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Concorso in bancarotta: la responsabilità del consulente

La Corte di Cassazione conferma la condanna per concorso in bancarotta fraudolenta di un consulente legale esterno che aveva ricevuto ingenti somme, prive di giustificazione economica, da una società poi fallita. La sentenza chiarisce la responsabilità dell’extraneus e la distinzione tra il reato di bancarotta e l’evasione fiscale ai fini del principio del ‘ne bis in idem’.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concorso in Bancarotta: la Responsabilità Penale del Consulente Esterno

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26843/2025, affronta un caso emblematico di concorso in bancarotta fraudolenta patrimoniale a carico di un soggetto extraneus, un consulente legale esterno a una società poi dichiarata fallita. La pronuncia offre chiarimenti cruciali sulla consapevolezza richiesta al concorrente esterno e sulla distinzione tra il reato fallimentare e quello fiscale ai fini dell’applicazione del principio del ne bis in idem.

I Fatti del Caso

Un consulente legale esterno aveva ricevuto da una società, tra il 2007 e il 2012, somme di denaro per oltre 1,3 milioni di euro. Tali pagamenti, formalmente giustificati come compensi professionali e finanziamenti, secondo l’accusa non avevano una reale giustificazione nell’economia aziendale. La società, il cui oggetto sociale era lo ‘sviluppo di progetti immobiliari senza costruzione’, veniva dichiarata fallita nel 2017. Il consulente veniva quindi condannato in primo e secondo grado per aver concorso a depauperare il patrimonio sociale ai danni dei creditori.

La difesa del professionista si basava su tre punti principali:
1. I versamenti erano prestiti legittimi, garantiti da fideiussioni.
2. Il consulente, in quanto soggetto esterno, non era a conoscenza dello stato di dissesto della società.
3. Sulle stesse somme era già stato giudicato in un altro procedimento per reati fiscali, definito con prescrizione, e quindi doveva applicarsi il divieto di un secondo giudizio (ne bis in idem).

Analisi della Corte sul concorso in bancarotta fraudolenta

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la condanna. I giudici hanno smontato le tesi difensive, sottolineando che le erogazioni di denaro, per la loro ingente entità e per l’assenza di contratti di mutuo formali con tassi di interesse e scadenze, non potevano essere considerate legittimi finanziamenti. Inoltre, le garanzie menzionate erano mere promesse future, mai concretamente prestate.

La Consapevolezza dell’Extraneus

Un punto centrale della decisione riguarda l’elemento soggettivo del reato per il concorrente esterno. La Corte ribadisce un principio consolidato: per il concorso in bancarotta fraudolenta, non è richiesta la specifica conoscenza dello stato di insolvenza della società. È sufficiente la consapevolezza di partecipare a un’operazione che depaupera il patrimonio sociale, arrecando un pregiudizio ai creditori. Nel caso di specie, il ruolo di consulente legale e l’abnormità delle somme ricevute senza giustificazione economica erano elementi sufficienti a fondare tale consapevolezza.

Il Principio del Ne Bis in Idem: Bancarotta e Reati Fiscali

La difesa aveva invocato il principio del ne bis in idem, sostenendo che l’imputato era già stato processato per evasione fiscale in relazione agli stessi flussi di denaro. La Cassazione ha respinto con forza questa argomentazione. I giudici hanno chiarito che il principio si applica quando vi è identità del ‘fatto storico’ (condotta, nesso causale, evento).

Nel caso in esame, i fatti erano diversi:
* Bancarotta fraudolenta: la condotta è consistita nella distrazione di beni dal patrimonio della società, con l’evento-danno rappresentato dal pregiudizio per i creditori sociali.
* Reato fiscale: la condotta è consistita nella presentazione di una dichiarazione dei redditi infedele per evadere le imposte, con l’evento-danno rappresentato dal pregiudizio per l’Erario.

Si tratta di due condotte materialmente diverse, che ledono beni giuridici distinti e danneggiano soggetti differenti. Pertanto, non sussiste alcuna violazione del divieto di doppio processo.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha ritenuto la motivazione della sentenza d’appello logica e coerente. Le operazioni finanziarie, prive di garanzie reali e di una logica imprenditoriale, costituivano oggettivamente un’operazione pregiudizievole per la società. La qualità di consulente legale dell’imputato lo poneva nella condizione di comprendere pienamente la natura distrattiva di tali flussi di denaro. Anche il diniego delle attenuanti generiche è stato ritenuto giustificato, data l’esorbitante somma sottratta e le modalità fraudolente dell’appropriazione. La Corte ha inoltre specificato che la diversa valutazione rispetto a un coimputato era motivata, poiché quest’ultimo, a differenza del ricorrente, aveva riversato i fondi in altre società del gruppo e non li aveva trattenuti per sé.

Le Conclusioni

La sentenza consolida l’orientamento giurisprudenziale sulla responsabilità penale dei professionisti esterni che partecipano ad operazioni distrattive ai danni di una società. La pronuncia è un importante monito: la consapevolezza di contribuire a un’operazione anomala e ingiustificata, che svuota le casse aziendali, è sufficiente per integrare il dolo nel concorso in bancarotta fraudolenta, anche senza una conoscenza dettagliata della situazione di crisi dell’impresa. Infine, viene riaffermata la netta distinzione tra il piano della tutela dei creditori (reati fallimentari) e quello della tutela dell’Erario (reati fiscali), escludendo l’operatività del ne bis in idem quando le condotte e i beni giuridici protetti sono differenti.

Un consulente esterno può essere accusato di concorso in bancarotta fraudolenta?
Sì, la Corte di Cassazione conferma che un soggetto ‘extraneus’ (esterno alla società) risponde di concorso nel reato se contribuisce, con la sua condotta, al depauperamento del patrimonio sociale, avendo la consapevolezza del carattere pregiudizievole dell’operazione per i creditori, anche senza una specifica conoscenza dello stato di insolvenza.

Essere già stati processati per evasione fiscale sulle stesse somme impedisce un processo per bancarotta fraudolenta?
No. Secondo la sentenza, il principio del ‘ne bis in idem’ (divieto di doppio processo per lo stesso fatto) non si applica in questo caso. I due reati sono distinti: la bancarotta riguarda la distrazione di patrimonio a danno dei creditori, mentre l’evasione fiscale riguarda la mancata dichiarazione di redditi a danno dell’Erario. Si tratta di fatti storici diversi che ledono beni giuridici differenti.

Ricevere ingenti somme da una società poi fallita è sempre reato?
Non automaticamente, ma lo diventa quando tali erogazioni, come nel caso di specie, sono prive di una reale giustificazione economica e commerciale, non sono assistite da adeguate garanzie per la società e avvengono al di fuori dell’oggetto sociale. Tali circostanze le qualificano come distrazioni di patrimonio, integrando il reato di bancarotta fraudolenta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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