Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 2647 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 2647 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 03/05/2023 del TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME COGNOME; lette/sentite le conclusioni del PG COGNOME Il P.G. conclude chiedendo il rigetto del ricorso.
udito il difensore
AVV_NOTAIO COGNOME AVV_NOTAIO conclude chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale del riesame di Napoli ha confermato l’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli, con cui veniva applicata la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di NOME COGNOME in ordine al concorso nell’omicidio di NOME COGNOME, attinto da almeno tredici colpi d’arma da fuoco, e nel tentato omicidio di NOME COGNOME, attinto da tre colpi d’arma da fuoco, avvenuti in Sant’Antimo alle 19.28 circa dell’8 marzo 2023, nonché nel porto e nella detenzione dell’arma utilizzata per detti delitti.
Secondo il costrutto accusatorio, fatto proprio dal G.i.p. e condiviso dal Tribunale del riesame, la gravità indiziaria a carico di COGNOME in ordine al concorso in detti reati è fondata sulle intercettazioni ambientali delle conversazioni tra COGNOME e la moglie, sulle intercettazioni telematiche sull’apparato cellulare in uso a COGNOME delle conversazioni tra lo stesso e amici e parenti, effettuate tramite whatsapp, e sui riscontri offerti a dette intercettazioni dalle immagini estrapolate dalle telecamere della videosorveglianza installate in prossimità dei luoghi del commesso reato e presenti lungo il percorso seguito dagli autori del reato. Attraverso il filmato ripreso dalla telecamera installata nei pressi dell’ingresso dell’abitazione di NOME COGNOME, sita in Sant’Antimo, è stato possibile verificare che il commando di fuoco, composto dal suddetto, da NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, partiva proprio da detta abitazione con direzione verso il luogo dell’omicidio. In particolare, in relazione all’odierno ricorrente si è accertato, come evidenziato dall’ordinanza impugnata, che arrivava presso l’abitazione di COGNOME alle 18:10:04 a bordo di Fiat Panda, ne usciva alle 18:54:42 per allontanarsi sempre a bordo di detto veicolo, tornare, questa volta a bordo di motocicletta, nei pressi di detta abitazione alle ore 19:09, posizionarsi a mo’ di vedetta davanti al portone di ingresso alle 19:10:44, ed entrare di nuovo nel civico, per uscire, poi, definitivamente da detta abitazione alle ore 19.23 insieme al resto del commando, ponendosi alla guida del summenzionato motoveicolo (intestato al padre) con COGNOME come passeggero, mentre COGNOME si poneva alla guida di un ciclomotore su cui saliva COGNOME, dirigendosi senza mai fermarsi sul luogo del delitto. Le successive intercettazioni in carcere dei suddetti restituivano non solo la preoccupazione degli indagati per l’esito del
processo, ma anche il tentativo di porre in essere una comune strategia difensiva volta a ridimensionare il loro ruolo e addossare tutta la responsabilità a COGNOME, autore dell’azione di fuoco (come, altresì, da dichiarazioni confidenziali rese da COGNOME alla P.g. all’atto del fermo), di fatto già accusato da COGNOME.
I Giudici del riesame considerano l’intera azione delittuosa corale e concordata, atteso che i quattro componenti del comando si muovevano all’unisono per portarsi sul luogo del delitto, dopo essersi incontrati a casa di COGNOME, prendendo poi parte all’azione; quest’ultima senza dubbio non accidentale né estemporanea, ma accuratamente pianificata.
Avverso la suddetta ordinanza COGNOME propone ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore di fiducia, deducendo carenza di motivazione.
Rileva la difesa che il Tribunale del riesame valorizza le dichiarazioni confidenziali di COGNOME ai fini della sua identificazione senza dare alcuna motivazione sulla loro incongruità.
Osserva che il fatto che COGNOME aveva sostato solo quarantasette minuti all’interno dell’appartamento di COGNOME è inidoneo a dimostrare la sua consapevolezza di partecipare ad un’azione omicidiaria.
Rileva il difensore che l’indagato non risulta avere frequentato detto appartamento nei giorni precedenti e sembra inverosimile che nel breve periodo sopra indicato potesse condividere le intenzioni omicidiarie del gruppo, pianificare una via di fuga e organizzare l’assalto. Il Tribunale del riesame peraltro non spiega perché COGNOME avesse utilizzato per commettere un omicidio la moto del padre, di grossa cilindrata e facilmente rintracciabile, e non si fosse disfatto degli indumenti utilizzati il giorno dell’agguato, consegnandoli, invece, al momento della perquisizione, alla P.g.
Il breve lasso temporale sopra indicato neppure è idoneo, secondo la difesa, a ritenere provata la pianificazione o comunque l’adesione di COGNOME all’altrui premeditazione.
Il Tribunale del riesame, secondo la difesa, non spiega in che modo sia conciliabile la pianificazione con una fuga che prevedeva il passaggio al cospetto di ben otto sistemi di videosorveglianza; e confonde la premeditazione con la preordinazione, quale apprestamento dei mezzi minimi necessari per l’esecuzione del delitto, concretizzatosi nel caso in questione.
Il difensore insiste per l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con ogni statuizione di legge.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile, COGNOME limitandosi a contestare le argomentazioni non manifestamente illogiche e senz’altro analitiche e complete dell’ordinanza impugnata, e a proporre, sotto lo schermo del vizio di motivazione, una lettura alternativa di elementi fattuali non consentita in questa sede.
La difesa in particolare fa leva sulla brevità del lasso temporale in cui il ricorrente si sarebbe intrattenuto nell’appartamento di COGNOME, prima di dirigersi con gli altri verso il luogo di commissione del fatto, inidoneo a dimostrarne non solo la consapevolezza di partecipare ad un’azione omicidiaria (tanto da utilizzare una moto facilmente identificabile e non disfarsi dei vestiti), ma anche la premeditazione della medesima ovvero la mera adesione all’altrui premeditazione.
L’ordinanza impugnata muove proprio dalle caratteristiche dell’azione omicidiaria, «immortalate dalle videoriprese che consentono di delineare un’azione non meramente accidentale, ma intenzionale e concordata» e «che, al contempo, non consentono di aderire alla richiesta della difesa di esclusione dell’aggravante della premeditazione».
Rileva, quindi, che «l’azione criminosa è non solo concordata, ma evidentemente pianificata», incontrandosi i quattro indagati prima a casa di COGNOME «all’evidente scopo di pianificare il delitto che ponevano in essere muovendosi all’unisono e senza incertezze fino a giungere sul luogo dove già sapevano di poter trovare le vittime». A tale riguardo fa leva, a riprova della «accurata pianificazione», sulla circostanza che quando COGNOME e COGNOME giunsero sul posto ove vennero perpetrati i delitti gli attentatori erano già in loco (come riferito dal primo nelle summenzionate conversazioni con la moglie), «per cui è assai verosimile che i quattro killer fossero stati avvisati da qualcuno o che comunque conoscessero le abitudini delle vittime», e che «dopo l’agguato, i quattro, senza esitazione si davano alla fuga in direzioni diverse». Aggiunge, poi, a riprova della tendenza dei suddetti alla pianificazione, il riferimento alla comune strategia difensiva concordata (sopra riportata).
Tale essendo l’iter logico-argomentativo del provvedimento impugnato, che non fa leva esclusivamente sul trattenimento presso
l’abitazione di COGNOME, è evidente che insistere sul lasso temporale di detto trattenimento ovvero sulle altre circostanze sopra riportate ed evincere dalle stesse l’assenza in capo al ricorrente di consapevolezza omicidiaria e pianificazione, significa non confrontarsi con tale iter se non per contestarlo genericamente e sollecitare una non consentita rivalutazione di elementi fattuali. E, inoltre, trascurare l’orientamento consolidato di questa Corte, secondo cui la circostanza aggravante della premeditazione è estesa al concorrente che non abbia direttamente premeditato il reato qualora lo stesso abbia acquisito, prima dell’esaurirsi del proprio apporto volontario alla realizzazione dell’evento criminoso, l’effettiva conoscenza della altrui premeditazione (Sez. 5, n. 29202 del 11/03/2014, C. Rv. 262383); conoscenza, che, nel caso in esame, risulta intervenuta ad una distanza temporale senza dubbio sufficiente a consentire che la maturazione del proposito criminoso prevalesse sui motivi inibitori (Sez. 6, n. 56956 del 21/09/2017, RAGIONE_SOCIALE ed altri, Rv. 271952).
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna di COGNOME al pagamento delle spese processuali e di una somma che si ritiene equo determinare in euro tremila in favore della cassa delle ammende, non ricorrendo le condizioni previste dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000.
Non derivando dalla presente decisione la rimessione in libertà del ricorrente deve disporsi – ai sensi dell’art. 94, comma 1 ter, delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale – che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’imputato trovasi ristretto, perché provveda a quanto stabilito dal comma 1 bis del citato articolo 94.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, co.1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il 3 ottobre 2023.