Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 11767 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 11767 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/03/2025
SECONDA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOMENOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
NOME nato a FOGGIA il 17/09/1975 NOME nato a FOGGIA il 06/03/1976 NOME COGNOME nato a FOGGIA il 03/04/1982
avverso la sentenza del 14/10/2024 della CORTE APPELLO di BARI visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi di COGNOME NOME e COGNOME e per il rigetto del ricorso di COGNOME Antonio; uditi i difensori dei ricorrenti, Avv. COGNOME per il NOME, anche in sostituzione che si sono riportati ai rispettivi motivi di ricorso, insistendo per l’accoglimento, con ogni dell’Avv. NOME COGNOME per il Piserchia, Avv. NOME COGNOME per il Russo e il COGNOME, conseguente statuizione.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Bari per quanto qui di interesse, con sentenza del 14/10/2024, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Foggia del 14/09/2023 pronunciata ad esito di rito abbreviato condizionato all’esame del teste COGNOME ha escluso la recidiva contestata ad NOME COGNOME rideterminando di conseguenza la pena nei confronti del medesimo nella misura di anni 3 mesi 4 di reclusione ed euro 1200 di multa, con conferma nel resto della pronuncia di condanna per i delitti allo stesso ascritti, ed ha altresì integralmente confermato la condanna pronunciata in primo grado nei confronti di NOME COGNOME COGNOME e NOME COGNOME (per tutti, capo 1 della rubrica ai sensi degli artt. 110, 629, comma secondo, cod. pen.).
Avverso la predetta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione, per mezzo dei rispettivi difensori NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME proponendo motivi di ricorso che qui si riportano nei limiti strettamente necessari per la motivazione ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Ricorso NOME COGNOME e NOME Antonio COGNOME (Avv. NOME COGNOME).
Nell’interesse di entrambi i ricorrenti:
3.1. Violazione di legge ed inosservanza ed erronea applicazione della legge penale ai sensi dell’art. 603 cod. proc. pen.; il Tribunale ha oggettivamente mutato le caratteristiche della condotta ascritta ai ricorrenti identificando il profitto primario derivante dalla estorsione contestata in concorso nella riconferma del contratto di guardiania in considerazione della circostanza che il COGNOME era socio di fatto con il COGNOME, a sua volta titolare di fatto della società che era incaricata della vigilanza del cantiere della persona offesa; ciò nonostante sono state rigettate le richieste della difesa volte ad acquisire documentazione al fine di smentire tale ricostruzione e diversa caratterizzazione del profitto. La documentazione relativa al contratto di guardiania era necessaria al fine di smentire la ricostruzione del Tribunale, atteso che il COGNOME non risultava in alcun modo coinvolto nella società incaricata del controllo e il COGNOME non rivestiva alcun ruolo formale o di fatto all’interno della stessa, mentre la conclusione della Corte di appello restava affidata alla sola interpretazione della captazione del 08/02/2023 in mancanza di qualsiasi riscontro; tale prova aveva carattere di decisività e di fatto la Corte di appello ha escluso la possibilità di acquisirla con una mera formula di stile, seppure nel caso in esame si trattasse di vere e proprie prove nuove.
3.2. Travisamento della prova in relazione alla interpretazione del contenuto delle intercettazioni telefoniche; vizio della motivazione perchØ manifestamente illogica.
3.2.1. Quanto alla posizione di NOME COGNOME la difesa ha sostenuto il travisamento del ruolo svolto dal ricorrente, quale estortore e destinatario della somma di denaro, atteso che egli si era semplicemente adoperato per il rintraccio della vettura rubata, anche tenuto conto che aveva invitato la persona offesa a sporgere querela; ugualmente travisata sulla base delle captazioni raccolte la circostanza richiamata dalla Corte secondo la quale sarebbe stato proprio il ricorrente a stabilire il prezzo per la restituzione della vettura; il Russo si era semplicemente adoperato per il recupero dell’auto a sostegno della persona offesa, chiarendo che avrebbe tentato di recuperare l’auto offrendo o meglio provando ad offrire una determinata cifra, tanto che effettivamente, come emerge dalle captazioni, la somma finale non venne stabilita dal COGNOME, ma direttamente dal COGNOME; atteso il contenuto esplicito delle captazioni (‘dimmi quanto volete spendere per l’auto’) Ł evidente che l’unica finalità del ricorrente era quello di aiutare la vittima della estorsione per mera solidarietà umana; non si può sostenere che il Russo si fosse irritato, affermando che stava facendo una brutta figura obbligando a pagare settecento euro, perchØ l’unico dato effettivamente emergente dalle captazione era che si era irritato per essere stato coinvolto in questa situazione, rispetto alla quale non aveva alcun interesse; la Corte di appello afferma inoltre, circostanza del tutto assente dalle captazioni, che il COGNOME avrebbe minacciato l’COGNOME affermando che, in caso di ritardo nel pagamento del prezzo, l’auto non sarebbe stata recuperata, ritenendo che gli interessi del Russo coincidessero con quelli delle cosche di riferimento in modo del tutto apodittico; il disinteresse del Russo Ł dimostrato dal fatto che, in occasione della seconda sottrazione della vettura, egli decide di pagare di tasca propria i cinquecento euro richiesti e di tale circostanza la Corte di appello non tiene conto in alcun modo.
3.2.2. Violazione di legge e vizio della motivazione perchØ manifestamente illogica in relazione all’art. 629 cod. pen. in mancanza di qualsiasi argomentazione che dimostri effettivamente la ricorrenza degli elementi costitutivi della estorsione con particolare riferimento alla minaccia, soprattutto ove si consideri che il Russo ha piø volte consigliato ai propri interlocutori di sporgere denuncia per la sottrazione dell’auto; il Russo si era attivato solo ed esclusivamente per incarico della vittima della sottrazione dell’auto senza percepire alcun profitto ingiusto quale conseguenza diretta della sua azione.
3.2.3. Violazione di legge e vizio della motivazione perchØ manifestamente illogica in relazione agli artt. 133 e 62bis cod. pen.; la motivazione si risolve in poche affermazioni di stile e si caratterizza anche per contraddittorietà in relazione alla motivazione resa per escludere la recidiva nei confronti di COGNOME AntonioCOGNOME con evidente differenza nella identificazione del trattamento sanzionatorio per i due imputati; nessun dato effettivo relativo alla posizione del ricorrente Ł stato effettivamente preso in considerazione dalla Corte di appello, non potendo apparire sufficiente un mero richiamo all’art. 133 cod. pen., senza tenere in alcun conto l’estemporaneità della condotta.
3.3. Nell’interesse di COGNOME NOME.
3.3.1. Vizio della motivazione perchØ manifestamente illogica e travisamento della prova in relazione all’art. 629 cod. pen.; Ł stato del tutto omesso il confronto con i motivi di appello, essendosi la Corte di appello limitata a convalidare la argomentazione del giudice di primo grado; la difesa aveva evidenziato come il COGNOME non avesse mai intrattenuto alcun contatto diretto con la persona offesa a titolo di intermediazione per il recupero dell’auto e non avesse svolto alcun ruolo perchØ assente al momento della corresponsione della somma per la restituzione del mezzo, avvenuta nella giornata di lunedì; i contatti erano stati intrattenuti dall’COGNOME con il COGNOME, in assenza di qualunque forma di contatto e richiesta da parte degli asseriti estorsori, ma sulla base invece di una richiesta di aiuto da parte della persona offesa; l’aiuto richiesto dal Russo al COGNOME non appare sufficiente al fine di ritenere integrata la condotta contestata; l’affermazione secondo la quale la vittima era a conoscenza dei collegamenti del Russo con ambienti criminali rappresenta un vero e proprio travisamento e si caratterizza per la sua assertività, in mancanza di effettiva prova in ordine alla ricorrenza di violenza o minaccia; manca qualsiasi indagine in ordine alla ricorrenza dell’elemento soggettivo del ricorrente, mentre si Ł attribuita una valenza risolutiva ai dialoghi relativi agli incontri presso la pompa della benzina, che di fatto sono completamente neutri; la condotta del COGNOME si Ł fermata al dialogo con NOME ed Ł del tutto irrilevante rispetto al fatto oggetto di contestazione.
3.3.2. Violazione di legge in relazione all’art. 629 cod. pen. per mancato riscontro quanto alla ricorrenza dell’elemento soggettivo in capo al ricorrente COGNOME nonchØ vizio della motivazione perchØ manifestamente illogica sul punto; non appare sufficiente la presenza del COGNOME in auto e la circostanza che lo stesso fosse stato riconosciuto dall’COGNOME, soprattutto ove si consideri che lo stesso non era presente nella data della consegna della somma di denaro, che veniva versato solo in presenza di Russo NOME; sul tema, la difesa ha anche osservato come la motivazione sia non solo contraddittoria (dove afferma che il profitto era anche eventuale per il Russo e legato alla conferma del contratto di guardiania) ma anche apodittica nel ritenere che la condotta posta in essere dal COGNOME sia il frutto di un evidente accordo con il Russo per spartirsi il profitto; la difesa ha inoltre osservato che il furto della autovettura non si poteva ritenere causalmente collegato alla riconferma del contratto di guardiania, atteso che i ricorrenti non avevano in alcun modo partecipato a tale illecita attività e dunque risultava omesso il riscontro non solo di un collegamento causale, ma anche l’individuazione di un effettivo vantaggio tratto da tale attività, in assenza di danno patrimoniale per la persona offesa ‘in quanto il denaro versato era indirizzato al recupero della vettura e non ad altro!’ (pag. 30 del ricorso); la difesa ha osservato che, anche quanto al furto del 20/04/2022, la motivazione della Corte di appello non Ł condivisibile, atteso che una attenta considerazione delle conversazioni captate (indicate a pag. 31 del ricorso) dimostra che l’apporto contributivo del COGNOME non si caratterizzi in alcun modo per essere penalmente rilevante; difatti il proposito dallo stesso espresso, di chiedere notizie a qualcuno, Ł rimasto tale senza alcuna attività ulteriore (come dimostrava la conversazione 8027 tra Russo e COGNOME, la conversazione 8129 tra Russo e COGNOME, la mancanza di contatti tra Russo e COGNOME nel giorno del ritrovamento della vettura, la conversazione 8027 nel momento in cui il Russo evidenzia di essersi dovuto rivolgere ad altri). La
difesa ha inoltre rilevato, con ulteriore doglianza all’interno di tale motivo, come la motivazione risulti omessa in ordine al profitto ingiusto riferibile a tale secondo episodio, atteso che in tale occasione l’COGNOME ha riferito che non vi era stata alcuna richiesta estorsiva.
3.3.3. Violazione di legge in relazione all’art. 521 cod. proc. pen. ed erronea applicazione dell’art. 603 cod. proc. pen.; la Corte di appello ha rigettato in modo apodittico la eccezione con la quale si era evidenziata la violazione del principio di correlazione tra la condotta imputata e quella oggetto di condanna, atteso il richiamo al profitto primario del tutto escluso dalla contestazione originaria (conferma del contratto di guardiania); un profitto ingiusto del tutto diverso da quello originariamente indicato; anche il dolo della condotta imputata difatti risultava diversamente connotato ed identificato nel voler proteggere il nome e l’affidabilità della ditta addetta alla guardiania del cantiere.
3.3.4. Violazione di legge e vizio della motivazione in relazione all’art. 114 cod. pen. perchØ manifestamente illogica e contraddittoria per come resa sul punto a pag. 27 della sentenza, nonostante il giudice di prime cure avesse esplicitamente evidenziato la minore portata della condotta del ricorrente COGNOME che appunto si era limitato ad alcune telefonate senza alcuna interlocuzione diretta con la persona offesa.
3.3.5. Violazione di legge e vizio della motivazione perchØ manifestamente illogica in relazione agli artt. 62bis e 133 cod. pen. attesa la entità della pena irrogata in misura superiore al minimo edittale nonostante il valore esiguo del bene sottratto e la personalità del reo che avrebbe dovuto condurre alla concessione delle circostanze attenuanti generiche nella loro massima estensione, mentre invece la Corte di appello ha realizzato una diminuzione inferiore nella misura di un sesto, anche considerato che le aggravanti escluse non possono piø rappresentare elementi di connotazione della gravità della condotta.
4. Ricorso NOME COGNOME.
4.1. Vizio della motivazione perchØ manifestamente illogica, contradditoria ed apparente, attesa l’oggettiva impossibilità di comprendere quale sia la condotta ascritta al ricorrente; non viene infatti indicata la prova dalla quale si dovrebbe desumere la condotta posta in essere, così come non emergono elementi significativi in ordine al dolo, nel senso di volersi procurare un ingiusto vantaggio; egli, di fatto, risulta coinvolto solo per aver ricevuto una chiamata da NOME; manca qualsiasi considerazione da parte della Corte di appello quanto alla condotta effettivamente posta in essere dalla stesso a seguito di tale chiamata, nonchØ quanto all’apporto effettivamente riscontrato al fine del ritrovamento della vettura. Non può ritenersi sufficiente la motivazione della Corte di appello, che richiama quella del giudice di primo grado, in ordine alla significatività della messa a disposizione dello stesso al fine di ritrovare la vettura, in assenza di qualsiasi partecipazione alle trattative per restituirla (pag. 30 della sentenza). La difesa ha anche osservato come la Corte di appello abbia travisato il significato della captazione del 20 aprile 2022 intercorsa tra il Piserchia e il Russo; la circostanza che il Russo contatti nuovamente il ricorrente in occasione del secondo furto della vettura non significa che egli lo abbia aiutato nel recupero nella prima occasione, tanto che non aveva neanche diretta conoscenza di come si fosse conclusa la vicenda del 2 aprile 2022; risulta l’estraneità del ricorrente a qualsiasi condotta che integri o possa integrare il delitto di estorsione e difetta in motivazione qualunque riferimento agli elementi di prova allo stesso riferibili.
4.2. Violazione di legge in relazione all’art. 629 cod. pen. non avendo la Corte di appello correttamente inquadrato la condotta del ricorrente, che si era fatto coinvolgere dal Russo solo ed esclusivamente per motivi di solidarietà umana, senza pretendere alcun corrispettivo economico e senza alcun contatto con la persona offesa, come emergeva dalle stesse affermazioni del Russo
nella chiamata del 2 aprile 2022 nella quale lo stesso affermava testualmente: ‘digli che Ł della ditta di NOME, fatela uscire’. Il ricorrente ha agito solo ed esclusivamente nell’interesse del Russo.
Il Procuratore generale ha concluso chiedendo che i ricorsi del Russo e del Piserchia vengano dichiarati inammissibili e rigettato quello del COGNOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili, perchØ proposti con motivi non consentiti, generici e manifestamente infondati. Le doglianze proposte sono in gran parte sovrapponibili quanto alla affermazione di responsabilità pronunciata a carico dei ricorrenti, con decisione conforme dei giudici di merito, che hanno inciso esclusivamente sul trattamento sanzionatorio relativo alla posizione del Lanza, escludendo la recidiva e rideterminando di conseguenza la pena allo stesso inflitta.
¨ opportuno, pertanto, richiamare alcuni princìpi generali con particolare richiamo al diritto vivente sull’onere di specificità dell’impugnazione e sulla presenza di una ‘doppia conforme’ sentenza di condanna, temi anch’essi molto rilevanti nella valutazione dei ricorsi.
Al riguardo, si deve osservare come le argomentazioni proposte dalle difese, in gran parte reiterative dei motivi di appello e già per ciò solo inammissibili (Sez. 2, n. 19411 del 12/03/2019, COGNOME, Rv. 276062-01, in motivazione; Sez. 3, n. 57116 del 29/09/2017, B., Rv. 271869-01; Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, COGNOME, Rv. 270316-01; Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017, Bolognese, Rv. 269745-01; Sez. 2, n. 8890 del 31/01/2017, COGNOME, Rv. 269368-01; Sez. 3, n. 16610 del 24/01/2017, COGNOME, Rv. 269632-01) tendono ad introdurre una rilettura del merito non consentita in questa sede (Sez. 5, n. 51604 del 19/09/2017, COGNOME, Rv. 271623-01; Sez. 6 n. 13809 del 17/03/2015, O., Rv. 262965-01; Sez. 2, n. 7667 del 29/01/2015, COGNOME, Rv. 262575-01; Sez. 2, n. 20806 del 05/05/2011, COGNOME, Rv. 250362-01; Sez. 2, n. 10255 del 29/11/2019, Fasciani, Rv. 278745-01) a fronte di una motivazione della Corte di appello, ampia ed argomentata, con la quale i ricorrenti omettono sostanzialmente di confrontarsi.
I motivi si caratterizzano, dunque, per una evidente aspecificità. Si deve a tal fine ricordare che, la mancanza di specificità del motivo, deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate della decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato, senza cadere nel vizio di mancanza di specificità, conducente, a norma dell’art. 591, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., all’inammissibilità (Sez. 6, n. 23014 del 29/04/2021, B., Rv. 281521-01; Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, COGNOME, Rv. 27771001; Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, COGNOME, Rv. 255568-01; Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012, COGNOME, Rv. 253849-01; Sez. 4, n. 34270 del 03/07/2007, COGNOME, Rv. 236945-01). Nel riproporre i temi già introdotti con i motivi di appello, come emerge dall’articolazione di una serie di considerazioni in tutto corrispondenti, al fine di proporre un’evidente lettura alternativa del merito, non ammissibile in questa sede, i ricorrenti non si confrontano compiutamente con la motivazione della sentenza del giudice di secondo grado. Deve essere, quindi, ribadito il principio di diritto affermato da questa Corte secondo il quale Ł inammissibile il ricorso per cassazione fondato sugli stessi motivi proposti con l’appello e motivatamente respinti in secondo grado, sia per l’insindacabilità delle valutazioni di merito adeguatamente e logicamente motivate, sia per la genericità delle doglianze che, così prospettate, solo apparentemente denunciano un errore logico o giuridico determinato (cfr., ex multis , Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME, Rv. 260608-01). La giurisprudenza di legittimità ha, infatti, chiarito che, il ricorso per cassazione che riproduce e reitera
gli stessi motivi prospettati con l’appello, e motivatamente respinti in secondo grado, non si confronta criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato, ma si limita, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicità della motivazione (Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970-01).
Inoltre, nel caso di specie, la Corte di appello ha ritenuto la responsabilità dei ricorrenti con motivazione del tutto conforme e piena condivisione delle argomentazioni spese dal giudice di primo grado, sulla base della coerente e corrispondente valutazione degli elementi di prova acquisiti. Vi Ł stata, dunque, una concordanza nell’analisi e nella valutazione dei risultati probatori posti a fondamento della stessa, ad esito della quale il fatto ascritto Ł stato ritenuto ricorrente e riscontrato dall’esito della istruttoria dibattimentale.
Ciò posto, Ł opportuno ricordare che la sentenza di appello si salda con quella precedente per formare un unico complessivo corpo argomentativo, specie quando i motivi di gravame non abbiano riguardato elementi nuovi, ma si siano limitati a prospettare circostanze già esaminate e ampiamente chiarite nella pronuncia di primo grado (Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218-01; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257595-01; Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011, COGNOME, Rv. 252615-01; Sez. U, n. 6682 del 04/02/1992, COGNOME , Rv. 191229-01).
Invero, il giudice di appello non Ł tenuto a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente ogni risultanza processuale, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale, egli spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni del proprio convincimento, dimostrando di aver tenuto presente i fatti decisivi. Ne consegue che, in tal caso, debbono considerarsi implicitamente disattese le argomentazioni che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata (Sez. 2, n. 46261 del 18/09/2019, COGNOME, Rv. 277593-01; Sez. 1, n. 37588 del 18/06/2014, COGNOME, Rv. 260841-01).
Fermo quanto precede, neanche la mancata enunciazione delle ragioni per le quali il giudice ritiene non attendibili le prove contrarie, con riguardo all’accertamento dei fatti e delle circostanze che si riferiscono all’imputazione, determina la nullità della sentenza d’appello per mancanza di motivazione, se tali prove non risultano decisive e se il vaglio sulla loro attendibilità possa comunque essere ricavato per relationem dalla lettura della motivazione (Sez. 3, n. 8065 del 21/09/2018, dep. 2019, C., Rv. 275853-01): ciò Ł all’evidenza riscontrabile nella sentenza impugnata, che ha esaminato ed espressamente confutato le deduzioni difensive negli aspetti fondamentali sollevati con motivazione congrua, articolata logicamente e priva di aporie (Sez. 2, n. 35817 del 10/07/2019, Sirica, Rv. 276741-01; Sez. 5, n. 6746 del 13/12/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275500-01; Sez. 2, n. 1405 del 10/12/2013, dep. 2014, Cento, Rv. 259643-01; Sez. 5, n. 607 del 14/11/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 256879-01).
I motivi di ricorso hanno inoltre, come già detto, denunciato la mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione, con una generica deduzione, contrastante con il principio secondo il quale i vizi della motivazione si pongono «in rapporto di alternatività, ovvero di reciproca esclusione, posto che – all’evidenza – la motivazione, se manca, non può essere, al tempo stesso, nØ contraddittoria, nØ manifestamente illogica e, per converso, la motivazione viziata non Ł motivazione mancante» (così, Sez. 2, n. 38676 del 24/05/2019, COGNOME, Rv. 277518-01; v. anche, Sez. 1, n. 39122 del22/09/2015, COGNOME, Rv. 264535-01; Sez. 2, n. 19712 del 06/02/2015, COGNOME, Rv. 26354101; Sez. 2, n. 31811 del08/05/2012, Sardo, Rv. 254329-01; Sez. U, n. 24591 del 16/07/2020, COGNOME, in motivazione).
In altri termini, occorre considerare che i motivi di ricorso, pur essendosi formalmente espressi
richiamando censure riconducibili alle categorie del vizio di motivazione, ed anche al travisamento della prova, non hanno, effettivamente, denunciato una motivazione mancante, contraddittoria o manifestamente illogica, bensì una decisione erronea, in quanto fondata su una valutazione asseritamente errata del materiale probatorio. Con numerose argomentazioni sono state, quindi, proposte doglianze inerenti alla ricostruzione dei fatti, tese a sollecitare una rivalutazione del compendio probatorio in un senso considerato piø plausibile; tuttavia, la valutazione dei dati processuali e la scelta, tra i vari risultati di prova, di quelli ritenuti piø idonei a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento (Sez. 5, n. 51604 del 19/09/2017, COGNOME, Rv. 271623-01; Sez. 6 n. 13809 del 17/03/2015, O., Rv. 262965-01; Sez. 2, n. 7667 del 29/01/2015, COGNOME, Rv.262575-01; Sez. 2, n. 20806 del 05/05/2011, COGNOME, Rv. 250362-01; Sez. 2, n. 10255 del 29/11/2019, Fasciani, Rv. 278745-01).
Deve, dunque, essere ribadito il principio secondo il qualeŁ preclusa alla Corte di cassazione la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch’essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti di prova (Sez. 3, n.18521 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 273217-01;Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482-01; Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, COGNOME, Rv. 253099-01).
Inoltre, si deve rilevare come, nell’ambito delle doglianze proposte, Ł stato ripetutamente introdotto il tema del travisamento della prova in correlazione con il vizio di motivazione. Sul punto va chiarito che il travisamento della prova Ł stato introdotto quale ulteriore criterio di giudizio della contraddittorietà estrinseca della motivazione dalla legge 20 febbraio 2006, n. 46, che ha esteso l’ambito della deducibilità del vizio di motivazione anche ad «altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame».
Detto criterio, infatti, non costituisce il mezzo per valutare nel merito la prova, bensì lo strumento per saggiare la tenuta della motivazione alla luce della sua coerenza logica con i fatti sulla base dei quali si fonda il ragionamento. Ai fini della configurabilità del vizio del travisamento della prova, e altresì necessario che la relativa deduzione abbia un oggetto chiaro e definito, tale da evidenziare la palese e non controvertibile difformità tra il senso intrinseco della singola dichiarazione e quello che il giudice ne abbia inopinatamente tratto; va escluso, pertanto, che integri il suddetto difetto un presunto errore nella valutazione del significato probatorio della dichiarazione medesima (Sez. U, n. 33583 del 26/03/2015, COGNOME, Rv. 264481-01; Sez. 1, n. 51171 del 11/06/2018, COGNOME, Rv. 274478-01; Sez. 5, n. 8188 del 04/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272406-01; Sez. 4, n. 1219 del 14/09/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 271702-01; Sez. 5, n. 9338 del 12/12/2012, dep. 2013, Maggio, Rv. 255087-01). Detto vizio, inoltre, può avere rilievo solo quando l’errore sia idoneo a disarticolare l’intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per l’essenziale forza dimostrativa del dato processuale (Sez. 6, n. 8610 del 05/02/2020, P., Rv. 278457-01; Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, S., Rv. 277758-01; Sez. 6, n. 5146 del 16/01/2014, COGNOME, Rv. 258774-01). Infine quando, come nel caso in esame, ricorra una c.d. “doppia conforme”, il vizio di travisamento della prova può essere rilevato in sede di legittimità solo quando il ricorrente rappresenti, con specifica deduzione, che il dato probatorio asseritamente travisato e stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado ovvero qualora entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite, in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili (ossia in assenza di alcun discrezionale
apprezzamento di merito), il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti (Sez. 4, n. 35963 del 03/12/2020, COGNOME, Rv. 280155-01; Sez. 2, n. 5336 del 09/01/2018, L., Rv. 272018-01; Sez. 2, n. 7896 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv. 269217-01; Sez. 4, n. 44765 del 22/10/2013, COGNOME, Rv. 256837-01): circostanza all’evidenza non ricorrente nel caso di specie per le ragioni che si andranno ad esporre.
8. Il primo motivo del ricorso dell’Avv. COGNOME proposto nell’interesse del Russo e del COGNOME Ł generico, oltre che manifestamente infondato. La genericità del motivo, in applicazione dei principi di diritto appena evocati, emerge dalla sostanziale reiterazione delle ragioni poste a fondamento dell’istanza formulata ai sensi dell’art. 603 cod. proc. pen. anche in questa sede, in assenza di effettivo confronto con la motivazione della Corte di appello, che non si presta a censure. Il tema proposto si collega, anche nelle argomentazioni a sostegno, a quello successivamente articolato secondo il quale la decisione di primo grado (evocata dal ricorrente) avrebbe mutato le caratteristiche della condotta, giustificando le nuove richieste di prova. Nonostante le allegazioni della difesa, si deve rilevare come sul punto la Corte di appello abbia ampiamente motivato, in modo logico ed argomentato (si veda ad esempio quanto alla posizione del Lanza pag. 22), evidenziando come le prove testimoniali richieste e la documentazione richiamata non potessero avere portata risolutiva nella ricostruzione della condotta, riferendosi ad elementi marginali e di contorno rispetto alla vicenda oggetto di imputazione, valutata con riferimento ad una pluralità di elementi e dati oggettivi che superano nella considerazione complessiva le richieste della difesa. In tal senso, la Corte di appello ha correttamente applicato il principio di diritto, che qui si intende ribadire, secondo il quale nel giudizio abbreviato d’appello le parti sono titolari di una mera facoltà di sollecitazione del potere di integrazione istruttoria, esercitabile dal giudice ” ex officio ” nei limiti della assoluta necessità ai sensi dell’art. 603, comma 3, cod. proc. pen., atteso che in sede di appello non può riconoscersi alle parti la titolarità di un diritto alla raccolta della prova in termini diversi e piø ampi rispetto a quelli che incidono su tale facoltà nel giudizio di primo grado (Sez. 2, n. 5629 del 30/11/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282585-01; Sez. 2, n. 17103 del 24/03/2017, A., Rv. 270069-01). Contrariamente a quanto affermato dalla difesa, occorre poi rilevare come non si possa in alcun modo accedere alla tesi difensiva secondo la quale il Tribunale, e conseguentemente anche la Corte di appello, con la sua valutazione conforme, avrebbero mutato le caratteristiche della condotta con particolare riferimento al profitto conseguente alla richiesta estorsiva. Il Tribunale ha difatti chiaramente individuato il profitto nei termini di cui alla odierna contestazione (pag. 38 della motivazione), richiamando una serie di elementi di prova estremamente significativi, passati in rassegna in modo logico, argomentato e del tutto privo di aporie, riscontrando l’estrema univocità di tali elementi evidenziando la finalità concorrente di mantenere un livello reputazionale alla attività dallo stesso svolta presso il cantiere; tale circostanza, che al di là della formale intestazione del contratto di guardiania (che non Ł stata effettivamente contestata dalle parti), Ł stata dedotta in modo del tutto logico dalle dichiarazioni rese dalla persona offesa ed Ł emersa dall’analisi del materiale probatorio, con giustificazione del tutto priva di aporie. Non ricorre dunque alcuna modifica della condotta imputata, ma una specifica descrizione, sulla base di prova testimoniale, captativa e logica, del complesso di elementi che sia dal punto di vista soggettivo che oggettivo hanno caratterizzato la condotta posta in essere in concorso dagli odierni ricorrenti, restando conseguentemente esclusa, proprio per la significatività di tali elementi, la versione alternativa di un intervento dei ricorrenti, sulla base delle richieste della persona offesa, per mero spirito di solidarietà umana.
Con tale approfondita argomentazione della Corte di appello, resa in senso conforme al decisum del giudice di primo grado, i ricorrenti non si confrontano, proponendone una lettura
frazionata e riduttiva. NØ si può sostenere che il ruolo del COGNOME sia rimasto affidato, come sostenuto nel corpo del motivo, alla sola valutazione – secondo la difesa del tutto erronea – della captazione del 08/02/2023. Sul punto, la Corte di appello ha specificamente motivato, in senso conforme al giudice di primo grado, che ha reso a sua volta una motivazione analitica e puntuale del portato delle captazioni. La difesa si concentra nel leggere riduttivamente tali elementi al fine di sostenere la propria richiesta proposta ai sensi dell’art. 603 cod. proc. pen., in assenza di illogicità manifesta della motivazione ed anzi addentrandosi in considerazioni di puro merito quanto alla captazione evocata.
In tal senso, si deve ricordare che l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, non può essere sindacata dalla Corte di cassazione se non nei limiti della manifesta illogicità e irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite. In questa sede, dunque, Ł possibile prospettare un’interpretazione del significato di un’intercettazione diversa da quella proposta dal giudice di merito solo in presenza del travisamento della prova, ovvero nel caso in cui il contenuto sia stato indicato in modo difforme da quello reale e la difformità risulti decisiva e incontestabile (Sez. U, n. 22471 del 26/2/2015, Sebbar, Rv. 263715-01; Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, COGNOME, Rv. 268389-01; Sez. 3, n. 35593 del 17/05/2016, COGNOME, Rv. 267650-01): situazioni, nessuna delle quali qui ricorrente. Nel caso di specie, poi, va evidenziato che i consistenti dialoghi fra i vari soggetti intercettati hanno un contenuto esplicito, chiaro, per nulla criptico sulle attività da svolgere per il recupero della vettura, anche in considerazione dei diversi ruoli e della gestione dei soggetti coinvolti da parte del Russo, con il decisivo apporto del COGNOME: i conversanti parlavano in libertà, circostanza che ha reso piø agevole l’interpretazione dei colloqui da parte dei giudici di merito, i quali nelle sentenze ne hanno riportato testualmente ampi stralci, fornendone una lettura complessiva coerente, immune da illogicità, ampiamente confermata anche dai riscontri investigativi (con particolare riferimento ai data positioning – in alcun modo contestata dalle difese in occasione dei diversi spostamenti per la formulazione della richiesta estorsiva e all’indicazione del luogo di rinvenimento della vettura), con chiara evidente considerazione anche quanto alla ricorrenza dell’elemento soggettivo della condotta ascritta.
Quanto ai motivi posti nell’interesse del solo Russo (3.2., 3.2.1., 3.2.2.) si deve rilevare come tali motivi non siano consentiti in quanto meramente reiterativi dei motivi di appello e tendenti ad introdurre una lettura del merito non consentita in questa sede (Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME Rv. 273217-01; Sez. 5, n. 15041 del 24/10/2018, COGNOME, Rv. 275100-01; Sez. 4, 1219 del 14/09/2017, COGNOME, Rv. 271702-01; Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, COGNOME, Rv. 277758-01). La Corte di appello ha reso una valutazione globale con la quale ha spiegato in modo logico ed adeguato le ragioni del proprio convincimento, enucleando in modo chiaro e affatto travisato i fatti decisivi (come già detto: – ruolo di primo piano del Russo, data positioning , captazioni, centralità nella trattativa per la determinazione dell’importo da consegnare per la restituzione del mezzo, indicazione del luogo per il rinvenimento, mancata indicazione di elementi alternativi per riferire la responsabilità ad altri soggetti, diretto contatto con coloro che avevano sottratto la vettura, attivazione dei contatti sul territorio a tal fine).
NØ in alcun modo ricorre il travisamento richiamato – tra l’altro in modo del tutto generico nell’ambito dei motivi di ricorso, senza alcun accenno alla prova di resistenza – tenuto conto dei princìpi di diritto già enunciati quanto alla possibile deduzione di tale vizio in presenza di una doppia decisione conforme.
Infine, occorre considerare come la Corte di appello, proprio in considerazione del ruolo svolto
dal Russo, della pluralità di interessi e vantaggi allo stesso riferibili nel porre in essere tale condotta, oltre che della diretta ricezione della somma di denaro, senza aver in alcun modo riscontrato o allegato elementi dai quali desumere la consegna di tale somma a terzi, ha ampiamente escluso, con motivazione non censurabile in questa sede la ricorrenza di una motivazione solidaristica per l’intervento di asserita mediazione dello stesso ricorrente.
Anche l’ultimo motivo di ricorso proposto nell’interesse del Russo (3.2.3.) non Ł consentito per la sua reiteratività, risultando lo stesso anche generico per l’assenza di confronto con la motivazione della Corte di appello in tema di dosimetria della pena, con particolare riferimento alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche ex art. 62bis cod. pen. in regime di prevalenza. Il ricorrente non si confronta all’evidenza con l’ampia motivazione resa sul punto dalla Corte di appello (pag. 35), con richiamo analitico ai precedenti penali allo stesso riferibili, con specifica considerazione della valutazione conseguente sulla personalità del ricorrente ed anche della gravità della condotta posta in essere, in assenza di qualsiasi forma di apparenza o manifesta illogicità della argomentazione resa sul punto.
10. Quanto ai primi due motivi posti nell’esclusivo interesse del Lanza (3.3.1 e 3.3.2.) occorre rilevare come anche in questo caso tali motivi non siano consentiti in quanto meramente reiterativi dei motivi di appello e tendenti ad introdurre una lettura del merito non consentita in questa sede (Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 273217-01; Sez. 5, n. 15041 del 24/10/2018, COGNOME, Rv. 275100-01; Sez. 4, 1219 del 14/09/2017, COGNOME, Rv. 271702-01; Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, COGNOME, Rv. 277758-01). La posizione del COGNOME Ł stata difatti ampiamente vagliata in senso conforme sia dal giudice di primo grado che dal giudice di appello, con considerazioni del tutto prive di aporie che non si prestano a censure in questa sede. Anche in questo caso il ricorrente si limita ad introdurre una serie di dati fattuali ampiamente considerati dalla motivazione, che viene in concreto ritenuta erronea quanto alla affermata sussistenza degli elementi costitutivi del delitto oggetto di imputazione. Sia il giudice di primo grado (pagg. 39 e ss.) che il giudice di appello (pagg. 22 e ss.), in modo del tutto conforme tra loro, hanno ricostruito in modo puntuale ed argomentato, l’insieme di elementi prova a carico dello stesso (le captazioni, il posizionamento delle utenze cellulari, la presenza del COGNOME in cantiere insieme al COGNOME sulla base delle complessive circostanze riportate dall’COGNOME sia in giudizio che durante le indagini, anche quanto alle specifiche caratteristiche e connotazioni fisiche del ricorrente, la diretta conseguenzialità anche in tema di prova logica della immediata chiamata da parte del Russo del ricorrente al fine di recuperare la vettura rubata in cantiere, l’effetto immediato, proprio quello ricercato dal Russo nel contattarlo, conseguente al suo intervento, l’interessamento del ricorrente quanto all’effettiva corresponsione del prezzo). Sulla base di tali plurimi elementi, letti in modo parcellizzato dalla difesa, Ł stata ampiamente ricostruita la posizione del COGNOME, in assenza di qualsivoglia travisamento, anche in questo caso dedotto in modo del tutto generico ed in assenza di qualsiasi riferimento alla prova di resistenza. Le decisioni di merito hanno ampiamente ricostruito il contesto nel quale tali azioni, poste in essere in concorso, con la chiara consapevolezza dell’apporto di ciascun concorrente, si realizzavano; Ł stato richiamato l’effetto chiaramente costrittivo conseguente ad una situazione di intimidazione complessiva ed ambientale, che – come costantemente evidenziato da questa Corte colloca la persona offesa nell’alternativa di subìre la richiesta illecita o perdere definitivamente il proprio bene, in assenza di qualsiasi altro elemento di prova che possa portare a ritenere effettivo un intervento per finalità meramente solidaristiche. Anche in questo caso devono essere richiamati i principi già espressi in tema di captazioni al paragrafo che precede, risolvendosi la critica proposta in una evidente censura in fatto, non consentita in questa sede. Nello stesso senso, all’evidenza, si pongono quali mere censure di fatto le argomentazioni secondo le quali le conversazioni
apparirebbero a carattere neutro ed irrilevanti, attesa la completa considerazione delle stesse da parte della Corte di appello nell’ambito del piø ampio contesto che ha caratterizzato l’azione posta in essere (in tal senso anche la valutazione delle captazioni intercorse tra l’COGNOME e il COGNOME valorizzate a pag. 25 e seg.). Deve essere considerato non consentito anche il motivo 3.3.4., in ordine alla connotazione della condotta, che nella prospettiva della difesa, rientrerebbe nell’ambito della previsione di cui all’art. 114 cod. pen. Anche in questo caso, deve essere rilavata la reiteratività della censura, ritenuta infondata in senso conforme dai giudici di merito con motivazione che Ł del tutto immune dalle criticità evocate. I giudici di merito hanno difatti ampiamente richiamato i principi costantemente affermati dalla Corte di legittimità sul tema, escludendo esplicitamente che, per le sue caratteristiche, il contributo potesse rientrare nell’alveo della disciplina evocata, pur caratterizzandosi in modo diverso, ma non per questo meno determinante, rispetto all’azione del Russo, la cui condotta si Ł rivelata decisiva e centrale nella organizzazione dei comportamenti e nell’attribuzione di ruoli e funzioni specifiche agli altri concorrenti (pag. 27 della decisione di appello, dove si Ł esclusa motivatamente la marginalità della condotta del COGNOME, per le ragioni in generale evidenziate quanto alla decisività del suo intervento a seguito delle richieste del Russo). Anche il motivo relativo alla dosimetria della pena e al trattamento sanzionatorio (3.3.5) si caratterizza per genericità e reiteratività, in mancanza di confronto con la motivazione della Corte di appello, che ha tra l’altro parzialmente accolto le censure difensive ed applicato una pena che non si presta ad alcuna censura in mancanza di qualsiasi forma di irragionevolezza, rientrando il parametro prescelto nella piena discrezionalità del giudice di merito. In tal senso, si deve ricordare che la graduazione del trattamento sanzionatorio, anche in relazione agli aumenti e alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e a titolo di continuazione, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, che lo esercita, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., cosicchØ nel giudizio di cassazione Ł comunque inammissibile la censura che miri ad una nuova valutazione della congruità della pena, la cui determinazione non sia frutto di arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276288-01; Sez. 2, n. 39716 del 12/07/2018, COGNOME, Rv. 273819-01, in motivazione; Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243-01; Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259142-01).
Deve, inoltre, essere rilevata la manifesta infondatezza della censura con la quale si Ł dedotta violazione di legge in relazione all’art. 521 cod. proc. pen. (3.3.3.) Anche in questo caso, la censura si connota per la sua reiteratività, in assenza di confronto con la motivazione della Corte di appello, che ha sul punto applicato i principi costantemente affermati in sede di legittimità, secondo i quali sussiste violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza qualora tra il fatto contestato e quello ritenuto in sentenza ricorra un rapporto di eterogeneità o di incompatibilità sostanziale per essersi realizzata una vera e propria trasformazione, sostituzione o variazione dei contenuti essenziali dell’addebito nei confronti dell’imputato, posto, in tal modo, a sorpresa, di fronte ad un fatto del tutto nuovo senza avere avuto nessuna possibilità d’effettiva difesa. Tale violazione Ł stata compiutamente esclusa, in considerazione della diretta considerazione del profitto ottenuto dalla estorsione consumata esattamente nei termini imputati (percezione di somma di denaro), con analisi anche di una serie di ulteriori elementi complessivamente ritenuti significativi quanto agli interessi coinvolti, che tuttavia non incidono in alcun modo nei termini dedotti, come compiutamente considerato dalla motivazione della Corte di appello, che si mostra del tutto immune da illogicità e resa in modo conforme ai principi appena richiamati. In tal senso, occorre ricordare che questa Corte ha affermato, con principio che qui si intende ribadire, che non sussiste violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza ai sensi dell’art. 521 cod. proc. pen. qualora, in relazione a vicende obiettivamente complesse, la sentenza abbia affermato la penale responsabilità dell’imputato sul fondamento di una ricostruzione dei fatti arricchita e conformata (in specie quanto
ai soggetti coinvolti ed al ruolo di ciascuno) alla stregua degli elementi emersi in istruttoria, atteso che, ad assicurare l’esercizio in concreto del diritto di difesa, Ł sufficiente che l’imputazione enunci in termini chiari gli elementi essenziali degli addebiti, come avvenuto nel caso di specie (Sez. 6, n. 18125 del 22/10/2019, Bolla, Rv. 279555-01).
11. Ricorso Piserchia.
Anche i motivi di ricorso proposti dal COGNOME (4.1. e 4.2) non sono consentiti, oltre che generici, attesa la reiteratività delle argomentazioni qui riproposte rispetto ai temi devoluti in appello, in mancanza di un effettivo confronto con la motivazione della Corte di appello, al fine evidente di introdurre una lettura alternativa del merito non consentita in questa sede. Secondo la difesa, che ha dedotto genericamente il vizio di motivazione in ogni sua forma, in sostanza non sarebbe possibile comprendere quale sia la condotta ascritta al ricorrente, sia in relazione all’elemento oggettivo, che soggettivo del delitto ascritto.
La Corte di appello ha ampiamente riscontrato la responsabilità del ricorrente, con argomentazioni logiche ed approfondite che non si prestano a censure in questa sede (pagg. 27 e ss.) tra l’altro in senso del tutto conforme al giudice di primo grado, chiarendo il diretto coinvolgimento dello stesso nelle conversazioni con il Russo, l’inequivoco tenore dello stesse (anche in questo caso), la richiesta del Russo di una sua diretta attivazione per far riuscire fuori la vettura rubata, la chiara riferibilità della vettura a terza persona (ovvero l’COGNOME) e la chiara disponibilità del ricorrente ad attivarsi al fine di ritrovare la vettura; in tale contesto, Ł stato chiarito specificamente il ruolo dallo stesso svolto, il contatto con il Russo, la gestione proprio da parte del Russo della questione della ricerca dell’auto e della richiesta di una somma di denaro per la restituzione, la consapevolezza dell’ambito in cui si inseriva la azione del ricorrente rispetto alle attività poste in essere dal Russo, l’immediato contatto tra il Russo e il ricorrente una volta comunicato alla persona offesa il luogo dove ritrovare la vettura. Tutti elementi letti in modo logico ed argomentato, ritenuti significativi del pieno coinvolgimento del Piserchia, che hanno portato ad escludere recisamente l’ipotesi, dedotta nel secondo motivo di ricorso, secondo la quale tale intervento sarebbe stato posto in essere solo per finalità di solidarietà umana, anche considerato l’interessamento dallo stesso mostrato nella conversazione con il COGNOME in ordine all’aver parlato con la persona offesa (all’evidente fine di formulare l’ammontare della richiesta per la restituzione).
La ricostruzione della Corte di appello ha anche evidenziato la continuità dei contatti tra il Russo e il Piserchia, tenuto conto della richiesta del Russo di parlare ancora una volta con quel ragazzo, a conferma del precedente intervento posto in essere per recuperare l’auto, chiarendo come la condotta si fosse evidentemente caratterizzata per contatti intervenuti esclusivamente con il Russo e per avere ricercato chi aveva sottratto la vettura, sicchØ era da ritenere irrilevante ed oggettivamente impossibile un riconoscimento da parte della persona offesa. Con tale ampia motivazione, che ha correttamente applicato i principi piø volte affermati da questa Corte in tema di estorsione e alla possibilità di escludere la ricorrenza del delitto in caso di intervento a carattere solidaristico, il ricorrente non si confronta. La Corte di appello ha applicato il principio di diritto, che qui si intende ribadire, secondo il quale non Ł configurabile il concorso nel delitto di estorsione di colui che assume la veste di intermediario fra gli estorsori e la vittima solo quando l’agente opera nell’esclusivo interesse di quest’ultima e per motivi di solidarietà umana , non rilevando invece a tal fine il convincimento soggettivo della vittima che il mediatore sia con essa solidale (Sez. 5, n. 13520 del 12/01/2015, Quatrosi, Rv. 262896-01), chiarendo quindi che, ai fini dell’integrazione del concorso di persone nel reato di estorsione, Ł sufficiente la coscienza e volontà di contribuire, con il proprio comportamento, al raggiungimento dello scopo perseguito da colui che esercita la pretesa illecita (Sez. 2, n. 6824 del 18/01/2017, COGNOME, Rv. 269117-01).
In conclusione, i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili e ricorrenti condannati al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 13/03/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME