Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 14047 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 14047 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/03/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da
CHIUMMIELLO NOME nato a Napoli il 12/11/1987
avverso l’ordinanza resa dal Tribunale di Napoli il 13 dicembre 2024
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentite le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
sentite le conclusioni dell’avvocato NOME COGNOME anche in sostituzione dell’avv. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Napoli, sezione del riesame, ha confermato l’ordinanza resa il 4 novembre 2024 dal GIP del medesimo Tribunale, con cui è stata disposta la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di COGNOME NOME in relazione al delitto di tentata estorsione aggravata dal concorso di più persone riunite e dal cosiddetto metodo mafioso, commessa in Cercola nel settembre 2020 in danno di NOME COGNOME.
2.Avverso detta ordinanza propone ricorso l’imputato, tramite i suoi difensori di fiduci deducendo:
2.1 Violazione dell’art. 110 cod.pen. e vizio di motivazione poiché la misura cautelare si fonda non sulla prescritta gravità indiziaria in ordine al concorso del COGNOME nel reato estorsione contestatogli al capo 22 dell’ordinanza cautelare, ma su meri sospetti derivanti dal coinvolgimento del ricorrente in pregressa analoga vicenda delittuosa, commessa in concorso con il collaboratore di giustizia COGNOME NOME, che lo chiamava in correità.
COGNOME non ha mai incontrato la persona offesa e non ha mai assistito a pretese estorsive avanzate nei suoi confronti; non vi è la chiamata in correità del collaboratore COGNOME che s autoaccusa di questo reato e che è stato l’unico ad avanzare pretese in danno di NOME COGNOME; anche i messaggi whatsapp estrapolati dal cellulare in uso alla persona offesa, che secondo la prospettazione accusatoria dimostrerebbero la partecipazione del COGNOME nel tentativo di estorsione e la volontà cosciente di parteciparvi non sono stati bene interpretati
Osserva il ricorrente che ai fini dell’estensione della responsabilità penale ai sensi dell’art. cod.pen. è imprescindibile la sussistenza dell’elemento soggettivo rappresentato dal dolo di concorso, mentre l’ordinanza si fonda su sospetti e non vi sono elementi circa il reale concreto contributo psicologico offerto dal ricorrente, che, secondo il Tribunale, non poteva non sapere il motivo per cui il correo COGNOME cercava la persona offesa.
Nel caso in esame le pretese estorsive venivano avanzate telefonicamente dal solo COGNOME e nessun elemento dimostra che COGNOME fosse consapevole delle ragioni della visita alla persona offesa, che peraltro non si faceva trovare.
inoltre il Tribunale del riesame non ha valutato la circostanza determinante che COGNOME ritenuto collaboratore di giustizia credibile, non ha chiamato in causa il COGNOME come compartecipe e corresponsabile di questo delitto; l’assenza di tale chiamata in correità comporta, a contrario, la prova della estraneità del ricorrente poiché il collaboratore bene avrebbe potuto riferire del coinvolgimento del correo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato.
Le censure formulate si appuntano sul giudizio di gravità indiziarla in merito al contribu offerto dal ricorrente nell’esecuzione della tentata estorsione aggravata e alla su consapevolezza di agevolare la condotta estorsiva intrapresa dal correo NOME COGNOME.
Giova ricordare che in tema di concorso di persone nel reato, ai fini della sussistenza del dol del reato concorsuale, che richiede la consapevole contribuzione, anche solo agevolativa, dell’agente alla realizzazione del reato, è necessario l’accertamento della conoscenza, anche unilaterale, della condotta altrui da parte del concorrente. (Sez. 2, n. 44859 del 17/10/2019,
COGNOME, Rv. 277773 – 03)
Nel caso in esame il compendio indiziario si fonda sulle dichiarazioni della persona offesa, NOME COGNOME e del principale responsabile della tentata estorsione, il collaboratore di giusti NOME COGNOME, intraneo al clan COGNOME – COGNOME, ritenuto pienamente attendibile; COGNOME ha riferito di avere avanzato, nella veste di esponente del clan operante sul territorio, richiesta di denaro al COGNOME in relazione ad un furto di tavolini da una fabbrica abbandonata da questi commesso.
Dal tenore delle intercettazioni riportate nel provvedimento emerge che COGNOME aveva tentato di coinvolgere nel progetto estorsivo COGNOME Pasquale che si mostrava scettico sulla buona riuscita della iniziativa estorsiva, stante le precarie condizioni economiche del COGNOME.
Dai messaggi whatsapp intercorsi tra la persona offesa della tentata estorsione, NOMECOGNOME e la sua “socia in affari” NOME COGNOME emerge che il 25 settembre 2024 COGNOME, che aveva già tentato di rintracciare NOME, si recava sotto casa della persona offesa, accompagnato da ” uno dei COGNOME, il maggiore” identificato nell’odierno ricorrente. NOME tuttavia rius a sottrarsi all’incontro.
Il Tribunale osserva a pag. 10 dell’ordinanza impugnata che l’avere accompagnato il COGNOME all’incontro con la persona offesa, anche se poi non è stata reperita, integra un contribut materiale alla realizzazione della condotta estorsiva. Al riguardo richiama la consolidat giurisprudenza di legittimità secondo cui ai fini della configurabilità del concorso di persone delitto di estorsione è sufficiente anche la semplice presenza, purché non meramente casuale, sul luogo della esecuzione del reato, quando sia servita a fornire all’autore del fatto stimo all’azione o maggior senso di sicurezza nel proprio agire, palesando chiara adesione alla condotta delittuosa. (Sez. 2, n. 28895 del 13/07/2020, COGNOME, Rv. 279807 – 01)
Quanto all’elemento soggettivo del reato, il Collegio del riesame ritiene implausibile ch COGNOME ignorasse le finalità di tale visita del COGNOME al NOME e più verosimile che ab accompagnato l’autore dell’estorsione per riscuotere una parte del provento.
A sostegno di tale assunto il Tribunale ha valorizzato il coinvolgimento del COGNOME in u episodio estorsivo commesso in danno di altro soggetto, per il quale COGNOME lo ha chiamato in correità, riferendo che tramite COGNOME aveva convocato a casa propria la vittima dell’estorsione.
Così esposto il compendio indiziario, deve rilevarsi che la motivazione adottata dal Tribunale non sembra idonea a supportare un giudizio di gravità indiziaria, non tanto in merito al contribut materiale offerto dal COGNOME, che si è indubbiamente prestato ad accompagnare COGNOME sotto casa del COGNOME, quanto in ordine alla consapevolezza da parte del COGNOME della specifica finalità illecita perseguita dal COGNOME e della volontà di fornire un contribu condotta estorsiva intrapresa dal suo correo.
E’ vero infatti che l’indagato ha agevolato la condotta estorsiva del COGNOME, accompagnandolo sotto casa della persona offesa, ma non può trascurarsi che il COGNOME non si fece trovare, che nessun effettivo contatto è intervenuto in quell’occasione tra la persona offesa e l’indagato,
quale poteva, pertanto, ignorare lo scopo perseguito dal COGNOME e averlo accompagnato nell’ambito di una sua generica disponibilità nei confronti degli altri affiliati al sodalizio.
In questo quadro indiziario non del tutto univoco, assume rilevanza la costatazione che COGNOME, pur avendo coinvolto COGNOME in altro episodio estorsivo in danno di COGNOME, non lo ha
chiamato in correità in ordine a questa vicenda, il che potrebbe essere frutto di mera dimenticanza, ma potrebbe anche indicare che lo stesso collaboratore non aveva effettivamente
intenzione di coinvolgere l’indagato in questa attività estorsiva e si era limitato a chieder essere accompagnato, senza specificare le ragioni e lo scopo della sua visita e senza mettere
COGNOME a conoscenza delle sue intenzioni illecite.
La circostanza che COGNOME abbia fatto da tramite per un'”ambasciata” ad altro soggetto estorto dal COGNOME, non comporta automaticamente la sua consapevolezza in ordine alle diverse
attività illecite coltivate da quest’ultimo e a questa vicenda, che presenta delle caratterist peculiari, in quanto la pretesa era rivolta non ad un imprenditore del territorio, secondo
sistema consolidato e diffuso nella criminalità organizzata, ma ad un soggetto responsabile di un furto e noto anche per il suo inserimento nel settore del commercio di stupefacenti.
2. Per le ragioni sin qui esposte , si impone l’annullamento dell’ordinanza impugnata e il rinvio degli atti al Tribunale di Napoli che provvederà a rivalutare il compendio indiziario a sostegno
del dolo di concorso del COGNOME, nel rispetto dei criteri sin qui esposti.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Napoli competente ai sensi dell’art. 309 comma 7 cod.proc.pen.. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’Art. 94 comma 1 ter disp. att. cod.proc.pen.
NOME COGNOME