Concorso formale reati: violenza a più pubblici ufficiali
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione, Sezione Penale, affronta un caso significativo relativo alla qualificazione giuridica della violenza o minaccia perpetrata simultaneamente contro più pubblici ufficiali. La Suprema Corte, con una decisione netta, chiarisce le conseguenze processuali di un ricorso basato su argomentazioni palesemente contrarie a principi giuridici consolidati, come quello del concorso formale reati.
I Fatti di Causa
La vicenda processuale trae origine dal ricorso presentato da un individuo avverso una sentenza della Corte d’Appello di Venezia. L’oggetto della contestazione era, presumibilmente, la condanna per un reato che coinvolgeva atti di violenza o minaccia nei confronti di una pluralità di pubblici ufficiali o incaricati di un pubblico servizio mentre erano intenti a svolgere le loro funzioni.
Il ricorrente ha tentato di contestare la configurazione giuridica dei fatti, ma la sua iniziativa è stata fermata sul nascere dalla Suprema Corte.
La Decisione della Corte e il concorso formale reati
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della vicenda, ma si ferma a un livello preliminare, constatando la totale assenza dei presupposti per un valido esame. Il cuore della decisione risiede nell’aver qualificato il motivo del ricorso come “manifestamente infondato”.
Secondo gli Ermellini, la tesi del ricorrente si scontrava con un principio ormai granitico nella giurisprudenza di legittimità: quando la violenza o la minaccia sono dirette a più pubblici ufficiali nell’esercizio delle loro funzioni, si configura un concorso formale reati. Questo significa che, pur con una sola azione, l’agente commette tanti reati quanti sono i pubblici ufficiali offesi.
Le Motivazioni
La Corte ha motivato la sua decisione richiamando un’importante sentenza delle Sezioni Unite (la n. 40981 del 2018), che rappresenta il massimo organo di nomofilachia e ha il compito di risolvere i contrasti giurisprudenziali. Tale precedente ha stabilito in modo inequivocabile che in scenari simili si applica la disciplina del concorso formale. Proporre un ricorso ignorando o contestando un principio così consolidato equivale a presentare un’impugnazione priva di qualsiasi speranza di accoglimento, rendendola, appunto, manifestamente infondata.
La conseguenza diretta dell’inammissibilità per colpa del ricorrente è la condanna di quest’ultimo non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. La Corte ha sottolineato che tale sanzione è giustificata, richiamando una pronuncia della Corte Costituzionale (n. 186 del 2000), quando il ricorrente ha determinato la causa di inammissibilità con un comportamento colpevole, ovvero proponendo un’impugnazione senza la dovuta diligenza e consapevolezza della sua palese infondatezza.
Le Conclusioni
L’ordinanza in commento ribadisce due concetti fondamentali. In primo luogo, conferma in maniera perentoria che la violenza rivolta a più agenti della forza pubblica integra una pluralità di reati in concorso formale. In secondo luogo, serve da monito sulla serietà dell’atto di impugnazione: adire la Corte di Cassazione con motivi pretestuosi o palesemente contrari a orientamenti giurisprudenziali consolidati non solo porta a una declaratoria di inammissibilità, ma comporta anche significative sanzioni economiche a carico del ricorrente. Si tratta di una misura volta a scoraggiare ricorsi dilatori o temerari, tutelando l’efficienza del sistema giudiziario.
Cosa succede se si usa violenza o minaccia contro più pubblici ufficiali contemporaneamente?
Secondo la Corte, si configura un concorso formale di reati, il che significa che si commettono tanti reati quanti sono i pubblici ufficiali coinvolti, pur con una singola azione.
Quali sono le conseguenze di un ricorso in Cassazione giudicato inammissibile per manifesta infondatezza?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma pecuniaria (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.
Perché il ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato?
Perché deduceva un motivo contrario a un consolidato indirizzo della giurisprudenza di legittimità, stabilito dalle Sezioni Unite della Cassazione, rendendo l’argomentazione priva di qualsiasi fondamento giuridico.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 27967 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 27967 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME COGNOME
Data Udienza: 14/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/10/2023 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza in epigrafe; esaminati gli atti e il provvedimento impugnato;
ritenuto che il ricorso è inammissibile perché deduce un motivo manifestamente infondato, stante il consolidato indirizzo della giurisprudenza di legittimità che ritiene configurabi concorso formale di reati qualora la violenza o minaccia siano commesse nei confronti di più pubblici ufficiali o incaricati di un pubblico servizio mentre compiono un atto del loro uff servizio (cfr. Sez. U, n. 40981 del 22/02/2018, COGNOME, Rv. 273771);
ritenuto che all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente a pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila da versare in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende, non potendosi ritenere che lo stesso abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186 del 2000)
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende. Così deciso il 14 giugno 2024.