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Concorso in peculato: la Cassazione e l’extraneus

La Corte di Cassazione conferma la condanna per concorso in peculato a carico del titolare di un’agenzia e di suo figlio. La Corte ha ritenuto inammissibili i ricorsi, stabilendo che la presentazione di un documento falso per coprire l’ammanco di fondi pubblici costituisce prova di una chiara concertazione e collaborazione, anche da parte del soggetto ‘extraneus’ (il figlio), rendendolo pienamente partecipe del reato.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concorso in peculato tra padre e figlio: la Cassazione chiarisce il ruolo dell’extraneus

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un interessante caso di concorso in peculato, chiarendo i contorni della responsabilità penale quando al reato, commesso da un soggetto qualificato (l’incaricato di pubblico servizio), partecipa un soggetto esterno (l’extraneus). La vicenda, che vede coinvolti un padre, titolare di un’agenzia, e suo figlio, offre spunti cruciali sulla prova della concertazione e sulla valutazione degli atti compiuti per occultare il crimine.

I Fatti: L’ammanco in agenzia e il bonifico falso

La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna per peculato emessa nei confronti del titolare di un’agenzia incaricata di riscuotere somme per conto di un ente pubblico e di suo figlio. Secondo l’accusa, confermata nei primi due gradi di giudizio, tra agosto e ottobre 2011, i due si erano appropriati di somme incassate per conto dell’ente, omettendo di riversarle.

Quando l’ente ha richiesto spiegazioni sull’ammanco, il padre, titolare dell’agenzia, ha presentato un documento attestante un bonifico, che si è poi rivelato falso. Le indagini hanno dimostrato che il figlio, che si occupava dei rapporti con la banca, aveva procurato il falso documento nel tentativo di coprire l’appropriazione indebita.

L’impugnazione in Cassazione: le tesi difensive

Entrambi gli imputati hanno presentato ricorso in Cassazione, basando le proprie difese su due argomenti principali:

1. Erroneo calcolo della prescrizione: Sostenevano un errore nel conteggio dei periodi di sospensione del processo, che avrebbe dovuto portare all’estinzione del reato.
2. Insussistenza del concorso: Le loro posizioni divergevano sul merito. Il padre affermava di essere stato ingannato dal figlio, sostenendo di non essere a conoscenza della falsità del documento. Il figlio, invece, qualificandosi come extraneus (cioè privo della qualifica di incaricato di pubblico servizio), sosteneva che il suo contributo, consistito nel fornire un documento falso dopo la consumazione del peculato, non poteva configurare un concorso in peculato, ma al massimo un reato successivo e distinto.

Le motivazioni della Cassazione sul concorso in peculato

La Suprema Corte ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili, ritenendoli manifestamente infondati e volti a ottenere una nuova valutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità.

Sul tema della prescrizione, i giudici hanno osservato che, anche accogliendo il calcolo proposto dalla difesa, il reato non si sarebbe comunque estinto alla data della decisione.

Nel merito, la Corte ha smontato le tesi difensive, confermando la logicità della ricostruzione dei giudici di merito. La condotta appropriativa è stata considerata il risultato di una chiara concertazione tra padre e figlio. Il padre, in quanto titolare, aveva il dovere di controllo e la responsabilità primaria della gestione. La sua precedente condanna per fatti analoghi rafforzava il quadro accusatorio. La presentazione del bonifico falso, lungi dall’essere il gesto di una persona ingannata, è stata vista come la prova della sua piena partecipazione al piano criminoso.

Per quanto riguarda il figlio, la Corte ha stabilito che la sua collaborazione è stata determinante. Il fatto di aver procurato il falso documento non è stato interpretato come un’azione isolata e successiva, ma come un tassello fondamentale del reato in itinere (ancora in corso) e del suo occultamento. Secondo i giudici, questo comportamento dimostra un’attiva collaborazione alla perpetrazione del reato, integrando pienamente gli estremi del concorso in peculato anche per il soggetto extraneus.

Conclusioni: La responsabilità condivisa e l’inammissibilità del ricorso

La sentenza ribadisce un principio consolidato: il concorso dell’estraneo in un reato proprio come il peculato è pienamente configurabile quando vi sia un contributo materiale o morale alla realizzazione del delitto. La Corte ha sottolineato come la scansione temporale degli eventi e la logica concatenazione delle azioni (l’ammanco, la richiesta di chiarimenti, la presentazione del falso) fossero elementi sufficienti a dimostrare un piano condiviso. I tentativi di scaricare la responsabilità l’uno sull’altro e di frammentare la condotta in episodi distinti sono stati respinti, in quanto la vicenda è stata valutata come un’unica operazione delittuosa frutto di un accordo.

Una persona che non è un pubblico ufficiale può essere condannata per peculato?
Sì, può essere condannata per concorso in peculato se fornisce un contributo materiale o agevola la realizzazione del reato commesso dal soggetto che possiede la qualifica richiesta (in questo caso, l’incaricato di pubblico servizio).

Presentare un documento falso dopo la consumazione del reato può essere considerato prova di concorso?
Sì. Secondo la Corte, la produzione di un bonifico falso per occultare un ammanco non è un’azione successiva e distinta, ma costituisce il riscontro diretto di una collaborazione attiva alla perpetrazione del reato, dimostrando un piano criminoso condiviso.

Un errore nel calcolo dei termini di prescrizione porta sempre all’annullamento della condanna?
No, non necessariamente. Se, anche correggendo l’errore di calcolo, il termine di prescrizione non risulta comunque maturato alla data della decisione, il motivo di ricorso viene respinto in quanto non decisivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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