Concorso in furto: basta distrarre la commessa per essere condannati
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i contorni della responsabilità nel concorso in furto, stabilendo che anche un comportamento apparentemente secondario, come quello di distrarre un addetto alle vendite, costituisce una piena partecipazione al reato. Questo principio emerge da una vicenda in cui un uomo, pur non avendo sottratto materialmente la merce, ha visto il suo ricorso dichiarato inammissibile, con conseguente condanna definitiva. Analizziamo la decisione per comprenderne le implicazioni pratiche.
I fatti di causa
Il caso riguarda un uomo condannato in appello per aver partecipato a un furto commesso dal fratello. Secondo la ricostruzione dei giudici di merito, basata su prove video, l’imputato aveva avuto un ruolo ben preciso: mentre il fratello si impossessava dei beni, lui si adoperava per distrarre la commessa del negozio. La sua condotta è stata descritta come un atteggiamento “singolare e subdolo”, tenuto nelle immediate vicinanze del luogo del furto, e ritenuto una forma di collaborazione evidente e necessaria per la riuscita del colpo. Contro questa decisione, l’uomo ha proposto ricorso in Cassazione.
La decisione della Cassazione sul concorso in furto
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno sottolineato che la valutazione dei fatti e delle prove, come le registrazioni video, è di competenza esclusiva dei tribunali di merito (primo grado e appello). La Cassazione, in qualità di giudice di legittimità, non può riesaminare le prove, ma solo verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza della motivazione.
Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva adeguatamente motivato sia la partecipazione dell’imputato al furto sia l’applicazione dell’aggravante della violenza sulle cose. Pertanto, tali accertamenti non potevano essere messi nuovamente in discussione in sede di legittimità.
Le motivazioni
Le motivazioni della Cassazione si fondano su punti chiari:
1. Collaborazione nel reato: La condotta di distrazione è stata considerata una forma di cooperazione essenziale al furto. Nel concorso in furto, non è necessario che tutti i complici compiano l’azione di spossessamento materiale del bene; è sufficiente fornire un contributo causale alla realizzazione dell’evento. L’atteggiamento “singolare e subdolo” è stato interpretato come una chiara manifestazione della volontà di partecipare all’azione criminosa.
2. Aggravante e attenuanti: La Corte ha confermato la corretta applicazione dell’aggravante della violenza sulle cose, ritenendola adeguatamente motivata dai giudici di merito. Allo stesso tempo, è stata rigettata la richiesta di riconoscere come prevalente l’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità (art. 62, n. 4, c.p.), in considerazione delle “caratteristiche intrinseche dei beni oggetto di furto”.
3. Inammissibilità e conseguenze: Ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, in questo caso fissata a 3.000 euro.
Le conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale in materia di concorso in furto: ogni contributo che agevola la commissione del reato, anche se non consiste nell’atto materiale di sottrazione, configura una piena responsabilità penale. Chi agisce da “palo” o, come in questo caso, distrae il personale di sorveglianza, è considerato un concorrente a tutti gli effetti. La decisione evidenzia anche i limiti del ricorso in Cassazione, che non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sui fatti, ma deve limitarsi a un controllo sulla legittimità della decisione impugnata.
È possibile essere condannati per concorso in furto anche senza aver materialmente sottratto la merce?
Sì. Secondo la Corte, la condotta di chi distrae la commessa mentre un complice ruba la merce costituisce una collaborazione evidente e una partecipazione piena al reato, sufficiente a giustificare una condanna.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha ritenuto che le motivazioni del ricorso mirassero a una nuova valutazione dei fatti e delle prove (come i video), un’attività che non rientra nelle sue competenze. La Cassazione può solo verificare la corretta applicazione della legge, non riesaminare il merito della vicenda, che era già stato motivatamente accertato nei gradi precedenti.
Quali sono le conseguenze economiche della dichiarazione di inammissibilità?
Quando un ricorso penale viene dichiarato inammissibile, il ricorrente è condannato per legge al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro a favore della Cassa delle ammende. In questo caso, l’importo è stato fissato in 3.000 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 26311 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 26311 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 08/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MESSINA il 11/06/1983
avverso la sentenza del 21/03/2025 della CORTE APPELLO di MESSINA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
N. 128)
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso proposto da NOME COGNOME avverso sentenza recante l’affermazione di responsabilità in ordine ai reati di furto ascritti è inammissibile, perché contenente censur
non consentite nel giudizio di legittimità, in quanto concernenti la ricostruzione e valutazione del fatto nonché l’apprezzamento del materiale probatorio, oltre al trattamento
sanzionatorio, profili del giudizio rimessi alla esclusiva competenza del giudice di merito, che ha fornito una congrua e adeguata motivazione, immune da censure di manifesta illogicità
perché basata su corretti criteri di inferenza, espressi in un ragionamento fondato su condivisibili massime di esperienza.
Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa del ricorrente, i giudici di merito hanno motivatamente accertato la responsabilità dell’imputato in ordine agli episodi di furto
oggetto di contestazione, sulla scorta dei video acquisiti, da cui è stato accertato che, seppure la materiale asportazione dei beni sia avvenuta ad opera del fratello dell’odierno prevenuto, ciò è avvenuto con la evidente collaborazione di COGNOME NOME, il quale in una occasione si adoperava distraendo la commessa e comunque si trovava nelle immediate vicinanze assumendo un atteggiamento singolare e subdolo. L’aggravante della violenza sulle cose è stata motivatamente applicata sulla base della condotta accertata, che non può essere rimessa in discussione in questa sede. Quanto al bilanciamento in prevalenza dell’attenuante di cui all’art. 62, n. 4, cod. pen., i giudici l’hanno motivatamente escluso alla luce de caratteristiche intrinseche dei beni oggetto di furto.
Segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di € 3.000,00 a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 8 luglio 2025