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Concorso in devastazione: quando è inammissibile il ricorso

Due detenuti, condannati per concorso in devastazione e sequestro di persona a seguito di una rivolta carceraria, hanno presentato ricorso in Cassazione. Contestavano il loro ruolo attivo, sostenendo di essere stati trascinati dalla folla. La Suprema Corte ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili, ribadendo che non è possibile una nuova valutazione delle prove, come i filmati, in sede di legittimità. La decisione sottolinea anche l’inapplicabilità di specifiche attenuanti in contesti di reati concorsuali gravi.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concorso in devastazione: la Cassazione chiarisce i limiti del ricorso

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato il tema del concorso in devastazione e sequestro di persona in un contesto di rivolta carceraria, offrendo importanti chiarimenti sui limiti dell’impugnazione in sede di legittimità. La Corte ha dichiarato inammissibili i ricorsi di due imputati, condannati per aver partecipato attivamente a una sommossa, ribadendo principi fondamentali in materia di valutazione della prova e applicabilità delle circostanze attenuanti.

I fatti alla base della vicenda

Il caso trae origine da una grave rivolta scoppiata all’interno di un istituto penitenziario, durante la quale circa quattrocento detenuti hanno devastato diverse aree del carcere e privato della libertà personale un assistente della polizia penitenziaria. Due detenuti, in particolare, sono stati condannati in primo grado e in appello a quattro anni di reclusione per i reati di devastazione (art. 419 c.p.) e sequestro di persona (art. 605 c.p.). La loro responsabilità era stata accertata sulla base delle comunicazioni di reato e, soprattutto, delle immagini registrate dal sistema di videosorveglianza dell’istituto.

Avverso la sentenza della Corte d’Appello, gli imputati hanno proposto ricorso per Cassazione, lamentando vizi di motivazione. Essi sostenevano, in sintesi, che non fosse stato provato un loro ruolo attivo e che la loro condotta fosse stata influenzata dalla folla, senza una reale partecipazione dolosa ai fatti più gravi.

I motivi del ricorso e il concorso in devastazione

Le difese degli imputati si concentravano su diversi punti. Un ricorrente contestava la sua individuazione come ‘capo’ dell’azione criminosa, sostenendo che le immagini video non confermassero le relazioni della polizia penitenziaria e che fosse stato fisicamente impossibile sottrarsi al ‘fiume’ di detenuti in rivolta. L’altro imputato evidenziava come il suo nome non comparisse nelle dichiarazioni della persona offesa e che i filmati dimostrassero al massimo la sua presenza sul luogo, ma non una partecipazione attiva.

Entrambi, inoltre, richiedevano il riconoscimento di circostanze attenuanti, come la minima partecipazione al fatto o l’aver agito sotto la suggestione della folla in tumulto, anche in considerazione del contesto emergenziale legato alla pandemia.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto tutte le argomentazioni, dichiarando i ricorsi manifestamente infondati e, quindi, inammissibili. I giudici hanno chiarito che il ricorso per Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti. Le censure degli imputati si risolvevano, infatti, in una richiesta di rilettura delle prove (in particolare, dei filmati), attività preclusa in sede di legittimità.

La Corte ha inoltre sottolineato un aspetto cruciale legato al rito processuale scelto: il giudizio abbreviato. Optando per questo rito, gli imputati hanno accettato che il processo venisse definito sulla base degli atti delle indagini preliminari, attribuendo così pieno valore probatorio alle informative di polizia e ai video acquisiti. Il riconoscimento degli imputati da parte del personale di polizia penitenziaria, che aveva una conoscenza pregressa dei detenuti, è stato ritenuto un indizio grave, preciso e concordante, la cui valutazione è rimessa al giudice di merito.

Per quanto riguarda le attenuanti, la Corte ha specificato che la minima partecipazione al fatto (art. 114 c.p.) è incompatibile con la contestazione del ruolo di promotore o organizzatore (art. 112 c.p.). Anche l’attenuante dell’aver agito per suggestione di una folla in tumulto (art. 62, n. 3, c.p.) è stata esclusa, poiché presuppone che l’agente non abbia contribuito a provocare l’assembramento, condizione non riscontrata nel caso di specie, dove agli imputati era stato attribuito un ruolo da protagonisti.

Conclusioni

La sentenza consolida alcuni principi cardine del diritto processuale penale. In primo luogo, riafferma che il giudizio di legittimità non consente una nuova valutazione del materiale probatorio. In secondo luogo, evidenzia le conseguenze della scelta del giudizio abbreviato, che implica l’accettazione del compendio probatorio raccolto in fase di indagine. Infine, chiarisce i presupposti rigorosi per l’applicazione di specifiche circostanze attenuanti nei reati commessi in concorso, come il concorso in devastazione, escludendole quando emerge un ruolo attivo e consapevole dell’imputato nella dinamica criminosa.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare i filmati di sorveglianza per dimostrare la propria innocenza?
No, la Corte di Cassazione non può procedere a una nuova e autonoma valutazione delle prove, come i filmati. Il suo compito è verificare la correttezza giuridica e la logicità della motivazione della sentenza impugnata, non riesaminare i fatti. La richiesta di una diversa interpretazione delle prove è considerata un’istanza di merito, inammissibile in sede di legittimità.

In un caso di concorso in devastazione durante una rivolta, si può ottenere l’attenuante della minima partecipazione al fatto?
No, la sentenza chiarisce che l’attenuante della minima partecipazione (art. 114 c.p.) non è applicabile quando viene contestata l’aggravante di aver promosso o organizzato il reato (art. 112 c.p.), poiché le due circostanze sono giuridicamente incompatibili.

La scelta del giudizio abbreviato quali conseguenze ha sulle prove utilizzabili nel processo?
Scegliere il giudizio abbreviato comporta l’accettazione che il processo sia definito sulla base degli atti raccolti durante le indagini preliminari (es. informative di polizia, registrazioni video). A tali atti viene attribuito pieno valore probatorio, senza la necessità di una loro assunzione dibattimentale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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