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Concorso in furto: quando l’appello è inammissibile

La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un uomo accusato di concorso in furto con la moglie e la cognata. La Corte ha ritenuto il ricorso una mera ripetizione dei motivi di appello, confermando la condanna per aver agito da autista durante il furto in un supermercato.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concorso in Furto: Quando la Cassazione Dichiara Inammissibile il Ricorso

Il concetto di concorso in furto si estende oltre l’azione materiale di sottrarre un bene, includendo anche chi fornisce un contributo essenziale, come fare da ‘palo’ o da autista per la fuga. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini della responsabilità e, soprattutto, i requisiti di ammissibilità del ricorso, sanzionando la mera riproposizione di argomenti già respinti in appello.

I Fatti del Caso: Il Ruolo dell’Autista nel Furto al Supermercato

Il caso riguarda un uomo condannato per concorso in furto aggravato. Secondo la ricostruzione dei giudici, l’uomo aveva accompagnato in auto la moglie e la cognata da Milano a un centro commerciale nella zona di Pavia. Mentre le due donne sottraevano merce per un valore di circa 600 euro, lui le attendeva in auto. Successivamente, dopo aver caricato la refurtiva, si erano diretti verso un secondo ipermercato con l’evidente intenzione di commettere un altro furto, ma qui sono stati fermati e arrestati.

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando un vizio di motivazione nella sentenza della Corte d’Appello che aveva affermato la sua responsabilità penale.

La Decisione della Corte: Inammissibilità per Ricorso Apparente

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, definendolo non specifico ma soltanto apparente. La ragione principale di questa decisione risiede nel fatto che l’imputato si è limitato a riproporre pedissequamente le stesse argomentazioni già presentate e respinte con motivazioni logiche ed esaustive dalla Corte d’Appello. Un ricorso in Cassazione, per essere ammissibile, deve contenere una critica argomentata e specifica contro la sentenza impugnata, non una semplice reiterazione di doglianze precedenti.

Le Motivazioni sul concorso in furto e l’inammissibilità

La Corte ha spiegato in dettaglio perché la motivazione della sentenza d’appello fosse corretta e perché, di conseguenza, il ricorso non potesse essere accolto.

La Reiterazione dei Motivi d’Appello

Il primo punto, di carattere procedurale, è cruciale: il ricorso per cassazione non può essere una copia del ricorso d’appello. Deve affrontare specificamente le ragioni per cui la decisione di secondo grado è ritenuta errata. Ripetere gli stessi motivi, senza confrontarsi criticamente con la motivazione del giudice d’appello, rende il ricorso ‘aspecifico’ e quindi inammissibile. Questo principio serve a garantire l’efficienza del sistema giudiziario, evitando che la Cassazione diventi un ‘terzo grado di merito’.

La Ricostruzione Logica dei Fatti da Parte dei Giudici di Merito

Nel merito, la Corte ha sottolineato come la responsabilità dell’imputato fosse stata dimostrata attraverso una serie di elementi logici e convergenti, correttamente valutati dai giudici precedenti:

1. Lo Spostamento Anomalo: La trasferta da Milano a Pavia, non giustificata da altre ragioni, era un forte indizio di un piano premeditato per commettere il furto in un luogo dove si pensava di essere meno riconoscibili.
2. La Sproporzione: La quantità di merce rubata era del tutto sproporzionata rispetto alla somma di denaro che l’uomo sosteneva di aver dato alla moglie.
3. Il Tentativo di un Secondo Furto: Il dirigersi verso un altro ipermercato subito dopo il primo colpo, con la scusa non credibile di dover comprare delle carte da gioco (che avrebbero potuto acquistare nel primo supermercato), dimostrava l’intenzione di proseguire l’attività criminale.
4. Il Ruolo Attivo: L’imputato non è stato un semplice spettatore. Ha guidato l’auto, ha custodito la merce rubata e ha accompagnato le complici verso il secondo obiettivo. Questi comportamenti configurano un contributo consapevole e volontario al piano criminoso, integrando pienamente la fattispecie del concorso in furto.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza ribadisce due principi fondamentali. In primo luogo, nel diritto penale, il concorso in furto può essere configurato anche da chi fornisce un supporto logistico, come l’autista, se la sua partecipazione è consapevole e funzionale alla realizzazione del reato. In secondo luogo, dal punto di vista processuale, un ricorso per cassazione deve essere redatto con rigore tecnico, evitando di riproporre argomenti già esaminati e confutati, pena una declaratoria di inammissibilità. Questa decisione comporta non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria, a causa della sua colpa nell’aver promosso un’impugnazione inammissibile.

Quando un ricorso per cassazione viene considerato inammissibile?
Un ricorso per cassazione è considerato inammissibile quando, tra le altre cose, si limita a riproporre gli stessi motivi già dedotti in appello e motivatamente respinti, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti della sentenza impugnata. In tal caso, il ricorso viene ritenuto ‘aspecifico’ o ‘apparente’.

Come si dimostra il concorso in furto per chi fa da autista?
Il concorso in furto si dimostra attraverso una serie di elementi indiziari, logici e convergenti. Nel caso specifico, la responsabilità dell’autista è stata desunta dal suo ruolo attivo: ha condotto l’auto per raggiungere il luogo del reato, ha atteso le complici, ha permesso di caricare la refurtiva e le ha accompagnate verso un secondo obiettivo per commettere un altro furto, dimostrando così un accordo comune e un contributo causale alla riuscita del piano criminoso.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile per colpa del ricorrente?
Se l’inammissibilità del ricorso è riconducibile a colpa del ricorrente (come nel caso di un ricorso ‘apparente’), la legge prevede che il ricorrente sia condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, il cui importo viene determinato dal giudice.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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