Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 32913 Anno 2025
In nome del Popolo RAGIONE_SOCIALE
Penale Sent. Sez. 2   Num. 32913  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/09/2025
SECONDA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME
Presidente –
Sent. n. sez. 1225/2025
NOME COGNOME
UP – 23/09/2025
NOME COGNOME COGNOME
Relatore –
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
NOME COGNOME
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MARIGLIANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 25/10/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito  il  Pubblico  Ministero,  in  persona  del  Sostituto  Procuratore  generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; udite le conclusioni del difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, che ha chiesto lÕaccoglimento del ricorso con ogni conseguente statuizione.
La Corte di appello di Napoli, con sentenza del 25/10/2025, ha parzialmente riformato la sentenza pronunciata dal G.u.p. presso il Tribunale di Napoli in data 25/10/2024 ed ha dichiarato non doversi procedere nei confronti del NOME COGNOME in relazione al reato di tentata estorsione consistita nella richiesta di pagamento di 25.000,00 euro, riqualificato il fatto ai sensi degli artt. 393 e 416bis. 1 cod. pen. per difetto di querela, confermando nel resto; è stata conseguentemente rideterminata la pena in anni uno e mesi dieci di reclusione ed euro 1000,00 di multa per il delitto allo stesso ascritto ai sensi degli artt. 56, 629, 110, 628, comma terzo, n.ri 1) e 3bis ) cod. pen.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo del proprio difensore, NOME COGNOME, articolando motivi di ricorso che  qui  si riportano nei limiti  strettamente  necessari  per  la motivazione ai sensi dellÕart. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione di legge in relazione alla mancata riqualificazione del fatto ascritto al ricorrente ai sensi dellÕart. 393 cod. pen. in luogo di quella ex art. 56, 629 cod. pen.; a sostegno della censura, la difesa richiamava il giudizio a carico dei coimputati, che si era concluso, a seguito della riqualificazione della condotta ai sensi dellÕart. 393 cod. pen., in una dichiarazione di non doversi procedere per mancanza di valida querela, nonchŽ lÕesito della rinnovazione dibattimentale in appello, che dimostrava senza alcun dubbio come la condotta ascritta non si potesse ritenere una tentata estorsione; tali conclusioni erano state ribadite con i motivi nuovi presentati in appello, ma il giudice di secondo grado aveva disatteso tale doglianza con argomentazioni non convincenti e sostanzialmente sbagliate, ritenendo non tutelabile la pretesa di COGNOME NOME in considerazione della disciplina di cui allÕart. 49 della l. n. 203 del 1982 e del fatto che al momento della condotta ascritta, atteso che allÕepoca il padre NOME NOME era ancora in vita; la conclusione era stata raggiunta mediante una erronea applicazione della legge penale, atteso che la persona offesa aveva stipulato il nuovo contratto con la nipote dei due concorrenti NOME, mentre era ancora in vita il contratto con il padre, che poteva essere sciolto solo consensualmente e rispetto al quale i due coimputati del COGNOME vantavano una legittima aspettativa di subentro. La difesa ha, inoltre, richiamato la giurisprudenza in ordine alla distinzione tra esercizio arbitrario delle proprie ragioni ed estorsione, sottolineando come proprio la connotazione dellÕelemento psicologico riferibile al COGNOME NOME escludesse la ricorrenza di una estorsione tentata.
2.2. Violazione di legge in relazione alla disciplina del concorso di persone nel reato ai sensi dellÕart. 110 cod. pen.; nonostante la contestazione in concorso, il ricorrente era stato condannato per una condotta diversa e più grave rispetto ai concorrenti, nonostante i fatti e la piattaforma probatoria fossero del tutto coincidenti; tale conclusione era da ritenersi in violazione della concezione unitaria del reato concorsuale, sicchŽ anche al COGNOME avrebbe dovuto essere ascritta la condotta di esercizio arbitrario delle proprie ragioni in considerazione dellÕintervenuto passaggio in giudicato della decisione nei confronti dei coimputati, mentre il COGNOME, quale concorrente extraneus, è stato condannato per un delitto diverso e più grave rispetto agli altri concorrenti; il passaggio in giudicato della decisione
determina una evidente violazione di legge quanto alla conclusione raggiunta dalla Corte di appello, atteso che allÕinterno del medesimo concorso nel reato non è possibile attribuire diverse ipotesi di reato ai concorrenti.
2.3. Violazione di legge per erronea applicazione dellÕart. 587 cod. proc. pen., per non aver ritenuto possibile applicare lÕeffetto estensivo al caso di specie ed avere rigettato la richiesta di sollevare sul punto incidente di costituzionalitˆ; la Corte di appello, pur avendo riconosciuto che non vi sono rimedi sul contrasto sostanziale di giudicatosi formatosi, seppur attinenti allo stesso fatto, ha ritenuto non rilevante la questione chiarendo, in modo non condivisibile, come nel caso di specie non ricorrano i presupposti legittimanti della disciplina evocata in presenza di una diversa interpretazione giuridica dellÕesito del giudizio; ricorre invece un contrasto di giudicati ed una evidente disparitˆ di trattamento, sulla base tra lÕaltro di una impugnazione dei coimputati non basata su motivi esclusivamente personali.
Il Procuratore generale ha concluso chiedendo che il ricorso venga rigettato.
Il ricorso è inammissibile perchŽ proposto con motivi generici, non consentiti, oltre che manifestamente infondati.
In via preliminare, si deve rilevare come secondo la consolidata giurisprudenza di legittimitˆ, contenuto essenziale dellÕatto di impugnazione è innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale con le argomentazioni del provvedimento che si contesta. La mancanza di specificitˆ del motivo va valutata e ritenuta non solo per la sua genericitˆ, intesa come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, dal momento che quest’ultima non pu˜ ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificitˆ che conduce, a norma dellÕart. 591, comma 1, lett. c ), cod. proc. pen., alla inammissibilitˆ della impugnazione.
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno statuito il principio secondo il quale  ÇlÕappello  (al  pari  del  ricorso  per  cassazione)  è  inammissibile  per difetto di specificitˆ dei motivi quando non risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della sentenza impugnataÈ (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016,
dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822-01; nello stesso senso v. Sez. U, n. 24591 del 16/07/2020, COGNOME, Rv. 280027-01, in motivazione).
Va ribadito, dunque, che sono inammissibili i motivi che riproducono pedissequamente le censure dedotte in appello, al più con lÕaggiunta di espressioni che contestino, in termini assertivi e apodittici, la correttezza della sentenza impugnata, laddove difettino Ð come nel caso di specie Ð di una critica puntuale al provvedimento e non prendano in considerazione, per confutarle in fatto e/o in diritto, le argomentazioni in virtù delle quali i motivi di gravame non sono stati accolti (Sez. 6, n. 23014 del 29/04/2021, B., Rv. 281521-01; Sez. 4, n. 38202 del 07/07/2016, COGNOME, Rv. 267611-01; Sez. 6, n. 34521 del 27/06/2013, COGNOME, Rv. 256133-01).
Fermo quanto precede, evidenzia il Collegio come il ricorrente non si confronta effettivamente con lÕampia e logica motivazione della Corte di appello, che ha correttamente ricostruito, in applicazione dei principi di diritto affermati da questa Corte, la condotta ascritta al ricorrente in termini del tutto conformi al giudice di primo grado. Nel caso di specie, dunque, la sentenza di appello si salda con quella precedente per formare un unico complessivo corpo argomentativo, in quanto le due decisioni di merito concordano nellÕanalisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni: conseguenza che si verifica, a maggior ragione, quando i motivi di appello non abbiano riguardato elementi nuovi, ma si siano limitati a prospettare circostanze giˆ esaminate e ampiamente chiarite nella sentenza di primo grado (Sez. U, n. 6682 del 04/02/1992, COGNOME , Rv. 191229-01; Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218-01; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257595-01; Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011, dep. 2012, NOME, Rv. 252615-01; Sez. 2, n. 22066 del 02/03/2021, COGNOME, Rv. 281499-01, non mass. sul punto).
I motivi proposti sono poi del tutto reiterativi dei motivi di appello, come emerge dal riepilogo contenuto in sentenza (pag. 6) e giˆ per ci˜ solo inammissibili (Sez. 2, n. 19411 del 12/03/2019, COGNOME, Rv. 276062-01, in motivazione; Sez. 3, n. 57116 del 29/09/2017, COGNOME., Rv. 271869-01; Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, COGNOME, Rv. 270316-01; Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017, COGNOME, Rv. 269745-01; Sez. 2, n. 8890 del 31/01/2017, COGNOME, Rv. 269368-01; Sez. 3, n. 16610 del 24/01/2017, COGNOME, Rv. 26963201); gli stessi, inoltre, si caratterizzano come una rilettura del merito non consentita in questa sede (Sez. 5, n. 51604 del 19/09/2017, DÕIppedico, Rv. 271623-01; Sez. 6 n. 13809 del 17/03/2015, O., Rv. 262965-01; Sez. 2, n.
7667  del  29/01/2015,  COGNOME,  Rv.262575-01;  Sez.  2,  n.  20806  del 05/05/2011,  COGNOME,  Rv.  250362-01;  Sez.  2,  n.  10255 del  29/11/2019, Fasciani, Rv. 278745-01) a fronte di una motivazione della Corte di appello, ampia  ed  argomentata,  con  la quale il ricorrente non  si confronta effettivamente.
4. Il primo e secondo motivo di ricorso possono essere trattati congiuntamente, attesa la diretta riferibilitˆ degli stessi al tema centrale dellÕaccertamento della responsabilitˆ del ricorrente a titolo di estorsione tentata, piuttosto che di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, con richiamo al diverso esito del giudizio per i coimputati in distinto procedimento. I motivi in parola non sono consentiti in quanto totalmente reiterativi in assenza di confronto con la motivazione del giudice di appello, che con articolata e logica argomentazione, ha ampiamente ricostruito, in termini puntuali e privi di aporie, la condotta ascritta al ricorrente secondo le coordinate ampiamente tracciate dalle Sezioni Unite Ò COGNOME Ó, con specifico riferimento alla posizione del terzo extraneus e con analitica considerazione del distinto esito del giudizio per i coimputati, evidenziando le diverse ragioni poste a base della qualificazione giuridica del fatto.
4.1. La Corte di appello ha difatti ricostruito: – come il ricorrente avesse svolto un ruolo centrale nel condurre (in luogo segreto ed occulto) alla ÒattenzioneÓ del COGNOME NOME (sottoposto alla misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno) la persona offesa; – come in quel contesto la azione si fosse evoluta in modo violento, con accerchiamento della persona offesa, aggressione violenta nei suoi confronti ed impedimento ad allontanarsi (comportamento questo specificamente posto in essere dal ricorrente sulla base del non contestate dichiarazioni della persona offesa, ritenute pienamente attendibili dai giudici di merito) in assenza di qualsiasi valida pretesa azionabile da parte del COGNOME e, di conseguenza, anche dal COGNOME, che non solo concorreva intenzionalmente nella azione del COGNOME, nella piena consapevolezza della volontˆ di porre la persona offesa in stato di subalternitˆ, ma anche tentava di ottenere egli stesso un indebito vantaggio da tale azione sfruttando lÕeffetto intimidatorio della condotta poco prima posta in essere (come emerge dal richiamo alla conversazione in auto con la persona offesa alla quale chiedeva di cedere il cantiere, vista la minaccia pronunciata dal COGNOME, che gli aveva fatto chiaramente capire che non avrebbe più potuto lavorare nella sua zona di competenza, pag. 6 e seg. della sentenza dove è stata anche valorizzata la chiara portata della condotta anche ai sensi dellÕart. 416bis.1 cod. pen). Ricorre, in conclusione,
una ricostruzione specifica, puntuale e logicamente articolata della condotta ascritta, con la quale il ricorrente non si confronta, se non genericamente.
4.2. La Corte di appello, una volta riscontrata la mancanza di una valida pretesa azionabile giuridicamente da parte del COGNOME, richiamata la ulteriore condotta del COGNOME volta ad ottenere indebiti vantaggi quali terzo extraneus, ha ritenuto la ricorrenza del delitto di estorsione e non un esercizio arbitrario delle proprie ragioni, richiamando e facendo corretta applicazione dei principi di diritto enunciati dalle Sezioni Unite Ò COGNOME Ó (sent. n. 29541 del 16/07/2020, Rv. 280027-02) circa le modalitˆ di accertamento del dolo di estorsione, nel senso che alla speciale veemenza del comportamento violento o minaccioso potrˆ riconoscersi valenza di elemento sintomatico del dolo di estorsione, circostanza questa esplicitamente emersa dalla argomentazione delle decisioni, in correlazione tra loro, dei giudici di merito. La prova in questione ha, dunque, carattere indiretto e deve essere desunta da elementi esterni ed, in particolare, da quei dati della condotta che, per la loro inequivoca potenzialitˆ offensiva siano i più idonei ad esprimere il fine perseguito dallÕagente e quindi la gravitˆ della violenza e lÕintensitˆ dellÕintimidazione veicolata con la minaccia, che si caratterizzano come momenti assolutamente significativi e motivatamente ritenuti tali dalla Corte di appello nel qualificare il fatto in termini di estorsione.
4.3. La posizione del COGNOME deve poi essere complessivamente considerata sia alla luce dei principi appena evidenziati dalle Sezioni Unite Ò COGNOME Ó, che in considerazione delle conclusioni ermeneutiche raggiunte da Sez. 2, n. 5622 del 12/11/2021, dep. 2022, Carbone, Rv. 282594-01, che ha chiarito che: ÒÉ il concorso del terzo nel reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza o minaccia alle persone è configurabile nei soli casi in cui questi si limiti ad offrire un contributo alla pretesa del creditore, senza perseguire alcuna diversa ed ulteriore finalitˆ . In proposito, hanno, in particolare, ricordato, in motivazione, che, tradizionalmente, secondo la giurisprudenza di legittimitˆ, per configurare il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni in luogo di quello di estorsione, nel caso in cui la condotta tipica sia posta in essere da un terzo a tutela di un diritto altrui, occorre che il terzo abbia commesso il fatto al solo fine di esercitare il preteso diritto per conto del suo effettivo titolare, dal quale abbia ricevuto incarico di attivarsi, e non perchŽ spinto anche da un fine di profitto proprio , ravvisabile ad esempio nella promessa o nel conseguimento di un compenso per sŽ, anche se di natura non patrimoniale (Sez. 2, n. 11282 del 02/10/1985, Conforti, Rv. 171209-01); qualora il terzo agente – seppure inizialmente inserito in un rapporto inquadrabile ex art. 110 cod. pen. nella previsione
dell’art.  393  stesso  codice  –  inizi  ad  agire  in  piena  autonomia  per  il perseguimento dei propri interessi, deve ritenersi che tale condotta integri gli estremi del concorso nel reato di estorsione ex art. 110 e 629 cod. pen. (Sez. 2, n. 8836 del 05/02/1991, COGNOME, Rv. 188123-01; Sez. 2, n. 4681 del 21/03/1997, COGNOME, Rv. 207595-01; Sez. 5, n. 29015 del 12/07/2002, COGNOME,  Rv.  222292-01;  Sez.  5,  n.  22003  del  07/03/2013,  COGNOME,  Rv. 255651-01).Ó
La Corte di legittimitˆ ha dunque chiarito con principio che si intende ribadire che: Ò Ð il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni ha natura di reato proprio non esclusivo; – il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con minaccia e violenza alle persone e quello di estorsione si differenziano tra loro in relazione allÕelemento psicologico; si è osservato che, di conseguenza, se hai fini della distinzione tra i reati de quibus alla partecipazione al reato di terzi concorrenti non creditori (abbiano o meno posto in essere la condotta tipica) non è possibile attribuire rilievo decisivo, risulta, al contrario, determinante il fatto che i terzi eventualmente concorrenti ad adiuvandum del preteso creditore abbiano o meno perseguito (anche o soltanto) un interesse proprio. Ove ci˜ sia accaduto, i terzi (ed il creditore) risponderanno di concorso in estorsione; in caso contrario, ove cioè i concorrenti nel reato abbiano perseguito proprio e soltanto l’interesse del creditore, nei limiti in cui esso sarebbe stato in astratto giudizialmente tutelabile, tutti risponderanno di concorso in esercizio arbitrario delle proprie ragioni. Si è ancora precisato, in via ulteriormente consequenziale, che, nei casi in cui ricorra la circostanza aggravante della c.d. “finalitˆ mafiosa”, la finalizzazione della condotta alla soddisfazione di un interesse ulteriore (anche se di per sŽ di natura non patrimoniale) rispetto a quello di ottenere la mera soddisfazione del diritto arbitrariamente azionato, comporta la sussumibilitˆ della fattispecie sempre e comunque nella sfera di tipicitˆ dell’art. 629 cod. pen., con il concorso dello stesso creditore, per avere agevolato il perseguimento (anche o soltanto) di una finalitˆ (anche soltanto lato sensu ) di profitto di terziÒ (Sez. 2, n. 5622 del 12/11/2021, dep. 2022, Carbone, Rv. 282594-01).
4.4. Nel caso in esame i parametri ermeneutici appena evocati risultano correttamente applicati, avendo la Corte di appello chiaramente enucleato gli elementi in relazione ai quali ritenere la ricorrenza di una estorsione (pag. 8 e seguenti, con enucleazione specifica degli elementi che hanno portato a non condividere il diverso esito decisorio), seppure tentata, e accertato in modo incensurabile in questa sede, il concorso del COGNOME.
4.5. Al fine di contestare tale incensurabile ricostruzione il ricorrente ha poi richiamato lÕesito del diverso e separato giudizio svoltosi nei confronti dei coimputati rispetto ai quali, considerata la diversa qualificazione giuridica della loro condotta in esercizio arbitrario delle proprie ragioni, è stata pronunciata sentenza di non doversi procedere per difetto di querela, cos’ richiamando un evidente contrasto e lÕimpossibilitˆ di giudicare con esito diverso la stessa condotta in concorso. Nel proporre tale argomentazione difensiva, il ricorrente non si confronta con la costante giurisprudenza di questa Corte, che ha chiarito che, nel caso ancora più rilevante relativo ad una assoluzione dei concorrenti nel reato, non da luogo a contraddittorietˆ potenziale di giudicati lÕaffermazione di responsabilitˆ di un concorrente nel medesimo reato in relazione al quale, in un precedente e separato procedimento, altri concorrenti siano stati assolti, ricorrendo comunque un dovere del giudice che pronuncia sentenza di condanna di evidenziare le ragioni che fondano lÕopposta soluzione, come avvenuto nel caso in esame (cfr., Sez. 5, n. 1753 del 10/03/2021, COGNOME, Rv. 281141-01; Sez. 3, n. 9576 del 25/01/2012, COGNOME, Rv. 252248-01). Deve, in tal senso, essere richiamato il principio del libero convincimento del giudice, che ha, nel caso di specie, analizzato anche gli elementi motivazionali valorizzati nel diverso procedimento, chiarendo in modo logico ed argomentato il perchŽ della sua diversa decisione (Sez. 2, n. 29517 del 17/06/2015, COGNOME, Rv. 26442201). Con la motivazione specifica resa sul punto, il ricorrente non si confronta effettivamente, limitandosi a proporre una lettura alternativa delle complessive risultanze istruttorie, non consentita in questa sede (Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 273217-01; Sez. 5, n. 15041 del 24/10/2018, COGNOME, Rv. 275100-01; Sez. 4, n. 1219 del 14/09/2017, COGNOME, Rv. 271702-01; Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, COGNOME, Rv. 277758-01; Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv. 269217-01; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482-01; Sez. 5, n. 15041 del 24/10/2018, dep. 2019, Battaglia, Rv. 275100-01).
4.6. Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione della previsione di cui allÕart. 587 cod. proc. pen. reiterando anche in questa sede la considerazione, giˆ proposta in appello, in ordine alla legittimitˆ costituzionale della disciplina evocata. In via preliminare, occorre rilevare come la Corte di appello abbia reso una puntuale motivazione su entrambi i profili di critica devoluti (pag. 10 e seguenti dove è stata richiamata la necessaria unitarietˆ del procedimento al fine della possibile applicazione dellÕeffetto estensivo e la mancata impugnazione da parte di alcuni degli imputati nel medesimo procedimento, con richiamo specifico alla disciplina
di cui allÕart. 630, lett. a) del cod. proc. pen. ed alla sua portata, non rilevante anche nel caso in esame, ai criteri di giudizio applicabili ed al diverso rito prescelto dal ricorrente, al quale è seguita una regolare impugnazione nellÕambito della quale è stato specificamente devoluto il tema della condotta ascritta e della diversa qualificazione giuridica della stessa rispetto ai coimputati giudicati separatamente, con un esito esente, proprio per tali ragioni, da profili di incostituzionalitˆ). Anche in questo caso il ricorrente si limita a reiterare le proprie argomentazioni, senza effettivamente confrontarsi con la motivazione della Corte di appello, con ci˜ proponendo un motivo non consentito in applicazione dei principi di diritto sopra richiamati. Il motivo è poi anche manifestamente infondato. In tal senso, è bene sottolineare che questa Corte, nella sua massima espressione, con orientamento ribadito da numerose e successive decisioni (Sez. U, n. 30347 del 12/07/2007, Aguneche, Rv. 236756-01; Sez. 2, n. 34126 del 05/06/2024, COGNOME, Rv. 286921-08; Sez. 2, n. 22903 del 01/02/2023, COGNOME, n. 284727-05; Sez. 2, n. 33523 del 16/06/2021, D., Rv. 28196002) ha giˆ chiarito che l’effetto estensivo dell’impugnazione previsto dall’art. 587, comma 1, cod. proc. pen., in caso di accoglimento di un motivo di ricorso per cassazione non esclusivamente personale giova agli altri imputati che non hanno proposto ricorso o che hanno proposto un ricorso originariamente inammissibile, o ancora che al ricorso hanno successivamente rinunciato; la previsione trova la propria giustificazione, atteso che l’art. 587 cod. proc. pen. è dettato dall’esigenza di evitare giudicati contraddittori ed ingiuste disparitˆ di trattamento nei confronti di imputati che si trovino nella stessa posizione , nellÕambito del medesimo giudizio, circostanze non ricorrenti nel caso in esame, dove si sono svolti giudizi diversi, con riti diversi. Manifestamente infondata anche la critica articolata nellÕambito dello stesso motivo in ordine alle argomentazioni spese dalla Corte di appello nel ritenere infondata la questione di legittimitˆ costituzionale. In tal senso, si deve rilevare come questa Corte abbia giˆ affrontato il tema, affermando, con argomentazione che qui si intende ribadire, che la diversitˆ di trattamento a cui in definitiva i vari imputati sono sottoposti non pu˜ far sorgere dubbi di legittimitˆ costituzionale di alcuna norma, dato che la diversitˆ non è prevista dalla legge, ma è conseguenza materiale delle vicende processuali che li hanno riguardati in procedimenti diversi (Sez. 1, n. 5411 del 19/01/1994, Astero, Rv. 197810-01). La disciplina prevista si presenta, dunque, esente da qualsiasi forma di irragionevolezza (neanche dedotta dalla difesa), attese le differenti posizioni processuali, lÕessere stati i coimputati giudicati in procedimenti diversi, e
considerato che l’effetto estensivo dell’impugnazione, che presuppone l’unitarietˆ del procedimento, è dettato dall’esigenza di evitare disarmonie di trattamento  tra  soggetti  in  identica  posizione  e  presuppone  che  tale effetto estensivo operi a favore degli altri imputati soltanto se questi non hanno proposto impugnazione, ovvero se quella proposta sia stata dichiarata inammissibile.
In altri termini, anche quando lÕimpugnazione sia stata proposta nellÕambito del medesimo procedimento ed essa sia stata esaminata nel merito con decisione diversa ed incompatibile con quella di cui si chiede l’estensione è da escludersi lÕoperativitˆ della disciplina di cui allÕart. 587 cod. proc. pen. (Sez. 5, n. 633 del 06/12/2017, dep. 2018, Boschetti, Rv. 271927-01), a maggior ragione da escludersi nel caso di specie in relazione allÕesito di due distinti procedimenti. Si deve, sul punto, ribadire che non pu˜ essere evocato lÕeffetto estensivo nei confronti di coimputato che sia stato separatamente giudicato, atteso che tale effetto dell’impugnazione opera a favore degli altri imputati soltanto se questi, nellÕambito dello stesso procedimento, non abbiano proposto impugnazione, ovvero se quella proposta sia stata dichiarata inammissibile (Sez. 3, n. 43296 del 02/07/2014, COGNOME, Rv. 260978-01; Sez. 2, n. 40524 del 12/06/2014, COGNOME, Rv. 260455-01; Sez. 2, n. 8026 del 13/11/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258530-01; Sez. 1, n. 16678 del 01/03/2013, COGNOME, Rv. 255848-01, che ha chiarito che: ÒIn questo senso si è giˆ espressa la giurisprudenza di questa Corte, stabilendo che “… l’effetto estensivo dell’impugnazione, previsto dall’art. 587 c.p.p., comma 1, opera di diritto come rimedio straordinario nei confronti di tutti coloro che sono stati giudicati con la stessa sentenza soggetta a impugnazione, al fine di assicurare la par condicio degli imputati che si trovino in situazioni identiche , rendendoli partecipi del beneficio conseguita dai coimputati non impugnanti” – Sez. 1, n. 1475 del 7/5/1999 (dep. 2/6/1999), COGNOME e altri, Rv. 213507. E in conformitˆ la giurisprudenza di legittimitˆ si era orientata, vigente il codice di rito del 1930, chiarendo che, “qualora sia stata disposta la separazione dei giudizi, i motivi a sostegno dell’impugnazione proposta da alcuni imputati non si estendono agli altri imputati ” – Sez. 1, n. 893 del 10/04/1984 (dep. 28/05/1984), COGNOME, Rv. DATA_NASCITA).
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende ai sensi dellÕart. 616 cod. proc. pen.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Cos’ è deciso, 23/09/2025 La Cons. est. NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME