Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 20329 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 20329 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/04/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a PARTINICO il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/06/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG, in persona del AVV_NOTAIO COGNOME, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 27 giugno 2023, la Corte di appello di Palermo ha confermato la sentenza pronunciata il 1’11 marzo 2021 – all’esito di giudizio abbreviato – dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Palermo nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Con la sentenza confermata in appello, NOME COGNOME è stato ritenuto responsabile del reato di cui agli artt. 110, 81, comma 2, e 648 cod. pen. (capo 1) e del reato di cui agli artt. 110, 81, comma 2, 477, 482 cod. pen. (capo 2). Ritenuta la continuazione tra questi reati, COGNOME è stato condannato alla pena di anni due di reclusione ed C 500,00 di multa, previa concessione delle attenuanti generiche, operata la riduzione conseguente alla scelta del rito.
La sentenza confermata in appello ha ritenuto NOME COGNOME responsabile: del reato di cui agli artt. 110, 81, comma 2, e 648 cod. pen. (capo 1); del reato di cui agli artt. 110, 81, comma 2, 477, 482 cod. pen. (capo 2); del reato di cui agli artt. 110, 81, comma 2, cod. pen. e 73 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 (detenzione a fine di cessione a terzi di più confezioni del farmaco Oxicontyn) (capo 3); del reato di cui agli artt. 110, 81, comma 2, cod. pen. e 73 d.P.R. n. 309/90 (vendita di più confezioni del medesimo farmaco a NOME COGNOME) (capo 4). Ritenuta la continuazione tra questi reati e operata la diminuzione di pena conseguente alla scelta del rito, COGNOME è stato condannato alla pena di anni quattro di reclusione ed C 20.000 di multa.
Secondo la ricostruzione fornita dai giudici di merito, avvalendosi della collaborazione di NOME, COGNOME utilizzava e falsificava ricettari rubati medici di famiglia o da questi smarriti per approvvigionarsi di Oxycontin (medicinale contenente ossicodone che è una sostanza inserita nelle tabelle allegate al d.P.R. n. 309/90; in specie, nella tabella I). Così operando, COGNOME e NOME si procuravano ossicodone che NOME consumava e COGNOME deteneva a fini di cessione a terzi. Parte delle confezioni così acquistate fu ceduta, dietro corrispettivo, a NOME COGNOME (residente negli USA). Il farmaco fu inviato NOME per posta o con l’aiuto di conoscenti e familiari che andavano a trovarlo. In più occasioni, dal 30 aprile 2016 al 28 gennaio 2017, tramite Western Union, NOME eseguì pagamenti in favore di COGNOME per un importo complessivo superiore ai 3.000 euro.
Contro la sentenza della Corte di appello, COGNOME e COGNOME hanno proposto tempestivo ricorso per mezzo dei rispettivi difensori, cui hanno conferito apposito mandato ai sensi dell’art. 581, comma i quater, cod. proc. pen.
Il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME consta di un unico motivo. Il ricorrente deduce violazione di legge e vizi di motivazione. Si duole che i fatti di cui al capo 3) non siano stati ricondotti nell’abito operativo della ipot lieve entità prevista dall’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/90. La difesa sostiene che tale diversa qualificazione sarebbe stata doverosa e rileva che la sentenza impugnata ha omesso di motivare sul punto.
Il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME COGNOME in du motivi.
5.1. Col primo motivo, la difesa deduce violazione di legge e vizi di motivazione per essere stato ritenuto il concorso di COGNOME nella falsificazione delle ricette contestata al capo 2). Secondo la difesa, la sentenza impugnata non avrebbe indicato le ragioni per le quali NOME avrebbe concorso nella falsificazione, materialmente realizzata da COGNOME, e avrebbe immotivatamente attribuito a COGNOME un ruolo di concorrente morale. Il difensore rileva che, come la sentenza impugnata riconosce, NOME si limitò a fare uso delle ricette falsificate dopo che la falsificazione era avvenuta e sostien che tale condotta non integra un concorso nel reato di cui all’art. 477, 482 cod. pen., ma potrebbe avere rilevanza ai sensi dell’art. 489 cod. pen.
5.2. Col secondo motivo, la difesa lamenta violazione di legge e difetto di motivazione per essere stato ritenuto il concorso di NOME nella ricettazione contestata al capo 1). La difesa ricorda che, secondo la sentenza impugnata, fu COGNOME a ideare l’operazione e a falsificare le ricette e il concorso di NOME nella ricettazione è stato desunto, ancora una volta, dall’utilizzazione che egli fec delle ricette falsificate. La difesa si duole che tale unica condotta illecita sia illogicamente ritenuta idonea a integrare più fattispecie incriminatrici. Deduce inoltre, difetto di motivazione quanto alla sussistenza dell’elemento psicologico del reato di ricettazione sottolineando che COGNOME riceveva le ricette falsificate COGNOME.
Con memoria scritta tempestivamente depositata il AVV_NOTAIO generale ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi di ricorso non superano il vaglio di ammissibilità.
2. Il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME si riferisce al solo reato di cui al capo 3) e quindi alla detenzione, al fine di cessione a terzi, di confezioni del farmaco Oxicontyn (avvenuta negli anni 2016, 2017 e 2018). La difesa si duole che questi fatti non siano stati qualificati come violazio dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/90 e sostiene che la Corte territoriale non avrebbe fornito motivazione su questo punto ancorché la questione fosse stata proposta nell’atto di appello.
Le Sezioni unite di questa Corte, con la sentenza n. 51063 del 27/09/2018, Murolo, Rv. 274076, hanno individuato i principi ermeneutici cui ci si deve attenere nell’applicare l’ipotesi di lieve entità prevista dall’art. 73, comma 5, d.P n. 309/90 e hanno sottolineato che tale valutazione deve essere compiuta in concreto, tenendo conto non solo del dato qualitativo e quantitativo, ma anche della personalità dell’indagato, dei mezzi, delle modalità e delle circostanze dell’azione. Come la sentenza in esame ha opportunamente chiarito (pag. 16 della motivazione): «ritenere che la valutazione degli indici di lieve entità elencati d comma 5 dell’art. 73 debba essere complessiva, significa certamente abbandonare l’idea che gli stessi possano essere utilizzati dal giudice alternativamente riconoscendo o escludendo la lieve entità del fatto anche in presenza di un solo indicatore di segno positivo o negativo, a prescindere dalla considerazione degli altri». Implica però, allo stesso tempo, «che tali indici non debbano tutt indistintamente avere segno positivo o negativo» e possano instaurarsi tra gli stessi rapporti di compensazione o neutralizzazione idonei a consentire un giudizio unitario sulla concreta offensività del fatto anche quando le circostanze che lo caratterizzano risultano prima facie contraddittorie.
La sentenza impugnata ha fatto buon governo di questi principi di diritto perché, nell’escludere la lieve entità del fatto, ha compiuto una completa valutazione del caso concreto. Ha sottolineato, infatti: che l’imputato s approvvigionava di Oxycontin in modo massiccio e lo fece per un lungo lasso di tempo; che, per farlo, egli si procurò in più occasioni ricettari di provenienza illec (perché smarriti o rubati); che il medicinale acquistato era destinato alla cessione a terzi e fu esportato negli USA; che nell’abitazione dell’imputato furono rinvenute 28 compresse di Oxycontin contenenti una quantità non modica di ossicodone. Si tratta di una motivazione completa, non contraddittoria e non manifestamente illogica che non può essere censurata in questa sede di legittimità perché, facendo applicazione dei principi di diritto che regolano la materia, esclude la lieve enti del fatto valutando in concreto le modalità della condotta e la personalità dell’imputato. Il ricorrente non si confronta con queste argomentazioni e si limita a sostenere, in termini apodittici, che si tratterebbe di una motivazione carente. Ne consegue l’aspecificità e, quindi, l’inammissibilità del ricorso (tra le tante: Se
2, n. 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970; Sez. 3, n. 3953 del 26/10/2021, dep. 2022, Berroa Telleria Rv. 282949 ).
I motivi di ricorso proposti nell’interesse di NOME COGNOME son reiterativi dei motivi già proposti in grado di appello. Nel riproporli, il ricor non si confronta in termini specifici con l’iter logico-giuridico seguito dai giudi merito e finisce così per invocare una inammissibile considerazione alternativa del compendio probatorio e una rivisitazione del potere discrezionale riservato al giudice di merito in punto di valutazione della prova.
La sentenza impugnata ha ritenuto il concorso di COGNOME nei reati di falso e ricettazione sottolineando: che egli utilizzò ricette originali compilate c generalità altrui al fine di acquisire un farmaco del quale non aveva bisogno per ragioni medico-sanitarie, ma assumeva per soddisfare la propria dipendenza; che egli non si limitò a utilizzare le ricette falsificate che COGNOME gli forniva operò in sinergia col coimputato per procurare il farmaco non solo a lui, ma anche a se stesso; che, agendo in tal modo e telefonando alle farmacie per accertarsi della disponibilità di Oxycontyn, COGNOME fornì sostegno morale al coimputato, autore materiale della falsificazione, e favorì la sua condotta.
Secondo le sentenze di merito – che possono essere lette congiuntamente e costituiscono un unico complessivo corpo decisionale (Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257595) – le ricette erano compilate da COGNOME e di ciò NOME era consapevole, come era consapevole che un medico non gli avrebbe prescritto ossicodone. Recandosi a più riprese in farmacie diverse ad acquistare il medicinale, dunque, COGNOME non si limitò ad utilizzare le false ricette predisposte d COGNOME, ma dette attuazione a un accordo pregresso, concordando col complice quando procedere alla falsificazione e come utilizzare la ricetta falsificata
La motivazione è congrua, scevra da profili di contraddittorietà o manifesta illogicità e fa buon governo dei principi di diritto che regolano la materia.
Si osserva in proposito:
in primo luogo, che «il delitto di falsità materiale commessa dal privato i certificati o autorizzazioni amministrative (artt. 477 e 482 cod. pen.) si consuma con la semplice formazione del documento falso e non, come nel caso di falso in scrittura privata, con l’uso del documento falsificato» (Sez. 5, n. 15470 del 12/01/2018, COGNOME, Rv. 272681; Sez. 5, n. 47029 del 22/09/2011, NOME, Rv. 251447);
in secondo luogo, che il reato di uso di atto falso (art. 489 cod. pen.), pu essere ipotizzato soltanto quando l’agente non abbia concorso nella falsità ovvero
quando il concorso non sia punibile (Sez. 5, n. 42907 del 08/07/2014, Leotta, Rv. 260680; Sez. 5, n. 41666 del 16/07/2014, Okafor, Rv. 262113);
infine, che il concorso morale in un reato può configurarsi ogniqualvolta una condotta sia idonea a rafforzare e rendere definitivo un proposito criminoso già esistente ma non ancora consolidato, in modo da aumentare la possibilità di commissione del reato e su questo tema la sentenza impugnata ha fornito congrua motivazione sottolineando che COGNOME sapeva di potersi avvalere di COGNOME per l’uso delle ricette falsificate e per l’acquisto dei farmaci.
Per quanto riguarda l’elemento psicologico del reato di ricettazione, basta ricordare che, un orientamento ormai consolidato, ritiene configurabile il dolo di questo reato, sotto forma di dolo eventuale, quando l’agente si sia rappresentato la concreta possibilità della provenienza della cosa da delitto (Sez. U, n. 12433 del 26/11/2009, dep. 2010, COGNOME, Rv. 246324; Sez. 1, n. 27548 del 17/06/2010, Screti, Rv. 247718) e la Corte di appello ha ampiamente motivato in proposito. La sentenza impugnata ha sottolineato infatti che, per predisporre le false ricette, furono utilizzati ricettari originali forniti dalla Regione Sicilia sicché v’ concreta probabilità che quei ricettari fossero provento di delitto. Ponendosi in questa prospettiva la sentenza impugnata ha anche osservato (pag. 6) che, per loro natura, le ricette non ancora compilate sono documenti che solo un medico può legittimamente detenere e tale motivazione non appare illogica né contraddittoria.
La difesa si duole che sia stato ritenuto il concorso formale tra il reato d ricettazione e quello di cui agli artt. 477, 482 cod. pen., ma il motivo non ha pregio Secondo la ricostruzione fornita dai giudici di merito, infatti, la falsificazio riferiva a ricette non compilate ed avveniva in un momento successivo a quello in cui COGNOME e COGNOME entravano in possesso del ricettario sicché si tratta di condotte diverse sotto il profilo strutturale e cronologico, tra le quali non p configurarsi un rapporto di specialità (si veda, con riferimento alla falsificazione moduli per carte di identità rubati in bianco, Sez. 2, n. 15681 del 22/03/2016, COGNOME, Rv. 266556; Sez. 2, n. 48294 del 26/11/2015, COGNOME, Rv. 265280).
All’inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000 e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che i ricorrenti non versassero in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, deve essere disposto a carico di ciascuno di loro, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere di versare la somma di C 3.000,00 in favore
della Cassa delle ammende, somma così determinata in considerazione delle ragioni di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento d spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso il 10 aprile 2024
Il Consigli tensore
Il Presidente