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Concorso in furto aggravato: la Cassazione decide

Un soggetto viene condannato per concorso in furto aggravato per aver messo a disposizione i propri conti correnti a un promotore finanziario che sottraeva fondi ai clienti. La Cassazione conferma la responsabilità penale, distinguendo il furto dall’appropriazione indebita, ma annulla la sentenza sulla pena per un errore di calcolo del giudice d’appello, rideterminandola direttamente.

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Pubblicato il 5 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concorso in Furto Aggravato: Analisi della Sentenza 28105/2024

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 28105 del 2024, offre importanti chiarimenti sul concorso in furto aggravato e sulla corretta qualificazione del reato commesso da un promotore finanziario ai danni dei suoi clienti. Il caso esaminato riguarda la condanna di un soggetto per aver fornito supporto logistico, attraverso i propri conti correnti, a un promotore infedele che sottraeva denaro ai risparmiatori.

I Fatti: Un Promotore Finanziario Infedele e il Complice

Il caso ha origine dalle azioni di un promotore finanziario che, approfittando della fiducia dei suoi clienti, trasferiva illecitamente somme di denaro dai loro conti a conti correnti esterni. Questi conti erano formalmente intestati a familiari e società riconducibili a un complice, l’odierno ricorrente. Quest’ultimo, secondo l’accusa, aveva messo a disposizione la propria operatività bancaria per permettere al promotore di far confluire il denaro sottratto e renderne più difficile il tracciamento.

L’imputato si è difeso sostenendo di essere all’oscuro delle attività illecite del promotore. A suo dire, credeva di partecipare a un sistema di prestiti vantaggioso per tutti: lui riceveva liquidità pagando un interesse inferiore a quello bancario, mentre i clienti del promotore ottenevano un rendimento superiore a quello degli investimenti ordinari. La Corte di Appello, tuttavia, ha confermato la condanna per diversi episodi di furto.

L’Iter Giudiziario e i Motivi del Ricorso

Contro la sentenza di secondo grado, l’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basato su tre motivi principali.

Primo Motivo: La Negazione del Concorso in Furto Aggravato

Il ricorrente ha contestato la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, ovvero la consapevolezza e la volontà di partecipare al furto. Ha definito illogica la motivazione della Corte d’Appello, sostenendo che l’uso di conti a lui riconducibili non fosse una modalità operativa valida per nascondere il denaro. A suo avviso, la sua tesi di un sistema di prestiti era più credibile.

Secondo Motivo: Furto o Appropriazione Indebita?

La difesa ha sostenuto che il reato, se mai commesso, dovesse essere riqualificato come appropriazione indebita e non come furto. Questo perché il promotore finanziario godeva di ampia autonomia e di una delega illimitata da parte dei clienti per operare sui loro conti. Di conseguenza, avendo già il possesso del denaro, non poteva sottrarlo (azione tipica del furto), ma al massimo appropriarsene indebitamente.

Terzo Motivo: L’Errata Determinazione della Pena

Infine, il ricorrente ha lamentato un errore nel calcolo della pena. Nonostante la Corte d’Appello lo avesse prosciolto da quattro capi d’imputazione, la pena complessiva era stata ridotta in modo irrisorio. Il giudice di secondo grado aveva giustificato ciò applicando un aumento minimo di un terzo per la continuazione, ritenendo erroneamente applicabile una norma sulla recidiva reiterata.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha analizzato distintamente i tre motivi di ricorso, giungendo a conclusioni diverse per ciascuno.

La Corte ha dichiarato inammissibili i primi due motivi. Riguardo al concorso in furto aggravato, i giudici hanno ribadito che la valutazione delle prove e la ricostruzione dei fatti sono di competenza esclusiva dei giudici di merito. La motivazione della Corte d’Appello è stata ritenuta logica e coerente nel desumere la consapevolezza dell’imputato da una serie di indizi convergenti: il numero elevato di bonifici, la mancanza di trasparenza e l’assenza di qualsiasi prova che potesse ricondurre le operazioni a un prestito o a un finanziamento.

Sul secondo motivo, la Cassazione ha confermato la corretta qualificazione del reato come furto aggravato. Citando un orientamento consolidato, ha spiegato che il funzionario di banca (o, come in questo caso, il promotore finanziario) che dispone del denaro depositato sul conto corrente di un cliente, in assenza di una delega specifica o violando i vincoli di essa, non commette appropriazione indebita ma furto. Il promotore, infatti, non ha il possesso autonomo delle somme, che rimangono nella disponibilità giuridica del correntista. Pertanto, l’atto di prelevarle senza autorizzazione costituisce una sottrazione.

Il terzo motivo è stato invece accolto. La Corte ha rilevato che il giudice d’appello aveva effettivamente commesso un errore di diritto nel calcolare la pena. La norma sulla recidiva, usata per giustificare un aumento minimo di un terzo, non era applicabile al caso di specie. In virtù del proscioglimento per quattro reati, la pena avrebbe dovuto essere diminuita in misura “corrispondente”. Pertanto, la Cassazione ha annullato la sentenza limitatamente al trattamento sanzionatorio e, potendo decidere nel merito senza necessità di ulteriori accertamenti, ha ricalcolato direttamente la pena, riducendola a un anno e otto mesi di reclusione e 340 euro di multa.

Le Conclusioni: Principio di Diritto e Implicazioni Pratiche

Questa sentenza ribadisce due principi fondamentali. In primo luogo, la linea di demarcazione tra furto e appropriazione indebita nel contesto bancario e finanziario: l’operatore che agisce al di fuori dei poteri conferitigli dal cliente sottrae i beni, non se ne appropria. In secondo luogo, sottolinea il dovere del giudice d’appello, in caso di proscioglimento parziale, di ridurre la pena in modo proporzionale ai reati venuti meno, senza poter ricorrere ad artifizi giuridici per mantenerla sostanzialmente invariata. La decisione di ricalcolare direttamente la pena da parte della Cassazione evidenzia inoltre l’applicazione del principio di economia processuale.

Quando un promotore finanziario che sposta i soldi dei clienti commette furto e non appropriazione indebita?
Secondo la sentenza, commette furto aggravato perché non ha il possesso autonomo del denaro, che resta nella disponibilità giuridica del correntista. L’atto di disporre delle somme senza una delega specifica o violando i vincoli imposti costituisce una sottrazione (furto) e non un’appropriazione di un bene già in suo possesso.

Fornire i propri conti correnti per far confluire denaro illecito è sufficiente per essere condannati per concorso in furto aggravato?
Sì, può essere sufficiente. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che la messa a disposizione dei conti correnti costituisse l’apporto materiale al reato. La consapevolezza di partecipare all’attività illecita (l’elemento psicologico del dolo) è stata desunta da vari indizi, come l’elevato numero di operazioni, la mancanza di trasparenza e l’assenza di una causale lecita come un prestito.

Se in appello si viene assolti da alcuni capi d’imputazione, la pena deve essere necessariamente ridotta in modo proporzionale?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che, in forza dell’art. 597, comma 4, c.p.p., il giudice d’appello deve diminuire la pena in misura “corrispondente” all’entità di quella applicata in primo grado per i reati dai quali l’imputato è stato prosciolto. Non può mantenere la pena quasi invariata giustificandola con un’errata applicazione di altre norme, come quella sulla recidiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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