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Concorso formale resistenza: aumento pena per più agenti

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza del Tribunale che non aveva applicato il corretto aumento di pena per il reato di resistenza commesso nei confronti di quattro pubblici ufficiali. La Corte ha chiarito che in questi casi si configura un concorso formale resistenza, che impone un aumento della pena base. La Cassazione ha quindi ricalcolato direttamente la sanzione, inasprendola per riflettere la pluralità di persone offese e la recidiva dell’imputato.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concorso Formale Resistenza: La Cassazione Aumenta la Pena per l’Opposizione a Più Agenti

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 34301/2025, ha ribadito un principio fondamentale nel calcolo della pena per il reato di resistenza a pubblico ufficiale. Quando l’azione violenta o minacciosa è rivolta contemporaneamente a più agenti, si configura un concorso formale resistenza, che impone un aumento della sanzione. Questo caso offre un chiaro esempio di come la pluralità di persone offese incida sulla determinazione della pena, specialmente in presenza di una recidiva.

I fatti del caso

Il caso trae origine dalla condanna di una persona per resistenza a pubblico ufficiale. L’imputata, in stato di ebbrezza alcolica all’interno di un locale pubblico, si era opposta con violenza, sferrando calci e pugni, a quattro agenti della Questura intervenuti per calmarla. La condotta violenta era proseguita anche durante il trasporto in auto verso gli uffici di polizia. Il Tribunale di primo grado, pur riconoscendo la colpevolezza, aveva condannato l’imputata a una pena di sei mesi e venti giorni di reclusione, calcolata sulla base della pena minima edittale.

La decisione della Corte di Cassazione e il concorso formale resistenza

Il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello ha impugnato la sentenza direttamente in Cassazione, lamentando un errore di diritto nella determinazione della pena. Secondo il ricorrente, il Tribunale aveva erroneamente omesso di applicare l’aumento di pena previsto per il concorso formale di reati (art. 81, comma primo, cod. pen.). Poiché la resistenza era stata opposta a quattro distinti pubblici ufficiali, si erano verificate altrettante violazioni di legge con un’unica azione. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, giudicandolo fondato.

La Suprema Corte ha richiamato il principio consolidato, espresso anche dalle Sezioni Unite (sent. n. 40981/2018), secondo cui la condotta di chi usa violenza o minaccia per opporsi a più pubblici ufficiali integra un concorso formale di reati. Di conseguenza, la pena base per il reato più grave deve essere obbligatoriamente aumentata. Il Tribunale, non applicando tale aumento, aveva violato la legge.

Le motivazioni della Sentenza

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione sottolineando la palese violazione di legge commessa dal giudice di primo grado. La mancata applicazione dell’aumento per il concorso formale ha portato a una pena illegittimamente mite.

Inoltre, la Corte ha evidenziato un altro aspetto cruciale: la presenza di una recidiva reiterata specifica a carico dell’imputata. L’art. 81, quarto comma, del codice penale stabilisce che, in caso di recidiva, l’aumento di pena per il concorso formale non può essere inferiore a un terzo della pena base per il reato più grave. Nel caso di specie, l’aumento doveva essere di almeno tre mesi e dieci giorni di reclusione.

Ritenendo superfluo un nuovo giudizio di merito, la Cassazione, ai sensi dell’art. 620, lett. l), cod. proc. pen., ha annullato la sentenza senza rinvio e ha proceduto direttamente a rideterminare la pena. Il calcolo è stato così articolato:
1. Pena base: 6 mesi di reclusione.
2. Aumento per la recidiva: Portata a 10 mesi di reclusione.
3. Aumento per il concorso formale: Ulteriore aumento, che ha portato la pena a 1 anno, 1 mese e 10 giorni di reclusione.
4. Riduzione per il rito abbreviato: Applicando la diminuzione di un terzo, la pena finale è stata fissata in 8 mesi e 26 giorni di reclusione.

Le conclusioni

Questa sentenza riafferma con forza un principio cardine del diritto penale: una singola azione criminosa diretta contro più persone offese deve essere sanzionata più gravemente. Per il reato di resistenza a pubblico ufficiale, ciò significa che opporsi a una pattuglia composta da più agenti non è la stessa cosa che opporsi a un singolo agente. La decisione chiarisce che l’aumento di pena per il concorso formale è un obbligo per il giudice, non una facoltà, specialmente quando l’imputato è un recidivo specifico. Gli operatori del diritto e i cittadini devono essere consapevoli che la pluralità delle vittime di un reato ha un impatto diretto e significativo sulla severità della risposta sanzionatoria dello Stato.

Cosa succede se una persona commette resistenza contro più pubblici ufficiali con una sola azione?
Si configura un’ipotesi di concorso formale di reati. Ciò significa che, pur essendo l’azione unica, si considerano commessi tanti reati quanti sono i pubblici ufficiali offesi. La conseguenza è l’applicazione della pena prevista per il reato più grave, aumentata secondo quanto stabilito dall’art. 81 del codice penale.

Perché la Corte di Cassazione ha potuto ricalcolare la pena direttamente senza rinviare il caso al tribunale?
La Corte di Cassazione ha potuto procedere in tal senso grazie all’articolo 620, lettera l), del codice di procedura penale. Questa norma consente alla Corte, quando annulla una sentenza per violazione di legge e non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, di decidere direttamente nel merito, ad esempio ricalcolando la pena in modo corretto.

La presenza di una recidiva specifica ha influenzato l’aumento di pena per il concorso formale?
Sì, in modo significativo. L’articolo 81, quarto comma, del codice penale stabilisce che se il colpevole è un recidivo reiterato specifico, l’aumento di pena per il concorso formale non può essere inferiore a un terzo della pena base. Nel caso specifico, questo ha imposto un aumento minimo di tre mesi e dieci giorni, rendendo la sanzione finale più severa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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