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Concorso in frode informatica: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un’imputata condannata per concorso in frode informatica. La Corte chiarisce che fornire il proprio conto corrente per accreditare i proventi illeciti costituisce un contributo materiale e non meramente morale al reato, rendendo il titolare del conto un concorrente a tutti gli effetti. I motivi relativi alla carenza di motivazione e al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche sono stati giudicati manifestamente infondati.

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Pubblicato il 14 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concorso in Frode Informatica: Quando Fornire il Conto Corrente è Reato

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 45730/2024, ha fornito importanti chiarimenti sul concorso in frode informatica, stabilendo principi chiari sulla responsabilità di chi offre un contributo, anche apparentemente secondario, alla commissione del reato. La decisione analizza il caso di una persona che, mettendo a disposizione il proprio conto corrente per ricevere i proventi di un’attività illecita, è stata ritenuta a pieno titolo concorrente nel reato.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un’imputata contro una sentenza della Corte d’Appello di Napoli, che l’aveva condannata per il suo coinvolgimento in una frode informatica. La difesa sosteneva, tra le altre cose, un vizio di motivazione riguardo la natura del suo contributo, definito come un mero “concorso morale”, e non materiale. Inoltre, si lamentava la violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza e il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

L’analisi della Corte sul Concorso in Frode Informatica

La Cassazione ha respinto il primo motivo di ricorso, qualificandolo come manifestamente infondato. La Corte ha precisato che il contributo dell’imputata non era affatto morale, bensì materiale. Mettere a disposizione il conto corrente su cui far confluire il profitto della frode è un atto che contribuisce fattualmente al perfezionamento della condotta delittuosa.

I giudici hanno ribadito un principio fondamentale del diritto penale: la struttura unitaria del reato concorsuale implica che ogni compartecipe risponde per l’intero evento, sia per gli atti compiuti personalmente sia per quelli compiuti dai correi. Quando l’attività di un concorrente si inserisce con efficienza causale nell’azione complessiva, essa diventa parte inscindibile del reato. Pertanto, anche un contributo atipico, che non coincide con l’azione principale del reato (come l’alterazione del sistema informatico), è sufficiente a configurare il concorso materiale.

La Correlazione tra Accusa e Sentenza

Un altro punto affrontato dalla Corte riguarda la presunta violazione del principio di correlazione tra l’imputazione contestata e la sentenza. La difesa lamentava una modifica dei fatti. La Cassazione ha chiarito che si ha una mutazione giuridicamente rilevante del fatto solo quando vi è una trasformazione radicale degli elementi essenziali, tale da generare incertezza sull’oggetto dell’accusa e pregiudicare concretamente il diritto di difesa.

In questo caso, non è stata riscontrata alcuna violazione, data la stretta somiglianza strutturale tra il delitto di truffa e quello di frode informatica. Entrambi mirano a conseguire un ingiusto profitto, ma nel secondo caso l’attività fraudolenta è diretta verso un sistema informatico anziché verso una persona. Poiché l’imputata ha avuto piena possibilità di difendersi sull’oggetto dell’imputazione, il motivo è stato respinto.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile basandosi sulla manifesta infondatezza di tutti i motivi proposti. In primo luogo, ha stabilito che il contributo dell’imputata era di natura materiale, avendo fornito uno strumento essenziale (il conto corrente) per la finalizzazione del reato. Questo atto, inserito nel piano criminoso, è stato ritenuto un elemento causale determinante per la produzione dell’evento. Per quanto riguarda il diniego delle attenuanti generiche e della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis c.p., la Corte ha ritenuto adeguata la motivazione della Corte d’Appello, che si era basata sulla gravità oggettiva del fatto e sui precedenti penali dell’imputata. I giudici hanno sottolineato che, nel motivare tale diniego, non è necessario esaminare ogni singolo elemento favorevole, essendo sufficiente fare riferimento a quelli ritenuti decisivi.

Le Conclusioni

L’ordinanza ribadisce che chiunque fornisca un contributo causalmente rilevante alla realizzazione di un reato ne risponde a titolo di concorso, anche se la sua azione non corrisponde alla condotta tipica descritta dalla norma incriminatrice. Mettere a disposizione un conto corrente per incassare i proventi di una frode informatica è una forma di partecipazione materiale che integra pienamente la fattispecie del concorso. La pronuncia conferma inoltre la discrezionalità del giudice di merito nella valutazione delle attenuanti, purché la sua decisione sia supportata da una motivazione logica e coerente basata su elementi concreti come la gravità del fatto e la personalità dell’imputato.

Fornire il proprio conto corrente per ricevere i proventi di una frode informatica costituisce reato?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, mettere a disposizione il proprio conto corrente per far confluire il profitto di una frode costituisce un contributo materiale al reato, rendendo il titolare del conto un concorrente nel reato di frode informatica.

Qual è la differenza tra concorso materiale e concorso morale in un reato?
Il concorso materiale consiste in un contributo fattuale e tangibile alla commissione del reato (come fornire strumenti o, in questo caso, un conto corrente). Il concorso morale, invece, si manifesta attraverso l’istigazione o il rafforzamento della volontà criminosa altrui. La Corte ha classificato la condotta dell’imputata come concorso materiale.

Perché la Corte ha negato le attenuanti generiche all’imputata?
La Corte ha ritenuto legittimo il diniego delle attenuanti generiche basandosi su una valutazione complessiva che teneva conto della gravità oggettiva del fatto e dei precedenti penali dell’imputata, considerati elementi sufficienti a giustificare una tale decisione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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