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Concorso in falsificazione di ricette: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi di due imputati condannati per ricettazione e concorso in falsificazione di ricette mediche per ottenere un potente farmaco oppioide. Uno degli imputati era anche accusato di spaccio. La sentenza conferma che chi utilizza ricette false, in base a un accordo pregresso con chi le falsifica materialmente, risponde di concorso nel falso e non del meno grave reato di uso di atto falso. È stato inoltre negato il riconoscimento del fatto di lieve entità per lo spaccio, data l’organizzazione e la durata dell’attività illecita.

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Pubblicato il 18 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concorso in falsificazione di ricette: quando l’uso integra la complicità

Una recente sentenza della Corte di Cassazione penale ha affrontato un caso complesso relativo al concorso in falsificazione di ricette mediche, ricettazione e spaccio di sostanze stupefacenti. La decisione offre importanti chiarimenti sulla distinzione tra la complicità nel reato di falso e il semplice uso di un documento falsificato, oltre a delineare i criteri per la valutazione della lieve entità nei reati legati agli stupefacenti.

I Fatti di Causa

Il caso vedeva coinvolti due soggetti che, agendo in sinergia, si erano procurati e avevano utilizzato ricettari medici provento di furto o smarrimento. Uno degli imputati si occupava di falsificare materialmente le prescrizioni per un potente farmaco a base di ossicodone. Il secondo soggetto, pur non essendo l’autore materiale della falsificazione, utilizzava sistematicamente le ricette false per acquistare il medicinale in diverse farmacie, sia per consumo personale sia per permettere al complice di venderlo a terzi, anche all’estero.

I giudici di merito avevano condannato entrambi per i reati di ricettazione dei ricettari (art. 648 c.p.) e per il concorso in falsificazione di ricette (artt. 110, 477, 482 c.p.). L’autore materiale delle falsificazioni era stato condannato anche per detenzione e cessione di sostanze stupefacenti (art. 73 d.P.R. 309/90).

L’Analisi della Cassazione e i motivi di ricorso

Entrambi gli imputati avevano proposto ricorso in Cassazione. Il primo sosteneva di aver semplicemente utilizzato le ricette false fornitegli dal complice, condotta che, a suo dire, avrebbe dovuto essere inquadrata nel meno grave reato di uso di atto falso (art. 489 c.p.) e non nel concorso in falsificazione. Egli affermava di non aver partecipato alla fase di falsificazione.

Il secondo imputato, invece, chiedeva che il reato di spaccio gli fosse riconosciuto come ‘fatto di lieve entità’ (art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90), contestando la valutazione dei giudici di merito.

La Corte di Cassazione ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili, ritenendoli mere riproposizioni di argomenti già esaminati e respinti in appello. La Corte ha colto l’occasione per ribadire alcuni principi fondamentali.

Le Motivazioni della Decisione

Per quanto riguarda il primo ricorrente, la Corte ha sottolineato che il suo ruolo non si era limitato a un passivo utilizzo delle ricette. Al contrario, egli aveva dato ‘attuazione a un accordo pregresso’, agendo in sinergia con il complice per procurare il farmaco. Le sue azioni, come contattare le farmacie per verificare la disponibilità del prodotto, costituivano un contributo essenziale e un ‘sostegno morale’ all’autore materiale del falso. Questo accordo e la condotta sinergica hanno integrato gli estremi del concorso di persone nel reato, escludendo la possibilità di qualificare il fatto come semplice uso di atto falso. Il concorso morale, infatti, si configura quando una condotta rafforza un proposito criminoso già esistente, aumentandone le possibilità di successo.

In merito al secondo ricorso, la Cassazione ha confermato la correttezza della decisione della Corte d’Appello nell’escludere l’ipotesi della lieve entità. I giudici hanno valorizzato elementi come la durata prolungata dell’attività illecita (anni 2016, 2017 e 2018), l’approvvigionamento ‘massiccio’ del farmaco, l’utilizzo di ricettari di provenienza illecita e la destinazione del medicinale alla cessione a terzi, persino con esportazione negli USA. Questi fattori indicavano un’operatività criminale organizzata e non occasionale, incompatibile con la nozione di ‘lieve entità’.

Infine, la Corte ha confermato la sussistenza del dolo eventuale per il reato di ricettazione dei ricettari. Secondo i giudici, gli imputati, utilizzando ricettari originali ma non compilati, non potevano non rappresentarsi la concreta possibilità che tali documenti provenissero da un delitto, accettandone il rischio.

Conclusioni

La sentenza in esame consolida importanti principi in materia di concorso di persone nel reato e di reati legati agli stupefacenti. In primo luogo, chiarisce che la partecipazione a un piano criminoso, anche senza eseguire materialmente l’azione tipica, configura il concorso pieno nel reato se si fornisce un contributo causale, anche solo sotto forma di rafforzamento del proposito altrui. In secondo luogo, ribadisce che la valutazione della ‘lieve entità’ per i reati di spaccio deve basarsi su un’analisi complessiva della condotta, considerando modalità, mezzi, personalità dell’agente e contesto, e non può essere concessa in presenza di un’attività strutturata e protratta nel tempo.

Quando l’utilizzo di una ricetta falsificata da un altro integra il concorso in falsificazione e non il semplice reato di uso di atto falso?
L’uso di una ricetta falsa integra il concorso in falsificazione quando l’utilizzatore agisce sulla base di un accordo pregresso con l’autore materiale della falsificazione e la sua condotta fornisce un contributo causale alla realizzazione del reato, anche solo sotto forma di sostegno morale che rafforza il proposito criminoso del complice.

Perché il reato di spaccio non è stato considerato di ‘lieve entità’ in questo caso?
La Corte ha escluso la ‘lieve entità’ perché l’attività illecita era sistematica e non occasionale. Gli elementi decisivi sono stati: la durata prolungata nel tempo (diversi anni), l’approvvigionamento massiccio del farmaco, l’uso di mezzi illeciti (ricettari rubati) e l’esportazione della sostanza all’estero, che delineavano un quadro di notevole offensività.

Come viene valutato l’elemento psicologico nel reato di ricettazione dei ricettari medici?
Nel reato di ricettazione dei ricettari, l’elemento psicologico può essere integrato anche dal ‘dolo eventuale’. Ciò significa che non è necessaria la certezza della provenienza illecita dei ricettari, ma è sufficiente che l’agente si sia rappresentato la concreta possibilità che provenissero da un delitto e ne abbia accettato il rischio, proseguendo nella propria condotta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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