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Concorso in devastazione: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 35453/2024, ha confermato la condanna per concorso in devastazione a carico di tre persone coinvolte in una rivolta presso un centro di accoglienza. La Corte ha chiarito che anche un contributo minimo, come impugnare un bastone, è sufficiente per configurare la partecipazione al reato, respingendo l’idea di una mera connivenza passiva. Anche chi partecipa solo alla fase iniziale della sommossa risponde dell’intero evento delittuoso.

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Pubblicato il 19 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concorso in devastazione: quando la partecipazione a una rivolta diventa reato?

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 35453 del 2024 offre un’importante analisi sul tema del concorso in devastazione, delineando i confini tra la partecipazione attiva e la mera presenza passiva durante una sommossa. Il caso esaminato riguarda una violenta rivolta scoppiata in un centro di accoglienza, che ha portato alla condanna di diversi individui. Questa decisione chiarisce come anche un contributo apparentemente minimo possa integrare la piena responsabilità per il grave reato previsto dall’art. 419 del codice penale.

I Fatti di Causa

I fatti risalgono al 13 luglio 2015, quando presso un centro di accoglienza scoppiò una rivolta di circa 400 persone. Durante i disordini, furono eretti blocchi stradali, lanciati ordigni incendiari contro le forze dell’ordine e commessi numerosi atti di vandalismo: vetrate distrutte, veicoli incendiati, arredi danneggiati. Un vero e proprio scenario di devastazione.

La Corte d’Appello di Catanzaro aveva confermato la condanna di primo grado per tre imputati per il reato di devastazione, pur dichiarando prescritti altri reati minori. Gli imputati erano stati identificati attraverso testimonianze e filmati di videosorveglianza:
* Un imputato è stato riconosciuto mentre lanciava pietre contro i militari.
* Un secondo è stato identificato da un mediatore culturale come colui che impugnava un bastone.
* Un terzo è stato riconosciuto, sempre dal mediatore, in base ai suoi movimenti caratteristici ripresi da un video.

Contro questa decisione, i tre hanno proposto ricorso in Cassazione, sollevando diverse questioni sulla loro effettiva responsabilità.

I Motivi del Ricorso e il concorso in devastazione

I difensori degli imputati hanno basato i loro ricorsi su tre argomenti principali:

1. Mancanza del contributo causale e dell’elemento psicologico: Un ricorrente sosteneva che il solo fatto di impugnare un bastone, senza compiere atti di distruzione, non costituisse un contributo causale al reato di devastazione. Affermava di essere stato trascinato dagli eventi senza avere la coscienza e la volontà di ledere l’ordine pubblico.
2. Inattendibilità del riconoscimento: Un altro imputato contestava la validità del suo riconoscimento, basato sui soli “movimenti” ripresi in un video notturno, ritenendola una prova troppo soggettiva e insufficiente a superare il ragionevole dubbio.
3. Partecipazione parziale: Il terzo ricorrente, accusato di aver lanciato pietre, sosteneva di aver partecipato solo alla fase iniziale della sommossa e di non poter essere ritenuto responsabile per i successivi atti di devastazione, compiuti da un gruppo di persone in parte diverso.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato i ricorsi di due imputati e dichiarato inammissibile quello del terzo, fornendo chiarimenti fondamentali sul concorso in devastazione.

La concezione unitaria del concorso di persone

La Corte ha ribadito il principio secondo cui, in virtù della concezione unitaria del concorso di persone (art. 110 c.p.), qualsiasi forma di partecipazione, anche minima, che fornisca un contributo causale all’evento criminoso è sufficiente per affermare la responsabilità penale. Impugnare un bastone durante una sommossa violenta non è stato considerato un comportamento di mera “connivenza non punibile”, bensì un contributo attivo. Tale gesto, secondo i giudici, rafforza il proposito criminoso degli altri e aumenta il senso di sicurezza dei rivoltosi, costituendo un supporto morale o materiale all’azione delittuosa.

L’elemento soggettivo: il dolo di devastazione

Per quanto riguarda la consapevolezza di partecipare a un fatto di devastazione, la Corte ha specificato che il dolo può essere desunto dalle caratteristiche stesse dell’evento. La vastità dei disordini, la rumorosità, il numero di persone coinvolte e la tipologia dei comportamenti distruttivi rendono impossibile per chiunque si trovi in quel contesto non percepire la gravità di quanto sta accadendo. La partecipazione a una scena così caotica e violenta implica l’accettazione del rischio che si verifichino atti di devastazione, integrando così l’elemento soggettivo del reato.

La responsabilità per l’intero evento

La Cassazione ha respinto anche la tesi della partecipazione parziale. Lanciare pietre contro le forze dell’ordine nella fase iniziale di una sommossa è un’azione funzionale a impedire loro di riprendere il controllo e, quindi, a permettere il proseguimento dei disordini. Questo comportamento è stato ritenuto un contributo causale rilevante all’intera condotta di devastazione, legando la responsabilità dell’imputato non solo alla sua azione specifica, ma all’evento complessivo. Non è necessario partecipare a ogni singola fase del crimine per risponderne interamente.

Le Conclusioni

La sentenza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso in materia di reati collettivi. Le conclusioni pratiche sono chiare: chiunque partecipi a una sommossa, anche con un ruolo che potrebbe sembrare marginale, si assume la responsabilità penale per l’esito complessivo dell’azione. La distinzione tra partecipazione punibile e mera presenza passiva è sottile e viene valutata nel contesto specifico: in uno scenario di violenza diffusa, anche gesti come impugnare un’arma impropria o ostacolare le forze dell’ordine sono interpretati come un contributo attivo al concorso in devastazione, con tutte le conseguenze penali che ne derivano.

Basta impugnare un bastone durante una rivolta per essere condannati per concorso in devastazione?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, impugnare un bastone durante una sommossa non è un comportamento passivo (connivenza), ma un contributo causale che rafforza l’azione degli altri partecipanti. Questo integra il concorso nel reato di devastazione perché fornisce uno stimolo e un senso di sicurezza al gruppo.

Chi partecipa solo alla fase iniziale di una sommossa risponde anche dei danni commessi successivamente da altri?
Sì. La Corte ha stabilito che anche la partecipazione alla sola fase iniziale, come il lancio di pietre per tenere lontane le forze dell’ordine, costituisce un contributo causale all’intero evento di devastazione. Tale azione permette il proseguimento dei disordini e quindi lega la responsabilità dell’autore all’intero fatto criminoso.

L’identificazione di un imputato basata sui suoi “movimenti” in un video è una prova sufficiente?
Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto il motivo di ricorso inammissibile. In generale, la valutazione dell’attendibilità di un riconoscimento spetta al giudice di merito. La Cassazione interviene solo se la motivazione del giudice è manifestamente illogica, cosa che non è stata ravvisata in questo caso, dato che il riconoscimento era stato effettuato da un mediatore culturale che aveva una conoscenza diretta e frequentava la persona riconosciuta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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