Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 20338 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 20338 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 02/04/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato a PONTREMOLI il 15/02/1976
COGNOME NOME nato a MASSA il 17/12/1984
avverso la sentenza del 05/07/2024 della CORTE D’APPELLO DI TORINO Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi
Ritenuto in fatto
1 Con sentenza in data 5 luglio 2024, la Corte d’appello di Torino, confermando la sentenza del Tribunale di Novara, ha ritenuto NOME COGNOME e NOME COGNOME responsabili del reato di concorso in furto pluriaggravato ai danni di RAGIONE_SOCIALE Ferrovie dello Stato, per essersi impossessati di una cospicua quantità di materiale che si trovava nello scalo merci Boschetto a Novara.
Avverso tale sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, articolando un’unica censura con la quale ha dedotto vizio di motivazione. La Corte
territoriale avrebbe affermato la responsabilità dell’imputato pur in mancanza della prova che egli si trovasse sul luogo del fatto al momento della commissione del reato, basandosi solo su «suggestioni» costituite dalla circostanza che il ricorrente aveva lavorato insieme al coimputato NOME COGNOME e si trovava insieme a costui allorché era stato controllato dai Carabinieri in data successiva al reato, e in luogo diverso.
In modo del tutto illogico la sentenza impugnata avrebbe, inoltre, attribuito rilevanza al fatto che l’imputato sia stato successivamente arrestato in flagranza insieme al COGNOME per fatti analoghi, dai quali peraltro era stato assolto, non potendo da ciò desumersi la responsabilità per il reato oggetto del presente procedimento.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello deducendo sei motivi di c ensura.
3.1. Con il primo motivo lamenta vizio di violazione di legge in relazione all’art. 1, comma 1bis, d.l. n. 132 del 2021, deducendo l’inutilizzabilità dei tabulati telefonici sui quali la Corte territoriale aveva fondato il giudizio di responsabilità dell’imputato, in assenza di altri elementi di prova aventi autonoma forza dimostrativa.
3.2. Il secondo motivo denuncia vizio di violazione di legge in relazione all’art. 238-bis cod. proc. pen. e vizio di motivazione. La Corte territoriale avrebbe ri conosciuto efficacia probatoria alla sentenza di condanna della Corte d’appello di Genova e alla sentenza di applicazione della pena del Tribunale di Parma, aventi entrambe ad oggetto fatti analoghi ma commessi successivamente, senza tuttavia indicare i ri scontri esterni, ai sensi dell’art. 192, comma 3, cod. proc. pen. in ordine alla responsabilità dell’imputato.
3.3. Il terzo motivo denuncia vizio di violazione di legge per violazione degli artt. 238 e 238-bis cod. proc. pen. La sentenza impugnata avrebbe fondato il giudizio di responsabilità sulle dichiarazioni rese in altro procedimento dal coimputato COGNOME al di fuori dei casi e dei limiti previsti dall’art. 238 cod. proc. pen. Si tratterebbe invero di dichiarazioni rese all’udienza di convalida, e no n in incidente probatorio o durante il dibattimento, non sarebbero stati prodotti i verbali di acquisizione, e il difensore dell’imputato non avrebbe partecipato all’assunzione di dette dichiarazioni.
3.4. Con il quarto motivo si deduce vizio di violazione di legge in relazione alla ritenuta sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 625, n. 7 cod. pen., nonché vizio di violazione di legge processuale in relazione alla ritenuta procedibilità del reato in assenza di querela.
Secondo il ricorrente non ricor rerebbe l’aggravante di cui all’art. 625, n. 7 cod. pen., in quanto non sarebbe stato accertato se lo scalo merci ove era
avvenuto il furto fosse destinato allo svolgimento di una funzione di pubblico interesse o di pubblica utilità. Pertanto, il reato sarebbe procedibile a querela, che nella specie sarebbe stata presentata dal capocantiere della ditta RAGIONE_SOCIALE, il quale non sarebbe legittimato, avendo solo funzioni di organizzazione del lavoro, senza avere il possesso dei beni.
3.5. Il quinto motivo deduce vizi o di violazione di legge in relazione all’art. 110 cod. pen. e vizio di motivazione. La sentenza impugnata avrebbe omesso di specificare quale sia stato il contributo causale del ricorrente alla commissione del furto, dovendosi al più ravvisare nella speci e un’ipotesi di connivenza non punibile. Difetterebbe inoltre la motivazione circa la consapevolezza del Salati di apportare un tale contributo al delitto e, in ogni caso, mancherebbero elementi idonei a provare la sua responsabilità.
3.6. Il sesto motivo lamenta la mancata concessione delle attenuanti nonché l’irragionevolezza della pena, irrogata nella stessa misura di quella applicata al COGNOME nonostante che a quest’ultimo sia stata riconosciuta la recidiva.
Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte con le quali ha chiesto il rigetto dei ricorsi.
Considerato in diritto
1. Entrambi i ricorsi sono infondati.
Occorre muovere dalla premessa che l’esito conforme delle decisioni pronunciate nei due gradi di giudizio consente di operare la lettura congiunta delle sentenze di primo e secondo grado, trattandosi di motivazioni che si fondono in un unico corpo di argomenti a sostegno delle conclusioni raggiunte.
Ricorre invero la cd. ‘doppia conforme’ quando la sentenza di ap pello, nella sua struttura argomentativa, si salda con quella di primo grado sia attraverso ripetuti richiami a quest’ultima sia adottando gli stessi criteri utilizzati nella valutazione delle prove, con la conseguenza che le due sentenze possono essere lette congiuntamente costituendo un unico complessivo corpo decisionale ( ex plurimis , Sez. 2 n. 37295 del 12/06/2019, Rv. 277218), al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione.
Il ricorso proposto da NOME COGNOME è infondato.
3.1. Rispetto al doppio conforme accertamento, che ha sorretto l’affermazione di responsabilità del ricorrente, le censure di quest’ultimo, investono profili di valutazione della prova e di ricostruzione del fatto riservati alla cognizione del giudice di merito, le cui determinazioni, al riguardo, sono insindacabili in questa
sede, siccome sorrette da motivazione congrua, esauriente e idonea a dar conto dell’iter logico -giuridico seguito e delle ragioni del decisum (Sez. U., n. 47289 del 24/9/2003, COGNOME, Rv. 226074).
Nel caso in esame, i giudici del merito, nel valutare il compendio probatorio, si sono attenuti al principio, più volte affermato da questa Corte (da ultimo, Sez. 1, n. 20461 del 12/04/2016, COGNOME, Rv. 266941-01), secondo cui, nell’apprezzamento degli indizi, non ci si può limitare ad una valutazione atomistica e parcellizzata dei medesimi, né è corretto procedere alla loro mera sommatoria aritmetica, ma si deve, invece, preliminarmente analizzare i singoli elementi per verificarne la certezza (nel senso che deve trattarsi di fatti realmente esistenti e non solo verosimili o supposti) e l’intrinseca valenza dimostrativa (di norma solo possibilistica), e successivamente giungere ad un esame globale degli elementi stessi, per accertare se la relativa ambiguità di ciascuno di essi, isolatamente considerato, possa in una visione unitaria risolversi, consentendo di attribuire il reato all’imputato «al di là di ogni ragionevole dubbio», e cioè con un alto grado di credibil ità razionale. Quest’ultima sussiste anche qualora le ipotesi alternative, pur astrattamente formulabili, siano prive di qualsiasi concreto riscontro nelle risultanze processuali ed estranee all’ordine naturale delle cose e della normale razionalità umana (Sez. 2, n. 2548 del 19/12/2014, dep. 2015, Segura, Rv. 262280-01; Sez. 1, n. 44324 del 18/04/2013, Stasi, Rv. 258321-01).
3.2. Il primo degli elementi, validamente apprezzati in sede di merito è costituito dalla circostanza che il COGNOME, collega di lavoro del COGNOME, era dipendente della CLF che operava per le Ferrovie dello Stato. Egli, inoltre, aveva in uso un’utenza telefonica intestata alla madre del COGNOME, come accertato in occasione dell’arresto in flagranza di entrambi gli imputati pochi mesi dop o i fatti in esame, in occasione del furto di materiale ferroviario a Parma (pag. 4 della sentenza impugnata e pag. 22 della sentenza di primo grado). Detta utenza, nella notte in cui era stato perpetrato il furto presso lo scalo ferroviario di Novara Boschetto, aveva agganciato una cella telefonica che copriva tale area e aveva registrato un cospicuo traffico telefonico con la moglie convivente del COGNOME. Inoltre, era stato accertato che questi, residente in altra regione, nella serata del 1° agosto 2013 si era recato a Novara insieme al COGNOME con l’auto da questo noleggiata. Dai tabulati telefonici era poi emerso che la mattina seguente entrambi si erano recati in provincia di Brescia, proprio dove si trovava il rottamaio COGNOME ed avevano successivamente fatto rientro alle proprie abitazioni. Ancora, il giorno precedente al furto, in data 31 luglio 2013, gli imputati erano stati controllati mentre si trovavano insieme.
Tale pluralità di elementi è stata valutata in modo del tutto coerente e logico dai giudici del merito, i quali hanno ineccepibilmente fondato su di essi il giudizio di responsabilità dell’imputato.
Peraltro, nel giudizio di legittimità il sindacato sulla correttezza del procedimento indiziario non può consistere nella rivalutazione della gravità, della precisione e della concordanza degli indizi, in quanto ciò comporterebbe inevitabilmente apprezzamenti riservati al giudice di merito, ma deve tradursi nel controllo logico e giuridico della struttura della motivazione, al fine di verificare se sia stata data esatta applicazione ai criteri legali dettati dall’art. 192, comma 2, cod. proc. pen. e se siano state coerentemente applicate le regole della logica nell’interpretazione dei risultati probatori (Sez. 1, n. 42993 del 25/9/2008, Rv. 241826), potendo il giudice fondare il proprio convincimento di responsabilità anche sulla loro concatenazione logica, dalla quale risulti che il complesso degli indizi possiede quella univocità e concordanza atta a convincere della loro confluenza nella certezza in ordine al fatto stesso (Sez. 2, n. 45851 del 15/09/2023, COGNOME, Rv. 285441 -02; Sez. 2, n. 28388 del 21/04/2017, Leo, in motivazione; Sez. 1, n. 978 del 12/10/1982, dep. 1983, S., Rv. 157266). Ciò tanto più se -come nel caso in esame -non sono allegati elementi di segno contrario che collochino l’imputato altrove al momento della commissione del reato.
Il ricorso proposto da NOME COGNOME è infondato.
4.1. I primi tre motivi -come correttamente rilevato dal Procuratore generale -sono inammissibili.
Essi, infatti, non sono consentiti in sede di legittimità perché le censure con essi svolte non risultano essere state previamente dedotte come motivi di appello, secondo quanto è prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 606 comma 3 cod. proc. pen., come si evince dal riepilogo dei motivi di gravame riportato nella sentenza impugnata (si veda pag. 4), che l’odierno ricorrente avrebbe dovuto contestare specificamente con il ricorso, se incompleto o comunque non corretto.
4.2. Analoghe considerazioni valgono anche con riguardo al quarto motivo, con cui si deduce il difetto di querela, attesa l’insussistenza dell’aggravante di cui all’art. 625, n. 7 cod. pen. Anche tale censura risulta inedita, non essendo stata prospettata con i motivi d’appe llo. Essa, peraltro, è infondata.
Non vi è dubbio, infatti, che il materiale ferroso custodito all’interno dello scalo ferroviario è funzionale ad assicurare la circolazione ferroviaria, e dunque lo svolgimento del servizio di trasporto pubblico. Per tal ragione, in conformità con i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità, la quale, ai fini della sussistenza dell’aggravante del furto di cose esistenti in uffici o stabilimenti pubblici, riconosce come ‘pubblico’ lo stabilimento in ragione del la natura dell’attività che ivi viene svolta (Sez. 5, n. 13067 del 28/10/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266183 -01), correttamente i giudici del merito hanno riconosciuto sussistente l’aggravante in parola. Ricorre peraltro anche l’ipotesi pure
specificamente contestata nel capo di imputazione -dell’essere il fatto commesso su cose destinate al pubblico servizio, atteso che -come si è detto -è indubbio che tale sia la destinazione del materiale presente presso lo scalo ferroviario (Sez. 5, n. 5266 del 17/12/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258726 -01). Tale circostanza rende il reato procedibile d’ufficio.
4.3. Il quinto motivo è infondato.
Dalla lettura complessiva delle sentenze di merito, emerge che i giudici hanno puntualmente individuato il contributo causale fornito dal ricorrente all’azione delittuosa. Hanno infatti evidenziato non solo la circostanza che il COGNOME aveva preso a noleggio l’auto con la quale, insieme a COGNOME, si era recato a Novara la sera del 1° agosto 2013, e la mattina seguente a Manerbio per poi fare rientro presso l’abitazione, ma aveva altresì messo a disposizione del coimputato un’utenza telefonica intestata alla propria madre. Inoltre, anch’egli si trovava nei pressi del luogo del furto in orario compatibile con la sua commissione, come emerso dal fatto che la sua utenza telefonica aveva agganciato una cella che copriva il deposito ferroviario di Novara Boschetto. Non aveva infine addotto ragioni diverse per giustificare la sua presenza a Novara, essendo egli residente in altra regione. Evidente, dunque, appare il ruolo consapevolmente svolto dal ricorrente nella perpetrazione del furto, non potendo esso certo derubricarsi a mera connivenza, atteso che, secondo il costante insegnamento della giurisprudenza di legittimità, la differenza tra concorso nel reato e connivenza non punibile risiede nel fatto che nell’uno si richiede un consapevole apporto positivo, morale o materiale, all’altrui proposito criminoso, suscettibile di manifestarsi anche in forma agevolatrice e valevole a garantire al correo una certa sicurezza o, anche implicitamente, una collaborazione su cui poter contare, mentre nell’altra è mantenuto, da parte dell’agente, un comportamento meramente passivo, inidoneo ad apportare un contributo causale alla realizzazione del fatto (Sez. 3, n. 544 del 12/12/2024, dep. 2025, COGNOME, Rv. 287403 -01; Sez. 3, n. 46231 del 14/11/2024, COGNOME, Rv. 287336 – 02).
Nel caso in esame, la condotta dell’imputato non si è risolta in un comportamento meramente passivo, ma è consistita nel fornire quanto meno un supporto logistico alla perpetrazione del furto di materiale ferroviario, attraverso il noleggio e la guida dell ‘auto utilizzata per raggiungere il luogo del delitto insieme al coimputato COGNOME, sicché essa è stata correttamente qualificata dai giudici di merito come concorso nel medesimo.
4.4. Il sesto motivo è infondato.
Il ricorrente ripropone la medesima censura concernente la mancata concessione delle attenuanti generiche e l’entità del trattamento sanzionatorio, già prospettata con i motivi di appello, senza confrontarsi adeguatamente con la motivazione adottata nel provvedimento impugnato.
Quanto al trattamento sanzionatorio, la Corte territoriale ha dato puntualmente conto degli indici di commisurazione di cui all’art. 133 cod. pen., richiamando in modo del tutto ragionevole la gravità della condotta, resa evidente dalla elevata offensività della condotta in quanto avente ad oggetto beni di consistente valore economico e destinati a pubblico servizio; elementi questi che di per sé giustificano la pena irrogata. La sua commisurazione si sottrae anche alle critiche di illogicità formulate dal ricorrente, che h a contestato l’irrogazione nei suoi confronti della medesima pena applicata al COGNOME. Invero, benché a costui sia stata riconosciuta l’aggravante della recidiva, essa tuttavia non è stata considerata nel calcolo del trattamento sanzionatorio (si veda pag. 28 della sentenza di primo grado).
In ordine alle circostanze attenuanti generiche, deve richiamarsi il pacifico orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo il quale l’applicazione delle medesime non costituisce un diritto conseguente all’a ssenza di elementi negativi connotanti la personalità del soggetto, ma richiede elementi di segno positivo, dalla cui assenza legittimamente deriva il diniego di concessione delle stesse ( ex plurimis Sez. 3, n. 24128 del 18/03/2021, Rv. 281590 -01). In altri termini, è la valutazione di meritevolezza che necessita di apposita motivazione dalla quale emergano, in positivo, gli elementi che sono stati ritenuti atti a giustificare la mitigazione del trattamento sanzionatorio; trattamento la cui esclusione risulta, per converso, adeguatamente motivata alla sola condizione che il giudice, a fronte di specifica richiesta dell’imputato volta all’ottenimento delle attenuanti in questione, indichi delle plausibili ragioni a sostegno del rigetto di detta richiesta, senza che ciò comporti tuttavia la stretta necessità della contestazione o della invalidazione degli elementi sui quali la richiesta stessa si fonda ( ex plurimis , Sez. 1, n. 29679 del 13/6/2011, COGNOME ed altri, Rv. 219891; Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549 – 02).
Inoltre, ai fini dell’assolvimento dell’obbligo della motivazione in ordine al diniego della concessione delle attenuanti generiche, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, potendo egli limitarsi a considerare, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può essere sufficiente in tal senso (Sez. 2, n. 3609 del 18/01/2011, Rv. 249163 -01).
Nella specie, con motivazione logica e adeguata, la Cort e d’appello ha escluso l’applicazione delle attenuanti generiche in ragione non solo della mancanza di risarcimento del danno da parte del ricorrente, ma altresì della gravità della
condotta posta in essere, evidenziata dalla articolata organizzazione del furto in danno delle Ferrovie delle Stato e del considerevole profitto ricavatone.
Al rigetto dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Così è deciso, 02/04/2025
Il Consigliere estensore Il Presidente
NOME COGNOME NOME COGNOME