’applicazione della legge penale, con riguardo agli artt. 82 e 523 cod. proc. pen.: rileva, in primo luogo, che, all’udienza del 22.11.2023, il patrono di parte aveva concluso solo oralmente senza depositare richieste scritte, come previsto dall’art. 523, comma 2, cod. proc. pen., con le conseguenze stabilite dall’art. 82, comma 2, cod. proc. pen. che la Corte d’appello, cui era stata devoluta la questione, ha di fatto disapplicato;
2.2 violazione di legge per inosservanza della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si debba tener conto nell’applicazione della legge penale, con riguardo all’art. 192 cod. proc. pen.; travisamento delle risultanze probatorie con riguardo al concorso nel delitto di cui al capo a); assenza e illogicità della motivazione: rileva che al Corte d’appello ha di fatto violato il principio dell’onere della prova sostenendo che la versione dei fatti fornita dal COGNOME in sede di convalida dell’arresto era rimasta indimostrata; evidenzia, inoltre, il travisamento in cui sarebbero incorsi i giudici di secondo grado con riguardo all’annotazione della Squadra Mobile di Milano del 3.5.2023 in cui si dava conto che i tre autori materiali della rapina erano giunti sul posto con largo anticipo proprio per studiare e perlustrare la zona risultando perciò contraddittoria l’affermazione secondo cui costoro dovessero necessariamente essere stati messi a parte da qualcuno dell’orario di rientro a casa della vittima; osserva, inoltre, che a caric dell’imputata vi era soltanto l’attività lavorativa alle dipendenze del Collarile ed i suo rapporto sentimentale con il Valdes avendo invece la Corte trascurato una serie di elementi decisivi quali, in particolare, il fatto che lo stesso Collarile fos dedito all’acquisto di oggetti di illecita provenienza ed inserito in contesti criminal nonché la circostanza che le informazioni sulla vittima potessero essere state acquisite dalla cugina della ricorrente su cui il Collarile nutriva forti sospett segnala ancora che la Corte non ha correttamente valutato la condotta della
ricorrente che, al contrario del COGNOME una volta appreso dell’avvio delle indagini, non aveva programmato alcun fuga e, inoltre, che non vi era alcuna prova che in altre occasioni avesse aiutato il proprio compagno in attività illecite;
2.3 violazione di legge con riferimento all’art. 114 cod. pen.: richiama, ancora, la pregressa conoscenza tra il Valdes ed il Collarile per confutare la logicità della considerazione sviluppata dalla Corte in ordine al diniego dell’attenuante di cui all’art. 114 cod. pen.;
2.4 violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’art. 62-bis cod. pen.: richiama la motivazione dalla Corte d’appello sulla richiesta di prevalenza delle attenuanti generiche sulle aggravanti, di cui stigmatizza l’erroneità alla luce del ruolo in ipotesi svolto dalla ricorrente che non era presente sul posto, non ha esercitato alcuna violenza e della sua condizione di persona assolutamente incensurata;
la Procura Generale, nonostante la richiesta di trattazione del processo in presenza, avanzata dalla difesa, ha trasmesso le proprie conclusioni a valere come memoria, insistendo per l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è, complessivamente, infondato.
E’ tale, innanzitutto, il primo motivo.
La Corte d’appello ha infatti correttamente motivato sull’eccezione difensiva circa la revoca tacita della costituzione di parte civile (cfr., pagg. 8-9 della sentenza qui in esame), che ha respinto sulla considerazione secondo cui il difensore della parte civile, pur non avendo depositato conclusioni scritte, si era riportato a quelle già compiutamente formulate nell’atto di costituzione dove era stata precisamente e puntualmente quantificata la richiesta risarcitoria.
L’esame degli atti, consentito ed anzi imposto alla Corte alla luce della natura processuale del motivo (cfr., tra le tante, Sez. 3, n. 24979 del 22/12/2017, dep. 2018, Rv. 273525 – 01; Sez. 1, n. 8521 del 09/01/2013, Chahid, Rv. 255304 – 01; conf., già, Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220092 – 01) ha d’altro canto permesso di verificare che il Collarile si era costituito parte civile – a mezzo dell’Avvocato NOME COGNOME – in apertura dell’udienza preliminare quando il difensore dell’imputata (e del coimputato COGNOME, munito di procura speciale, aveva chiesto di definire il processo nelle forme del giudizio abbreviato; il GUP aveva ammesso il rito premiale e, subito
dopo, invitato le parti a discutere sicché il patrono di parte civile si era riportat alle conclusioni rassegnate nell’atto di costituzione dove, peraltro, aveva formalizzato la richiesta di condanna degli imputati al risarcimento dei danni patrimoniali patiti dal proprio assistito in cui favore aveva sollecitato la liquidazione di una provvisionale non inferiore ad euro 2.000.
La decisione della Corte d’appello è pertanto assolutamente corretta perché in linea con la costante giurisprudenza di questa Corte che ha sempre escluso la configurabilità di una revoca tacita della costituzione di parte civile nel caso in cui, pur non avendo depositato conclusioni scritte, il difensore si richiami alle conclusioni presentate all’atto della costituzione oppure siano verbalizzate le richieste orali relative al risarcimento del danno, alla concessione di provvisionale o alla rifusione delle spese (cfr., in tal senso, tra le alt Sez. 5, n. 29675 del 02/05/2016, GLYPH Carbonelli GLYPH Rv. 267385 GLYPH 01; Sez. 5, n. 34922 del 29/04/2016, COGNOME, Rv. 267769 01; Sez. 4, n. 39595 del 27/06/2007, COGNOME, Rv. 237773 – 01; conf., ancora, in particolare, in sede di rito abbreviato, Sez. 5, n. 42715 del 18/07/2012, Mori, Rv. 254172 – 01).
Il secondo motivo è anch’esso infondato.
2.1 NOME COGNOME era stata tratta a giudizio e riconosciuta responsabile, nei due gradi di merito, all’esito di un conforme apprezzamento delle medesime emergenze investigative, del delitto di rapina aggravata in quanto avrebbe agito in concorso con NOME COGNOME e NOME COGNOME cui avrebbe fornito informazioni sugli spostamenti e sul possesso di preziosi da parte di NOME COGNOME proprio il giorno dei fatti, consentendo ai complici di aggredire la persona offesa, minacciarla di morte e colpirla ripetutamente al volto, per impossessarsi in tal modo di una valigetta e di un trolley in cui erano stati riposti gioielli ed altri preziosi desti ad una fiera a Monaco di Baviera.
Le due sentenze di merito hanno restituito la concorde (e sostanzialmente incontroversa) ricostruzione della rapina, avvenuta alle ore 19,30 circa, quando il Collarile, dopo aver chiuso il negozio alle 19,10 ed aver riposto nella propria autovettura un trolley azzurro, contenente borse costose ed una valigetta contenente orologi, monili ed altri preziosi, si era diretto verso la propria abitazione dove, nel cortile, era stato raggiunto da almeno due individui che lo avevano malmenato e rapinato ; dopo essersi ripreso, il COGNOME, si era avveduto della sparizione del trolley e della valigetta che, aveva fatto presente agli operanti, tempestivamente intervenuti sul posto, avrebbe dovuto recare ed esporre ad una
fiera in Monaco di Baviera che l’indomani mattina avrebbe dovuto raggiungere in treno.
Il Collarile aveva inoltre spiegato di essere stato coadiuvato da due donne, la NOME NOME COGNOME e NOME che, nell’occasione, si erano occupate, in particolare, di preparare il trolley e la valigetta.
Gli investigatori avevano installato una microspia sulla vettura del gioielliere attraverso la quale avevano potuto apprendere dei sospetti nutriti da costui sulla NOME NOME COGNOME “… che dopo la rapina si era dileguata comunicando al datore di lavoro che era all’estero” (cfr., pag. 6 della sentenza di primo grado).
L’esame dei filmati registrati dalle telecamere di sorveglianza della zona, avevano inoltre evidenziato i sopralluoghi dei tre rapinatori effettuati anche nei giorni precedenti e che avevano mostrato, il giorno del fatto, due soggetti diretti verso il luogo della rapina a bordo di due bici, ed un ulteriore soggetto, sempre in bici, nei pressi dell’abitazione del Collarile.
L’attività di captazione sulle utenze della COGNOME e della Cifuentes aveva permesso di intercettare una conversazione intercorsa tra costei ed il fidanzato “NOME“, compiutamente identificato in Valdes Figueroa NOME NOME (indossante occhiali simili ad uno dei soggetti che avevano commesso la rapina) e, tramite l’utenza di costui, di identificare COGNOME NOME NOME, che era stato tratto in arresto per furto in abitazione il 18.9.2009 unitamente proprio al Figueroa NOME
In data 28.6.2023 a séguito di un servizio di OCP, gli indagati erano stati sottoposti a fermo in considerazione della verosimile intenzione di lasciare il paese e le perquisizioni immediatamente seguite (anche presso l’abitazione del Valdes) avevano dato esito positivo quanto al rinvenimento di indumenti analoghi a quelli utilizzati per la rapina.
Il COGNOME, in sede di convalida, si era assunto la responsabilità della rapina sostenendo di essere venuto a conoscenza del fatto che il Collarile, quella sera, era in possesso dei gioielli e dei preziosi da una telefonata, da lui casualmente ascoltata, tra la Cifuentes (con cui dunque escludeva alcuna preordinazione criminosa) e la cugina di NOME COGNOME
2.2 Ebbene, la ricostruzione della vicenda ha indotto i giudici di merito a concludere nel senso che l’aggressione del Collarile nel cortile della sua abitazione era avvenuta “a colpo sicuro”, ovvero nella certezza che il Collarile avesse con sé
le borse ed i preziosi che aveva portato a casa dal negozio sistemate in due valigie che erano state confezionate con l’aiuto delle due donne.
Se, dunque, è vero che gli aggressori – come emerso dall’esame delle immagini delle telecamere di videosorveglianza – anche nei giorni precedenti avevano perlustrato la zona e seguito gli spostamenti del gioielliere, altrettanto pacifico che essi agirono soltanto il giorno in cui il Collarile aveva portato a casa gli oggetti ed i preziosi, notizia che non potevano che avere avuto da chi era a conoscenza di tale circostanza.
Tanto premesso, e lo si ricava dalla lettura delle due sentenze, al di là della versione proposta dall’imputato, lo stesso COGNOME aveva dovuto convenire nel senso di avere appreso la notizia proprio dalle parole della Cifuentes, rendendone partecipe anche l’Astete il quale, a sua volta, aveva riferito che il complice gli aveva rivelato il contenuto delle valigie.
Osserva dunque il collegio che la Corte di merito (cfr., pag. 9 della sentenza in verifica) ha motivato in termini non manifestamente illogici e, pertanto, incensurabili in questa sede circa la inverosimiglianza dell’affermazione del COGNOME di essere venuto a conoscenza del possesso di preziosi da parte del Collarile ascoltando casualmente una telefonata tra la propria compagna e la cugina di NOME; con argomentazione prettamente di merito ma del tutto lineare, ha infatti giudicato non credibile che le due donne fossero interessate a scambiarsi informazioni così dettagliate (circa il possesso dei preziosi ed il giorno e l’ora in cui il Collarile li avrebbe portati con sé a casa in vista del viaggio del giorno successivo), che la stessa COGNOME non aveva mai fatto presente di aver rivelato alla sua interlocutrice e che, d’altra parte, erano del tutto irrilevanti nel contest della conversazione.
2.3 II motivo di ricorso, allora, lungi dall’evidenziare vizi rilevabili in se di legittimità, finisce per sollecitare una rilettura degli elementi di prova posti fondamento della decisione impugnata, operazione certamente non consentita in questa sede (cfr., Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, F., Rv. 280601; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, COGNOME, Rv. 235507; Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, Bosco, Rv. 234148) e diretta a prospettare un approdo decisorio alternativo rispetto a quello cui sono pervenuti i giudici di merito.
E’ vero, inoltre, che la prova della responsabilità dell’odierna ricorrente è di natura indiziaria; è, tuttavia, essa è il frutto di un apprezzamento globale e complessivo degli elementi acquisiti dovendosi tuttavia ribadire che la certezza dell’indizio non va confusa con la certezza del fatto da provare, giacché la caratteristica propria dell’indizio è quella di una qualche ambiguità proprio in
relazione alla circostanza che si vuole provare atteso che, se così non fosse, verrebbe meno la stessa differenza tra prove ed indizi in quanto, mentre la prova è idonea ad attribuire carattere di certezza al fatto storico che si vuole provare, l’indizio, per sé solo, non ha per oggetto un fatto direttamente dimostrativo (della colpevolezza), ma un fatto suscettibile soltanto di essere assunto come indicativo della medesima, fornendo nulla più di una traccia di un percorso logico argomentativo che può avere diverse sfaccettature (cfr., in tal senso, Sez. 5, n. 16397 del 21/02/2014, Maggi; Sez. 1, n. 9151 del 28/06/1999, Capitani, Rv. 213922).
Si è infatti condivisibilmente affermato che l’indizio deve essere certo con riferimento al suo contenuto intrinseco, mentre per sua natura è incerto con riferimento al fatto diverso ed ulteriore, oggetto dell’accertamento penale ed è per tale ragione che la legge richiede, al fine di acquisire la prova del fatto (e, dunque, per l’affermazione della penale responsabilità), l’esistenza di indizi plurimi, dotati del requisito della gravità, precisione e concordanza (cfr., Sez. 2, n. 35827 del 12/07/2019, COGNOME Rv. 276743 – 01; Sez. 5, n. 36152 del 30/04/2019, Barone, Rv. 277529 – 02; cfr., anche, Sez. 2, n. 45851 del 15/09/2023, COGNOME, Rv. 285441 – 02, in cui la Corte ha chiarito che, in tema di processo indiziario, il giudice può fondare il proprio convincimento circa la responsabilità dell’imputato anche sulla concatenazione logica degli indizi, dalla quale risulti che il loro complesso possiede quella univocità e concordanza atta a convincere della loro confluenza nella certezza in ordine al fatto stesso).
Il sindacato consentito in sede di legittimità, pertanto, è quello sulle massime di esperienza adottate nella valutazione degli indizi nonché la verifica sulla correttezza logico-giuridica del ragionamento seguito e delle argomentazioni sostenute per qualificare l’elemento indiziario, e non certo risolversi nel formulare un nuovo accertamento, replica dell’esperienza conoscitiva del giudice del merito, per cui l’esame della gravità, precisione e concordanza degli indizi da parte del giudice di legittimità coincide con il controllo del rispetto, da parte del giudice d merito, dei criteri dettati in materia di valutazione delle prove dall’art. 192 cod. proc. pen., eseguito con il ricorso ai consueti parametri della completezza, della correttezza e della logicità del discorso motivazionale e che non può consistere nella rivalutazione della gravità, della precisione e della concordanza degli indizi, in quanto ciò comporterebbe inevitabilmente apprezzamenti riservati al giudice di merito (cfr., in tal senso, tra le tante, Sez. 5, Sentenza n. 602 del 14/11/2013, dep. 09/01/2014, COGNOME, Rv. 258677 – 01; Sez. 6, n. 20474 del 15/11/2002, dep. 08/05/2003, COGNOME, Rv. 225245 – 01; Sez. 1, n. 42993 del 25/09/2008, COGNOME, Rv. 241826 – 01).
Il terzo motivo è manifestamente infondato.
La ricostruzione dei fatti, come sopra precisato, ha consentito ai giudici di merito di attribuire all’intervento della Cifuentes una valenza assolutamente decisiva avendo costei permesso ai complici di procedere all’aggressione del Collarile nella certezza che, proprio quella sera, costui recasse con sé gli oggetti preziosi che aveva portato a casa per presentare, il giorno successivo, nella mostra in quel di Monaco.
Ed è pacifico, invece, nella giurisprudenza di questa Corte, che per riconoscere l’attenuante della minima partecipazione di cui all’art. 114 cod. pen., non è sufficiente una minore efficacia causale dell’attività prestata da un correo rispetto a quella realizzata dagli altri, in quanto è necessario che il contributo si sia concretizzato nell’assunzione di un ruolo del tutto marginale, ossia di efficacia causale così lieve, rispetto all’evento, da risultare trascurabile nell’economia generale del crimine commesso (cfr., tra le tante. Sez. 4, n. 26525 del 07/06/2023, GLYPH Malfarà, GLYPH Rv. 284771 GLYPH 01; Sez. 4, n. 49364 del 19/07/2018, Rv. 274037 01; Sez. 2, n. 835 del 18/12/2012, dep. 2013, Modafferi Rv. 254051 – 01).
4. Manifestamente infondato, da ultimo, è anche il quarto motivo laddove la difesa lamenta l’esito del giudizio di valenza tra circostanze di opposto segno cui sono pervenuti i giudici di merito (cfr., pag. 10 della sentenza di appello); è appena il caso, infatti, di richiamare l’indirizzo consolidato della giurisprudenza di legittimità, secondo cui, nel bilanciamento tra opposte circostanze, la soluzione dell’equivalenza può ritenersi congruamente motivata laddove il giudice del merito si sia limitato a ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto ovvero abbia fatto riferimento anche ad uno solo dei parametri previsti dall’art. 133 cod. pen.; le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra aggravanti ed attenuanti sono censurabili in sede di legittimità soltanto nell’ipotesi in cui siano frutto di mero arbitrio o di un ragionamento illogico e non anche qualora risulti sufficientemente motivata la soluzione dell’equivalenza (cfr., Sez. 5, n. 5589 del 26.9.2013, Sub; Sez. 6, n. 6966 del 25.11.2009, COGNOME; Sez. 1, n. 3223 del 13.1.1994, Palmisano; cfr., anche, Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, COGNOME, Rv. 245931).
5. Il rigetto del ricorso comporta la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
4
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 9.1.2025