Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 35453 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 35453 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 15/07/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME COGNOME NOME a KOUROUNINKOTO (MALI) il DATA_NASCITA
TRAORE NOME NOME NOME DATA_NASCITA
NOME NOME a OUELESSEBOUGOU(MALI) il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/06/2023 della CORTE APPELLO di CATANZARO
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto dei ricorsi.
lette le conclusioni del difensore dell’imputato NOME, AVV_NOTAIO, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
lette le conclusioni del difensore dell’imputato NOME, AVV_NOTAIO, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
lette le conclusioni del difensore dell’imputato NOME, AVV_NOTAIO, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
Ritenuto in fatto
Con sentenza del 14 giugno 2023 la Corte di appello di Catanzaro, in parziale riforma della sentenza di primo grado, previa dichiarazione di estinzione per prescrizione dei reati satellite di resistenza a pubblico ufficiale e porto fuori della propria abitazione di oggetti atti ad offendere, e conseguente rideterminazione della pena inflitta in 5 anni e 4 mesi di reclusione, ha confermato la condanna pronunciata in primo grado dal Tribunale di Crotone con sentenza del 10 dicembre 2019 nei confronti di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME per il delitto di cui all’art. 419 cod. pen. commesso il 13 luglio 2015 in Isola di Capo Rizzuto.
In particolare, secondo l’accertamento dei giudici del merito, gli imputati, insieme ad altri correi, dando vita ad una rivolta di circa 400 persone presso il RAGIONE_SOCIALE di Isola di Capo Rizzuto nel corso della quale sono stati effettuati blocchi stradali, lanciati ordigni incendiari artigianali nei confronti degli agenti di polizi incendiati new jersey, danneggiate vetrate di porte e finestre, persiane, piante, autovetture, vetrate dei pullman e dell’ambulanza, hanno partecipato ad un fatto di devastazione.
In particolare, NOME è stato riconosciuto dal testimone di polizia giudiziaria COGNOME come la persona che ha lanciato delle pietre nei confronti della squadra dell’Esercito posizionata a circa 50 m in assetto di ordine pubblico; COGNOME è stato riconosciuto dal mediatore culturale NOME come la persona che ha un bastone in mano nei fotogrammi estratti dalla telecamera di sorveglianza del centro; NOME è stato riconosciuto dal mediatore culturale NOME come una delle persone che partecipava alla sommossa in uno dei fotogrammi del medesimo video di sorveglianza.
Avverso il predetto provvedimento hanno proposto ricorso gli imputati, per il tramite dei rispettivi difensori, con i seguenti motivi di seguito descritti nei li strettamente necessari ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Ricorso COGNOME
Con due motivi, intitolati separatamente, ma descritti cumulativamente, deduce l’omessa verifica circa la sussistenza di un’offesa effettiva all’ordine pubblico rilevando che nulla sul punto emerge nella sentenza della Corte d’appello di Catanzaro e che sul punto neanche soccorre la sentenza di primo grado, nonché mancanza di motivazione sulla esistenza nell’imputato dell’elemento psicologico del reato, non avendo avuto lo stesso una chiara coscienza e consapevolezza di ledere il bene dell’ordine pubblico, essendo stato in realtà in balia degli eventi
trasciNOME dalla corrente dei connazionali; non si comprende, inoltre, quale sia il contributo causale dati dall’imputato essendo descritto solo come soggetto che impugnava un bastone.
2.2. Ricorso NOME
Con un unico motivo deduce violazione di legge in quanto i giudici del merito hanno ritenuto colpevole l’imputato sulla base di prove che non superano il ragionevole dubbio, perché il teste NOME, mediatore culturale, ha affermato di aver riconosciuto NOME nei filmati dai movimenti, affermazione che non è sufficiente perché dipende solo da percezioni soggettive del teste, i video sono stati girati di notte e le persone non sono ben visibili nelle immagini.
2.3. Ricorso NOME
Con un unico motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in quanto NOME è stato ritenuto autore di un fatto avvenuto nella prima fase della sommossa mentre non risulta la sua presenza nella seconda fase; in particolare, NOME ha lanciato le pietre verso i militari intervenuti ma non si comprende come possa essere ritenuto consapevole dei danneggiamenti avvenuti successivamente quando la compagine degli autori della sommossa era in parte diversa; il giudice del merito non ha spiegato adeguatamente perché la sommossa debba essere considerata unica ed attribuita unitariamente a tutti; inoltre, non si comprende perché all’imputato che ha partecipato solo alla prima fase della sommossa sia stata inflitta la stessa pena degli altri coimputati che hanno partecipato ai danneggiamenti della fase successiva.
Con requisitoria scritta il Procuratore generale, NOME COGNOME, ha concluso per il rigetto dei ricorsi.
Il difensore dell’imputato NOME, AVV_NOTAIO, ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
Il difensore dell’imputato NOME, AVV_NOTAIO, ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
Il difensore dell’imputato NOME, AVV_NOTAIO, ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
Considerato in diritto
Il ricorso COGNOME è inammissibile, i ricorsi COGNOME e NOME sono infondati.
Il ricorso COGNOME contiene nell’unica esposizione discorsiva, in cui compendia i due motivi, tre argomenti.
1.1. Il primo argomento è che la sentenza di appello non avrebbe motivato sulla messa in pericolo dell’ordine pubblico.
L’argomento è infondato, perché, pur essendo vero che nella pronuncia di appello non si affronta tale questione, però va osservato che la sentenza di secondo grado risponde all’atto di appello, e l’atto di appello conteneva soltanto un breve riferimento alla messa in pericolo dell’ordine pubblico, sviluppato soltanto mediante una citazione giurisprudenziale, e senza l’articolazione di una critica argomentata alla sentenza di primo grado, che, invece, era molto puntuale nella evidenziazione della messa in pericolo dell’ordine pubblico determinata dal comportamento complessivo tenuto dagli imputati in occasione della sommossa presso il RAGIONE_SOCIALE di Isola di Capo Rizzuto.
La sentenza di primo grado, infatti, scrive che “i molteplici danneggiamenti estrinsecatasi nella condotta di devastazione possono ricondursi ai plurimi danni cagionati alle autovetture parcheggiate nel centro, alle vetrate, alle porte dell’infermeria, alle piante sradicate per ricavarvi dei bastoni, all’appiccamento di un incendio, al danneggiamento della vettura Fiat Bravo che presentava tutti i vetri completamente infranti e un’ammaccatura sul cofano posteriore, al danneggiamento dell’autovettura Mercedes Classe A che presentava la rottura di tutti i vetri ad eccezione di quello anteriore sinistro e una lieve ammaccatura sul portabagagli. Tale devastazione veniva a creare una scena “apocalittica”, come descritta dal COGNOME NOME, e cristallizzata dalla visione delle immagini degli impianti di videosorveglianza del centro di accoglienza ove sono direttamente visibili molteplici scene in cui un numero cospicuo di immigrati, in una situazione ormai fuori controllo e di disordine diffuso, brandivano bastoni e pietre e infrangevano vetri e finestre del centro in una progressione di violenza diretta verso le persone e verso le cose. Tale stato di pericolo per l’ordine pubblico e per l’incolumità non solo degli operanti delle forze dell’ordine ma altresì degli altri operatori, quali infermieri e medici del centro di accoglienza, si evince altresì dalle denunce querele di COGNOME e COGNOME, i quali riferivano di essere rimasti bloccati presso il predetto centro fino alle 24:00 del 13 luglio e di aver seriamente temuto entrambi per la loro incolumità personale” (pag. 15).
A fronte di una motivazione così ampia e diffusa, l’argomento introdotto nei motivi di appello sulla mancata valutazione dell’esistenza di una messa in pericolo dell’ordine pubblico, sviluppato con una mera citazione giurisprudenziale, e senza aggredire i passaggi logici della motivazione della sentenza di primo grado, era da
COGNOME
giudicare COGNOME inammissibile COGNOME per NOME difetto COGNOME di NOME specificità COGNOME del COGNOME motivo (Sez. U, Sentenza n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli, Rv. 268823).
Ne consegue che il motivo di ricorso che si lamenta della mancata risposta ad un motivo di appello inammissibile è, a sua volta i inammissibile per mancanza di interesse (cfr., sul punto, Sez. 3, Sentenza n. 46588 del 03/10/2019, COGNOME, Rv. 277281: in tema d’impugnazioni, è inammissibile, per carenza d’interesse, il ricorso per cassazione avverso la sentenza di secondo grado che non abbia preso in considerazione un motivo di appello inammissibile “ah origine” per manifesta infondatezza, in quanto l’eventuale accoglimento della doglianza non sortirebbe alcun esito favorevole in sede di giudizio di rinvio. Fattispecie in tema di mancata concessione delle attenuanti generiche, in cui l’imputato si doleva della mancata pronuncia della Corte di Appello, a fronte di un motivo di appello manifestamente inammissibile perché non specificava le ragioni poste alla base dell’invocato riconoscimento delle stesse circostanze e non adduceva una motivata censura all’argomento al riguardo impiegato dal giudice di primo grado).
1.2. Il secondo argomento è che NOME è stato visto soltanto impugnare un bastone, e non devastare alcunchè.
Il terzo argomento è che non è provato che COGNOME fosse consapevole del comportamento che stavano tenendo nello stesso momento gli altri partecipanti alla sommossa, che non gli può pertanto essere attribuito a titolo soggettivo.
I due argomenti possono essere affrontati congiuntamente, perché contestano che all’imputato sia stato attribuito, sul piano oggettivo e soggettivo, il complessivo evento posto in essere da tutti i partecipanti, e non soltanto quello che è provato aver posto in essere personalmente.
Gli argomenti sono infondati, perché l’attribuzione al ricorrente del complessivo evento di devastazione posto in essere dai partecipanti alla sommossa è coerente con i principi generali del reato concorsuale, ormai stratificati, e che hanno fatto dire alla giurisprudenza di legittimità fin da tempo risalente che “in virtù della concezione monistica ed unitaria del concorso, così come accolta dall’art. 110 cod. pen., l’attività del correo può essere rappresentata da qualsiasi forma di compartecipazione, da un contributo causale, di ordine materiale o psicologico, a tutte o ad alcune delle fasi di ideazione, organizzazione ed esecuzione dell’azione criminosa. Ne consegue che il concorso si può configurare in tutti o in qualcuno degli atti che, comunque, costituiscono contributi causali alla realizzazione dell’evento concorsualmente ideato e voluto” (Sez. 3, Sentenza n. 2613 del 19/01/1983, Stella, Rv. 158066).
L’aver partecipato alla sommossa con il bastone che recava con sé e con cui l’imputato è stato ritratto nei fotogrammi del video della telecamera di sicurezza
COGNOME
è stato considerato in modo non illogico non una mera connivenza nell’illecito ch altri stavano perpetrando, ma un contributo causale che lo stesso ha dato al riuscita della sommossa da cui è derivata la devastazione, atteso che “in tema concorso di persone, la distinzione tra connivenza non punibile e concorso ne reato commesso da altro soggetto va individuata nel fatto che la prima postul che l’agente mantenga un comportamento meramente passivo, inidoneo ad apportare alcun contributo alla realizzazione del reato, mentre il secondo richi un contributo partecipativo positivo – morale o materiale – all’altrui cond criminosa, che si realizza anche solo assicurando all’altro concorrente lo stim all’azione criminosa o un maggiore senso di sicurezza, rendendo in tal modo palese una chiara adesione alla condotta delittuosa” (Sez. 5, Sentenza n. 2805 d 22/03/2013, dep. 2014, Grosu, Rv. 258953), ed il comportamento di girare per il centro con un bastone in modo non illogico è stato ritenuto non essere u comportamento meramente passivo.
Neanche può essere ritenuto che la partecipazione dell’imputato a titolo d concorso nel fatto di devastazione manchi per il difetto dell’elemento soggettiv il ricorso deduce sul punto, infatti, che non è provato che il ricorrente consapevole di ciò che stavano ponendo in essere gli altri partecipanti a sommossa.
L’argomento è infondato, perché non considera le caratteristiche della condotta di devastazione, che, per la rumorosità dovuta al numero di persone coinvolte ed alla tipologia dei comportamenti distruttivi, nonché per l’anomali rispetto alla normale vita del centro di accoglienza – del comportamento d personale dell’amministrazione costretto a salvaguardare la propria incolumit personale ed a cedere il controllo dell’ordine pubblico negli ambienti del centr fuori di esso, essere percepita da coloro che si trovano negl stessi ambienti in cui essa si verifica, talchè non manifestamente illogica è la motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto da tali ind di ricavare l’esistenza nell’imputato del dolo di devastazione.
Il ricorso è, pertanto, nel complesso, infondato.
Nell’unico motivo il ricorso NOME contiene un solo argomento, relativo all modalità di identificazione dell’imputato come uno dei partecipanti alla condotta devastazione.
Il ricorso deduce, in particolare, che il mediatore culturale NOME non pu aver riconosciuto l’imputato nei fotogrammi delle telecamere di sicurezza soltant per il modo in cui questi si muoveva, come, invece, riferisce di aver affermato.
Il ricorso è inammissibile.
Nel giudizio di legittimità il sindacato sul modo in cui il giudice del merito ha fatto concreta applicazione della regola legale dell’art. 192, comma, 1 cod. proc. pen., secondo cui “il giudice valuta la prova dando conto nella motivazione dei risultati acquisiti e dei criteri adottati”, e di quella di cui al successivo comma 2 secondo cui “l’esistenza di un fatto non può essere desunta da indizi a meno che questi siano gravi, precisi e concordanti” è molto ristretto, perchè si limita al controllo logico e giuridico della struttura della motivazione dedicata all’interpretazione degli elementi probatori con esclusione della possibilità di rivalutazione degli stessi.
L’ambito di sindacato è ancora più ristretto in caso, quale quello in esame, in cui il giudizio sulla prova è oggetto di doppia conforme, atteso che nel caso in cui una statuizione della pronuncia di primo grado sia confermata in appello, ai fini del controllo di legittimità, la motivazione della sentenza di primo grado e quella della sentenza di appello si integrano vicendevolmente (cfr., per tutte, Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257595: “ai fini del controllo di legittimità sul vizio di motivazione, la struttura giustificativa della sentenza di appello si salda con quella di primo grado, per formare un unico complessivo corpo argomentativo, allorquando i giudici del gravame, esaminando le censure proposte dall’appellante con criteri omogenei a quelli del primo giudice ed operando frequenti riferimenti ai passaggi logico giuridici della prima sentenza, concordino nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento della decisione”).
Nel caso in esame, il ricorrente censura sotto il profilo della manifesta illogicità della motivazione, in realtà, le conclusioni cui è pervenuto il giudice del merito sulla attendibilità del riconoscimento effettuato dal mediatore culturale che ha portato ad identificare l’imputato come uno dei partecipanti ai fatti di devastazione, riconoscimento che in modo non manifestamente illogico è stato ritenuto essere attendibile, attesa la conoscenza diretta, e la frequentazione per motivi di lavoro, tra l’autore del riconoscimento e la persona riconosciuta.
Il ricorso è, pertanto, inammissibile.
Nell’unico motivo il ricorso NOME contiene un solo argomento, relativo all’attribuibilità a NOME, che si sarebbe limitato a lanciare pietre verso i militari dell’Esercito appostati fuori dal centro di accoglienza a controllo della strada di accesso, del complessivo evento di devastazione posto in essere dai partecipanti alla sommossa.
L’argomento è infondato, perché l’aver lanciato pietre verso le forze dell’ordine nella fase iniziale della sommossa, tenendole lontane ed impedendo loro di riprendere il possesso del centro di accoglienza, in modo non illogico è stato
COGNOME
ritenuto essere sul piano strettamente oggettivo un contributo causale rilevan alla condotta complessiva di devastazione del centro di accoglienza.
Il ricorso deduce che occorrerebbe distinguere due fasi della sommossa e che il ricorrente avrebbe partecipato soltanto alla prima, in cui non erano anc avvenuti fatti di devastazione, ma l’argomento è infondato, perché non risulta dal lettura della sentenza impugnata, né è trascritto o allegato al ricorso nel ris del principio dell’autosufficienza (Sez. 2, Sentenza n. 20677 del 11/04/ 201 COGNOME, rv. 270071; Sez. 4, n. Sentenza n. 46979 del 10/11/2015, COGNOME, rv. 265053; Sez. 2, Sentenza n. 26725 del 01/03/2013, COGNOME, rv. 256723), l’esistenza di una prova da cui desumere che in un momento successivo al lancio di pietre da parte dell’imputato, e prima della complessiva devastazione dei be mobili ed immobili che si trovavano nel centro di accoglienza, le forze di poliz avrebbero ripreso il controllo del centro, il che consentirebbe di slegare sul p causale il comportamento attribuito all’imputato da quello tenuto dai partecipan alla sommossa all’interno del centro, e che permetterebbe, pertanto, di esclude l’esistenza di un contributo causale dello stesso all’evento di devastazione.
Il ricorso sostiene anche che non è provato che il ricorrente fosse consapevol di ciò che ponevano in essere all’interno del centro gli altri partecipant sommossa, ma l’argomento, sovrapponibile a quello proposto nel ricorso COGNOME, è infondato per le medesime ragioni, atteso che lo stesso non considera l caratteristiche della condotta di devastazione, che, per la rumorosità dovuta numero di persone coinvolte ed alla tipologia dei comportamenti distruttivi, nonch per l’anomalia rispetto alla normale vita del centro di accoglienza comportamento delle forze dell’ordine e del personale dell’amministrazione costretto a salvaguardare la propria incolumità personale ed a cedere il contro dell’ordine pubblico negli ambienti del centro e fuori di esso, non essere percepita da coloro che si trovano negli ambienti in cui essa si verif talchè non manifestamente illogica è la motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto da tali indizi di ricavare l’esistenza nell’imput dolo di devastazione.
Il ricorso deduce, da ultimo, che del limitato contributo causale di NOME NOME fatti di devastazione avrebbe dovuto tenersi conto in punto di trattamen sanzioNOMErio, mentre all’imputato è stata inflitta la stessa pena degli altri c
L’argomento è inammissibile per mancanza di interesse perché – posto che non può venire in questione il riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. cod. pen’ che è preclusa in caso di fatto commesso da più di cinque persone quale quello in esame – all’imputato è stato inflitto il minimo edittale e sono riconosciute le attenuanti generiche, talchè, una volta riconosciuta la
responsabilità per il fatto contestato, la pena non poteva proprio essergli inflitta in misura inferiore.
Ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., alla decisione consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento, nonché la condanna del solo COGNOME al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, in via equitativa, nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso di NOME e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Rigetta i ricorsi di NOME COGNOME e NOME COGNOME e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 15 luglio 2024
Il consigliere estensore
Illpresidente