Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 16938 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 16938 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a LAMEZIA TERME il 07/06/2000
avverso l’ordinanza del 04/09/2024 del TRIBUNALE di CATANZARO, Sezione per il riesame dei provvedimenti cautelari;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procurato generale NOME COGNOME che ha chiesto emettersi declaratoria inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza resa in data 4 settembre 2024, in sede di riesame, il Tribunale di Catanzaro, sezione per il riesame dei provvedimenti cautelari confermava l’ordinanza emessa il 14 agosto 2024 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lamezia Terme con la quale era stata applicata ne confronti di COGNOME Alessandro la misura cautelare degli arresti domiciliari.
Avverso tale ordinanza proponeva ricorso per cassazione il COGNOME per il tramite del suo difensore, chiedendone l’annullamento e articoland quattro motivi di doglianza.
2.1. Con il primo e il secondo motivo deduceva vizio di motivazione, anche sotto il profilo del travisamento della prova, nonché violazione degli artt. 1
273 e 274 cod. proc. pen. e dell’art. 111, comma 6, Cost. in relazione al ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza con riguardo al contesta reato di estorsione pluriaggravata in concorso.
Assumeva in proposito che il Tribunale non aveva nemmeno sommariamente indicato i criteri logici ed ermeneutici in forza dei quali er pervenuto al giudizio di gravità indiziaria e si era confrontato in maniera tutto inadeguata con le risultanze processuali e in particolare con dichiarazioni rese dall’imputato, il quale aveva affermato di essere sta presente in maniera del tutto passiva all’incontro nel corso del quale la pa offesa aveva consegnato il denaro agli estortori, senza fornire alcun contribu causale alla perpetrazione del reato.
2.2. Con il terzo e il quarto motivo deduceva violazione dell’art. 274 cod proc. pen. e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza de esigenze cautelari, assumendo che il Tribunale aveva omesso di indicare le ragioni per le quali aveva ritenuto di applicare al COGNOME la misura cautela degli arresti domiciliari.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo e il collegato secondo motivo sono inammissibili in quanto manifestamente infondati.
Premesso che, per sua stessa ammissione, il ricorrente era stato presente, insieme agli altri correi, sul luogo in cui la vittima era stata condotta, in campagna, e nel momento in cui la stessa aveva versato nelle mani degli estorsori la somma di euro 990,00 al fine di ottenere la restituzione del veico che gli era stato sottratto, osserva la Corte che il Tribunale ha correttame richiamato il principio secondo il quale, ai fini della configurabi del concorso di persone nel delitto di estorsione è sufficiente anche semplice presenza, purché non meramente casuale, sul luogo della esecuzione del reato, quando sia servita a fornire all’autore del fatto stimolo all’azi maggior senso di sicurezza nel proprio agire, palesando chiara adesione alla condotta delittuosa (v., in tal senso, Sez. 2, n. 28895 del 13/07/2020, Massar Rv. 279807, che tratta di una fattispecie del tutto analoga, in cui l’imput presente sul luogo dell’incontro fissato dall’estorsore con la persona offesa la consegna del denaro, aveva intrattenuto il soggetto che aveva accompagnato la persona offesa all’appuntamento).
Il giudice della cautela ha reso una motivazione immune dai vizi denunciati nel ritenere la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in relazione condotta di concorso nel delitto di estorsione contestata al ricorren richiamando in maniera del tutto congrua la circostanza che COGNOME NOME era stato presente al momento del pagamento da parte della vittima non per mero caso, bensì perché, per come affermato dallo stesso ricorrente, invitato a partecipare all’approccio criminoso dallo zio, il correo COGNOME NOMECOGNOME pure presente al momento della consegna del denaro parte della persona offesa e ideatore dell’estorsione, in particolare osservando che “la presenza del ricorrente, per come da lui stesso affermato, lungi dal configurarsi casuale, era stata propiziata dallo stesso NOME COGNOME, essendo dunque NOME COGNOME ben consapevole dell’impresa criminosa” (v. pag. 4 dell’ordinanza impugnata).
Deve, peraltro, osservarsi che il denunciato vizio di travisamento della prova si risolve in una doglianza del tutto generica, non essendo stata neppur indicata la prova asseritamente travisata.
Anche il terzo e il collegato quarto motivo sono inammissibili per manifesta infondatezza.
Ad onta di quanto sostenuto in ricorso, il Tribunale ha, invero, indicato ragioni per le quali ha applicato al COGNOME la misura cautelare degli arre domiciliari, osservando congruamente che il pericolo di recidiva doveva essere ritenuto sussistente in ragione della gravità del fatto, del modus operandi del ricorrente, indicativo della non occasionalità della condotta e della “intraneità del ricorrente nel contesto criminoso e criminogeno in oggetto” (v. pag. 4 cit.), e infine della spregiudicatezza manifestata, sintomatica di una personalit incline a delinquere.
Ha poi ritenuto, rendendo sul punto adeguata motivazione, che la misura cautelare degli arresti domiciliari fosse l’unica idonea a fronteggiare la rite esigenza cautelare “in quanto consente di assicurare un controllo adeguato sul prevenuto, recidendo la possibilità di reiterazione di reati predatori sul territorio ed i legami con il contesto criminogeno in cui egli è più che verosimilmente inserito, non essendo idonee allo scopo misure non custodia/i” (v. pag. 4 cit.).
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve, dunque, essere dichiar inammissibile.
Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616 c proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento. In virtù delle statuizion
della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato present
senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in
equitativa, di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa dell
ammende.
Così deciso il 16/01/2025