Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 474 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 474 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/11/2023
SENTENZA
nei confronti di NOME NOMECOGNOME nato a Gioia Tauro il 27/04/:L945
avverso l’ordinanza del Tribunale di Reggio Calabria del 06/04/2023
visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentite le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile;
sentito il difensore dell’indagato, Avvocato NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale del riesame di Reggio Calabria con ordinan2:a del 6 aprile 2023 (motivazione depositata il successivo 17 maggio), in parziale accoglimento della richiesta formulata avverso l’ordinanza genetica applicativa degli arresti domiciliari nei confronti di NOME NOMECOGNOME ha annullato l’ordinanza impugnata limitatamente al Capo 6) della contestazione provvisoria (incendio doloso in concorso, aggravato dalla “mafiosità”), confermando la misura della custodia in carcere in relazione al delitto di cui al Capo 7) (estorsione in concorso pluriaggravata, anche ai sensi dell’art. 416-bis.1 cod. pen.), qualificando peraltro detto reato come tentativo.
Avverso l’ordinanza del riesame l’indagato, a mezzo del proprio difensore, ha presentato ricorso nel quale deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a sostegno della residua contestazione. Al riguardo si evidenzia l’illogicità della motivazione dell’ordinanza impugnata che, da un lato, ha escluso la gravità indiziaria a carico dell’indagato in merito all’addebito di incendio doloso aggravato del peschereccio gestito dal soggetto che viene qualificato come la vittima dell’estorsione e, dall’altro lato, ha nondimeno ritenuto configurabile la tentata estorsione, non chiarendo peraltro quale sarebbe stato il “male minacciato” oggetto della pretesa estorsiva e il ruolo svolto nella vicenda dall’Albanese.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
La contestazione contenuta nel complessivo addebito cautelare – accolta dal Gip nella ordinanza genetica – vedeva nell’Albanese uno dei soggetti del clan ‘ndranghetista “COGNOME” che, onde “convincere” COGNOME NOME, gestore di un peschereccio, a versare somme di denaro e a conferire il pescato ad una “asta” di proprietà dello stesso COGNOME e di altro appartenente alla cosca, dapprima faceva incendiare l’imbarcazione e poi poneva in essere, avvalendosi del metodo mafioso, “minacce implicite” nel confronti del titolare dell’impresa di pesca.
L’ordinanza impugnata ha escluso la gravità indiziaria a carico dell’indagato per l’incendio, ritenendo al contrario sussistente la necessaria piattaforma indiziaria per l’estorsione, qualificata come tentativo. In particolare, il Tribunal del riesame (pag. 10 s.) ha rilevato come “sulla scorta degli elementi indiziari passati in rassegna non è sostenibile in termini di gravità indiziaria l’ascrivibilità al duo COGNOME–COGNOME dell’incendio del peschereccio di Cutrì Alessandro, non essendo emersi elementi univoci per
affermare che COGNOME NOME avesse agito su mandato di costoro. Dalle numerose conversazioni intercettate si arguisce che COGNOME avesse manifestato il serio convincimento che l’atto intimidatorio provenisse dalla cosca avversa anche in ragione delle minacce fatte circolare dal COGNOME“.
3.1. L’ordinanza impugnata ha, invece, confermato il provvedimento applicativo della misura custodiale in relazione al delitto di estorsione pluriaggravata, qualificandolo però come tentativo. A tale riguardo, è stata valorizzata la condotta della vittima che, impaurita per l’incendio del peschereccio, si rivolge a due ‘ndranghetisti (diversi dall’Albanese e, sembrerebbe, da quelli che hanno bruciato l’imbarcazione) affinchè lo “potessero tutelare”. Nel corso di un incontro con i due, COGNOME promette di dare loro somme di denaro nonché, precisa l’ordinanza, “alla proposta rivoltagli affinchè conferisse il pescato all’ast manifestava aperture, pur dovendo confrontarsi con il padre e lo zio coinvolto nell’attività imprenditoriale” (pag. 11). Da ciò, il Tribunale del riesame deduce che la risposta del COGNOME, ancorchè non definitiva, dimostra l’esistenza della condotta estorsiva, peraltro qualificata come tentativo “non essendovi prova che il COGNOME abbia nel prosieguo effettivamente conferito il pesce all’asta o versato somme di denaro al duo COGNOME–COGNOME per l’intervento spiegato”.
L’ordinanza del riesame motiva adeguatamente in merito alla valenza minacciosa del colloquio tra i due esponenti del clan COGNOME e il COGNOME nonché circa la configurabilità dell’aggravante della mafiosità, atteso che «In tema di estorsione cd. “ambientale”, integra la circostanza aggravante del metodo mafioso di cui all’art. 7, d.l. 13 maggio 1991, n. 152, conv. nella legge 12 luglio 1991, n. 203 (ora art. 416-bis.1 cod. pen.), la condotta di chi, pur senza fare uso di una esplicita minaccia, pretenda dalla persona offesa il pagamento di somme di denaro per assicurarle protezione, in un territorio notoriamente soggetto all’influsso di consorterie mafiose, senza che sia necessario che la vittima conosca l’estorsore e la sua appartenenza ad un clan determinato. (Nella specie, la Corte ha ritenuto sussistere la circostanza aggravante nella richiesta ad un commerciante di denaro a fronte di protezione, dopo che il negozio era stato danneggiato varie volte, in un quartiere ad alta densità mafiosa) (Sez. 2, n. 21707 del 17/04/2019, Pg c. COGNOME, Rv. 276115 – 01)».
Illogica è, invece, la motivazione relativamente alla riconducibilità di tali condotte estorsive anche all’Albanese.
4.1. Le Sezioni Unite di questa Corte Suprema hanno già avuto modo di chiarire che «in tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla
Corte Suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità ed ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di meri abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie» (In motivazione, la S.C., premesso che la richiesta di riesame ha la specifica funzione, come mezzo di impugnazione, sia pure atipico, di sottoporre a controllo la validità dell’ordinanza cautelare con riguardo ai requisiti formali enumerati nell’art. 292 cod. proc. pen. e ai presupposti ai quali è subordinata la legittimità del provvedimento coercitivo, ha posto in evidenza che la motivazione della decisione del tribunale del riesame, dal punto di vista strutturale, deve essere conformata al modello delineato dal citato articolo, ispirato al modulo di cui all’art. 546 cod. proc. pen., con gli adattamenti resi necessari dal particolare contenuto della pronuncia cautelare, non fondata su prove, ma su indizi e tendente all’accertamento non della responsabilità, bensì di una qualificata probabilità di colpevolezza) (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, COGNOME, Rv. 215828). Principio, questo, più recentemente ribadito da Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976 – 01, che ha precisato come alla Corte di legittimità competa «la sola verifica delle censure inerenti la adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di dirit che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito».
4.2. Ciò premesso, rileva il Collegio che la stessa contestazione cautelare recepita nell’ordinanza “genetica” – ha qualificato l’incendio indicato nel Capo 6) come il presupposto della “minaccia implicita”, a sua volta elemento costitutivo del delitto d’estorsione di cui al successivo Capo 7). Una volta venuta meno la gravità indiziaria a carico dell’indagato per il concorso nell’incendio del peschereccio del Cutrì per affermare, a livello indiziario, che rimane comunque ferma la responsabilità dell’Albanese per il concorso nell’estorsione sarebbe stato necessario chiarire in modo adeguato il contributo causale posto in essere dal predetto nell’ambito della fattispecie di cui all’art. 629 cod. pen., non essendo sufficiente una sorta di possibile “vantaggio” che questi avrebbe potuto conseguire ove il reato si fosse consumato.
4.3. D’altro canto, l’ordinanza impugnata (pag. 11) argomenta la responsabilità dell’indagato sulla base della circostanza che nel corso dell’incontro con i due esponenti di cosca diversa rispetto a quella “Nlolè”, cui farebbe
riferimento NOME, COGNOME NOME ha promesso di dare somme di denaro “al duo Messineo COGNOME” nonché “alla proposta rivoltagli affinchè conferisse il pescato all’asta manifestava aperture, pur dovendo confrontarsi con il padre e lo zio coinvolto nell’attività imprenditoriale” (pag. 11). Motivazione non idonea a dimostrare un concorso dell’COGNOME nell’attività estorsiva, atteso che – secondo quanto indicato nel provvedimento del riesame – trovandosi “in una condizione di soggezione per il danneggiamento subìto, COGNOME NOME, riconducendone la causale alla scelta di non conferire il pescato all’asta controllata dai Mole, era costretto a rivolgersi a Messineo NOME e COGNOME NOME affinchè intervenissero a sua tutela nell’insorta contesa”; danneggiamento in merito al quale, come già visto, è stata esclusa la gravità indiziaria a carico di Albanes4.
Si impone, dunque, l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata affinchè il Tribunale del riesame rivaluti gli elementi emersi dalle indagini onde verificare se gli stessi diano conto di una condotta, apprez2:abile in termini di concorso penalmente rilevante, ascrivibile a livello di gravità indiziaria all’Albanese in ordine all’addebito di cui al Capo 7).
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Reggio Calabria competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, cod. proc. pen.
Così deciso il 10 novembre 2023
Il Consigliere estensore