Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 23385 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 23385 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/06/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME nato a FRAGAGNANO il 28/01/1973 NOME nato a MANDURIA il 12/02/1984 NOME nato a ANDRIA il 02/05/1981 avverso la sentenza del 29/10/2024 della CORTE APPELLO DI LECCE- SEZ.DIST.
di TARANTO
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona della Sostituta Procuratrice generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata limitata mente alla sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 628 comma 3 cod. pen. con rinvio per la determinazione della pena e rigettarsi nel resto i ricorsi;
udito il difensore di NOME COGNOME Avv. NOME COGNOME NOME COGNOME il quale si è associato alle conclusioni del PG relative all’aggravante delle più persone riunite e si è riportato ai motivi di ricorso, di cui ha chiesto l’accoglimento;
udito il difensore di NOME COGNOME Avv. NOME COGNOME il quale si è associato alle conclusioni del PG relative all’aggravante delle più persone riunite e si è riportato ai motivi di ricorso, di cui ha chiesto l’accoglimento
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Lecce- Sezione distaccata di Taranto, con sentenza del 29 ottobre 2024, rideterminava la pena inflitta a NOME COGNOME e confermava la sentenza di primo grado con la quale NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME erano stati condannati per il reato di tentata estorsione aggravata; avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il difensore di NOME COGNOME eccependo:
1.1 contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con riferimento alla commissione da parte dell’imputato del delitto a lui ascritto: sia NOME COGNOME che il fratello NOME COGNOME erano stati mossi dalla mera volontà di perseguire esclusivamente l’interesse della persona offesa Intermite, vista l’asse nza di un interesse economico dei fratelli COGNOME e la volontà di NOME COGNOME di non continuare nella trattativa, come si evinceva dalle intercettazioni effettuate; inoltre, NOME COGNOME era stato coinvolto nella vicenda su iniziativa del fratello, senza mai partecipare direttamente alle trattative e non traspariva alcun riferimento relativo a ricompense o esborsi a suo favore;
1.2 inosservanza o erronea applicazione della legge penale con riferimento all’applicazione della circostanza aggravante delle più persone riunite di cui all’art. 628 comma 3 cod. pen., non avendo l’imputato usufruito della presunta forza del gruppo, né giammai posto in essere violenza e/o minaccia, visto che aveva agito ai soli fini solidaristici mantenendo un contegno del tutto passivo;
1.3 contraddittorietà, mancanza o manifesta illogicità della motivazione in relazione alla mancata applicazione dell’art. 114 cod. pen: lo stesso giudice di primo grado avere ritenuto che la posizione di NOME COGNOME era meno grave di quella del fratello NOME;
1.4 contraddittorietà, mancanza o manifesta illogicità della motivazione in relazione alla determinazione della pena ed alla non ritenuta sussistenza delle attenuanti generiche ex art. 62bis cod. pen.;
1.5 contraddittorietà, mancanza o manifesta illogicità della motivazione in relazione alla richiesta, avanzata nell’atto di appello, di convertire la pena detentiva con le pene sostitutive previste dagli artt. 20bis cod. pen., 53 e segg. L.n. 689/81: il diniego era stato motivato in ragione del pericolo di recidiva e di una presunta inaffidabilità del condannato emergente dai fatti di causa, quando invece si sarebbe dovuto considerare che nei casi di pena detentiva di breve durata la finalità di rieducazione e risocializzazione del condannato poteva raggiungersi attraverso pene da eseguirsi nella comunità delle persone libere, per cui l’applicazione delle pene sostitutive non era incompatibile con il pericolo di recidiva.
Propone ricorso il difensore di NOME COGNOME eccependo:
2.1 le condotte tenute dal ricorrente, lungi dal qualificarlo come concorrente nel reato di estorsione, lo ponevano quale mero intermediario nella trattativa volta al recupero dei beni oggetto di furto nell’esclusivo interesse della persona offesa Intermite; in particolare, NOME COGNOME non aveva alcun interesse economico, non aveva mai definito il prezzo per la restituzione dei beni e non aveva avuto alcun potere contrattuale, se non nel senso di determinare al ribasso la richiesta estorsiva del coimputato COGNOME
2.2 violazione di legge con riferimento alla ritenuta sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 628 comma 3 n.1 cod. pen.: il giudice di primo grado aveva omesso di motivare in merito al momento in cui tale circostanza aggravante sarebbe venuta in rilievo nel corso della vicenda estorsiva e il giudice di appello, a fronte di specifica censura, aveva affermato che l’aggravante era stata contestata in fatto attraverso il richiamo alla ‘unione’ tra gli imputati; la conclusione era errata, visto che il ricorrente ed il fratello NOME non erano state percepiti da Intermite quali figure concorrenti nel reato di estorsione commesso da COGNOME;
2.3 mancanza di motivazione con riferimento alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche ai sensi dell’art. 62 -bis cod. pen..
Propone ricorso il difensore di NOME COGNOME eccependo la violazione degli artt. 56, 63 e 69 cod. pen.: la Corte di appello aveva riconosciuto la fondatezza del motivo di impugnazione relativo al trattamento sanzionatorio, ritenendo che COGNOME meritasse la stessa pena dei coimputati, ma aveva poi sanzionato con una pena più severa il solo COGNOME l’unico ad aver rinunciato ai motivi sulla responsabilità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi di NOME e NOME COGNOME devono essere dichiarati inammissibili.
1.1 Relativamente al primo motivo di ricorso proposto da NOME e NOME COGNOME, si deve ri badire che ‘ ai fini dell’integrazione del concorso di persone nel reato di estorsione è sufficiente la coscienza e volontà di contribuire, con il proprio comportamento, al raggiungimento dello scopo perseguito da colui che esercita la pretesa illecita; ne consegue che anche l’intermediario, nelle trattative per la individuazione della persona alla quale versare la somma estorta, risponde del reato di concorso in estorsione, salvo che il suo intervento abbia avuto la sola finalità di perseguire l’interesse della vittima e sia stato dettato da motivi di solidarietà umana ‘ (Sez.2, n. 37896 del 20/07/2017, COGNOME, Rv. 270723)
Deve inoltre essere ricordato come il vizio di travisamento della prova può essere dedotto con il ricorso per cassazione, nel caso di cosiddetta “doppia conforme”, e cioè di condanna in primo e secondo grado, sia nell’ipotesi in cui il
giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice, sia quando entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti (Sez. 4, n. 44765 del 22/10/2013, Rv 256837); inoltre, ai fini del controllo di legittimità sul vizio di motivazione, la struttura giustificativa della sentenza di appello di conferma si salda con quella di primo grado, per formare un unico complessivo corpo argomentativo, allorquando i giudici del gravame, esaminando le censure proposte dall’appellante con criteri omogenei a quelli del primo giudice ed operando frequenti riferimenti ai passaggi logico giuridici della prima sentenza, concordino nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento della decisione (Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Rv. 257595).
Nel caso in esame non si ravvisa né il presupposto della valutazione da parte del giudice di appello di un differente materiale probatorio utilizzato per rispondere alle doglìanze proposte avverso la sentenza di primo grado, né tantomeno il dedotto macroscopico travisamento dei fatti denunciabile con il ricorso per cassazione; in particolare, il giudice di merito ha già risposto con adeguata motivazione a tutte le osservazioni delle difese degli imputati, che in sostanza ripropongono motivi di fatto, osservando che il compendio probatorio a carico dei ricorrenti NOME e NOME COGNOME si caratterizza per la chiarezza della ricostruzione dei fatti operata sulla base del contenuto e del susseguirsi delle conversazioni intercettate, che danno atto come questi abbiano svolto nella fase delle trattative destinate ad ottenere la restituzione del mezzo una condotta decisiva per portare a termine il fatto delittuoso ai danni della parte offesa; condotta costituita dall’essere stato NOME COGNOME a contattare Intermite una volta saputo del furto, impegnandosi a trovare un interlocutore con cui trattare per la restituzione del camion rubato ed avvertendolo che in caso di ritrovamento dello stesso, avrebbe dovuto pagare ‘un caffè’, per cui senza il suo intervento non vi sarebbe stata alcuna richiesta estorsiva, visto che COGNOME aveva potuto intavolare la trattativa con Intermite solo grazie all’intervento di NOME COGNOME , che quindi aveva agito anche nell’interesse di COGNOME; e a NOME COGNOME si era rivolto NOME per riavviare le trattative con Intermite una volta che questi aveva manifestato di non volerle proseguire, sfociate poi, grazie anche all’interessamento di NOME, nell’incontro organizzato da NOME e NOME COGNOME con NOME e Intermite a casa di NOME; quest’ultimo aveva messo in contatto NOME con il fratello NOME, e correttamente la Corte di appello non
ha ritenuto neppure lui un semplice intermediario, visto che, parlando con il fratello nel corso della conversazione del 21 settembre 2022, aveva detto che la riduzione del prezzo proposta per la restituzione del camion aveva fatto arrabbiare COGNOME
Poiché nel caso in esame non si ravvisa per le considerazioni sopra riferite, alcuno scopo di solidarietà umana nelle trattative per la restituzione di un camion previo pagamento di una somma di denaro, deve quindi escludersi l’ipotesi della non punibilità delle condotte reclamata con i ricorsi dei difensori; peraltro, quanto alla lettura alternativa di alcune conversazioni proposta con i ricorsi, e riportate anche solo parzialmente, va ricordato come secondo l’insegnamento di questa Corte in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità (Sez.U, n.22471 del 26/2/2015, Rv.263715). Ancora si è affermato che in materia di intercettazioni telefoniche, costituisce questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito, l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità se non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite (Sez.2, n.35181, del 22/5/2013, Rv.257784). L’applicazione del suddetto principio deve portare ad escludere che nella presente sede il contenuto di quelle conversazioni, conformemente interpretato dai giudici di merito, possa essere sottoposto al sindacato dì questa Corte nella prospettiva dedotta della condotta attuata ad esclusiva tutela della vittima.
1.2 Manifestamente infondato è anche il motivo di ricorso relativo alla sussistenza dell’aggravante delle più persone riunite, posto che nell’incontro avvenuto presso l’abitazione di NOME COGNOME erano presenti quest’ultimo e COGNOME che in quella occasione aveva chiesto ad Intermite la somma di 26.000,00 euro per la restituzione del camion: la simultanea presenza di non meno di due persone nel luogo e nel momento della realizzazione della violenza o della minaccia porta al verificarsi, in conformità alla “ratio” della norma, quegli effetti fisici e psichici di maggior pressione sulla vittima che ne riducono la forza di reazione e giustificano l’applicazione dell’aumento della pena; né è necessario, ai fini della sussistenza dell’ aggravante, che entrambi i soggetti presenti formulino la proposta estorsiva, posto che la condotta del soggetto, pur rimanendo sempre silente, accompagni un altro soggetto che formula la richiesta, svolge un contributo materiale e morale in relazione al rafforzamento dell’effetto intimidatorio della pretesa estorsiva.
1.3 La mancata concessione delle attenuanti generiche appello è giustificata da motivazione esente da manifesta illogicità (alle pagine 6 per NOME COGNOME e 9 per NOME COGNOME), che, pertanto, è insindacabile in cassazione (vedi Sez.3, n.1913 del 20/12/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275509 -03)
1.4 Relativamente alla mancata applicazione dell’art. 114 cod. pen. (motivo di ricorso proposto solo da NOME COGNOME), la motivazione della Corte di appello è congrua e coerente con le risultanze processuali, essendo stato evidenziato il ruolo tutt’altro che marginale del ricorrente (pag.8 sentenza impugnata); sul punto, il motivo di ricorso propone una inammissibile diversa valutazione rispetto a quella operata dalla Corte di appello.
1.5 Altrettanto corretta è la motivazione della Corte di appello relativa alla mancata applicazione delle pene sostitutive, essendo stati evidenziati i motivi in base ai quali si è ritenuto che le prescrizioni non sarebbero state adempiute dal condannato (pag.9 sentenza impugnata).
Il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME è mani festamente infondato.
2.1 E’ vero infatti che la Corte di appello ha ritenuto fondato il motivo di appello relativo alla pena, ma solo nel senso che la stessa andasse complessivamente diminuita; l’affermazione secondo la quale si riteneva che ‘il fatto, valutato nel suo complesso, meriti la stessa pena base applicata ai coimputati Guida’ riguardava la pena base, uguale per tutti e tre gli imputati (anni sette di reclusione ed euro 5.000,00 di multa), ma il motivo di ricorso non ha considerato che COGNOME è l’unico imputato a l quale sia stata riconosciuta la recidiva ed applicato il relativo aumento (per NOME COGNOME la recidiva è stata esclusa dal giudice di primo grado)
Per le considerazioni esposte, dunque, i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili . Ai sensi dell’art. 616 c od.proc.pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile i ricorsi, le parti private che lo hanno proposto devono essere condannate al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di € 3.000,00 ciascuno, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 04/06/2025