Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 20320 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 20320 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PUTIGNANO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 12/10/2023 del TRIB. LIBERTA di BARI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sentite le conclusioni della Sostituta Procuratrice generale NOME COGNOME, che ha chiesto rigettarsi il ricorso;
udito il difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO in sostituzione dell’AVV_NOTAIO, il quale ha insistito nei motivi di ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Il difensore di COGNOME NOME ricorre per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale del Riesame di Bari che aveva confermato l’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari che aveva disposto la misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di COGNOME, indagato pe estorsione aggravata.
1.1 Al riguardo il difensore, premesso che già in sede di riesame aveva evidenziato come rispetto alla condotta accertata non fosse sussistente una ipotesi di concorso penalmente rilevante ex art. 110 cod. pen., in quanto COGNOME avrebbe agito nell’interesse della vittima dell’estorsione COGNOME NOME e per motivi di solidarietà umana nei confronti della stessa, lamenta che il Tribunale aveva fatto mal governo dei principi di diritto sul punto, avendo valorizzato il solo elemento modale della condotta e tralasciato l’elemento soggettivo della finalità che animava la condotta dell’indagato, che aveva il solo intento di evitare maggiori danni e pericoli in capo alla vittima dell’estorsione; d’altra parte, nessun elemento di vantaggio personale o patrimoniale era stato individuato in capo a COGNOME per questa mediazione tra COGNOME e i soggetti indicati come autori della richiesta estorsiva.
1.2 II difensore lamenta l’assenza di motivazione del provvedimento impugnato relativamente all’aggravante del cd. “metodo mafioso”, osservando come nel caso in esame si sarebbe in presenza di una verosimile cd. “minaccia silente”, atteso che non vi erano evenienze probatorie di come si fossero svolti gli incontri del 20 maggio e 1°giugno 2020 tra COGNOME NOME (ritenuto esecutore materiale dell’estorsione) e la vittima dell’estorsione, e che nel caso di minaccia silente l’applicazione dell’aggravante specifica di cui all’art. 628 comma 3 n. 3 cod. pen. esclude la contemporanea applicazione dell’aggravante di cui all’art. 416bis.1 cod. pen.; il difensore rappresenta l’interesse di NOME ad evidenziare l’insussistenza dell’aggravante, atteso che da essa dipendevano le presunzioni di cui all’art. 275 cod. proc. pen.
1.3 Con riferimento alla sussistenza delle esigenze cautelari, il difensore rileva come il reato si sarebbe consumato ben 3 anni prima rispetto all’applicazione della misura cautelare e che la presunzione di cui all’art. 275 comma 3 cod. proc. pen. tende ad affievolirsi quando un considerevole arco temporale separi il momento di consumazione del reato da quello dell’intervento cautelare; il vizio argomentativo assumeva ulteriore rilievo se si considerava che la condotta concorsuale dell’indagato aveva riguardato aspetti non primari e che COGNOME non aveva tratto alcun vantaggio dalla condotta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
1.1 Si deve innanzitutto ribadire che in caso di ricorso per cassazione avv un provvedimento di riesame in tema di misure cautelari personali, allorché denunciato vizio di motivazione, le doglianze attinenti alla sussistenza o men gravi indizi di colpevolezza o delle esigenze cautelari possono assumere rilievo se rientrano nella previsione di cui all’art. 606 co. 1 lett. e) c.p.p., se cio il vizio di mancanza o manifesta illogicità della motivazione. Esula, quindi, funzioni della Cassazione la valutazione della sussistenza o meno dei gravi ind delle esigenze cautelari, essendo questo compito primario ed esclusivo dei giud di merito e, in particolare, prima, del giudice al quale è richiesta l’appl della misura e poi, eventualmente, del giudice del riesame.
Nel caso in esame, il Tribunale ha fornito congrua motivazione sul sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in carico a COGNOME per il reato con evidenziando il contenuto delle conversazioni intercettate (riporta motivazione) da cui risulta che il primo contatto con la vittima dell’esto (COGNOME NOMENOME era stato cercato proprio da COGNOME, che gli aveva det che avrebbe dovuto agevolare in qualche modo il clan, facendo il nome di COGNOME NOME, e consigliando poi a COGNOME come avrebbe dovuto presentarsi a COGNOME in modo da non farsi notare dagli operai presenti nell’azienda RAGIONE_SOCIALE e di fare attenzione ai telefonini in modo che la conversazione relat all’incontro non venisse intercettata; trattasi, all’evidenza, di una agevolatrice del reato, visto che COGNOME ha fatto da tramite tra esecutore mat e vittima dell’estorsione, per cui correttamente è stato escluso dal Tribuna COGNOME agisse nell’interesse della vittima; è vero pertanto che ” dell’integrazione del concorso di persone nel reato di estorsione è suffici coscienza e volontà di contribuire, con il proprio comportamento, raggiungimento dello scopo perseguito da colui che esercita la pretesa illecit consegue che anche l’intermediario, nelle trattative per la individuazione persona alla quale versare la somma estorta, risponde del reato di concors estorsione, salvo che il suo intervento abbia avuto la sola finalità di per l’interesse della vittima e sia stato dettato da motivi di solidarietà umana” n. 37896 del 20/07/2017, Benestare, Rv. 270723), ma è da escludere che ta finalità sia presente nel caso in esame, alla luce delle conversazioni inter sulle quali il motivo di ricorso pretende di fornire un diverso significato, oper non consentita in sede di legittimità, dovendosi ribadire che nel procedimento libertate”, la valutazione del contenuto e dei risultati delle interce
telefoniche e del significato delle espressioni usate anche dagli interlo costituiscono accertamento di fatto, riservato al giudice del merito e insindac in sede di legittimità, se sostenuto da motivazione congrua e logica.
1.2 Relativamente alla sussistenza dell’aggravante del cd. “metodo mafioso il Tribunale ha evidenziato che era stato COGNOME a dire a COGNOME che anche e ogni tanto agevolava il clan mafioso, nominando come esponente del clan COGNOME NOME, che successivamente era andato a formulare la richiesta estorsi conseguentemente COGNOME, nel ricevere la richiesta estorsiva da una person che gli era stata presentata come appartenente al clan, doveva necessariamen rappresentarsi di essere di fronte ad un gruppo organizzato, con sussistenza qu dell’aggravante del cd. “metodo mafioso”, per la quale non è necessario che stata dimostrata o contestata l’esistenza di un’associazione per delin essendo sufficiente che la violenza o la minaccia richiamino alla mente ed sensibilità del soggetto passivo la forza intimidatrice tipicamente mafios vincolo associativo.” (vedi Sez.2, Sentenza n. 16053 del 25/03/201 Rv. 263525).
Si deve poi rilevare che nel caso in cui un soggetto associato realizzi ( in concorso) una estorsione, le due aggravanti (utilizzo del metodo mafios pregressa appartenenza del soggetto alla associazione) sono in un rapporto possibile coesistenza: in tema di estorsione, la circostanza di cui all’art. 4 cod. pen. può concorrere con quella di cui all’art. 628 comma terzo n.3 cod. richiamata dall’art. 629 cod. pen., essendo le stesse ancorate a presupposti f differenti: la prima, infatti, presuppone l’accertamento che la condotta di re stata commessa con modalità di tipo mafioso, pur non essendo necessario che l’agente appartenga al sodalizio criminale, mentre la seconda si riferisc provenienza della violenza o minaccia da soggetto appartenente ad associazion mafiosa, senza la necessità di accertare in concreto le modalità di esercizio violenza o minaccia, né che esse siano attuate utilizzando la forza intimida derivante dall’appartenenza alla associazione mafiosa; pertanto, correttamen stata ritenuta la sussistenza anche dell’aggravante di cui all’art. 628 comma cod. pen., stante l’appartenenza di COGNOME ad associazione mafiosa (fatto contestato), che ben può coesistere con quella di cui all’art. 416-bis.1 cod il ricorrente sostiene che nel caso in esame si sarebbe di fronte ad una min silente e che quindi le due aggravanti non potrebbero coesistere, ma il fatt la minaccia sia stata silente rimane una mera affermazione della difesa, conseguente manifesta infondatezza del motivo di ricorso.
1.3 Per quanto riguarda la motivazione sulla sussistenza delle esigenze cautelari, il Tribunale ha richiamato la presunzione di cui all’art. 275 comma 3 cod. proc. pen. ed evidenziato il pieno inserimento di COGNOME negli ambienti criminali, visti i consigli forniti a COGNOME su come “nascondere” l’attività estorsiva posta i essere, con motivazione pertanto esente da censure.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di C 3.000,00 così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 15/05/2024