Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 23222 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 23222 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME COGNOME nato a Stigliano (MT) il 12/02/1986 avverso la sentenza del 19/11/2024 della Corte d’appello di Salerno; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso; insistito sentito il difensore del ricorrente, avv. NOME COGNOME che ha nell’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 20/7/2020, il Tribunale di Matera ha dichiarato COGNOME COGNOME colpevole del reato di cui all’art. 424 cod. pen. per aver appiccato fuoco, allo scopo di danneggiarla, all’autovettura Alfa TARGA_VEICOLO, in uso a COGNOME NOME e di proprietà della madre, NOME, parcheggiata in INDIRIZZO, a Stigliano (MT), in data 8/10/2017.
La Corte d’appello di Potenza, con sentenza del 17/3/2023, ha rigettato il gravame proposto dall’imputato.
Con sentenza del 2/2/2024, questa Corte ha annullato la sentenza d’appello per carenze motivazionali e, in particolare, per aver omesso di considerare gli argomenti ed elementi contenuti nell’impugnazione dell’imputato.
Con sentenza del 19/11/2024, la Corte d’appello di Salerno ha nuovamente confermato la sentenza di primo grado.
Ha presentato ricorso per Cassazione l’imputato.
2.1. Col primo motivo lamenta violazione di legge e vizi di motivazione in relazione al mancato adeguamento del giudice del rinvio a quanto stabilito da questa Corte in sede di annullamento della prima sentenza d’appello.
Il giudice d’appello non si sarebbe confrontato con le censure della difesa, mancando di esporre le ragioni per le quali le critiche sostenute sia nell’impugnazione che nella memoria datata 1/3/2023 fossero da disattendere, redigendo una motivazione sostanzialmente inesistente.
Si richiama la giurisprudenza di questa Corte sui limiti del giudizio di rinvio, lamentando che la Corte d’appello di Salerno avesse sostanzialmente ribadito le medesime argomentazioni contenute nella sentenza annullata e si fosse limitata a rinviare a quella di primo grado o a riportarne stralci, senza procedere a una rielaborazione critica e coerente dei fatti e delle prove e senza esaminare in modo autonomo le censure sollevate.
Sarebbero stati pretermessi i seguenti punti critici:
-la mancata individuazione dell’autore materiale del reato;
-la circostanza che costui, con una tanica in mano, non era giunto in loco e andato via con l’auto dello COGNOME, nessuno avendo ciò sostenuto, essendosi recato sul posto su una vettura scura, come precisato a pagina 6 della sentenza di primo grado;
-il fatto che i testi COGNOME NOME e COGNOME NOME avevano visto transitare l’auto Ford Fiesta del ricorrente, nel senso opposto di marcia a quello da loro percorso, solo dopo il fatto;
-la circostanza che l’imputato aveva dichiarato di essere stato in compagnia di una donna sposata, Rotunno NOME, che aveva smentito ciò, confermando, però, di avere un rapporto confidenziale con lo COGNOME, senza che si fosse valutato l’interesse della donna a mentire per il timore di far scoprire la sua relazione extraconiugale;
-l’assenza di un movente.
Si tratterebbe, secondo parte ricorrente, di tematiche rimaste irrisolte anche nella sentenza di primo grado, sicché il mero rinvio ad essa non sarebbe, comunque, risolutivo del vuoto motivazionale lamentato.
Né, al riguardo, sarebbe idonea la scarna motivazione adottata dal giudice di rinvio, secondo cui, sulla base di quanto dichiarato dai detti testi, degli esiti investigativi e di quanto emerso dalle riprese delle videocamere, in modo generico,
si doveva ritenere che lo COGNOME fosse alla guida della vettura da cui era sceso l’autore materiale dell’incendio e su cui lo stesso era poi risalito: essendosi omesso, in tal modo, di illustrare le ragioni di tale convincimento, dando un’interpretazione forzata del materiale probatorio e ignorando le censure difensive, non ultima il detto interesse della COGNOME a mentire per celare la sua relazione col ricorrente.
In tale incerto contesto, anche la motivazione adottata dal giudice del rinvio per superare l’assenza del movente -ovvero essersi in presenza di prove a carico ‘univoche e complete’ non poteva ritenersi condivisibile, non essendosi in tale situazione, nella specie.
2.2. Col secondo motivo, parte ricorrente lamenta violazione di legge e vizi di motivazione in relazione al ritenuto concorso nel delitto, presupposto -secondo i giudici di merito -nell’accordo a monte con l’esecutore materiale, desumibile dal suo accompagnamento e recupero dopo il fatto.
Si formulano, da parte ricorrente, censure analoghe a quelle di cui al primo motivo, lamentando l’illogicità del ragionamento della sentenza d’appello, che si sarebbe limitata a ricalcare pedissequamente le determinazioni del giudice di primo grado, basate su ipotesi di mera verosimiglianza, senza alcun sicuro supporto o riscontro e senza, soprattutto, che si fosse tenuto conto delle censure formulate con l’appello e con la detta memoria difensiva, circa l’inesistenza di prove del concorso e ‘l’inconsistenz a del contributo causale alla commissione del delitto della condotta rappresentata dal guidare il mezzo che avrebbe accompagnato l’esecutore materiale del fatto’ (p. 15 ricorso).
In particolare, residuava il dubbio che il conducente dell’autovettura di colore scuro da cui era sceso l’esecutore materiale del danneggiamento, allontanatosi senza assistere al fatto, sapesse che lo stesso venisse portato a compimento e comunque avesse dato supporto morale all’altrui determinazione delittuosa.
2.3. Col terzo motivo, si lamentano vizi motivazionali e violazioni di legge in relazione al trattamento sanzionatorio, confermato con un richiamo generico all’adeguatezza della pena, senza espressa valutazione dei criteri di cui all’articolo 133 cod. pen., laddove lo stesso sarebbe sproporzionato in considerazione dell’assoluzione del coimputato, dell’inesistenza di elementi di allarme sociale, delle sconosciute modalità dell’azione, dell’essersi in presenza di un quadro meramente indiziario, dell’assenza di un movente: elementi tutti che avrebbero dovuto portare all’applicazione del minimo edittale.
Si censura, ancora, il rigetto del beneficio della sospensione condizionale della pena, motivato dai precedenti non specifici a carico dell’imputato, senza alcuna spiegazione di quali di essi fossero ostativi e del perché e senza considerare
che gli stessi non implicano, in modo automatico, il rischio di recidiva. Non si sarebbe considerato, a tali fini, che si trattasse di precedenti in materia di stupefacenti, come precisato nella sentenza di primo grado, né la loro datazione.
Ci si duole, ancora, dell’omessa applicazione dell’attenuante di cui all’articolo 114 cod. pen., avendo la sentenza omesso di considerare il ruolo marginale avuto dall’imputato, con una partecipazione indiretta e non determinante.
2.4. Col quarto motivo, infine, si lamentano vizi motivazionali e violazioni di legge in relazione alla mancata assoluzione per particolare tenuità del fatto, non essendosi considerato che non si conoscessero i danni all’autovettura e che il pericolo per la pubblica incolumità fosse stato modesto, essendosi il fatto verificato in una zona periferica di campagna, priva di abitazioni, di notte, in ottobre. Si valorizza nuovamente l’assenza di un movente e di precedenti specifici, non essendo ostativi quelli che tali non fossero.
Sono stati proposti motivi aggiunti, da parte ricorrente.
3.1. La difesa ha eccepito, in primo luogo, l’illogicità e la carenza di motivazione della sentenza impugnata, nonché la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. in relazione alla violazione dei canoni di valutazione della prova ex art. 192 c.p.p.
Si sostiene che la Corte d’appello di Salerno avesse dichiarato la responsabilità penale sulla base di un ragionamento contrario ai canoni di adeguata valutazione della prova, ponendosi in contraddizione con la decisione di rinvio. Si evidenziava che la Corte salernitana, pur essendo libera nel merito, avrebbe dovuto evitare di ripetere i vizi motivazionali del provvedimento annullato, ma non lo avrebbe fatto, rileggendo i dati raccolti dal Tribunale di Matera, senza raggiungere un livello adeguato di ragionevolezza del giudizio di colpevolezza e senza tener conto degli articolati motivi d ‘ appello.
In particolare, si lamenta che il giudice del rinvio non abbia fatto buon governo delle regole di valutazione delle prove, ritenendo, in maniera apodittica, gli scarni indizi a carico dello COGNOME dimostrativi della circostanza che l’imputato fosse alla guida dell’auto dalla quale era sceso l’autore materiale dell’incendio e su cui lo stesso era poi risalito. Si ritiene illogica la conclusione di univocità e completezza delle prove, evidenziando insuperabili vuoti ricostruttivi.
Quanto alle immagini delle telecamere di videosorveglianza che avrebbero ripreso sul luogo dell’incendio l’imputato, non si comprendeva da quale frame fosse stato visto scendere e risalire dall’auto dello COGNOME l’ignoto complice, né quale immagine comprovasse che alla guida del veicolo scuro vi fosse proprio lo COGNOME. Si afferma che l’unico elemento certo fosse che questi era il conducente
della Ford Fiesta scura intestata al nonno, COGNOME Salvatore, circostanza confermata dall’imputato stesso in sede di esame. In base a quest ‘ unico elemento, i giudici di merito avrebbero ricavato pseudo indizi inidonei alla condanna.
Le immagini acquisite, insomma, mostravano un ragazzo scendere da una vettura scura, ma non che tale auto fosse la Ford Fiesta di COGNOME. La targa del veicolo dello COGNOME sarebbe stata accertata solo in un secondo momento tramite videoriprese in una zona diversa da quella dell’incendio (zona Lavitone), mentre non vi erano ingrandimenti dalla zona dell’incendio (zona Fas) che permettessero di decifrare la targa dell’auto da cui era sceso l’autore m ateriale del fatto: tanto che anche il primo giudice aveva parlato di “somiglianza” di tale veicolo alla Ford Fiesta condotta dall’imputato.
Si richiamano, al riguardo, le deposizioni COGNOME e COGNOME, che avevano dichiarato di aver visto la Ford Fiesta transitare in loco dopo l’evento (circostanza ammessa dall’imputato), riconoscendo parzialmente la sua targa, senza aggiungere elementi schiaccianti a carico. Anche l’uso degli abbaglianti, da parte dello COGNOME, di cui avevano parlato tali testi, sarebbe elemento non univoco e compatibile con la versione difensiva (evitare, l’imputato, di essere identificato perché in compagnia di una donna sposata).
Si ribadisce l’inattendibilità della COGNOME, che non aveva confermato l’alibi dello COGNOME, ma che tanto aveva fatto per celare la relazione extraconiugale. La stessa richiesta dello COGNOME alla donna di confermare l’alibi dimostrerebbe l’esistenza di un rapporto confidenziale tra i due, posto che lo COGNOME giammai avrebbe rischiato di essere smentito, se la circostanza non fosse stata vera.
Si contesta l’utilizzo dei tabulati telefonici, ritenuti inefficaci sia per l’assenza di telefonate sull’utenza di COGNOME la sera dell’incendio (a comprova che fosse in compagnia della Rotunno), sia per l’assenza di contatti tra COGNOME e il correo COGNOME (poi assolto) quella sera o nei giorni precedenti, sia per la carenza di accertamenti tecnico-scientifici sull’unica cella agganciata nell’area interessata.
3.2. La difesa ha eccepito, in secondo luogo, la carenza assoluta di motivazione e la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. in relazione alle doglianze di cui all’appello circa il concorso nel reato contestato.
Si ribadisce l’inesistenza di dati processuali certi a supporto dell’ipotesi concorsuale e, comunque, l’inconsistenza del contributo causale ritenuto dai giudici di merito: evidenziandosi il dubbio sull’idoneità concorsuale della condotta di chi si limiti a condurre il veicolo su cui è l’autore materiale del reato, allontanandosi senza assistervi e senza offrire supporto morale.
Inoltre, la difesa ribadisce la carenza assoluta di motivazione sulla mancata applicazione dell’attenuante prevista dall’art. 114 cod. pen., invocata in subordine.
3.3. Infine, la difesa ha eccepito la carenza di motivazione e la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. in relazione al trattamento sanzionatorio e al mancato ridimensionamento della pena.
Si reputa la pena di mesi 6 di reclusione manifestamente illogica, in quanto la Corte d’appello si era limitata a ritenere corretto il calcolo del primo giudice, trascurando le emergenze processuali quali l’assoluzione del coimputato COGNOME, l’inesistenza di elementi di allarme sociale, le modalità d’azione, rimaste sconosciute, la natura indiziaria del processo e l’assenza di un movente.
Non sarebbe stato fatto buon governo neppure della regola di cui all’art. 114 cod. pen., ritenendo erroneamente l’imputato meritevole della pena irrogata come se avesse appiccato l’incendio e messo in pericolo l’incolumità pubblica, confondendo il reato di danneggiamento (contestato) con quello di incendio. La giusta qualificazione del fatto avrebbe dovuto comportare l’applicazione della massima riduzione sanzionatoria, tenuto conto dell’art. 114 cod. pen., soprattutto considerando l’assoluzione del coimput ato COGNOME sulla base di presupposti oggettivi (ovvero l’assenza di movente) riferibili anche allo COGNOME.
Si sarebbe trascurata, da ultimo, non solo la richiesta di assoluzione del Pubblico Ministero in primo grado, ma soprattutto la richiesta assolutoria avanzata dalla Procura Generale di Salerno, il che deponeva ulteriormente per l’annullamento della sentenza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, per diversi profili inammissibile, è nel complesso infondato.
I motivi attinenti all’affermazione di responsabilità sono inammissibili, in quanto sollecitano, in definitiva, una mera rilettura dei fatti di causa, inibita in sede di legittimità.
La Corte d’appello di Salerno, con motivazione congrua, completa ed immune da vizi, ha ritenuto che le prove acquisite “depongono in modo univoco per la conferma della responsabilità penale dell’imputato”.
In sintesi, le ragioni principali esplicitate dalla Corte territoriale, anche -ma non solo -sulla base di quanto, in modo conforme, ritenuto dalla sentenza di primo grado, sono:
-le deposizioni dei testi COGNOME e COGNOME, che, a bordo di una Fiat Punto, alle ore 0,30 lungo la strada pubblica avevano notato un’autovettura in fiamme e, dopo poche centinaia di metri, un’altra auto Ford Fiesta con una persona a bordo, che, verosimilmente al fine di non essere individuata,
aveva azionato i fari abbaglianti ed era ripartita velocemente; gli stessi testi avevano, altresì, incrociato un altro uomo, a piedi, con in mano una tanica di colore rosso, che si era avvicinato a loro, evidentemente scambiando il veicolo su cui erano per quello nel quale avrebbe dovuto salire, e, poi, si era fermato rendendosi conto dell’errore; i detti testi, infine, avevano notato, subito dopo, la Ford Fiesta -la cui targa iniziava, a loro dire, per ‘CZ9’ nei pressi dell’auto incendiata e poi imboccare la strada provinciale e dirigersi verso il luogo in cui avevano visto l’uomo con la tanica;
-la certa individuazione, in base alle immagini estratte dalle videocamere a presidio del territorio comunale , dell’auto veduta dai testi COGNOME e COGNOME nella Ford Fiesta targata TARGA_VEICOLO
-l’altrettanto certa individuazione dello COGNOME quale conducente d i tale auto, sia perché, pur intestata a suo nonno, COGNOME NOME, era, di norma, in suo uso (il maresciallo dei Carabinieri, COGNOME NOME, lo aveva più volte fermato e visto a bordo di essa), sia per essere stata la circostanza ammessa dallo stesso imputato in sede di esame, sia per esser indirettamente confermata dalle dichiarazioni della teste COGNOME NOME, secondo cui l’imputato le aveva chiesto di riferire alle Forze dell’ordine di trovarsi con lui a bordo della detta auto la notte dell’incendio;
-la circostanza che, ‘dalla visione dei filmati’, fosse emerso ‘chiaramente che dall’auto Ford Fiesta era sceso un uomo con una tanica che si era avvicinato alla vettura Alfa, aveva infranto il vetro anteriore dell’abitacolo ed aveva versato il liquido cont enuto della tanica all’interno della vettura, e successivamente era fuggito in direzione Pisticci, tenendo la tanica in mano’ (p. 8 sentenza d’appello impugnata) , ovvero verso il luogo in cui i testi COGNOME e COGNOME avevano visto recarsi l’uomo con la tanica;
-la conferma, dalla visione dei medesimi filmati, che in loco era transitata anche l’auto Fiato Punto nella quale vi erano i due testi, COGNOME e COGNOME, che avevano segnalato l’incendio (ancora p. 8 sentenza d’appello);
-infine, il tentativo dell’imputato di procurarsi un falso alibi, per quanto asserito dalla teste COGNOME avendo il primo chiesto alla seconda, come detto, di riferire agli inquirenti di essere con lui in quel frangente.
La Corte d’appello di Salerno ha quindi concluso, sulla base di tali elementi, che fosse superato ogni ragionevole dubbio e che lo COGNOME fosse alla guida della vettura dalla quale era sceso e su cui era poi risalito l’autore materiale del fatto dannoso.
Trattasi di valutazione completa ed esaustiva, che risponde appieno al
compito affidato da questa Corte al giudice di rinvio.
Al riguardo, per quanto detto, erra parte ricorrente laddove ritiene che la sentenza d’appello non potesse richiamarsi agli argomenti eventualmente da essa condivisi e già esplicitati nella sentenza di primo grado. La giurisprudenza di questa Corte è ferma nel ritenere esattamente il contrario, ovvero che, in caso di cosiddetta ‘doppia conforme’ pronuncia, gli argomenti delle sentenze si saldano in un unico complesso argomentativo, ove pure non siano espressamente richiamati dalla pronuncia di secondo grado. Tanto comporta, a maggior ragione, la possibilità del giudice d’appello di rimettersi integralmente agli argomenti condivisi fatti propri da quello di primo grado: ciò che, peraltro, neppure è accaduto, nella specie, avendo, comunque, la Corte d’appello di Salerno rielaborato e rivalutato criticamente il materiale istruttorio, seppur concordando, in definitiva, come detto, con le valutazioni espresse dal primo giudice.
Né si reputa che vi sia alcuna illogicità, men che meno manifesta, nel ritenere che chi abbia condotto sul luogo del fatto, e poi prelevato, in piena notte, altro soggetto con una tanica di liquido poi versato nell’auto data alle fiamme, dovesse essere necessariamente consapevole di tanto: essendo impensabile che si fosse prestato a dare un passaggio, in simile situazione, senza sapere alcunché.
In definitiva, i motivi attinenti l’affermazione di responsabilità, totalmente versati in fatto, non adducendo, a ben vedere, vizi motivazionali o travisamenti di prove, men che meno violazioni di legge, chiedono sostanzialmente una rivalutazione, in sede impropria, del materiale probatorio acquisito e correttamente considerato dal giudice del rinvio.
Orbene, è noto che non possa chiedersi al giudice di legittimità una diversa valutazione delle prove raccolte. Tanto esula dal novero dei vizi deducibili ex art. 606, comma 1, lettera e), cod. proc. pen., con limiti non aggirabili, ovviamente, col mero richiamo di violazioni normative o della violazione della lettera c) della medesima norma, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 192, 125 e 546 cod. proc. pen. (Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, COGNOME, Rv. 280027-04): salvo non emergano omissioni, contraddizioni o illogicità manifeste e, ovviamente, decisive.
Queste ultime, in quanto «manifeste», devono essere tali da apparire di lapalissiana evidenza per esser la motivazione fondata su congetture implausibili o per avere la stessa trascurato dati di superiore valenza (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, COGNOME, Rv. 207944-01; Sez. U, n. 16 del 19/06/1996, COGNOME, Rv. 205621-01; Sez. 1, n. 45331 del 17/02/2023, Rv. 285504-01; Sez. 4, n. 10153 del 11/02/2020, Rv. 278609-01): tanto più nel caso di decisioni di merito conformi, che, come detto, si saldano tra loro in un unicum motivazionale
da valutare nel suo complesso (Sez. 3, n. 13926 del 1/12/2011, dep. 2012, Rv. 252615-01; Sez. 2, n. 1309 del 22/11/1993, dep. 1994, Rv. 197250-01).
In estrema ed efficace sintesi, «la manifesta illogicità della motivazione, prevista dall’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., presuppone che la ricostruzione proposta dal ricorrente e contrastante con il procedimento argomentativo recepito nella sentenza impugnata sia inconfutabile e non rappresenti soltanto un’ipotesi alternativa a quella ritenuta in sentenza» (Sez. 6, n. 2972 del 04/12/2020, dep. 2021, Rv. 280589-02), essendo, per contro, «inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento» (Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, Rv. 280747-01; così pure Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, Rv. 262965-01).
E neppure di travisamento della prova può, qui, parlarsi.
Tale vizio è insito nel la mancata valutazione di una prova esistente (travisamento per omissione) o nell’utilizzazione di una prova inesistente (travisamento per invenzione) o esistente, ma con erronea percezione del suo oggettivo “significante” (travisamento delle risultanze probatorie): sempre che, per giunta, detto travisamento sia decisivo (Sez. 3, n. 45537 del 28/09/2022, Rv. 283777-01). «In questi casi non si tratta di reinterpretare gli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della decisione, ma di verificare se detti elementi sussistano (cfr. tra le altre Sez. 5, n. 39048 del 25/09/2007, COGNOME, Rv. 238215). Invero il vizio di “contraddittorietà processuale” vede circoscritta la cognizione del giudice di legittimità alla verifica dell’esatta trasposizione nel ragionamento del giudice del dato probatorio nei termini di una “fotografia”, neutra e a-valutativa, del “significante”, ma non del “significato”, atteso il persistente divieto di rilettura e di re-interpretazione nel merito dell’elemento di prova (Sez. 1, n. 25117 del 14/07/2006, COGNOME, Rv. 234167; Sez. 5, n. 36764 del 24/05/2006, COGNOME, Rv. 234605)» (così Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, Rv. 283370-01, in motivazione).
Nella specie, non vi sono prove, inequivocabilmente decisive nel sovvertire la decisione impugnata, che, inesistenti, risultino utilizzate o, esistenti, pretermesse o valutate in modo difforme dal loro oggettivo ‘significante’.
Da quanto precede, tutte le censure mosse circa l’affermazione di responsabilità del ricorrente vanno dichiarate inammissibili.
3. Infondate sono poi le ulteriori doglianze.
Ai fini dell’esclusione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, il giudizio sulla tenuità dell’offesa, da effettuare sulla base dei criteri di cui all’art. 133, comma 1, cod. pen., è da ritenersi adeguato laddove dia conto dell’assenza anche solo di uno dei presupposti richiesti dall’art. 131bis cod. pen., ritenuto, evidentemente, decisivo (Sez. 7, n. 10481 del 19/01/2022, Rv. 28304401; Sez 6, n.55107 del 08/11/2018, Rv.274647-01; Sez.3, n.34151 del 18/06/2018, Rv.273678-01).
Analogamente, s fugge al sindacato di legittimità, se sorretta da motivazione non manifestamente illogica o arbitraria, bensì aderente ai criteri legali, in primis quelli di cui agli artt. 132 e 133 cod. pen., la valutazione sulla determinazione della pena, specie se inferiore alla media edittale (Sez. 3, n. 29968 del 22/2/2019, Rv. 276288-01; Sez. 5, n. 5582 del 30/9/2013, dep. 2014, Rv. 259142-01; per analogo principio sugli aumenti in continuazione, Sez. 4, n. 48546 del 10/07/2018, Rv. 274361-01): essendo sufficiente che il giudice del merito indichi come semplicemente ‘adeguata’ al caso la decisione presa.
Ed ancora, non è censurabile, in sede di legittimità, la sentenza che, persino in maniera implicita, ritenga, in modo chiaro, esaustivo e non manifestamente illogico, di disattendere la chiesta applicazione dell’attenuante di cui all’art. 114 cod. pen. (Sez. 5, n. 6746 del 13/12/2018, dep. 2019, Rv. 275500-01; Sez. 2, n. 48029 del 20/10/2016, Rv. 268176-01; Sez. 1, n. 27825 del 22/05/2013, COGNOME, Rv. 256340-01).
Infine, spetta ancora al giudice del merito formulare una prognosi sulla probabilità che in futuro il colpevole si asterrà dal commettere ulteriori reati e, solamente nel caso in cui tale prognosi (da effettuarsi avuto riguardo alle circostanze indicate nell’art. 133 cod. pen.) sia favorevole, lo stesso può concretamente concedere il beneficio di cui si tratta (Sez. 5, n. 19258 del 12/02/2019, Rv. 276508-01; Sez. 1, n. 8865 del 18/06/1992, Rv. 191628-01).
Orbene, i giudici di merito hanno evidenziato, al riguardo, motivazioni per nulla illogiche.
Il proscioglimento ai sensi dell’articolo 131bis cod. pen. è stato negato in ragione della non esigua offensività del fatto. ‘Al contrario, la condotta tenuta ha provocato un danno tutt’altro che esiguo essendo stata incendiata un’autovettura e da essa è conseguito un pericolo di notevole gravità per la pubblica incolumità atteso che il veicolo è stato incendiato lungo la strada pubblica, oggetto di transito da parte di molteplici vetture’ (p. 11 sentenza d’appello). Si tratta di valutazione del tutto congrua e logica, laddove in modo immotivato parte ricorrente oppone circostanze del tutto incerte, quali l’assunta esiguità del danno materiale provocato
e lo scarso pericolo, trattandosi di una zona periferica: essendo, per giunta, incontestato che ci si trovasse a ridosso della via pubblica, il che rende comunque evidente la gravità del pericolo occorso.
L’attenuante di cui all’art. 114 cod. pen. è stata negata affermando che il contributo dello COGNOME all’evento criminoso non fosse stato di minima importanza, avendo avuto ruolo determinante nel trasportare l’esecutore materiale del delitto: valutazione – pure questa – per nulla incongrua o irrazionale.
La Corte territoriale ha condiviso, poi, il lieve discostamento dal minimo edittale della pena base, ritenendo corretto quanto sul punto statuito dal giudice di prime cure, in ragione del grave danneggiamento della vettura incendiata e degli effetti potenzialmente pericolosi delle fiamme sprigionate dal mezzo in sosta a ridosso della via pubblica: giudizio privo di illogicità.
La Corte d’appello ha esplicitamente ribadito la negazione della concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena sulla base della negativa personalità dell’imputato, fatta anche in considerazione dei precedenti penali del ricorrente e della ‘gravità delle condanne riportate per reati in materia di stupefacenti di recente commissione’, ciò che induceva a ritenere che non si trattasse di un fatto isolato ed episodico nella vita dell’imputato (p. 16 sentenza di primo grado e p. 10 sentenza d’appello).
Si tratta, si ripete, di valutazioni conformi ai detti principi di diritto e immuni da vizi logici, come tali non censurabili in questa sede.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. , alla declaratoria di rigetto segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 14/05/2025.