Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 1915 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 1915 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 03/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
Sposato NOME COGNOME nato in Russia il 18/11/1999
avverso l’ordinanza del 4/6/2024 del Tribunale di Catanzaro visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo di dichiarare l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 4 giugno 2024 il Tribunale di Catanzaro ha confermato il provvedimento emesso il 17 aprile 2024 dal Giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale, con cui a NOME COGNOME è stata applicata la misura cautelare degli arresti domiciliari in relazione al delitto di estorsione.
Avverso l’anzidetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, che ha dedotto i seguenti motivi.
2.1. Violazione di legge e vizi della motivazione con riferimento alla valutazione della sussistenza della provvista indiziaria necessaria a configurare a carico del ricorrente il concorso nel reato di estorsione. Il Tribunale avrebbe errato nella ricostruzione del fatto, atteso che il ricorrente si era limitato ad assistere casualmente all’ennesimo pestaggio da parte di NOME COGNOME ai danni di NOME COGNOME senza essere consapevole delle ragioni dell’azione dell’Il gennaio 2024.
2.2. Violazione di legge e vizi della motivazione con riguardo alla qualificazione giuridica del fatto. Le condotte di intimidazione, benché perpetrate nei confronti della medesima vittima, sarebbero da considerarsi autonome ipotesi di reato sia perché poste in essere in periodi e con modalità differenti sia perché dirette ad ottenere somme diverse, per come si evincerebbe già dal capo di imputazione. L’ll gennaio 2021, non essendo stata effettuata alcuna consegna di denaro e non essendo stata sottratta l’autovettura, potrebbe configurarsi, con riferimento alla posizione del ricorrente, solo il concorso in un tentativo di estorsione.
2.3. Violazione di legge e vizi della motivazione in relazione alla sussistenza delle esigenze cautelari. Il Tribunale non avrebbe considerato lo stato di totale incensuratezza dell’indagato, l’assenza di legami con ambienti criminali, l’episodicità della condotta e il tempo trascorso dai fatti (3 anni).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere rigettato.
Deve ribadirsi che, in tema di impugnazione delle misure cautelari personali, il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica e i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628 – 01; Sez. 6, n. 11194 dell’8/3/2012, COGNOME, Rv. 252178 – 01).
Correlativamente, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, il vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale, a questa Corte spetta solo il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni della decisione e di controllare la congruenza
della motivazione rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie.
Alla luce di tali coordinate ermeneutiche deve rilevarsi che il primo motivo non rientra tra quelli consentiti.
Il Tribunale ha affermato che dalle intercettazioni era emerso che l’11 gennaio 2021, allorquando NOME COGNOME aveva percosso NOME COGNOME il ricorrente, unitamente a NOME COGNOME, aveva partecipato attivamente al pestaggio, avendo intimato alla persona offesa di corrispondere la somma di denaro, di cui risultava debitrice nei confronti di COGNOME per la fornitura di sostanza stupefacente, e sottratto allo stesso l’autovettura, poi restituita. Dalle conversazioni era risultato anche che l’indagato aveva svolto il ruolo di compartecipe nella consapevolezza delle ragioni del debito maturato dalla persona offesa, oggetto di ripetute e pesanti iniziative aggressive e minatorie ben ricordate nell’ordinanza in disamina.
Da questa ricostruzione emerge chiaramente – come rimarcato nel provvedimento impugnato – che l’indagato non era un mero convivente, in quanto aveva dato il suo contributo materiale e morale nel corso del secondo pestaggio in danno di NOME COGNOME, avendo intimato il pagamento della somma ed essendosi occupato materialmente del prelievo dell’autovettura del debitore, così avendo anche agevolato la realizzazione della condotta illecita.
La motivazione dell’ordinanza appare, quindi, esente da vizi logici e giuridici e in linea con i principi affermati da questa Corte, secondo cui, ai fini della configurabilità del concorso di persone nel delitto di estorsione è sufficiente anche la semplice presenza, purché non meramente casuale, sul luogo dell’esecuzione del reato, quando sia servita a fornire all’autore del fatto stimolo all’azione o maggior senso di sicurezza nel proprio agire, palesando chiara adesione alla condotta delittuosa (Sez. 2, n. 28895 del 13/07/2020, COGNOME, Rv. 279807 01).
Di contro, le doglianze del ricorrente sono tese a ottenere una rivalutazione di elementi già presi adeguatamente in considerazione dal Giudice della cautela, riducendosi ad una mera contestazione delle risultanze emerse, senza la prospettazione di elementi puntuali, precisi e di immediata valenza esplicativa, tali da dimostrare un’effettiva carenza motivazionale su punti decisivi.
Quanto al secondo motivo va rilevato che dalla ricostruzione dei fatti, come indicata nel provvedimento impugnato, non è emersa la dazione della somma di denaro da parte della persona offesa, così che – allo stato – deve ritenersi che l’azione si è arrestata alla fase del tentativo di estorsione, non essendo stato
acquisito l’ingiusto profitto cui era tesa la condotta violenta, posta in essere ai danni di NOME COGNOME
Deve precisarsi che la ritenuta diversa qualificazione del reato fine (da consumato a tentato) non può avere valenza annullatoria, atteso che non influisce né sul quadro indiziario, per come illustrato dal Tribunale, non comportando una modifica dei fatti presi in considerazione, né sulle ritenute esigenze cautelari, che fanno perno precipuamente sulla gravità delle modalità del fatto e del contesto in cui la condotta si è inserita. Né la diversa cornice editale, prevista per il reato tentato, osta all’applicabilità di una misura cautelare.
Quanto alle esigenze cautelari, il Tribunale di Catanzaro, contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, si è ampiamente soffermato sulle ragioni relative all’attualità e alla concretezza del pericolo di recidiva, avendo valorizzato le allarmanti circostanze e modalità del fatto e l’assenza di elementi idonei a provare l’effettivo, irreversibile allontanamento dell’indagato dall’ambiente criminale, in cui erano maturate le vicende illecite, e dai fattori causali dei suoi illeci comportamenti.
Con tale apparato giustificativo il ricorrente non si è adeguatamente confrontato, posto che, nella sostanza, si è limitato a ribadire quanto già dedotto dinanzi al Tribunale ovvero ha contestato in maniera assertiva il ragionamento articolato dal Giudice del riesame, senza però evidenziare profili di effettiva illogicità.
Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, secondo quanto previsto dall’art. 616, comma 1, cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 3 dicembre 2024.