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Concorso in estorsione: la presenza non è neutra

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza del Tribunale del Riesame che aveva liberato un indagato accusato di concorso in estorsione. Secondo la Suprema Corte, la presenza dell’individuo durante l’aggressione non può essere considerata casuale o neutra, ma costituisce un contributo causale al reato, rafforzando l’intimidazione del gruppo criminale. La motivazione del Tribunale, che ipotizzava una presenza per mera curiosità, è stata definita ‘manifestamente illogica’ e contraria alle massime di esperienza.

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Pubblicato il 26 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concorso in Estorsione: Quando la Semplice Presenza Diventa Partecipazione Attiva

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. n. 38758/2024) ha riaffermato un principio cruciale in materia di concorso in estorsione, stabilendo che la presenza di un individuo sul luogo del delitto, sebbene apparentemente passiva, può integrare una piena partecipazione criminale. Il caso analizzato offre spunti fondamentali per comprendere come la condotta di un soggetto venga valutata nel contesto di un reato di gruppo, superando l’idea che l’assenza di un’azione materiale escluda la responsabilità.

Il Contesto: L’accusa di Estorsione e la Decisione del Riesame

I fatti riguardano un episodio di estorsione ai danni di un imprenditore edile, messo in atto da un gruppo riconducibile alla criminalità organizzata. Tra i partecipanti, un soggetto veniva riconosciuto con certezza dalla vittima. In un primo momento, il Tribunale del Riesame di Napoli aveva annullato la misura custodiale a suo carico. La motivazione di tale decisione si fondava sull’assunto che non fosse stato delineato un ruolo specifico per l’indagato e che la sua presenza potesse essere giustificata da ragioni casuali, come la semplice curiosità.

Il Ricorso in Cassazione del Pubblico Ministero

Il Pubblico Ministero ha impugnato l’ordinanza del Riesame, contestandone la logicità. Secondo l’accusa, la valutazione del Tribunale era errata perché non considerava elementi cruciali:
1. Il riconoscimento certo: La vittima aveva identificato l’indagato senza ombra di dubbio.
2. Il contributo causale: La presenza dell’uomo non era stata neutra. Egli aveva partecipato attivamente all’accerchiamento della vittima, facilitando l’aggressione fisica perpetrata dagli altri e rafforzando la pressione intimidatoria del gruppo.
In sostanza, la sua condotta, pur senza un atto di violenza diretto, era stata funzionale alla commissione del reato.

Le Motivazioni della Cassazione sul Concorso in Estorsione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, definendo la motivazione del Tribunale del Riesame ‘manifestamente illogica’. Gli Ermellini hanno chiarito che, in un contesto di azione criminale di gruppo e coordinata, la presenza di un soggetto non può essere decontestualizzata.

Il Ruolo della ‘Massima d’Esperienza’

La decisione si fonda su una ‘massima d’esperienza’, ovvero una regola basata sul senso comune e su ciò che accade di norma (id quod plerumque accidit). È illogico pensare che un gruppo criminale, intenzionato a commettere un’estorsione, permetta a un conoscente incontrato per caso o a un semplice curioso di assistere, aumentando così il rischio di essere scoperti e perseguiti. La presenza dell’indagato, quindi, non era casuale ma parte integrante del piano criminoso, volta a rafforzare il proposito del gruppo e a intimorire la vittima.

L’Illogicità dell’Ipotesi Alternativa

Il Tribunale del Riesame, secondo la Cassazione, ha formulato ipotesi alternative (presenza per caso o per curiosità) in modo ‘meramente speculativo’ e ‘bizzarro’, senza ancorarle a un solido substrato indiziario. Invece di basarsi sui fatti concreti – l’attesa, l’accerchiamento, la partecipazione al gruppo – il giudice del riesame si è ‘scivolato nel congetturale’, ignorando la logica degli eventi.

Le Conclusioni: Annullamento con Rinvio

In conclusione, la Suprema Corte ha stabilito che la partecipazione a una condotta estorsiva può essere integrata anche dalla semplice presenza sul luogo del reato, quando questa non sia meramente casuale ma idonea a rafforzare il proposito criminoso o a facilitarne l’esecuzione. La presenza fisica dell’imputato, inserita in un’azione di gruppo coordinata, diventa essa stessa una forma di minaccia e di contributo al delitto. Per queste ragioni, la Corte ha annullato l’ordinanza impugnata e ha rinviato il caso al Tribunale di Napoli per un nuovo giudizio, che dovrà attenersi ai principi enunciati.

La semplice presenza sul luogo di un’estorsione è sufficiente per essere considerati complici?
Sì, secondo la sentenza, la presenza può integrare il concorso in estorsione quando non è meramente casuale. Se la presenza è funzionale a rafforzare il proposito criminoso del gruppo o a facilitare l’esecuzione del reato (ad esempio, partecipando all’accerchiamento della vittima), essa costituisce una forma di partecipazione penalmente rilevante.

Cosa intende la Corte per motivazione ‘manifestamente illogica’?
Una motivazione è ‘manifestamente illogica’ quando si basa su ipotesi speculative, bizzarre o sganciate dalla realtà concreta e dalle massime di esperienza (cioè dal normale svolgersi degli eventi). Nel caso specifico, l’idea che un gruppo criminale consenta a un ‘curioso’ di assistere a un’estorsione è stata ritenuta contraria a ogni logica.

Quale valore ha il riconoscimento della vittima nel decidere una misura cautelare?
Il riconoscimento certo da parte della persona offesa è un elemento indiziario di grande importanza. La sentenza sottolinea che, a fronte di un riconoscimento ‘con certezza assoluta’, la tesi della presenza casuale dell’indagato diventa ancora meno sostenibile e richiede una motivazione particolarmente solida per essere accolta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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