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Concorso in contraffazione: foto su documento falso

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per il reato di contraffazione di documento. La Corte ha stabilito che fornire la propria fotografia per la creazione di un documento falso costituisce una forma di concorso in contraffazione. Inoltre, ha ribadito che i motivi di ricorso non sollevati nel giudizio d’appello non possono essere presentati per la prima volta in Cassazione.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concorso in Contraffazione: Quando Fornire una Foto Diventa Reato

Fornire la propria fotografia per la creazione di un documento falso può sembrare un gesto minore, ma le sue implicazioni legali sono estremamente serie. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale: tale condotta integra pienamente il concorso in contraffazione. Questa decisione non solo chiarisce i confini della responsabilità penale in materia di falsificazione, ma sottolinea anche l’importanza delle regole procedurali nei processi di impugnazione.

I Fatti del Caso

Il caso ha origine dalla condanna di un individuo per il reato previsto dall’art. 497-bis, comma 2, del codice penale. La Corte di Appello aveva parzialmente riformato la sentenza di primo grado, dichiarando la prescrizione per alcuni reati ma confermando la condanna per la contraffazione. L’imputato aveva fornito la propria fotografia, che era stata poi apposta su un documento falsificato. Ritenendo ingiusta la condanna, l’imputato ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, basandolo su quattro motivi principali: una presunta mancata correlazione tra l’accusa e la sentenza, la richiesta di prescrizione del reato, la sua derubricazione a un’ipotesi meno grave e, infine, il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche.

L’Analisi della Corte sul concorso in contraffazione

La Corte di Cassazione ha esaminato e respinto tutti i motivi del ricorso, dichiarandolo inammissibile. L’analisi dei giudici si è concentrata su due aspetti fondamentali: la sostanza del reato e la correttezza procedurale dell’appello.

La rilevanza penale della fotografia

Il primo motivo, relativo alla discrepanza tra accusa e condanna, è stato ritenuto manifestamente infondato. La Corte ha chiarito che la descrizione dei fatti nell’atto di accusa, che menzionava esplicitamente la presenza della foto dell’imputato sul documento, conteneva già tutti gli elementi per configurare un concorso in contraffazione. Fornire la propria immagine è un atto che, logicamente, contribuisce in modo determinante alla realizzazione del falso. Pertanto, non vi era alcuna difformità sostanziale che potesse invalidare la condanna.

La preclusione dei motivi inediti

I giudici hanno dichiarato inammissibili il secondo e il terzo motivo (prescrizione e derubricazione) perché rappresentavano questioni “inedite”, ovvero sollevate per la prima volta in sede di legittimità. La legge processuale penale stabilisce che, di regola, le questioni non devolute al giudice d’appello non possono essere introdotte ex novo in Cassazione. Si tratta di un principio posto a garanzia della progressione e della coerenza del processo. Allo stesso modo, il quarto motivo, riguardante le attenuanti generiche, è stato respinto perché formulato in maniera troppo generica, senza indicare specifici elementi che potessero giustificare una valutazione diversa da quella, logicamente motivata, dei giudici di merito.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Corte si fondano su pilastri consolidati del diritto penale e processuale. Sul piano sostanziale, viene ribadito che il concorso in contraffazione non richiede necessariamente la partecipazione materiale alla falsificazione del documento. Anche un contributo consapevole, come la fornitura di una fotografia personale, è sufficiente per essere considerati penalmente responsabili. Questo perché tale azione facilita e rende possibile la commissione del reato principale.

Sul piano processuale, la decisione riafferma la rigidità delle regole di impugnazione. Il ricorso per cassazione non è una terza istanza di giudizio sui fatti, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge. Permettere di introdurre continuamente nuove questioni minerebbe l’efficienza e la certezza del sistema giudiziario. L’inammissibilità dei motivi “inediti” serve a garantire che ogni fase del processo abbia una sua funzione specifica e che le parti esercitino i loro diritti nei tempi e nei modi previsti dalla legge.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

L’ordinanza in esame offre due importanti lezioni. La prima è che qualsiasi forma di collaborazione attiva nella creazione di un documento falso, inclusa la semplice cessione della propria fotografia, espone a gravi conseguenze penali. Non è possibile invocare un ruolo marginale quando il proprio contributo è essenziale per il perfezionamento del reato. La seconda lezione è di natura processuale: la difesa deve essere strategica e completa sin dai primi gradi di giudizio. Le questioni e le eccezioni devono essere sollevate tempestivamente, poiché le omissioni nel giudizio d’appello non possono, di norma, essere sanate davanti alla Corte di Cassazione.

Fornire la propria fotografia per un documento falso è reato?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, fornire la propria fotografia da apporre su un documento falso costituisce una forma di partecipazione, definita concorso, nel reato di contraffazione, in quanto rappresenta un contributo consapevole e necessario alla realizzazione del falso.

È possibile presentare nuove argomentazioni legali per la prima volta durante il ricorso in Cassazione?
No, di norma non è possibile. La Corte ha ribadito che le questioni non sollevate nel giudizio di appello sono considerate “inedite” e quindi inammissibili in Cassazione, a meno che non si tratti di questioni che la legge permette di rilevare in ogni stato e grado del procedimento.

Cosa succede se un motivo di ricorso è formulato in modo troppo generico?
Un motivo di ricorso formulato in modo generico, che non indica con precisione gli elementi a sostegno della critica contro la sentenza impugnata, viene dichiarato inammissibile. È necessario che il ricorrente fornisca al giudice tutti gli elementi per comprendere e valutare la fondatezza della sua doglianza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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