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Concorso in danneggiamento: la guida è sufficienza

Un individuo è stato condannato per il suo ruolo nell’incendio di un’auto, avendo guidato l’esecutore materiale sul posto. La Corte di Cassazione ha confermato la condanna, stabilendo che fornire il trasporto in tali circostanze dimostra un concorso in danneggiamento, poiché è implausibile che l’autista fosse all’oscuro dell’intento criminale. La Corte ha respinto tutti gli argomenti della difesa, inclusa la mancanza di un movente chiaro e la richiesta di una pena più lieve.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concorso in Danneggiamento: Quando Guidare l’Autore del Reato Porta a una Condanna

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 23222/2025, ha affrontato un caso di concorso in danneggiamento a seguito di incendio, chiarendo i confini della responsabilità penale per chi fornisce un supporto logistico all’esecutore materiale. La pronuncia stabilisce che accompagnare una persona sul luogo del delitto e attenderla per garantirle la fuga è sufficiente a integrare la complicità, anche in assenza di una partecipazione diretta all’azione criminosa. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti: L’Incendio dell’Autovettura e le Indagini

I fatti risalgono a una notte di ottobre del 2017, quando un’autovettura parcheggiata in una via di un comune della provincia di Matera veniva data alle fiamme. Le indagini, basate su testimonianze e filmati di videosorveglianza, hanno permesso di ricostruire la dinamica. Un uomo è stato visto scendere da un’auto scura, una Ford Fiesta, con una tanica in mano, appiccare il fuoco al veicolo e poi fuggire.

L’auto usata per l’azione è stata identificata come quella in uso a un uomo, l’imputato, che ha ammesso di essere alla guida quella notte. Nonostante egli negasse ogni coinvolgimento, gli elementi raccolti, tra cui il tentativo di costruirsi un falso alibi, hanno portato alla sua condanna in primo e secondo grado per concorso nel reato di danneggiamento seguito da incendio (art. 424 c.p.).

La Decisione della Cassazione sul Concorso in Danneggiamento

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando una carenza di prove sul suo effettivo contributo consapevole al reato. A suo dire, non era stato dimostrato che fosse a conoscenza delle intenzioni del passeggero. La difesa ha inoltre sollevato questioni sulla proporzionalità della pena e sul mancato riconoscimento di alcune attenuanti.

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, dichiarandolo inammissibile. I giudici hanno ritenuto che la Corte d’Appello avesse fornito una motivazione completa e logica, basata su un quadro probatorio solido e univoco. La decisione conferma che, in casi come questo, il ruolo di autista non è marginale, ma costituisce un contributo essenziale alla realizzazione del crimine.

Le Motivazioni della Sentenza

La sentenza si basa su un’analisi approfondita degli elementi di prova e dei principi giuridici che regolano il concorso di persone nel reato. La Corte ha chiarito diversi punti fondamentali.

La Prova del Concorso in Danneggiamento

Il cuore della motivazione risiede nella valutazione del ruolo dell’imputato. Secondo la Cassazione, è “impensabile” che una persona, in piena notte, dia un passaggio a un altro individuo munito di tanica, lo attenda mentre si avvicina a un’auto e poi lo recuperi dopo l’incendio, senza essere consapevole dell’intento criminale. Tale condotta, secondo i giudici, supera la mera connivenza e si configura come un vero e proprio concorso in danneggiamento, in quanto l’autista fornisce un apporto causale decisivo, garantendo sia l’arrivo sul posto che la successiva via di fuga.

La Corte ha specificato che le prove raccolte (testimonianze, video, identificazione del veicolo e il tentativo di falso alibi) si saldavano in un “unico complesso argomentativo”, sufficiente a superare ogni ragionevole dubbio.

Il Rigetto delle Altre Istanze Difensive

La Corte ha respinto anche le altre doglianze:

* Attenuante della minima partecipazione (art. 114 c.p.): Negata perché il contributo dell’autista è stato ritenuto “determinante” e non di minima importanza.
* Particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.): Esclusa a causa della “non esigua offensività del fatto”, evidenziando la gravità di incendiare un veicolo su una strada pubblica e il conseguente pericolo per l’incolumità pubblica.
* Sospensione condizionale della pena: Il diniego è stato giustificato sulla base della “negativa personalità dell’imputato”, desunta dai precedenti penali specifici per reati in materia di stupefacenti, che indicavano un concreto rischio di recidiva.

Conclusioni: L’Importanza del Contributo Causale

Questa sentenza ribadisce un principio consolidato nella giurisprudenza penale: per essere considerati concorrenti in un reato non è necessario compiere materialmente l’azione tipica. È sufficiente fornire un contributo consapevole e causalmente rilevante alla sua esecuzione. Nel caso di specie, il supporto logistico offerto dall’autista è stato considerato un tassello indispensabile del piano criminoso, giustificando pienamente la sua condanna per concorso in danneggiamento.

È sufficiente guidare l’autore materiale di un incendio per essere considerati complici?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, accompagnare sul luogo del delitto e poi recuperare l’esecutore materiale di un incendio, specialmente di notte e in circostanze sospette (come la presenza di una tanica), costituisce un contributo consapevole e determinante, sufficiente a configurare il concorso in danneggiamento. È ritenuto impensabile che il conducente non fosse a conoscenza dello scopo del “passaggio”.

Il ruolo di mero autista può beneficiare dell’attenuante della minima partecipazione?
No. La Corte ha negato l’applicazione dell’attenuante per la minima partecipazione (art. 114 c.p.) perché il ruolo del conducente è stato considerato “determinante”. Senza il suo supporto logistico nel trasporto, il reato non si sarebbe potuto commettere con quelle modalità.

L’assenza di un movente chiaro può portare all’assoluzione?
No, l’assenza di un movente non è un elemento sufficiente per l’assoluzione se vi sono altre prove “univoche e complete” che dimostrano la colpevolezza. In questo caso, le testimonianze, le immagini delle videocamere e il tentativo di crearsi un falso alibi sono stati ritenuti elementi sufficienti per superare ogni ragionevole dubbio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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