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Concorso in falsa testimonianza: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 42500/2024, ha confermato la condanna di un uomo per calunnia e concorso in falsa testimonianza. L’imputato aveva istigato una conoscente a dichiarare il falso per crearsi un alibi, mentre lui sporgeva denuncia contro la ex moglie. La Corte ha rigettato il ricorso, ribadendo la piena configurabilità del concorso morale nel delitto di falsa testimonianza e dichiarando inammissibili i motivi di ricorso basati su una rivalutazione dei fatti o proposti per la prima volta in sede di legittimità.

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Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concorso in Falsa Testimonianza: Chi Istiga Paga Come Chi Mente

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 42500 del 2024, ha affrontato un caso emblematico di concorso in falsa testimonianza, stabilendo principi chiari sulla responsabilità di chi istiga altri a mentire in tribunale. La decisione conferma che il suggeritore di una falsa deposizione è responsabile tanto quanto il testimone stesso, consolidando un orientamento giurisprudenziale di fondamentale importanza per la correttezza del processo penale. Questa pronuncia offre spunti cruciali sull’inammissibilità dei ricorsi basati su mere rivalutazioni dei fatti e sulla non applicabilità di certi benefici se non richiesti nei gradi di merito.

I Fatti del Processo

La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna di un uomo, sia in primo grado che in appello, per due gravi reati: calunnia ai danni della sua ex coniuge e concorso in falsa testimonianza. Secondo l’accusa, l’imputato aveva falsamente accusato la donna di un reato e, per sostenere la propria posizione in un altro contesto, aveva convinto una conoscente a testimoniare il falso. La testimone aveva dichiarato che l’uomo si trovava in sua compagnia in un determinato giorno e orario, fornendogli di fatto un alibi. Tuttavia, le indagini avevano dimostrato inequivocabilmente, attraverso la documentazione acquisita presso una stazione dei Carabinieri, che in quel preciso lasso di tempo l’imputato si trovava altrove a sporgere denuncia proprio contro la ex moglie.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione basato su otto distinti motivi. Le censure spaziavano dalla presunta insussistenza dei reati di calunnia e falsa testimonianza, alla violazione del diritto di difesa, fino a vizi di motivazione della sentenza d’appello. In particolare, si contestava la configurabilità del concorso in falsa testimonianza, sostenendo che l’uomo non avesse avuto un ruolo di istigatore. Inoltre, il ricorso lamentava la mancata applicazione dell’art. 384 c.p. (causa di non punibilità per chi ha commesso il fatto per salvare un prossimo congiunto da un grave nocumento) e dell’art. 131-bis c.p. (particolare tenuità del fatto).

L’Analisi della Corte sul Concorso in Falsa Testimonianza

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso complessivamente infondato, rigettando la maggior parte dei motivi per inammissibilità. Molte delle censure, infatti, miravano a una ‘rilettura’ degli elementi di fatto, un’operazione preclusa al giudice di legittimità, il cui compito è verificare la logicità e la coerenza della motivazione, non sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di merito.

Il cuore della decisione si concentra sul terzo motivo di ricorso, l’unico a superare il vaglio di ammissibilità, relativo proprio al concorso in falsa testimonianza. La Cassazione ha ribadito con fermezza che il concorso morale in questo delitto è pienamente configurabile secondo le regole generali dell’art. 110 c.p. Chi determina o rafforza il proposito di un testimone di dichiarare il falso risponde del reato al pari dell’autore materiale. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto congrua e logica la motivazione dei giudici di merito, che avevano individuato nell’imputato l’ispiratore della falsa deposizione, basandosi sul rapporto esistente tra lui e la testimone e sulla prova documentale che smentiva l’alibi.

Le Motivazioni

La Cassazione ha chiarito che la responsabilità a titolo di concorso morale non richiede una prova diretta dell’istigazione, ma può essere desunta da elementi logici e fattuali, come il legame tra le parti e l’interesse diretto del concorrente alla falsa deposizione. La falsità della testimonianza era stata provata ‘documentalmente’ attraverso il verbale di denuncia, rendendo la valutazione dei giudici di merito incensurabile in sede di legittimità.

Per quanto riguarda gli altri motivi, la Corte li ha liquidati come inammissibili. In particolare, la richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) è stata respinta perché non era stata sollevata in appello. La Cassazione ha ricordato che, a regime normativo consolidato, tale questione implica una valutazione di fatto sulla personalità dell’imputato e sulla gravità della condotta che non può essere effettuata per la prima volta in sede di legittimità.

Le Conclusioni

La sentenza n. 42500/2024 consolida principi fondamentali del diritto penale e processuale. In primo luogo, riafferma che la responsabilità penale per falsa testimonianza non si limita a chi materialmente depone, ma si estende a chiunque abbia un ruolo, anche solo morale, nell’ideazione e nell’esecuzione della menzogna processuale. In secondo luogo, traccia un confine netto tra il giudizio di merito e quello di legittimità, sottolineando che la Cassazione non è un ‘terzo grado’ dove poter ridiscutere i fatti. Infine, la decisione serve da monito sull’importanza di sollevare tutte le questioni rilevanti, incluse quelle relative a cause di non punibilità, nei gradi di merito, pena l’impossibilità di farle valere successivamente. La condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali e al risarcimento della parte civile chiude definitivamente la vicenda, riaffermando il disvalore di condotte che minano la credibilità e il corretto funzionamento della giustizia.

Una persona può essere condannata per concorso in falsa testimonianza anche se non è lei a deporre in tribunale?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che il concorso morale nel delitto di falsa testimonianza è pienamente configurabile. Chi istiga, determina o rafforza il proposito di un’altra persona a rendere una falsa testimonianza risponde del reato al pari del testimone stesso.

È possibile chiedere l’applicazione della causa di non punibilità per ‘particolare tenuità del fatto’ (art. 131-bis c.p.) per la prima volta in Cassazione?
No. La Corte ha stabilito che tale questione, implicando una valutazione di fatto sulla personalità dell’imputato e sulla gravità della condotta, non può essere dedotta per la prima volta in sede di legittimità se non è stata previamente devoluta al giudice di merito (in appello).

Cosa succede se un ricorso in Cassazione si limita a contestare la valutazione delle prove fatta dal giudice di appello?
Un ricorso di questo tipo viene dichiarato inammissibile. La Corte di Cassazione ha il compito di verificare la correttezza giuridica e la logicità della motivazione della sentenza impugnata, non di effettuare una nuova ‘rilettura’ o una diversa valutazione degli elementi di fatto, che è di esclusiva competenza dei giudici di merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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