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Concorso in omicidio e responsabilità collettiva

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 33771/2025, ha confermato la condanna per omicidio a carico di tre persone che avevano partecipato a un’aggressione di gruppo, pur non avendo materialmente sferrato il colpo mortale. La Corte ha stabilito che, in caso di aggressione collettiva, simultanea e armata, tutti i partecipanti rispondono per il reato più grave in concorso tra loro. L’azione congiunta, infatti, neutralizza la difesa della vittima e agevola la condotta letale, rendendo ogni concorrente responsabile dell’evento finale per concorso in omicidio.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concorso in Omicidio: Quando la Responsabilità è Collettiva

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale in materia di responsabilità penale di gruppo. Nel caso di un’aggressione collettiva che sfocia in un omicidio, tutti i partecipanti sono responsabili, anche chi non ha materialmente sferrato il colpo mortale. La pronuncia chiarisce i confini del concorso in omicidio, sottolineando come l’azione congiunta renda ogni compartecipe pienamente responsabile dell’esito letale.

I Fatti: Un’aggressione Mortale al Campo Sportivo

La vicenda ha origine da un alterco scoppiato durante un torneo di calcio in un centro sportivo. Una lite tra due persone degenera rapidamente quando un gruppo di amici di uno dei contendenti interviene in sua difesa. Il gruppo, composto da numerosi soggetti armati di coltello, circonda la vittima e la aggredisce simultaneamente.

Nonostante la vittima cerchi di difendersi, viene colpita da più persone. Le indagini e le testimonianze, supportate da video amatoriali, ricostruiscono una dinamica chiara: un attacco coordinato e violento da parte di più individui contro una sola persona disarmata, che soccombe a seguito delle ferite riportate. Sebbene il colpo fatale sia stato inferto da un soggetto non identificato, tre partecipanti all’aggressione vengono condannati in primo e secondo grado per omicidio in concorso.

L’Iter Giudiziario e i Motivi del Ricorso

Le difese degli imputati hanno presentato ricorso in Cassazione, basando le proprie argomentazioni su diversi punti:

* Responsabilità individuale: Si sosteneva che solo l’autore materiale del fendente mortale dovesse rispondere di omicidio.
* Riqualificazione del reato: Si chiedeva di derubricare il fatto da omicidio a rissa aggravata.
* Assenza di dolo omicidiario: Si contestava l’intenzione di uccidere, prospettando al massimo un concorso anomalo, ossia la commissione di un reato più grave di quello voluto.

La Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi sulla correttezza della valutazione dei giudici di merito, che avevano invece adottato un approccio “sinottico”, considerando l’aggressione come un’azione collettiva e unitaria.

La Decisione della Cassazione sul concorso in omicidio

La Suprema Corte ha rigettato tutti i ricorsi, confermando integralmente la sentenza d’appello e fornendo importanti chiarimenti sui principi applicati.

Il Principio della Responsabilità Collettiva nel Concorso di Persone

Il cuore della decisione risiede nell’applicazione dell’art. 110 c.p. sul concorso di persone nel reato. La Corte afferma che chi partecipa a un’aggressione collettiva e simultanea contro una persona sola, contribuisce causalmente all’evento. Ogni azione, anche se non direttamente letale, serve a neutralizzare la difesa della vittima e a rafforzare il proposito criminoso del gruppo, agevolando l’azione di chi sferra il colpo mortale. In questo contesto, l’azione di ciascuno diventa un anello indispensabile della catena causale che porta alla morte.

L’Elemento Psicologico: Il Dolo Eventuale nell’Azione di Gruppo

La Corte ha ritenuto sussistente l’elemento soggettivo dell’omicidio, quantomeno nella forma del dolo eventuale. Partecipare a un assalto di gruppo con armi come i coltelli contro una persona disarmata significa prevedere la concreta possibilità di un esito letale e accettarne il rischio. L’azione corale e violenta dimostra una volontà comune di ledere, la cui conseguenza più grave, la morte, non può essere considerata imprevedibile.

Distinzione tra Aggressione di Gruppo e Rissa

Infine, è stata respinta la tesi della rissa. La rissa (art. 588 c.p.) presuppone uno scontro tra fazioni contrapposte, con una volontà offensiva reciproca. Nel caso in esame, invece, si è trattato di un’aggressione unilaterale di un gruppo contro un singolo individuo che tentava di difendersi. Manca quindi l’elemento essenziale della reciprocità dello scontro.

le motivazioni

La motivazione della Corte si fonda sulla considerazione che l’aggressione fisica collettiva, caratterizzata dalla reciproca consapevolezza della condotta convergente dei correi, comporta che ciascuno di essi risponda del complesso delle lesioni riportate dalla vittima, e dunque, anche di quelle non causate direttamente dalla propria azione. L’intervento di più persone armate ha posto la vittima nell’impossibilità di difendersi, agevolando la condotta dell’esecutore materiale. Pertanto, il colpo mortale non rappresenta una causa sopravvenuta imprevedibile ed eccezionale (come previsto dall’art. 41 c.p.), ma costituisce uno sviluppo logico e prevedibile dell’azione violenta di gruppo. La Corte ha quindi escluso anche l’ipotesi del concorso anomalo, poiché gli imputati, agendo in quel contesto, si erano rappresentati e avevano accettato il rischio dell’evento più grave.

le conclusioni

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale di grande importanza: nel concorso in omicidio, la responsabilità non si frammenta, ma si estende a tutti coloro che hanno contribuito, materialmente o moralmente, alla realizzazione del fatto. Chi sceglie di unirsi a un’azione violenta di gruppo si assume la responsabilità di tutte le sue possibili conseguenze, inclusa la più tragica. Questa decisione ribadisce che la partecipazione a un’azione collettiva non attenua, ma al contrario aggrava, la posizione del singolo, rendendolo partecipe di un’unica e indivisibile condotta criminosa.

Chi partecipa a un’aggressione di gruppo è responsabile di omicidio anche se non ha sferrato il colpo mortale?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, chi partecipa a un’aggressione collettiva e simultanea a mano armata contro una persona disarmata, contribuisce a creare una situazione in cui la vittima non può difendersi, agevolando l’intervento letale di un altro aggressore. Pertanto, risponde di concorso in omicidio per l’intero evento.

Qual è la differenza tra un’aggressione di gruppo e una rissa?
La rissa, secondo la legge, richiede la presenza di almeno tre persone suddivise in fazioni contrapposte che si aggrediscono a vicenda con reciproco intento offensivo. Un’aggressione di gruppo, come nel caso di specie, si verifica quando un gruppo di persone assale deliberatamente un altro soggetto che si limita a difendersi, senza una volontà offensiva reciproca. In tal caso non si configura il reato di rissa.

Cosa significa rispondere di un reato per “dolo eventuale”?
Significa essere ritenuti responsabili di un reato anche se non si voleva direttamente causare l’evento, ma si è prevista la sua possibile verificazione come conseguenza della propria azione e si è accettato il rischio che si verificasse. Nel caso analizzato, gli aggressori, partecipando a un’azione violenta con coltelli, hanno accettato il rischio che la vittima potesse morire.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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