Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 30581 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 30581 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a Catania il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 22/02/2024 del Tribunale di Catania visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore Generale NOME AVV_NOTAIO, il quale ha chiesto che l’ordinanza impugnata venga annullata con rinvio;
udito l’AVV_NOTAIO, in difesa di COGNOME NOME, il quale si è riportato al motivo di ricorso e ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 22/02/2024, il Tribunale di Catania, in parziale accoglimento della richiesta di riesame che era stata presentata da NOME COGNOME, riformava l’ordinanza del 20/12/2023 con la quale il G.i.p. del Tribunale di Catania aveva disposto la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti del COGNOME per essere egli gravemente indiziato del delitto di estorsione, in concorso con NOME COGNOME, ai danni di NOME COGNOME, sostituendo la suddetta misura della custodia cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari.
2. Avverso tale ordinanza del 22/02/2024 del Tribunale di Catania, ha proposto ricorso per cassazione, per il tramite del proprio difensore, NOME COGNOME, affidato a un unico motivo, con il quale deduce, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., l’inosservanza o l’erronea applicazione degli artt. 110 e 629 cod. pen. e, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., l’insufficienza e la contraddittorietà della motivazione, con riguardo alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza del suo «concorso nell’attività estorsiva tesa a recuperare il credito indebitamente vantato dal RAGIONE_SOCIALE nei confronti del COGNOME» (così l’ordinanza impugnata).
Il ricorrente lamenta anzitutto che il Tribunale di Catania, nel valorizzare l’indizio della sua presenza a un incontro tra il coindagato NOME COGNOME e la persona offesa NOME COGNOME, non avrebbe considerato che, dagli elementi a disposizione, e, in particolare, dal contenuto delle dichiarazioni del COGNOME, sarebbe emerso che tale presenza era stata del tutto casuale e fortuita e trovava spiegazione nel fatto che il menzionato incontro era avvenuto presso il chiosco vicino alla macelleria “Somma” di Catania che era un luogo che egli, come anche il COGNOME aveva mostrato di sapere, frequentava abitualmente. Con la conseguente esclusione di una sua «partecipazione attiva nel proposito estorsivo del COGNOME».
Il COGNOME contesta in secondo luogo che il Tribunale di Catania abbia ritenuto la sussistenza della circostanza aggravante del cosiddetto “metodo RAGIONE_SOCIALE“, la quale era stata invece già esclusa dal G.i.p. del Tribunale di Catania nell’ordinanza “genetica”. Secondo il ricorrente, ciò inciderebbe anche sull’operata valutazione in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, atteso che, nel capo d’imputazione provvisorio, gli era stato contestato, oltre che di avere preso la parola, anche di avere rappresentato di essere il braccio destro del padre di NOME COGNOME (cioè di NOME COGNOME, esponente del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE che operava nel quartiere catanese di RAGIONE_SOCIALE).
In terzo luogo, il ricorrente deduce che non si potrebbero ritenere avere valore indiziante a suo carico le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia NOME COGNOME e NOME COGNOME. Il COGNOME rappresenta in proposito che: a) il COGNOME e lo COGNOME «fanno riferimento ad un periodo antecedente a quello in contestazione»; b) egli «non è mai stato coinvolto in nessuna attività investigativa diretta alla repressione dell’associazione del RAGIONE_SOCIALE»; c) le suddette dichiarazioni sarebbero smentite dagli atti d’indagine che erano stati raccolti nell’ambito delle due operazioni cosiddette “Orfeo” e “RAGIONE_SOCIALE“, nei quali atti egli non sarebbe «mai comparso né come interlocutore, né come soggetto richiamato da terze persone, né la sua persona viene ripresa in alcuna registrazione», né era stato «riconosciuta» da alcun collaboratore di giustizia.
Il COGNOME conclude lamentando che il Tribunale di Catania «non specifica in che modo possa aver condizionato o indotto la persona offesa a pagare le rate del prestito in favore del COGNOME durante un incontro avvenuto in un posto frequentato abitualmente dal ricorrente; e ciò soprattutto a seguito dell’esclusione dell’art. 416 bis 1 c.p. Ciò in quanto la sola presenza ad un incontro presso un luogo abitualmente e giornalmente frequentato non può assurgere o costituire i c.d. gravi indizi di colpevolezza».
CONSIDERATO IN DIRITTO
L’unico motivo non è fondato.
È vero che, come è stato esattamente rilevato dal ricorrente, il Tribunale di Catania ha erroneamente reputato che il G.i.p. del Tribunale di Catania avesse ritenuto la circostanza aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen. («con l’aggravante di cui all’art. 416 bis c.p.»; pag. 1 dell’ordinanza impugnata).
Dalla lettura dell’ordinanza “genetica” risulta infatti che tale circostanza aggravante, che era stata contestata sub specie del cosiddetto “metodo RAGIONE_SOCIALE“, era stata in realtà esclusa dal G.i.p. del Tribunale di Catania («uanto, invece, alla contestata circostanza aggravante di cui all’art. 416 bis.1 c.p. nella sua accezione di aver utilizzato un c.d. metodo RAGIONE_SOCIALE per eseguire il delitto, essa va esclusa non risultando dagli esiti delle indagini che né il COGNOME né il COGNOME si siano presentati alla vittima come esponenti di clan RAGIONE_SOCIALE né vicini ad esso. Da quanto rassegnato emerge soltanto che costoro hanno minacciato il COGNOME al fine di ottenere il pagamento delle rate usurarie, con espressioni che non hanno una matrice mafiosa»; pagg.123-124 dell’ordinanza “genetica”, il cui dispositivo, come risulta dalla pag. 243, dà correttamente atto di tale esclusione).
Si deve pertanto ritenere che, in modo non consentito, il Tribunale di Catania abbia poi ritenuto la sussistenza della stessa circostanza aggravante – per avere «i due correi evocato, anche implicitamente, la vicinanza al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE» – nonostante la stessa aggravante fosse stata esclusa dal G.i.p. del Tribunale di Catania.
Ciò, tuttavia, non si può reputare inficiare la tenuta logica dell’ordinanza impugnata, atteso che il Tribunale di Catania ha comunque dato conto della condotta minacciosa che – anche a prescindere dall’evocazione della vicinanza al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e, quindi, dall’utilizzo del cosiddetto “metodo RAGIONE_SOCIALE” – era stata compiuta dal COGNOME per concorrere a costringere la persona offesa NOME COGNOME a versare a NOME COGNOME le rate del capitale e degli interessi del prestito usurario che lo stesso NOME gli aveva concesso.
Il Tribunale di Catania, le cui argomentazioni si integrano con quelle del G.i.p. dello stesso Tribunale, ha in particolare evidenziato gli indizi che il COGNOME – che
il collaboratore di giustizia NOME COGNOME aveva anche indicato non solo come inserito nel RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE ma pure come investito dello specifico compito del «recupero crediti» – : a) come risultava anche dal contenuto di un’intercettata conversazione telefonica tra il COGNOME e l’altra vittima di usura NOME COGNOME, aveva, su direttiva del COGNOME, contattato telefonicamente il COGNOME, così agendo – evidentemente, per conto del COGNOME – ai fini del recupero del credito usurario da questi vantato; b) come risultava anche dall’ordinanza “genetica”, il COGNOME aveva riferito come il COGNOME fosse stato «parte attiva» (pag. 120 di tale ordinanza “genetica”) delle ripetute minacce del COGNOME, per conto del quale lo stesso COGNOME agiva «utilizzando metodi intimidatori per riscuotere i debiti» (pag. 120 dell’ordinanza “genetica”); c) come era stato dichiarato sempre dal COGNOME, il COGNOME aveva anche partecipato all’ultimo incontro tra il COGNOME e lo stesso COGNOME, e la presenza del COGNOME a tale incontro, ancorché il COGNOME non avesse «specificato se nell’occorso il COGNOME abbia espresso qualche minaccia», aveva rafforzato l’effetto intimidatorio della pretesa estorsiva, avendo ingenerato nel COGNOME ancor più timore, atteso che la persona offesa ben conosceva la caratura criminale di entrambi i suoi interlocutori.
Tale motivazione della gravità indiziaria a carico del COGNOME appare esente da contraddizioni e da illogicità manifeste, atteso che il Tribunale di Catania si deve ritenere avere dato adeguatamente conto, nel modo che si è appena esposto, delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico del COGNOME, con particolare riguardo alla condotta minacciosa, diretta a coartare la persona offesa, dallo stesso compiuta anche a prescindere dall’utilizzo del “metodo RAGIONE_SOCIALE“, mentre la doglianza del ricorrente in ordine alla casualità della sua presenza presso il chiosco dove avvenne l’incontro sopra menzionato, in quanto si risolve nella prospettazione di una diversa valutazione di tale circostanza di fatto – già esaminata, come si è detto, in modo non contraddittorio né manifestamente illogico, dal giudice di merito – e delle dichiarazioni che, con riguardo alla stessa circostanza, sono state rese dalla persona offesa NOME COGNOME, non è consentita in questa sede di legittimità.
Pertanto, il ricorso deve essere rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 31/05/2024.