Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 25358 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 25358 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI CATANZARO nel procedimento a carico di:
NOME nato a VIBO VALENTIA il 14/02/1988,
avverso la sentenza del 06/03/2024 della CORTE APPELLO di CATANZARO visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
lette le conclusioni scritte del difensore dell’imputato COGNOME COGNOME, Avv. NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe e per quel che rileva in questa sede, la Corte di appello di Catanzaro, parzialmente riformando la sentenza del Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Catanzaro, emessa il 12 luglio 2019, ha assolto l’imputato COGNOME NOME dal reato di tentata estorsione aggravata in concorso di cui al capo H per non avere commesso il fatto.
Ricorre per cassazione il Procuratore generale presso la Corte di appello di Catanzaro, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alle ragioni della assoluzione.
La parte pubblica ricorrente sostiene che la sentenza avrebbe erroneamente ritenuto che l’imputato, collaboratore di giustizia, non aveva offerto il proprio contributo ad una richiesta estorsiva di stampo mafioso indirizzata verso la vittima (NOME COGNOME) e volta d ottenere una somma di danaro per la sua attività economica connessa all’esercizio di un distributore di carburante.
In realtà, COGNOME NOME era stato incaricato dall’associazione mafiosa capeggiata da COGNOME COGNOME di formulare la richiesta estorsiva e la vittima era stata contattata dallo zio dell’imputato, COGNOME NOME, avvisato dal nipote; ciò non escluderebbe la partecipazione al reato da parte di quest’ultimo e la direzione dell’azione verso il compimento della estorsione, indipendentemente dalla partecipazione dell’imputato ad atti intimidatori perpetrati dai complici e dalla circostanza che il COGNOME NOME aveva riferito al nipote di dire al NOME COGNOME che la vittima non “andava toccata”.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché proposto con motivo manifestamente infondato. 1.Dalla lettura dell’interrogatorio reso dall’imputato in data 27 giugno 2018 ed allegato al ricorso insieme alle sue dichiarazioni spontanee rese all’udienza del 6 marzo 2024, non si evidenzia alcun travisamento della prova da parte della Corte di appello.
Risulta, infatti, conformemente a quanto ritenuto dalla sentenza impugnata, che l’imputato, consapevole che la vittima della estorsione era “controllata” dal di lui zio e capomafia COGNOME NOMECOGNOME aveva informato quest’ultimo della intenzione di NOME COGNOME di commettere una estorsione in danno della persona offesa, provvedendo successivamente a riferire a NOME COGNOME che, per volere dello zio, tale estorsione non andava compiuta.
Tale circostanza non aveva dissuaso il COGNOME il quale, senza incaricare l’imputato – ed anzi, come risulta da una intercettazione indicata dalla Corte,
convincendosi che era meglio escluderlo per evitare che riferisse la cosa a
COGNOME NOME – aveva commesso un atto intimidatorio in danno della vittima.
Ne consegue che COGNOME COGNOME come da egli dichiarato nell’ambito di una estesa collaborazione con la giustizia, ad ampio spettro valorizzata dal Tribunale
nella sentenza di primo grado, non aveva contribuito moralmente al compimento della estorsione, secondo quanto ritenuto dalla Corte territoriale, in quanto si era
limitato ad informare il proprio zio NOME NOME di un proposito estorsivo altrui
(ben sapendo che la vittima era sotto il controllo dello zio e per evitare faide interne tra le fazioni criminali) e riferendo agli autori del successivo attentato che
l’estorsione non andava fatta, circostanza che aveva giustificato la sua esclusione dall’attentato dinamitardo contro la vittima effettuato dagli estorsori (Soriano e
consorti), a conferma che costoro sapevano che COGNOME NOME era contrario all’estorsione.
Nel che, conformemente alle conclusioni adottate anche dal Procuratore generale di udienza, l’inammissibilità del ricorso per assenza di travisamento della prova.
P.Q. m.
Dichiara inammissibile il ricorso. Così deciso, il 27/05/2025.