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Concorso in detenzione stupefacenti: la guida basta?

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per concorso in detenzione di stupefacenti a una donna che guidava l’auto in cui il convivente trasportava oltre 1 kg di marijuana. La Corte ha respinto la richiesta di derubricare il reato in favoreggiamento personale e di applicare l’ipotesi del ‘fatto lieve’, sottolineando che la guida attiva e il tentativo di fuga costituiscono un contributo causale diretto al reato permanente di detenzione.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concorso in detenzione di stupefacenti: quando guidare l’auto è reato

Il concorso in detenzione di stupefacenti è una fattispecie complessa, spesso al centro di dibattiti giurisprudenziali. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 11082/2024) offre chiarimenti cruciali sulla differenza tra la piena partecipazione al reato e il semplice favoreggiamento personale. Il caso riguarda una donna condannata per aver guidato un’auto contenente un ingente quantitativo di droga, sollevando la questione fondamentale: il solo fatto di essere al volante è sufficiente per essere considerati concorrenti nel reato?

I fatti di causa

Una donna veniva sorpresa alla guida di un’autovettura in compagnia del suo convivente. A bordo del veicolo, le forze dell’ordine rinvenivano tre involucri contenenti poco più di 1 kg di marijuana, con un principio attivo sufficiente a confezionare circa cinquemila dosi medie singole. Sia il Tribunale di primo grado che la Corte di Appello la ritenevano responsabile, in concorso con il compagno, del reato di detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio, condannandola a una pena di due anni e tre mesi di reclusione e 8.000 euro di multa.

I motivi del ricorso per Cassazione

La difesa dell’imputata ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su tre motivi principali:

1. Errata qualificazione del reato: Si sosteneva che la condotta dovesse essere riqualificata come favoreggiamento personale (art. 378 c.p.), in quanto l’intento della donna era solo quello di aiutare il convivente a eludere i controlli, senza partecipare attivamente alla detenzione.
2. Mancato riconoscimento del “fatto lieve”: La difesa chiedeva l’applicazione dell’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990, argomentando che il quantitativo di principio attivo (126,72 gr) fosse inferiore alla soglia giurisprudenziale per la marijuana e che l’imputata fosse estranea a qualsiasi organizzazione criminale.
3. Diniego delle attenuanti generiche: Si lamentava la mancata concessione delle attenuanti generiche, senza un’adeguata valutazione della personalità dell’imputata e del suo stato di incensuratezza.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito con argomentazioni precise e rigorose.

Sulla configurabilità del concorso in detenzione di stupefacenti

La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: per aversi concorso in detenzione di stupefacenti è sufficiente fornire un contributo consapevole alla realizzazione collettiva del reato. Nel caso specifico, la donna non era una mera passeggera. La sua condotta attiva – guidare il veicolo e accelerare alla vista delle forze dell’ordine per tentare la fuga – è stata interpretata come un “fattivo contributo causale”. La detenzione di stupefacenti è un reato permanente, che si consuma per tutto il tempo in cui si ha la disponibilità della sostanza. Pertanto, l’azione della donna non è stata un aiuto successivo al reato (come nel favoreggiamento), ma una partecipazione diretta alla condotta illecita in corso. La consapevolezza del carico illecito è stata desunta logicamente da elementi come la posizione visibile degli involucri nell’abitacolo e il forte odore emanato dalla sostanza.

Sul diniego dell’ipotesi del “fatto lieve”

Anche il secondo motivo è stato respinto. La Corte ha spiegato che la valutazione del “fatto lieve” non può basarsi solo sul dato quantitativo del principio attivo, ma richiede un’analisi complessiva di tutti i parametri indicati dalla norma. Nel caso di specie, l’ingente quantitativo lordo (oltre 1 kg), il numero elevatissimo di dosi ricavabili (circa 5.000) e la destinazione della droga al rifornimento di una “piazza di spaccio” gestita da un contesto organizzato (cui apparteneva il convivente) sono stati elementi decisivi per escludere la lieve entità del fatto. La giurisprudenza citata dalla difesa, secondo la Corte, si applica solo quando mancano specifici indici di offensività, situazione non riscontrabile in questo caso.

Sulle attenuanti generiche

Infine, la Corte ha ritenuto corretto il diniego delle attenuanti generiche. I giudici di merito avevano motivato la decisione in base all’elevato livello di offensività della condotta. Inoltre, la Cassazione ha sottolineato che la questione dell’incensuratezza dell’imputata non era stata sollevata nel giudizio d’appello, rendendo la doglianza inammissibile in sede di legittimità.

Conclusioni

La sentenza consolida importanti principi in materia di reati legati agli stupefacenti. Innanzitutto, chiarisce che qualsiasi contributo attivo e consapevole alla detenzione, come la guida del veicolo utilizzato per il trasporto, integra il concorso in detenzione di stupefacenti e non il meno grave reato di favoreggiamento. In secondo luogo, ribadisce che per il riconoscimento del “fatto lieve” non è sufficiente un mero calcolo del principio attivo, ma è necessaria una valutazione complessiva che tenga conto del contesto, della destinazione della sostanza e delle modalità dell’azione. Questa pronuncia serve da monito: la partecipazione, anche se apparentemente secondaria, a un’attività illecita può comportare una piena corresponsabilità penale.

Perché guidare un’auto con droga a bordo è considerato concorso nel reato e non favoreggiamento?
Perché la detenzione di stupefacenti è un reato permanente, cioè si commette per tutto il tempo in cui si ha la disponibilità della sostanza. Guidare l’auto e tentare di sfuggire a un controllo di polizia non è un aiuto prestato dopo la fine del reato, ma un contributo attivo e causale alla sua continuazione, configurando così una piena partecipazione (concorso).

Quali elementi escludono l’applicazione dell’ipotesi di ‘fatto lieve’ per la detenzione di droga?
L’applicazione del ‘fatto lieve’ viene esclusa quando, nonostante il quantitativo di principio attivo, emergono altri indici di particolare gravità. In questo caso, sono stati determinanti l’ingente quantità lorda della sostanza (oltre 1 kg), l’elevato numero di dosi ricavabili (circa 5.000) e la destinazione della droga al rifornimento di una piazza di spaccio organizzata.

Cosa rende un ricorso in Cassazione inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando è generico, manifestamente infondato o propone questioni di fatto che sono di competenza esclusiva dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). Nel caso specifico, il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché le censure erano volte a una rilettura dei fatti già correttamente valutati nelle sedi precedenti e perché alcuni motivi, come quello sull’incensuratezza, non erano stati sollevati in appello.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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