Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 3200 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 3200 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/09/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/04/2021 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Sostituto Procuratore generale, che si riporta alla requisitoria in atti e conclude per l’inammissibilità del ricorso.
udito gli AVV_NOTAIO, che ha depositato conclusioni scritte e note spese alle quali si riporta e l’AVV_NOTAIO, che conclude chiedendo l’accoglimento dei motivi di impugnazione.
RITENUTO IN FATTO
Per quanto ancora rileva, con sentenza del 20 aprile 2021 la Corte di appello di Napoli, in parziale riforma della pronuncia resa il 5 ottobre 2016 dal Tribunale d Napoli, ha riconosciuto le circostanze attenuanti generiche con giudizio di equivalenza rispetto alle aggravanti comuni a NOME COGNOME e NOME COGNOME e ha rideterminato in mitius la pena a loro irrogata, confermando nel resto la prima decisione che ne aveva affermato la responsabilità in concorso per i reati, entrambi commessi in danno di NOME COGNOME, di usura – di cui al capo v (artt. 110, 81, secondo comma, 644, quinto comma, n. 4, cod. pen.) ed estorsione, di cui al capo z (art. 629, secondo comma, in riferimento all’art. 628, terzo comma, cod. pen., nonché art. 7 d.l. n. 152 del 1991, conv. con I. n. 203 del 1991), quest’ultimo contestato in concorso pure con NOME COGNOME, separatamente giudicato.
Sin dal primo grado del giudizio, è stata ritenuta sussistente -si ripete, solo con riguardo al reato di estorsione di cui al capo z)- l’aggravante ex art. 416-bis.1 cod. pen., del metodo mafioso.
Avverso la sentenza di appello, è stato proposto, nell’interesse degli imputati, ricorso per cassazione per i motivi di seguito esposti, nei limiti di cui all’art. comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, in relazione all’affermazione di responsabilità degli imputati per il delitto di cui al c z), con riguardo alla ritenuta attendibilità della persona offesa, ossia del COGNOME.
A tal proposito, si osserva: a) che nelle intercettazioni dei dialoghi t quest’ultimo e il COGNOME non vi è alcun riferimento ai ricorrenti e che i Giudici di meri avrebbero dovuto valutare anzitutto se, dall’istruttoria dibattimentale, fosse emerso un legame tra costoro e NOME COGNOME, in vista della valutazione di attendibilità della persona offesa; b) che il collegamento, non documentato in alcun modo, tra il COGNOME – che, secondo il COGNOME, avrebbe prestato del denaro a quest’ultimo, chiedendo, prima, al COGNOME e, poi, al COGNOME di provvedere per suo conto all’incasso RAGIONE_SOCIALE somme – e il COGNOME, era stato ritenuto dimostrato da un’intercettazione tra il medesimo COGNOME e un terzo soggetto, i quali, in data 11 novembre 2009, si erano recati in INDIRIZZO, dove insisteva l’attività commerciale del figlio del COGNOME: i quell’occasione, tuttavia, il COGNOME non era presente; c) che il dato era equivoco e spiegabile con l’attività estorsiva contestata al COGNOME e al suo interlocutore; d) che d’altra parte, l’attività estorsiva in danno del COGNOME da parte del COGNOME era iniziata successivo mese di dicembre del 2009; e) che la persona offesa COGNOME, in disparte le difformità tra quanto dichiarato in fase di indagini e quanto riferito con «enorme difficoltà» in sede dibattimentale, non era stata in grado di ricostruire il tasso
interesse applicato e l’esatto importo restituito al COGNOME e aveva affermato di avere conosciuto il COGNOME nel dicembre del 2009, quando invece da un distinto capo di imputazione (aa) emergeva una condotta estorsiva in suo danno, posta in essere dal medesimo COGNOME e risalente al 2007, il che dimostrerebbe il difetto di credibilità della persona offesa e la illogicità della motivazione; f) che illogicamente la sentenza impugnata aveva escluso un intento calunniatorio del COGNOME, pur dando atto dell’esistenza di un giudizio civile promosso dal COGNOME per il recupero RAGIONE_SOCIALE somme prestate al COGNOME, senza applicazione di alcun tasso di interesse.
2.2. Con il secondo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, in relazione alla ritenuta sussistenza della circostanza aggravante del metodo mafioso di cui all’art. 7 d.l. n. 152 del 1991 (ora, art. 416-bis.1 cod. pen.), dal momento che era stato solo il COGNOME a far riferimento alla sua appartenenza al clan, senza che il COGNOME e il COGNOME, mai inseriti in contesti criminali (giacché, anzi, il primo aveva anche denunciato episodi estorsivi in suo danno) fossero presenti.
2.3. Con il terzo motivo si lamenta assoluta assenza di motivazione in ordine al motivo di appello con il quale si contestava la sussistenza dei presupposti di applicabilità della circostanza aggravante di cui all’art. 644, quinto comma, n. 4, cod. pen.
Sono stati trasmessi motivi aggiunti nell’interesse del COGNOME, con i quali:
sub specie di vizio di motivazione, si contesta il concorso del ricorrente nel reato di usura, sia perché è illogico ritenere rispondente al vero la circostanza emersa a sei anni dal prestito iniziale – che il denaro utilizzato per il prestito al COGNOME fosse stato realmente fornito anche dal COGNOME (detenuto alla data in cui è stato concesso), sia perché, in ogni caso, il tentativo di recupero posto in essere, secondo la persona offesa, dal ricorrente non era andato a buon fine, con la conseguenza che la condotta, alla stregua della giurisprudenza di legittimità (Sez. 5, n. 42849 del 24/06/2014, Lagala, Rv. 262308), non può essere ricondotta alla fattispecie di cui all’art. 644 cod. pen.; b) sub specie di vizio di motivazione, ad avviso della difesa pure apparente, si osserva, quanto al delitto di estorsione, che quando, nel dicembre 2009, il COGNOME si era recato presso il COGNOME per recuperare il credito, il COGNOME era detenuto da vari mesi, ossia dal maggio dello stesso anno e su tale profilo la sentenza impugnata non avrebbe argomentato adeguatamente, considerato pure che, nel dialogo richiamato dai Giudici di merito, NOME COGNOME e NOME COGNOME farebbero esclusivo riferimento al COGNOME e non al COGNOME, mancando la prova della colpevolezza di quest’ultimo; c) si lamenta violazione del divieto di reformatio in peius, per avere la Corte territoriale, nel rimodulare la pena a seguito del giudizio di equivalenza RAGIONE_SOCIALE concesse circostanze attenuanti generiche, applicato, ai sensi
dell’art. 7 d.l. 152 del 1991, un aumento di pena di un anno e otto mesi di reclusione e di euro 400,00 di multa, rispetto all’originario aumento di sei mesi di reclusione e di 1.000,00 euro di multa; d) si insiste nell’eccezione processuale svolta con l’atto di appello, per «omessa notifica al difensore di fiducia dell’avviso del giudizio di primo grado e dell’appello»: si rileva che i difensori nominati dall’imputato, detenuto pe altra causa nel corso del giudizio di primo grado presso il carcere di Frosinone, non avevano mai ricevuto «alcuna notifica del giudizio de quo», a nulla rilevando la mancata dimostrazione della nomina di un diverso difensore di fiducia. Inoltre, l’appello era stato sottoscritto «da uno solo dei sovra citati difensori (AVV_NOTAIO e AVV_NOTAIO)» e tuttavia la notifica non era stata fatta ad entrambi.
Il procedimento, scaturente dalla separazione RAGIONE_SOCIALE posizioni processuali del COGNOME e del COGNOME disposta, a seguito di richiesta di rinvio per legittimo impedimento, all’udienza del 4 luglio 2023, è stato trattato oralmente all’udienza del 13 settembre 2023.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Va preliminarmente esaminata la doglianza di carattere processuale prospettata nel quarto motivo aggiunto, che è inammissibile, in primis perché non deduce con chiarezza il fatto processuale posto a fondamento dell’eccezione. A quanto si può desumere, uno dei difensori del COGNOME (il motivo aggiunto prima deduce del tutto genericamente, e senza alcuna indicazione nominativa, che “i difensori nominati non hanno mai ricevuto alcuna notifica del giudizio de quo”, di poi afferma che la notifica non è stata fatta ad entrambi i difensori e, in particolare, al difensore di fid nominato dal COGNOME mentre era detenuto; in effetti la sequenza logica RAGIONE_SOCIALE argomentazioni e della stessa risposta della Corte territoriale appare limitare l’eccezione alla mancata notifica al secondo difensore) non ha ricevuto la notifica del decreto di citazione.
La Corte territoriale, sul punto, ha replicato che non emergeva documentazione dell’intervenuta nomina di un difensore diverso da quello che aveva assistito l’imputato in primo grado. Il tema è eluso dal motivo aggiunto, che si limita a sostenere – ma senza indicare alcuna ragione al riguardo – che l’obiezione della sentenza impugnata sarebbe irrilevante.
Ferma l’inammissibilità per l’assoluta genericità di prospettazione alla stregua RAGIONE_SOCIALE considerazioni sopra ricordate, va aggiunto che, comunque, la giurisprudenza di questa Corte è ferma nel ritenere che, in caso di omesso avviso di fissazione udienza ad uno dei due difensori di fiducia dell’imputato, si configura una nullità
regime intermedio, che deve essere eccepita in udienza dal difensore presente, sicché la mancata proposizione dell’eccezione sana la nullità, a prescindere dal fatto che l’imputato, regolarmente citato, sia presente o non (v., ad es., Sez. 5, n. 55800 del 03/10/2018, Intoppa, Rv. 274620 – 01).
Il primo motivo del ricorso è inammissibile, dal momento che, in linea generale, le dichiarazioni di un testimone (anche se si tratti della persona offesa), per essere positivamente utilizzate dal giudice, devono risultare credibili, oltreché avere ad oggetto fatti di diretta cognizione e specificamente indicati, con la conseguenza che, contrariamente ad altre fonti di conoscenza, come le dichiarazioni rese da coimputati o da imputati in reati connessi, esse non necessitano dì riscontri esterni, funzionali soltanto al vaglio di credibilità del testimone (v., ad es., Sez. 1, n. 7898 del 12/12/2019, dep. 2020, Hamil, Rv. 278499 – 03).
In tale contesto, va ribadito (v., di recente, Sez. 5, n. 17568 del 22/03/2021) che è estraneo all’ambito applicativo dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen. ogni discorso confutativo sul significato della prova, ovvero di mera contrapposizione dimostrativa, considerato che nessun elemento di prova, per quanto significativo, può essere interpretato per “brani” né fuori dal contesto in cui è inserito, sicché gli aspetti del giudizio che consistono nella valutazione e nell’apprezzamento del significato degli elementi acquisiti attengono interamente al merito e non sono rilevanti nel giudizio di legittimità se non quando risulti viziato il discorso giustificativo sulla loro capacit dimostrativa. Sono, pertanto, inammissibili, in sede di legittimità, le censure che siano, nella sostanza, rivolte a sollecitare soltanto una rivalutazione del risultato probatorio (Sez. 5, n. 8094 del 11/01/2007, COGNOME, Rv. 236540; conf. ex plurimis, Sez. 5, n. 18542 del 21/01/2011, COGNOME, Rv. 250168). Così come sono estranei al sindacato della Corte di cassazione i rilievi in merito al significato della prova ed alla sua capacità dimostrativa (Sez. 5, n. 36764 del 24/05/2006, COGNOME, Rv. 234605; conf., ex plurimis, Sez. 6, n. 36546 del 03/10/2006, COGNOME, Rv. 235510). Pertanto, il vizio di motivazione deducibile in cassazione consente di verificare la conformità allo specifico atto del processo, rilevante e decisivo, della rappresentazione che di esso dà la motivazione del provvedimento impugnato, fermo restando il divieto di rilettura e reinterpretazione nel merito dell’elemento di prova (Sez. 1, n. 25117 del 14/07/2006, COGNOME, Rv. 234167).
Ora, i profili fattuali evidenziati in ricorso, oltre a dedurre in termini assertiv ossia, senza un puntuale aggancio ad obbiettive risultanze processuali – plurime considerazioni destinate semplicemente a prospettare una diversa ricostruzione difensiva dei fatti, sono privi di qualunque significato utile a destrutturare l’impianto logico RAGIONE_SOCIALE argomentazioni dei giudici di merito (v. in particolare, da pag. 117 della
sentenza di primo grado, alla quale rinvia la decisione impugnata): ad esempio, dalla mancata prova diretta – frutto, in altri termini, di percezione diretta comunque conseguita – di un rapporto tra il COGNOME e il COGNOME, si pretende di trarre una smentita RAGIONE_SOCIALE affermazioni della persona offesa, mentre, a tutto voler concedere, tale dato costituisce l’assenza di un riscontro, della cui sussistenza non si ravvisa, per quanto sopra detto, alcuna necessità.
Il secondo motivo è inammissibile per manifesta infondatezza e assenza di specificità.
Va premesso che la circostanza aggravante del metodo mafioso di cui all’art. 7 d.l. 13 maggio 1991, n. 152, convertito con modificazioni nella legge 12 luglio 1991, n. 203 (ora art. 416-bis.1, comma primo, cod. pen.), in quanto riferita alle modalità di realizzazione dell’azione criminosa, ha natura oggettiva ed è valutabile a carico dei concorrenti, sempre che siano stati a conoscenza dell’impiego del metodo mafioso ovvero l’abbiano ignorato per colpa o per errore determinato da . colpa (Sez. 4, n. 5136 del 02/02/2022, COGNOME, Rv. 282602 – 02).
Premesso che negli appelli proposti negli interessi degli attuali ricorrenti, il tema de consapevolezza RAGIONE_SOCIALE modalità d’azione del COGNOME non è oggetto di rilievi specifici, in ogni caso, e con valore assorbente, si osserva che del tutto razionalmente i Giudici di merito hanno correlato l’attribuzione della circostanza aggravante agli imputati in ragione del loro essersi affidati a un soggetto, la cui “affidabilità esecutiva” pote logicamente essere fondata, secondo una valutazione ex ante, proprio in ragione RAGIONE_SOCIALE modalità non ortodosse di richiesta dei pagamenti.
Il terzo motivo è inammissibile per manifesta infondatezza, dal momento che la motivazione della sentenza impugnata dà atto che la persona offesa era un commerciante ortofrutticolo in difficoltà economiche (v. p. 12). Ora, l’art. 644, quin comma, n. 4, cod. pen. ha appunto riguardo al reato commesso in danno di chi svolge attività imprenditoriale e tale era il COGNOME (v., tra ‘l’altro, p. 124 e 128 della senten primo grado).
Esaminando i restanti motivi aggiunti (al netto del quarto, esaminato supra sub 1), occorre premettere che l’inammissibilità dei motivi originari del ricorso pe cassazione non può essere sanata dalla proposizione di motivi nuovi, atteso che si trasmette a questi ultimi il vizio radicale che inficia i motivi originar l’imprescindibile vincolo di connessione esistente tra gli stessi e considerato anche che deve essere evitato il surrettizio spostamento in avanti dei termini di impugnazione. (Sez. 5, n. 48044 del 02/07/2019, COGNOME, Rv. 277850 – 01).
In ogni caso – e per mera completezza, dal momento che il superiore rilievo è assorbente -, il primo motivo denuncia vizi motivazionali attraverso doglianze che in termini aspecifici investono la ricostruzione dei fatti, aspirando, per quanto sopra detto, ad una rivalutazione RAGIONE_SOCIALE risultanze istruttorie preclusa in questa sede.
Al riguardo, il ricorrente rammenta le conclusioni di questa Corte, secondo la quale risponde del delitto di concorso in usura – reato a condotta frazionata o a consumazione prolungata -, il soggetto che, in un momento successivo alla formazione del patto usurario, ricevuto l’incarico di recuperare il credito, riesca ad ottenerne il pagamento, laddove invece, se il recupero non avviene, l’incaricato risponde del reato di favoreggiamento personale o, nell’ipotesi di violenza o minaccia nei confronti del debitore, di estorsione, atteso che, in tali casi, il momento consumativo dell’usura rimane quello originario della pattuizione (Sez. 5, n. 42849 del 24/06/2014, Lagala, Rv. 262308 – 01). Ora, a p. 128 della sentenza di primo grado emerge che il COGNOME ha ammesso di aver consegnato al COGNOME un assegno di 2.500 euro che il COGNOME gli aveva dato.
Il secondo e il terzo motivo aggiunto sono del tutto estranei ai profili di censura dedotti con il ricorso originario.
Alla pronuncia di inammissibilità consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali, nonché al versamento, in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ammende, di una somma che, in ragione RAGIONE_SOCIALE questioni dedotte, appare equo determinare in euro 3.000,00. Del pari, i ricorrenti, in solido tra loro, vanno condannati alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese sostenute dalla parte civile nel giudizio di legittimità, che, in relazione all’attività svolta, vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in ‘favore della RAGIONE_SOCIALE. Condanna, inoltre, gli imputati alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile RAGIONE_SOCIALE, che liquida in complessivi euro 3.686,00, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 13/09/2023
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Il Consigliere estensore
Il Presidente